giovedì 1 giugno 2023

Il Mostro di Firenze 9: Postfazione



Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco

Confucio




Molti, tra la fatica del fare ed il minor impegno dell'ascoltare, preferiscono la seconda attività alla prima. Anche quando il "fare" sarebbe solo "ragionare"

Vox Humana


Perdonerai la mia pretenziosità nell'accostarmi a Confucio, Lettore, ma é solo una facezia.
Così come é una facezia il titolo del post "Postfazione"; il vocabolo adesso é realmente nell'uso comune, ma ricordo di un articolo su una rivista di informatica di molti anni fa (quando ancora esistevano le riviste) in cui si parlava di "postfazioni che fanno la fortuna di comici di successo".

Difatti, nello Zanichelli originale non esiste.




E' un neologismo "foggiato su prefazione, con sostituzione del pref. post- a pre-."; mentre, prima di divenire tale, era solo una spiritosaggine (quando ancora esisteva la lingua italiana)

Ma dietro due facezie, si cela un'operazione necessaria.

Se infatti, Lettore, hai aperto questa pagina su questo blog, é verosimilmente perchè sei interessato alla vicenda del Mostro di Firenze. Ma se dovessi essere giunto qui da altre pagine dello stesso blog, o se magari, per mera curiosità, dovessi avere aperto qualche pagina del blog che tratta altri argomenti, é possibile che ti sia reso conto di come uno degli scopi principali che mi sono prefisso sia quello di fornire delle informazioni, che, interessanti o meno che possano essere, siano libere e gratuite per tutti.

Le due serie sul "Mostro di Firenze", concettualmente, non farebbero eccezione; ma in pratica non contengono alcuna informazione che Tu non possa ottenere altettanto gratuitamente da altri siti, siano essi blog, forum, canali Youtube o pagine dedicate.

L'intento é stato quello, allora, di cercare di fornire argomenti e materiale per ragionare sulla vicenda, piuttosto che mere informazioni; con l'intento che le informazioni date dovessero servire a giungere in autonomia ad una conclusione, senza che la conclusione stessa venisse fornita in forma esplicita.

Monitorando gli accessi al blog, mi sono reso conto di come essi siano molti di più di quanto mi aspettassi; non avrei mai supposto che potessero riscuotere un simile successo.

D'altra parte, però, mi é capitato di leggere dei commenti che direttamente o indirettamente mi riguardavano, su un forum dedicato, che mi hanno fatto rendere conto di come anche se i post avrebbero avuto successo, io in realtà abbia fallito. Infatti, da essi si dedurrebbe come io non sia stato in grado di esporre efficacemente la logica che sta alla base dei post. Né la logica che abbia condotto alla necessità di tale visione della vicenda, e nemmeno quella che costituirebbe la struttura portante generale, l'ossatura di tutti i processi mentali al termine dei quali si é giunti a certe conclusioni.

Pertanto, ho ritenuto di dover tornare sull'argomento al fine di una maggior chiarezza, anche a spese di un'impostazione che ritenevo più consona al mio modo di approcciare i problemi.

Comincio a farlo mostrando un estratto dal primo dei post desunti dal forum tematico: non che esso sia più importante degli altri ma, poiché tocca le motivazioni relative alla mia visione della vicenda, mi consente di introdurre l'argomento:




Mi rendo conto di come "capire" sia un concetto generico e sfumato, non uguale per tutti e con mille sfaccettature; se mentre per alcuni un concetto può essere persino ovvio, per altri per essere compreso può aver bisogno di essere reso in forma più esplicita ed inequivocabile. Ad esclusivo beneficio dei secondi, provo ad enunciarlo chiaramente.

Per essere espliciti ed inequivocabili, qui i motivi per cui "si continui a provare a tirar dentro trame dietrologiche" sono essenzialmente due:


1) non vi é alcuna evidenza oggettiva che i delitti siano stati commessi da un (solo) assassino seriale. Nemmeno una.

2) mezzo secolo di indagini, processi, dibattiti libri e forum non hanno condotto ad alcun risultato. Nemmeno ad un'ipotesi univoca.


In simili condizioni, il fatto di cercare spiegazioni alternative é ciò che ci si aspetta. Quello che invece non capirei io é perché mai per alcuni sia un concetto così difficile da capire; ma forse, proprio per questo vale la pena di esaminare un po' più approfonditamente il concetto di "trame dietrologiche", perché é probabile che la difficoltà nel capire si celi proprio dietro a tale concetto, che spesso viene equivocato.

Precisamente, ciò che mi riesce in assoluto più difficile da comprendere é come possa essere considerato "dietrologico" il cercare una spiegazione logica agli eventi, mentre non sia "dietrologico" postulare l'esistenza di un assassino seriale con una patologia mentale, quando ogni tentativo di approfondire questa spiegazione ha sempre portato a delle contraddizioni insanabili.

Di solito, quando un ragionamento (o presunto tale) porta a situazioni palesemente contraddittorie, una buona idea sarebbe quella di assumere come esso sia errato. Volendo perseverare a tutti i costi nel considerarlo corretto, senza cercare soluzioni logicamente più valide, significa dover introdurre delle condizioni aggiuntive non richieste e non dimostrabili, pur di far salvo l'assunto. Ecco, per me questa é "dietrologia"; e non la ricerca di un'ipotesi più verosimile di quella logicamente errata.



La differenza tra "dietrologia" e "risoluzione di un indovinello regressivo"

Ecco, Lettore, la definizione di "dietrologia" che dà il dizionario ZANICHELLI:

nel linguaggio politico e giornalistico, ricerca di supposte motivazioni nascoste che sarebbero all'origine di un avvenimento

Ne discende direttamente che la "dietrologia" si manifesterebbe allorquando una spiegazione venga forzata in una determinata direzione, che non é quella indicata dalla logica, e senza alcuna evidenza (prove dirette o indirette) che sia necessario compiere tale operazione. Quando, insomma, la spiegazione introduca delle incongruenze, o almeno dei passaggi ulteriori, gratuiti, senza evidenza della loro effettiva validità. Forzature finalizzate esclusivamente a dimostrare una tesi preconcetta, ma senza basi oggettive.

La "dietrologia" nascerebbe quindi da forzature senza evidenze, non dalla necessità di spiegare ciò che é apparentemente inspiegabile. Una cosa é tessere relazioni improbabili tra eventi la cui spiegazione semplice e probabile é palese, un'altra, ben diversa, é essere costretti ad immaginare l'esistenza di cause occulte che che possano spiegare l'origine di eventi la cui origine palese non sia.

Cerco di spiegarmi meglio esplicitando i concetti precedenti

Non essendovi alcuna evidenza oggettiva di ciò, l'ipotesi del "Mostro di Firenze" come assassino seriale, più che un'ipotesi velleitaria diviene addirittura un'assunzione assolutamente arbitraria, gratuita.
Le pretese di una "dimostrazione" in tal senso mostrano immediatamente delle incongruenze, qualora si tenti di "mettere in relazione" gli elementi relativi ai tempi dell'azione; scuserai il virgolettato, ma "mettere in relazione" qui si riferisce ad un ragionamento che si contraddice da solo in più punti.

Ad esempio, viene invocato, in assenza di movente, una sorta di pulsione, di impulso irrefrenabile che spinga l'ipotetico serial killer ad uccidere senza motivazione razionale. Lo farebbe perché odia le donne, perché deve punirle, perché non può trattenere questo desiderio... affermazioni singolari, considerato che sono riferite a qualcuno che non si sa chi sia. Ma non solo. Soprattutto, e abbastanza stranamente, questo impulso irrefrenabile risulta anche programmabile a piacimento del "Mostro": si può programmare l'insorgenza dell'impulso irrefrenabile in modo che compaia nelle notti di novilunio, meglio se cadono in un prefestivo, o in un giorno antecedente uno sciopero generale. Ed in questa attenta programmazione possono persino venire uccisi due uomini, situazione nella quale riesce difficoltoso vedere come ciò possa "punire la donna"; oppure accade che l'azione, per quanto pianificata, sfugga di mano come a Baccaiano.

Quindi, agisce d'impulso o pianifica? E se agisce d'impulso, come mai lo fa nelle notti senza luna? E' un lupo mannaro? E se invece pianifica, come fa a non accorgersi che sta uccidendo due uomini?

Insomma, questa storiella dell'azione di impulso, dell'irrefrenabile pulsione, é una medaglia a due facce, di cui venga mostrata una faccia oppure l'altra a secondo di ciò che convenga al mostrologo di turno.

Ed il fatto per cui non solo non si é giunti a nulla, ma non é stata mai formulata nemmeno un'ipotesi soddisfacente risiede esattamente in questo: le incongruenze. Non é verosimile pensare al "mostro" come singolo individuo che improvvisamente agisca in seguito ad un'incoercibile impulso dipendente da una non meglio identificata patologia psichiatrica; ma nemmeno é mai stata formulata alcuna ipotesi che dia delle soluzioni riguardo alla triade classica costituita da occasione, arma e movente, che di solito stanno alla base delle attività omicidiarie di chi pianifica, ed al contempo elimini le incongruenze.
Finora, ogni tentativo di eliminare tutte le incongruenze si é rivelato infruttuoso; alla risoluzione di una parte delle incongruenze ha corrisposto l'accentuarsi di altre. Come nel caso della pulsione contrapposta alla pianificazione.

Sinceramente, Lettore, ti sembra logico ritenere che la soluzione del caso possa allora venire dal disquisire sulla marca dell'automobile del Vigilanti?

Sulla possibile coincidenza tra l'identikit di un tizio visto, per caso, transitare a piedi da quelle parti, chissà perché (magari gli scappava la pipì, ed era sceso dall'auto per questo) ed il volto di qualcuno entrato, in un modo qualunque, nelle indagini?

O sui rapporti di parentela acquisiti di Francesco Vinci?

Qui c'é una mappa della densità di popolazione italiana




Le zone del Mugello, della Val di Pesa etc. hanno una densità di popolazione che é tra le più basse d'Italia; non é logico che nel corso di quasi un ventennio le persone che ci vivono si siano in qualche modo incrociate tra loro? Non si sta parlando dei rapporti di conoscenza che si accertano tra due residenti a Roma, uno a Ostia ed un altro a Tor Lupara, separati non solo da una quarantina di chilometri in linea d'aria, analogamente a Baccaiano e Rabatta, ma soprattutto da qualche milione di persone; ma é piuttosto come se si volesse considerare un indizio rilevante il fatto che io, che abito all'ottavo piano di uno stabile, conosca l'inquilino del terzo piano.

In altri termini, Lettore, escogitare una teoria zeppa di incongruenze, di contraddizioni e di condizioni estremamente improbabili non rende tale teoria meno "dietrologica", più verosimile, più nobile o più smart solo perché non ha connotazioni politiche o non coinvolge apparati statali. Se é palesemente assurda o contraddittoria é anche più "dietrologica" di un'ipotesi che tiri in ballo organizzazioni politiche o governative. E la seconda teoria é preferibile alla prima se anziché "dietrologica" risulta "dietro" ma soprattutto "logica"

Quindi é il forzare l'esistenza di un significato particolare tra eventi che spontaneamente sarebbero probabilisticamente frequenti ad essere "dietrologia"; cercare di portare in primo piano la spiegazione di gran lunga più probabile che possa costituire il nesso tra eventi che evidentemente devono essere legati, ma il cui legame, ad un'analisi superficiale, non appare alterttanto evidente sarebbe, semmai, "davantologia".

Nei fatti, poi, si verifica come non sia stato possibile né con la dietro né con la davantologia, trovare una soluzione che rispondesse agli interrogativi senza introdurre ulteriori incongruenze o paradossi, o ipotesi gratuite.

L'irrazionalità, insita nella pretesa di voler forzare l'interpretazione di ogni possibile indizio, peraltro irrilevante, per giustificare a tutti i costi un'ipotesi di per sé illogica sarebbe, d'altra parte, legittima, così come lo sono tutte le attività di "ricerca" che pretendono di raggiungere elevati livelli di conoscenza seguendo percorsi irrazionali: c'é chi si diverte con gli UFO, chi con la Macchina di Majorana, chi con la parapsicologia... perché non con il "Mostro di Firenze"? E' sicuramente più divertente e meno intellettualmente oneroso, e quindi in assoluto più gratificante, scrivere centinaia di post su un forum, esporre e contestare, accapigliarsi virtualmente, anziché impegnarsi nel tentare di dipanare quel groviglio inestricabile costituito dalla vicenda "Mostro di Firenze".

Così come é molto più remunerativo scrivere dieci libri e fare cento conferenze che non apportano nulla di nuovo, anziché scrivere un solo libro che proponga una soluzione definitiva, ma realistica, e chiuderla lì.

Volendo considerare questo aspetto (e cioè il discutere per anni di fatti irrilevanti ai fini della ricerca di una soluzione) come divertente e positivo, diviene di certo assolutamente legittimo il voler accettare solo una verità "di fede", asserire "io, nonostante la logica riduca grandemente le possibilità che la spiegazione sia veramente questa, voglio crederci comunque"; analogamente a come, sempre soltanto per fede, é legittimo rifiutare un'ipotesi logica perché poco divertente o troppo impegnativa.

Ogni posizione, anche se non equivalente, resterebbe allora sempre e comunque ugualmente legittima. Ed infatti, il (mio) problema qui consisterebbe soltanto nel fatto che un simile atteggiamento non risulta compatibile con l'approccio utilizzato ed i concetti presi in considerazione ed esposti all'interno delle pagine di questo blog; e non solo quelle sul "Mostro di Firenze", ma tutte. Sarebbe un fuori tema. Richiederebbe una forma mentis incompatibile con la mia.

Posto che quindi ognuno pensa come gli pare, occorre però almeno convenire su come attribuire "dietrologia" alla razionalità mentre si persevera nella, pur legittima, assoluta fantasia, sia singolare. Ecco, sarebbe qui mia intenzione minimizzare l'aspetto singolare; forse non é possibile dipanare la matassa, ma giungerne al bandolo potrebbe esserlo, anche se, nonostante ciò, il problema nella sua globalità potrebbe permanere irrisolvibile, vista la pluridecennale inconcludenza.



Tuttavia, anche minimizzare l'aspetto singolare sarebbe un'impresa di difficile compimento, in quanto la sua realizzazione sarebbe subordinata alla possibilità di trovare una qualche forma di soluzione.

Nondimeno, una categoria di problemi che porta in sé la soluzione esisterebbe, ed é quella degli "indovinelli regressivi"; e questa é, alla fine, l'esatta condizione nella quale risulterebbe applicabile un metodo analogo a quello con il quale vengono risolti gli indovinelli regressivi.
Nell'indovinello regressivo, l'ipotesi viene sottoposta a chi conduce il gioco, colui che nei post precedenti ho identificato come "narratore", il cui ruolo é proprio quello di evidenziare incongruenze e contraddizioni, se presenti, in modo che chi ha formulato un ipotesi (insostenibile) possa rinunciarvi, e si orienti in un'altra direzione.
In assenza di un narratore, come nel caso attuale, tale ruolo deve essere svolto in autonomia avvalendosi del ragionamento e della capacità di rilevare da soli le contraddizioni.

E' per questo che avevo scelto di affrontare questo problema in questo modo.

Ma gli indovinelli regressivi sono un gioco logico; ed in quanto gioco, il loro scopo é costruire una struttura logica astratta seppur coerente, non quello di risolvere situazioni concrete, che trovino corrispondenza in episodi realmente accaduti.

La corrispondenza deve essere ricavata per altra via; e l'unica via possibile a distanza di mezzo secolo é quella delle prove circostanziali: coincidenza di luoghi e date riferibili ad eventi diversi ma tra loro concatenati.

Poiché i testimoni sono tutti morti, i reperti fisici sono stati raccolti e non é possibile raccoglierne di nuovi, e la documentazione è stata letta e riletta fino alla nausea, questa é l'unica strada ormai percorribile. Concettualmente, la medesima usata per le indagini storiche. Ogni altra soluzione, semplicemente non esiste; né le c.d "nuove tecnologie" possono fornire apporti sostanziali.
Le stesse prove sul DNA, posto che possano ancora essere eseguite, non portano comunque a nulla; in assenza di indiziati con i quali confrontarlo, a cosa servono? Possono servire ad escludere qualcuno (ad esempio Pacciani) o a confermare la colpevolezza di altri (ad es.Vanni e Lotti); ma non mai a risolvere il caso.

Un concetto fondamentale che é necessario ribadire ancora é che la ricerca delle prove circostanziali é un passo separato e successivo rispetto alla risoluzione dell'indovinello regressivo. Se formulo un'ipotesi a priori e poi la uso come indizio per risolvere l'indovinello regressivo, non avrò fatto altro che adattare i fatti alla mia idea. Avrò manipolato la realtà oggettiva per dimostrare (falsamente) la mia idea soggettiva. E'un comportamento da "Moderna Mostrologia" che é stato stigmatizzato diverse volte nei post della prima serie. E che é una presa in giro.

Magari non sarà comunque possibile risolvere definitivamente un enigma pluridecennale; ma non prendere in giro nessuno, questo sì, é possibile. E questo ho fatto.

E per farlo, il metodo seguito é stato questo: prima si é risolto in astratto l'indovinello regressivo. Solo successivamente si é cercata una coincidenza tra la soluzione, astratta, trovata, e le possibili situazioni concrete i cui singoli eventi coincidessero con quelli del "Mostro di Firenze".

Quindi, in realtà il percorso sarebbe obbligato; non é che io abbia avuto chissà quale grande idea. E' solo che non ci sono soluzioni alternative. Se una residua possibilità ancora esiste, deve necessariamente poggiare sulle basi di una cartesiana razionalità.

Prima di riportare la vicenda sui binari della razionalità, però, sgombriamo il campo da un equicoco (che nasce, in buona fede o meno, dalla volontà di vedere una "dietrologia" ed un "complottismo" in una spiegazione razionale): ciò che verrà detto non ha nulla a che fare con la c.d. "strategia della tensione".

E' qualcosa che qualcuno dei commentatori del summenzionato forum ha ben chiaro, e lo specifica:




Sono parole sacrosante...ma a scanso di ogni equivoco, ritengo sia opportuno sviluppare ulteriormente il concetto

L'espressione "strategia della tensione" concettualmente si riferisce a una sorta di guerra a bassa intensità bellica ma alta densità politica volta a favorire l'instaurarsi, in un Paese, di un regime dittatoriale, palese o meno. "bassa intensità bellica" significa che frequenza ed entità delle azioni violente sono di gran lunga inferiori agli eventi che si verificano nel corso di una guerra convenzionale, mentre "alta intensità politica" significa che essi sono mirati al conseguimento a risultati di nel campo della politica interna.

Concettualmente, quindi, tutta l'eversione nera così come quella rossa, in Italia così come all'estero, sarebbero "strategia della tensione".

Formalmente, però, l'espressione "strategia della tensione" quando riferita alla storia d'Italia viene utilizzata per indicare specificamente una fase dell'eversione nera, che inizia con l'attentato alla Fiera di Milano il 25 aprile del 1969 e termina il 4 agosto del 1974 con la strage dell'Italicus.

Modalità ed obiettivi non erano lasciati all'estrosa iniziativa del singolo, ma erano in qualche modo indicati, se non codificati, nell'ambito di incontri nazionali ed internazionali (come il Convegno dell'hotel Parco dei Principi o nell'ambito di iniziative dell'Aginter Presse), con tanto di manuali (come i manuali della stessa Aginter Presse, o il - presunto - manuale U.S. Army Field Manual 30-31B). E lo scopo era quello di mostrare alla cittadinanza l'incapacità degli esponenti politici di governo di garantire la loro stessa sicurezza o quella della cittadinanza; pertanto le azioni dovevano essere dirette contro singole personalità, oppure verso una moltitudine di persone comuni, in tutta Italia.


Nel 1974 l'Europeo pubblicò quanto contenuto in alcuni dei manuali e gli argomenti delle "lezioni" che venivano tenute all'Aginter Press. Per quel che riguardava il terrorismo, i concetti espressi erano i seguenti:


Terrorismo: l'azione psicologica tende ad ottenere l'adesione della popolazione e a volgerla contro il potere; il terrorismo spacca la resistenza della popolazione, ottiene la sua sottomissione e provoca la rottura tra popolazione e potere.

Il terrorismo ha per scopo psicologico di colpire l'opinione pubblica e di spingere il potere a indurire la sua politica e ad accettare la guerra. Inoltre si ottiene una presa sulle masse con la creazione di un clima di inquietudine, di insicurezza, di pericolo.


Terrorismo selettivo: cerca i demolire l'apparato politico e amministrativo eliminando i quadri di questi organismi. Ha per obiettivo di sciogliere i quadri naturali ( autorità, amministrazione, ecc).

Terrorismo cieco: ha per scopo di screditare il potere, di minare la fiducia del popolo, di disorganizzare le masse per meglio manipolarle.

Progressione:
- eliminazione di personalità: per colpire l'opinione pubblica;
- eliminazione di quadri importanti: per sconvolgere l'amministrazione;
- eliminazione di piccoli quadri e di elites naturali per spaccare la società;
- minare le infrastrutture per disorganizzare l'economia;
- attentati e sabotaggi generalizzati per provocare la paralisi di una zona.




Uccidere dei perfetti sconosciuti nella provincia di Firenze non avrebbe potuto provocare alcun senso di insicurezza diffusa, nessuna destabilizzazione.
Inoltre, i primi due delitti che rientrano nella vicenda "Mostro di Firenze" sono dell'agosto del 1968 e del settembre del 1974, quindi a ridosso ma fuori dai limiti che definiscono il periodo temporale della "strategia della tensione"; gli altri, disperatamente al di là di tale limite.

Pertanto, in ciò che é scritto qui la "strategia della tensione" non c'entra niente. Spero che almeno questo sia chiaro.

Prima di passare al processo della risoluzione dell'indovinello regressivo, la vicenda richiederebbe tuttavia un'analisi preventiva



Analisi preventiva

Ci troviamo di fronte a otto duplici omicidi, tutti diversi tra loro, che avvengono, senza un movente apparente, ad intervalli che variano dai quattro mesi ai sette anni.

Per essi, la Moderna Mostrologia postula l'esistenza di non meglio identificate "pulsioni", già menzionate sopra, che non spiegano né le motivazioni, né gli intervalli degli omicidi.

Invoca ipotetici depistaggi per cercare di dare una spiegazione al perché ciò che venne mascherato per tredici anni doveva improvvisamente venire scoperto.

Crea relazioni fantasiose tra elementi irrilevanti e su ciò crea altrettanto fantasiose ricostruzioni dinamiche.

Ipotizza comportamenti irrazionali e sconsiderati da parte di soggetti che hanno un passato discutibile, ma dei quali sono proprio i trascorsi a negarne la verosimiglianza

E basa tutto ciò su dati che vengono considerati veri o falsi dipendentemente da quanto siano funzionali alla tesi che vuole dimostrare; se Zuntini asserisce che i colpi del delitto del 1968 vengono esplosi da un'arma vecchia e usurata, Zuntini é un perfetto imbecille. Se De Fazio adopera un software scegliendo parametri arbitrari in una procedura mai validata in alcun modo e ritiene di aver dimostrato con tale modalità fantasiosa e campata in aria che tutte le escissioni provengono dalla stessa mano, merita una standing ovation dal nutrito popolo dei mostrologi.

Torniamo un momento alla realtà dei fatti, e cerchiamo invece una spiegazione plausibile e razionale del fenomeno che é stato osservato per quasi un ventennio.

Assumiamo, come avviene per la maggior parte delle attività umane, che il fenomeno abbia delle motivazioni, e che tali motivazioni si riflettano nelle azioni, nelle modalità con le quali esse sono state condotte, e nella cadenza temporale. Questa é la maniera usuale, normale, di darsi delle spiegazioni, non é né complottistica, né dietrologica.
Ciò che non é normale, usuale, e che é invece "dietrologico", é pensare che qualcuno massacri delle persone perché nei pressi del luogo in cui si sono appartate vi sia un corso d'acqua, o perché il giorno successivo sia stato indetto uno sciopero generale.
Questo non é in assoluto impossibile, ma é tanto improbabile che occorrerebbe qualche evidenza che sia così. Evidenza che non esiste. Il "ragionamento" é "se io non riesco a capire ciò che succede, allora é qualcosa che non può essere compreso. Che non ha spiegazioni razionali. Quindi invoco Zodiac, o un Mostro ricco bello intelligente ed impotente", che però ha poi le fattezze di Salvatore Vinci, Pietro Pacciani o Giancarlo Lotti.
Questa, invece, non sarebbe "dietrologia"... vero?

Tentiamo adesso da qui di riportare la vicenda sui binari della razionalità.

Cerchiamo innanzitutto di analizzare la questione nei suoi tratti essenziali servendoci degli schemi giallistici più classici per inquadrarla: l'occasione, l'arma ed il movente.

L'occasione é chiara: é rappresentata da chiunque sia appartato in un luogo isolato, ed in condizioni di vulnerabilità perché estraniato dall'ambiente circostante.
Possono essere due amanti attempatelli con un bambino, due uomini, un ragazzino ed una ragazzina che amoreggiano, una coppia di campeggiatori, poco importa. E' la situazione che crea l'occasione, non la "vittimologia" (altro concetto "dietrologico", almeno in questo caso).
Gli unici parametri di scelta sono il luogo isolato ed appartato e la possibilità di utilizzare il fattore sorpresa; quando la presenza di tali parametri non é soddisfatta, l'azione può rivelarsi inefficace, come a Baccaiano.

L'arma non é stata mai trovata, per quanto sia stata cercata in tutti i modi. E' stata cercata fisicamente. Si é tentato di identificarla con tutti i metodi a disposizione: dall'attento esame dei registri alle prove di poligono.
Nulla sappiamo dell'arma; né quale sia stata la provenienza, né chi la custodisca.
E neanche, con precisione, di che arma si tratti. Quella del primo delitto non viene identificata dal perito balistico. Quella dei delitti successivi viene individuata in una Beretta serie 70 a canna lunga (e questo soprattutto per il numero di colpi esplosi, come illustra esaurientemente Spampinato, ma senza altre evidenze). I tecnici Beretta giurano invece che i bossoli devono essere stati stati esplosi da un'arma a canna corta.
In realtà, l'unica cosa che sappiamo sull'arma é che i reperti balistici nelle verifiche eseguite dal 1982 in poi, risultano analoghi, all'esame microscopico, per gli otto omicidi; ma per analisi condotte nei periodi antecedenti così non é.

Il movente, all'infuori di qualche ipotesi più realistica ma che non regge al vaglio dei fatti, o di fantasie senza alcun fondamento razionale, non lo abbiamo. Né, così su due piedi, é facile ipotizzarlo.
Perché deve tenere conto della differente tipologia degli omicidi, della cadenza inspiegabile, e dell'operazione di scopertura del delitto di Signa, che viene dopo una difficile e laboriosa operazione di copertura avvenuta ai tempi del delitto, e conclusasi felicemente con l'individuazione di Stefano Mele come colpevole.

La domanda da porsi, allora, andrebbe formulata in questi termini: perché ogni tanto (o ogni poco) qualcuno in campagna viene ucciso, e può accadere che una forma di vilipendio di cadavere (incisioni multiple, scuoiamento del pube, totale escissione di varie strutture anatomiche, asportazione di una mammella) venga operata, e sul luogo si repertino bossoli e proiettili che sembrano provenire dalla stessa arma?

E' questa la domanda alla quale trovare una risposta razionale, e la risposta non può trovarsi nella frase che un mentecatto dice ad un'invalida per cercare di scoparsela "quando sei con me il Mostro non c'é"

E' a questo punto che entra in gioco la risoluzione dell'indovinello regressivo



L'indovinello regressivo per l'individuazione di un possibile movente

Innanzitutto, é evidente che avere un'idea anche approssimativa dell'agente, contribuirebbe a restringere il campo nel quale ricercare i possibili moventi. Diverse tipologie di individui possono venire mossi da diverse motivazioni; da un certo punto di vista, sarebbe un'operazione in qualche modo assimilabile al profiling.

Sono stati, a più riprese, forniti i particolari che indichino la presenza di più persone sulla scena. Non li ripeterò qui. Si dice che "non esiste peggior sordo di chi non vuol sentire".
Riprendendo allora per analogia l'espressione (che personalmente detesto) di "analfabeta funzionale", per indicare chi pur avendo gli strumenti per leggere, non trae alcun profitto dalla lettura, il "sordo che non vuol sentire" sarebbe un "sordo funzionale". Poiché ripeto, le informazioni relative agli indizi dai quali si desume che diverse persone devono avere partecipato ai delitti sono già state fornite, non serve ripeterle qui perché se qualche "cieco funzionale", avendole già lette, non dovesse essere riuscito a vederle prima, non sarà certo il reiterarle qui adesso che gli consentirà di vederle ora.

Però, Lettore, ci sarebbe qualcosa che mi sentirei di aggiungere qui: hai mai provato a compiere un'operazione anche lievemente laboriosa di notte in campagna? Anche cambiare la ruota dell'automobile... se hai provato, ti sarai accorto di come la concentrazione necessaria a compiere l'operazione riduca la tua attenzione nei riguardi dell'ambiente circostante. Esattamente come avviene per le vittime del "Mostro".
Al buio, in campagna, specialmente se hai solo una piccola luce, il tuo campo visivo risulta limitato a quanto illuminato dal fascio di luce; gli unici segnali provenienti dall'ambiente che ti circonda, molto più buio, divengono quelli sonori. Ma il tuo udito, concentrato sull'operazione che compi, non é particolarmente attento a ciò che accade intorno a te.

Di contro, la tua luce, nel buio, ti rende individuabile. Sei vulnerabile, esattamente come le povere vittime del presunto "Mostro".

Consideriamo adesso ciò che avvenne a Rabatta. Anche perchè, tra l'altro, é stato pubblicato meno di sei mesi fa, sul blog " Mostro di Firenze – Monster of Florence" un interessante articolo a firma Jacopo Cioni, riguardo alle ferite post-mortem subite da Stefania Pettini, dal titolo "Le punzecchiature di Stefania Pettini" e che mostra come sia improbabile che esse siano state inferte da una singola persona. Costituisce solo un ulteriore, per quanto importante, indizio che si aggiunge ai molteplici già esistenti che indicherebbero come le azioni omicidiarie siano condotte da più persone; nondimeno resta molto interessante, e val la pena di leggerlo.

Ma quand'anche fosse stato un unico Mostro ricco, bello, intelligente e senza cacchio a farlo, considera che non avrebbe potuto impiegare meno di dieci minuti a completare l'operazione.

Avrebbe inoltre dovuto cercare il tralcio di vite, e violare la povera Stefania.

Avrebbe dovuto trasportarne il corpo.

Avrebbe dovuto prendere gli abiti, piegarli, e depositarli dove sono stati trovati.

Svuotare la borsetta di Stefania.

E tutto questo nella più completa oscurità, e con un campo visivo ristretto alla zona illuminata da uno spot.

Prova tu stesso; ma non come avrebbe fatto De Fazio. Prova da solo, di notte, a muoverti su una superficie ampia, con terreno sconnesso, tentando di compiere operazioni complesse con una luce che non ti consente di vedere al di là del tuo naso, e men che meno di avere una visione d'insieme di quello che dovrebbe essere il tuo campo d'azione.
Prova ad alzare un braccio mentre la mano tiene un qualunque arnese, indi ad abbassarla e compiere un'azione. Prova, ad esempio, a sollevare un cacciavite, poi abbassare la mano e dare un paio di giri ad una vite, situata in una posizione che devi individuare al buio, per reiterare l'azione su un'altra, diversa vite, e cronometra quanto tempo impieghi... sei, sette secondi? Ecco, adesso moltiplica questo tempo per novantasei...

Se le tue azioni fossero così complesse, inusuali ed articolate quali quelle del "Mostro" (duplice omicidio, accoltellamento, trasporto di un cadavere, incisioni con il coltello, tralcio di vite, ripiegamento degli abiti, svuotamento ed asportazione della borsetta), impiegheresti meno di un'ora per compierle? Un'ora durante la quale resti sulla scena dell'operazione, ti muovi, in maniera incerta, e la tua luce si muove con te... se questo lo avesse fatto il "Mostro", si sarebbe reso vulnerabile nell'identico modo in cui lo erano state le sue vittime poco prima.

Va da sé che per poter condurre in sicurezza un'operazione tanto lunga e complessa, dovrebbe allora essere garantito il controllo completo del campo dell'operazione per almeno un'ora dopo il delitto; che eviti che vengano rilevati, anche a distanza, movimento, luci e tutto il resto. E questo, per quanto detto sopra, può essere assicurato solo dalla presenza di più persone.
Accadrà in seguito che tale controllo potrà essere deficitario (Scandicci) o mancherà (Baccaiano) e qui il "Mostro" si allarmerà, telefonando a questo e a quell'altro.

Quindi il movente, qualunque esso sia, per diversi motivi deve comunque coinvolgere diverse persone

La domanda successiva é: da dove può provenire un simile gruppo di persone? Da cosa queste persone sono accomunate per agire di concerto? Qual é l'essenza di tale associazione? Potremmo cominciare a stilare un lungo elenco che comprende circoli bocciofili, dopolavoro ferroviario, associazioni di fotografia amatoriale etc... insomma, l'esclusione dell'ovvio la lascio a Te, perché fare un elenco dettagliato suonerebbe come un insulto alla Tua intelligenza. Ma alla fine, dopo un'attenta operazione di cernita, resterebbero solo quattro possibilità:

1) sette religiose o comunque ad orientamento mistico
2) organizzazioni malavitose
3) organizzazioni terroristiche
4) organizzazioni clandestine "miste", nelle quali delinquenza comune, eversione e apparati statali occulti si mescolano per azioni illegali coperte

L'individuazione del gruppo, per inclusione o per esclusione, ci darebbe anche un'indicazioni sul movente, perché i quattro gruppi agiscono con motivazioni e finalità affatto diverse.

Ora, i sardi, che pure dovevano avere, se non per altro almeno per il 1968, una conoscenza riguardo a chi fossero i reali responsabili, nonostante ciò non hanno mai parlato, neanche se incarcerati. Chi o cosa temevano? Che sardi e siciliani potessero avere paura di una "setta" mi appare improbabile; non impossibile, ma almeno improbabile. Ma soprattutto mi appare ancor più improbabile che sardi e siciliani abbiano avuto paura di una "setta" per quasi un ventennio.

Un'organizzazione malavitosa avrebbe potuto intimorire i sardi fino al punto di soggiogarli; ma perché avrebbe dovuto farlo? E perché gli omicidi con questa cadenza? Di solito le organizzazioni malavitose perseguono finlità utilitaristiche: lucro o vendetta. Non si intravede nulla di ciò, in questa vicenda. Cosa esattamente avrebbe dovuto determinare l'entrata in azione, per otto volte, e con questa tempistica in apparenza senza senso?

Le organizzazioni terroristiche, oltre ad avere dei target che hanno un significato politico, tendono a pubblicizzare il loro operato, non a nasconderlo o a mimetizzarlo dietro false apparenze. Un terrorista che uccide qualcuno rivendica l'operazione, non briga affinché venga incolpato lo Stefano Mele di turno.

E le organizzazioni che si collocano a cavallo, a metà tra le due, tendono a rendere pubblica l'operazione pià che i suoi effetti. Essi voglio essere visti in azione. Come ci hanno mostrato in maniera estremamente esplicativa "la banda della Uno bianca" o la "banda del Brabante-Vallone".

Non resta che l'ultima possibilità, e cioé un'organizzazione molto potente, che non ha fini di lucro, i cui scopi devono rimanere segreti e che non deve assolutamente farsi identificare, che é poi la possibilità che fa gridare allo "scandalo dietrologico" i sostenitori del Mostro ricco, bello, intelligente e senza cacchio; eppure mezzo secolo di storia eversiva, di stragi, e di relative inchieste avrebbero dovuto insegnare a tutti che tali organizzazioni esistono davvero, e sono maledettamente efficaci. Poi, si sa, ognuno ha i suoi tempi per comprendere. Un apparato statale occulto, inoltre, sarebbe stato in grado di depistare ed occultare; cercare un aiuto nelle forze dell'ordine avrebbe avuto ottime possibilità di arenarsi e risolversi in un nulla di fatto. Sarebbe stato possiibile, per una siffatta organizzazionee, condurre delle operazioni che invece eseguite da una sola persona richiederebbero dei superpoteri.

Abbiamo così avuto modo di verificare, ragionandoci su anziché applicando per fede paradigmi venuti fuori dalla testa altrui, come sia plausibile che proprio un'organizzazione che appare configurabile come una sorta di apparato parastatale illegale, di Servizio occulto possa avere, per qualche motivo, eseguito questa serie di omicidi.

D'altra parte, proprio un apparato parastatale occulto, avrebbe avuto la potenza necessaria ad intimorire chiunque ed i mezzi per depistare ed inoltre sarebbe stato in grado di sviare l'attività investigativa; cercare un aiuto nelle forze dell'ordine avrebbe avuto ottime possibilità di risultare inefficace.

Adesso possiamo passare a riconsiderare la domanda: il movente?

Il movente di Signa é chiaramente rintracciabile nelle dichiarazioni, nelle testimonianze nei verbali; e questo é adeguatamente riportato nel relativo post.. Sintetizzando qui, per fare salva la discorsività del ragionamento, il Lo Bianco doveva essere in possesso di qualcosa con il quale intendeva ricattare qualcuno, anzi Qualcuno. Ed il Qualcuno risolvette il problema recuperando ciò che permetteva il ricatto, ed eliminando il Lo Bianco. La gestione locale dell'operazione doveva essere in carico al Cutrona il quale accorgendosi con sgomento che il Lo Bianco la sera prefissata avrebbe inaspettatamente avuto al seguito la Barbara Locci ed il piccolo Natalino, dovette estemporaneamente variare le modalità di intervento interagendo in qualche modo con gli esecutori materiali. Non potè comunque salvare la vita alla Locci, ma potè barattare la vita di Natalino con la colpevolezza di un inconsapevole Stefano Mele. Il tramite tra l'organizzazione e Stefano Mele fu Piero Mucciarini. Una volta risolto il problema, la condanna di Stefano Mele mascherò efficacemente le finalità dell'operazione e la faccenda si chiuse lì.

La domanda consequenziale è: in cosa sarebbe consistito il mezzo di ricatto? O, in altri termini, cosa poteva dover essere sottratto al Lo Bianco?

Anche questo sembra ovvio: poiché si é cercato nel bauletto dell'autovettura, nel borsellino della Locci e nei portadocumenti (come desumibile dai verbali), l'oggetto sarebbe stato un documento o una serie di documenti: lettera, salvacondotto, dichiarazione, verbale... avevo anche accluso un immagine al relativo post indicando come difficilmente avrebbe potuto trattarsi di un pianoforte o di una mucca, ma, evidentemente, l'immagine non era sufficientemente esplicativa.
Almeno ciò si desume da un commento sul forum dedicato più volte menzionato, e del quale mi permetto di approfittare traendono lo spunto per rendere l'idea in maniera ancor più esplicativa:




Nel racconto "La lettera rubata" di Edgar Allan Poe




(citato precedentemente nel post su "Il paradosso della pista sarda") si parla di come il Ministro D. ricattasse qualcuno con una lettera; ma poiché tale lettera non veniva trovata nel corso di perquisizioni condotte nascostamente nel suo appartamento, il ministro, tra l'altro, venne fatto aggredire da finti malviventi allo scopo di verificare se lo portasse sempre con sé.
Se a qualcuno non dovesse interessare raggiungere i livelli culturali necessari per leggere Edgar Allan Poe può fare riferimento alle cronache, piene di fatti che riguardano soggetti che desiderino custodire un oggetto e per paura che venga trafugato lo portino con sé.




Quand'anche si incontrassero difficoltà con le cronache si può far sempre riferimento ai cartoni animati o alle fiabe; vi é una pletora di racconti nei quali al cattivo di turno vengono sottratti, mentre dorme, una chiave o un talismano che porta sempre con sé per timore che gli vengano trafugati. Non darò qui alcun riferimento specifico perché mia madre diede via tutti i libri di fiabe non appena, da bambino, divenni ragazzino.

Pertanto, il motivo per il quale il Lo Bianco avrebbe avuto con sé il documento é relativo ad un comportamento estremamente diffuso, e quindi sarebbe stato tanto ovvio da non richiedere nemmeno una discussione, ma lo specifico ugualmente: perché temeva che gli venisse trafugato in sua assenza, ed evidentemente confidava nelle proprie capacità di custodirlo personalmente

Rimane il fatto che anche se il Lo Bianco portava i documenti con sé, ritenendosi in grado di custodirli efficacemente, il seguito della storia ci dice che commise un errore di valutazione riguardo alle proprie capacità. O a quelle del Qualcuno. Egli, come il Ministro D. della "lettera rubata", é stato frugato, ma, differentemente dal soggetto del racconto di Poe, ci ha anche rimesso le penne. Probabilmente, se avesse compreso che non solo non sarebbe stato in grado di difendere il documento, ma neppure sé stesso, non si sarebbe nemmeno imbarcato nell'impresa.

La domanda successiva diviene: cosa rigurdava la documentazione? In linea di principio, considerato che il Lo Bianco accenna ad un generico "arricchimento", la documentazione viene trafugata, e lui é deceduto, non ci sarebbe modo di saperlo. Tuttavia un'indicazione possiamo averla dal delitto di Rabatta. Quindi, torniamo un momento sull'argomento.

Il delitto di Rabatta venne condotto in maniera teatrale. La teatralità riguardò essenzialmente il vilipendio del cadavere della povera Stefania, ma vi sarebbe un elemento aggiuntivo; gli abiti piegati e lasciati ad una certa distanza, nonché la sottrazione della borsetta. Ed a tale riguardo mi sento di aggiungere solo un particolare, e lo faccio perché sono stato delibertamente vago e possibilista nel rispondere alla specifica domanda di un Lettore (anzi, era una Lettrice) nell'ambito di un commento, che si trova in calce al post sugli omicidi di Giogoli, Vicchio e Scopeti:


Ritrovare delle spiegazioni logiche in ogni dettaglio degli eventi dal 1974 in poi non é materialmente possibile- [...] E' possibile (ma la sto buttando lì) che ambedue le iniziative siano state volte a sottolineare il totale controllo della situazione, in modo da suonare come un messaggio anche più chiaro per chi doveva tacere per sempre su ciò che sapeva.


Ma il motivo per il quale avrei assunto tale atteggiamento ermetico rimane sempre il medesimo: desideravo stimolare un ragionamento nel mio interlocutore, non passare un'informazione frutto di un ragionamento personale.

Cerco adesso di essere più esplicito

Così come vi sono dei messaggi chiaramente intimidatori, come la testa di maiale o di cavallo lasciata dinanzi l'uscio di casa, vi sono certi crimini che vengono commessi allo scopo di lanciare un messaggio preciso, anche se non immediatamente evidente.

Se la vittima del crimine non viene danneggiata, né tantomeno uccisa, il messaggio é di solito diretto alla vittima stessa.

Se invece viene commesso un omicidio, e nel corso dell'omicidio vengono eseguite operazioni apparentemente immotivate, va da sé che il messaggio non può essere recepito dalla vittima dell'omicidio, ma deve giocoforza essere diretto ad altri.

Per restare in qualche modo in tema, un esempio del primo tipo é costituito dal furto d'auto (una Y10) del quale fu vittima Michele Ristuccia; l'auto fu fatta ritrovare intatta qualche giorno dopo, ma al ritrovamento seguì subito una telefonata intimidatoria "la prossima volta saltate in aria".

Un esempio del secondo tipo é costituito dall'omicidio di Aldo Semerari. Qui Il fatto saliente non sta tanto nell'omicidio in sé, e nemmeno nel fatto che sia stata tagliata la testa di Aldo Semerari. Il fatto saliente é che la testa sia stata lasciata sul sedile dell'auto nella quale venne ritrovato il cadavere. E' questo che contiene la parte più importante del messaggio intimidatorio, non la decapitazione in sé. Il messaggio vero sta nella modalità di presentazione, che lo rende un omicidio profondamente diverso da quello del gruppo di fuoco che passa su una motocicletta, lascia morta a terra la vittima, ed in un istante fugge via.

I segnali qui sono comunque assimilabili; ambedue vogliono significare: "abbiamo il completo controllo, la padronanza della situazione, per cui se riteniamo di farlo, entriamo in azione e tu non puoi sfuggirci in alcun modo. Non puoi difenderti".

Nel caso di Ristuccia significa "Così come abbiamo preso la tua auto senza alcun problema, nello stesso modo vi installiamo dell'esplosivo all'interno"

Nel caso di Semerari il messaggio é diretto ad altri e significa "faremo lo stesso senza alcun problema a tutti coloro che si comportano nello stesso modo, perché abbiamo la pià completa libertà di azione"

Per Stefania Pettini la faccenda appare analoga. Il vilipendio del cadavere equivale alla decapitazione. Ma la piegatura degli abiti e la borsetta asportata e poi fatta ritrovare sono equivalenti alla testa lasciata sul sedile. Vogliono significare: "abbiamo il completo controllo della situazione. Pertanto, stavolta é toccato a loro. Se non vi comporterete come noi ci aspettiamo, la prossima volta toccherà a voi. E non avrete modo di difendervi".

La domanda che segue é: a chi erano diretti i segnali? Non certamente alle vittime, che erano decedute. E vista la giovane età ed il lavoro svolto, neanche a qualcuno che fosse legato direttamente a loro: due ragazzini perbene appena ventenni potevano mai avere legami che implicassero un delitto così orrendo?

Dobbiamo quindi necessariamente guardare verso i familiari. Cosa che all'epoca fecero anche gli inquirenti ed i giornalisti; ma lo fecero rivolgendosi verso la persona che, avendo dei precedenti, era colui che la logica di allora individuava.




Ma Vincenzo Gentilcore era beneventano, e gli eventi che gli sporcarono la fedina penale avvennero nel beneventano; ora noi, a distanza di mezzo secolo, sappiamo invece che il fenomeno "Mostro di Firenze" riguardò esclusivamente le valli che circondano Firenze; Benevento é 400 km più a sud.

Dovremmo quindi rivolgerci necessariamente ai genitori della Pettini. Escludendo Bruna Bonini, l'unica situazione di una certa rilevanza presente in quella famiglia è la militanza nelle fila partigiane di Andrea Pettini: E precisamente nella Brigata "Lanciotto", confluita poi nella Divisione "Arno", formazione comunista; ed il fatto che fosse proprio comunista é, come vedremo, un particolare della massima importanza.

Anche questa possibilità, e cioè una sorta di vendetta politica, venne successivamente presa in considerazione




ma qui, tralasciando l'interpretazione un po' romanzesca che viene data al ritrovamento degli abiti piegati, vale comunque quanto detto a proposito della tipologia dell'organizzazione: un'organizzazione terroristica, politica, ha l'interesse precipuo di rendere esplicite le sue azioni e la motivazione retrostante, non di mascherarle. Ha l'interesse a rivendicarle, non a sottacerle. Eppoi, come potrebbe ricollegarsi ciò al delitto di Signa?

Quindi la militanza nella Resistenza é indubbiamente la situazione conosciuta più significativa nella vita della famiglia Pettini, ma che il suo riflesso consista nell'istigare un'ipotetica "vendetta" della parte avversa a trent'anni di distanza, e con tali modalità, é irrealistico. E' molto più plausibile dedurre che il legame tra Signa e Rabatta sia in relazione al contenuto dei documenti sottratti, riconducibili in qualche modo al passato di Andrea Pettini. Sono stato in qualche modo esortato a rendere ancora più esplicito qui tale concetto.

Sebbene questo ci fornisca un'indicazione di massima, nulla ci dice su cosa tale documentazione abbia potuto specificamente concernere. E, al momento, riguardo a ciò non abbiamo risposta, né abbiamo modo di averla. Al momento possiamo solo andare avanti.

Dopo sette anni, vengono commessi tre delitti nel giro di un anno. Anche qui i delitti sono diversi; ma al termine della serie, compare la "pista sarda".

Da quel momento in poi, vengono commessi ulteriori tre delitti, con cadenza annuale. Gli ultimi due hanno in comune il tipo di escissione eseguita sul cadavere femminile (sono gli unici due delitti della serie che mostrano una sovrapponibilità delle lesioni); subito dopo il terzo viene inviata una lettera anonima all'ex PM che si era già occupata del caso, e che aveva richiesto di essere sollevata dall'incarico.




La "Pista sarda" viene aperta dopo il terzo delitto di questa seconda serie, focalizzando l'attenzione degli inquirenti sul delitto del 1968, con il recupero del relativo fascicolo processuale, nel quale si trovano reperti balistici, analoghi a quelli di altri delitti, reperti che tuttavia non avrebbero dovuto trovarsi lì. Subito dopo tale evento, Piero Mucciarini invia una comunicazione scritta a Stefano Mele, che aveva finito di scontare la pena, mostrando di conoscere perfettamente un'informazione coperta dal segreto istruttorio, e tentando di indurlo a rivelare il nome del vero responsabile.




Stefano Mele conserva il foglio contenente il messaggio, ma non parla. Da lì in poi seguono gli altri tre omicidi.

Nel 1985 la serie omicidiaria infine cessa, ma ovviamente anche questa é un'informazione della quale si può divenire consapevoli solo molto tempo dopo, in quanto allora non vi fu alcuna "dichiarazione" al riguardo; la sua conoscenza deriva infatti da una constatazione che é potuta divenire tale in tempi molto più recenti: essendo ormai trascorsi decenni dall'omicidio dell'85, la serie può dirsi terminata.

E qui fatalmente termina anche il gioco dell'indovinello regressivo. Qual é la situazione che può venire ricostruita?

Il Lo Bianco possedeva della documentazione, relativa ad eventi accaduti durante la Resistenza, con la quale intendeva ricattare qualcuno. Il Qualcuno si rivolge ad un'organizzazione che sta a cavallo tra malavita e apparato parastatale, ma comunque in grado da un lato di intimorire fino a neutralizzarne le reazioni sia sardi sia siciliani, e dall'altro relativamente protetta da eventuali interventi della giustizia ufficiale; l'organizzazione uccide il Lo Bianco e recupera il documento.

Sei anni più tardi, alcune persone che erano comunque a conoscenza dei contenuti della documentazione, pur in assenza di essa si trovano nella condizione di poter rendere qualche forma di testimonianza, di poter raccontare. Il Qualcuno chiede protezione sempre alla medesima organizzazione, la quale commette un omicidio eclatante, impressionante, e questo lancia un monito a coloro che sanno. E di questa faccenda non si parla più.

Sette anni dopo, invece della faccenda si deve parlare ancora; deve tornare alla ribalta. Evidentemente, Il Qualcuno, che prima era stato protetto dall'azione dell'organizzazione, ha perso tale protezione e, per qualche ignoto motivo deve ora, invece, venire colpito. E per colpirlo, sempre per qualche ignoto motivo, ci si serve della stessa organizzazione alla quale lui si era precedentemente rivolto per risolvere i propri problemi.

Anche stavolta l'organizzazione agisce compiendo degli omicidi; ben tre, prima di riuscire a far riconsiderare il delitto di Signa, creando così un collegamento tra i delitti di Signa e di Rabatta. Una volta ottenuta la riapertura del caso, viene cercata ancora la collaborazione di Piero Mucciarini per indurre a Stefano Mele a rivelare cosa fosse accaduto originariamente, rendendo palesi i reali motivi del duplice omicidio di Signa, fino a quel momento nascosti; ma Stefano Mele non aderisce a tale richiesta. Il Giudice Istruttore comincia ad incriminare i sardi, che in realtà non c'entrano niente, e chi sta organizzando questo continua ad uccidere per scagionare i sardi ed orientare gli inquirenti su un'altra strada.

Alla fine, dopo il 1985 deve necessariamente accadere un evento, consistente in qualcosa che non può essere inferito da un semplice ragionamento, ma in seguito a cui il continuare le azioni non risulta più né importante né tantomeno necessario.

Questo é tutto ciò che si può ricavare dalla risoluzione dell'indovinello. Nulla di più.


Restano delle grosse zone d'ombra, degli eventi che non hanno una precisa spiegazione logica che possa pervenire dalla risoluzione dell'indovinello, il quale resta però l'unica soluzione possibile per spiegare gli altri fatti.

Il primo evento peculiare é la ripresa degli episodi: perché proprio dopo sette anni?

Il secondo é il sovvertimento dei rapporti tra il Qualcuno e l'organizzazione: perché improvvisamente si rivolta contro il Qualcuno?

Il terzo é il termine degli omicidi; perché terminano proprio nel 1985?


Mentre il primo ed il terzo evento devono fare riferimento a qualche informazione che non é in alcun modo desumibile dal ragionamento che ci ha condotto fin qui, per il secondo sarebbe ancora possibile pensarci su.

Si potrebbe supporre che, in realtà, sia un'altra l'organizzazione che, su richiesta di Qualcunaltro, decida di colpire il Qualcuno; ma questo non sarebbe congruente con i fatti, perché i reperti balistici sono gli stessi, ed essi, che sia che consistano nel possesso dell'arma, sia in bossoli preventivamente esplosi e poi lasciati sui luoghi, devono comunque essere nella disponibilità di coloro che commettono gli omicidi.

Si potrebbe supporre che siano totalmente cambiati i vertici dell'organizzazione; ma allora perché ricorrere ad un metodo tanto truculento, a tale cruenta teatralità, quando queste cose di solito si risolvono con delle comunicazioni anonime alle forze dell'ordine o alla magistratura?

In sintesi, tutto ciò che é stato possibile desumere attraverso il metodo per la risoluzione di un indovinello regressivo é che una potente organizzazione, non malavitosa in senso stretto ma che agisce comunque ben al di fuori della legalità, si sia attivata per fornire protezione e copertura a qualcuno che stava subendo un ricatto. A distanza di tredici anni, la medesima organizzazione é stata attivata nuovamente, ma per cercare di far scoprire ciò che aveva coperto tredici anni prima. Tutto sommato, poco più di un'ovvietà, chiaramente visibile nella sequenza dei fatti, se si guarda ad essi con obiettività e scevri da condizionamenti.

Ma, come detto sopra, alla fin fine un indovinello regressivo é un gioco, non un modello della realtà. E' pensato per definire una struttura logicamente coerente ma astratta; affinché la struttura astratta possa trovare una corrispondenza concreta nella realtà, é necessario un ulteriore passaggio.

Tale passaggio é l'individuazione di prove circostanziali



Prove circostanziali e cronologie

Giunti a questo punto, entrano in gioco le prove circostanziali. Sappiamo che gli eventi di cui ci stiamo occupando sono molto gravi ed importanti; non si eseguono simili azioni per passatempo.

Sappiamo che riguardano la Toscana. Abbiamo delle date. Resta da confrontare la cronologia degli eventi relativi al "Mostro di Firenze" con quella relativa alla Toscana, e trovare le coincidenze; che devono ovviamente riferirsi ad eventi in cui può essere implicata un'organizzazione assimilabile a quella il cui profilo é compatible con quello dedotto dalla risoluzione dell'indovinello.

Da un punto di vista teorico, tale attività non presenterebbe grosse difficoltà; sempre sul blog " Mostro di Firenze – Monster of Florence" citato prima sono elencati tutti gli eventi relativi al "Mostro di Firenze" in ordine cronologico, mentre gli eventi rilevanti, in generale, per l'Italia possono trovarsi in una varietà di siti come "Senti le rane che cantano" "strano.net" ,"uonna.it" o la cronologia della "Fondazione Cipriani"

Dal punto di vista pratico, l'esecuzione dell'operazione non risulta invece altrettanto agevole a causa del fatto che per quel che riguarda gli eventi italiani, la quantità di quelli elencati, e non applicabili, é enorme; ed anche per quelli relativi al "Mostro di Firenze" avviene la medesima cosa, in quanto nel blog summenzionato sono riportati moltissimi eventi che sono o irrilevanti (ad es. la morte di Antonietta Mele o Consulenza della sensitiva Teresa Stoppioni) o la cui attinenza é solo presunta sulla base di supposizioni (ad es. il delitto di Elisabetta Ciabani).

Quindi in pratica, dopo una preventiva cernita, si é reso necessario un lungo e progressivo lavoro di selezione e di integrazione; al termine di esso fui in grado di individuare soltanto due concatenazioni di eventi per le quali coincidessero luoghi e date.

La prima iniziava nel 1974 e terminava nel 1985. Qui l'idea era che il servizio cui si fosse rivolto originariamente il Qualcuno potesse essere stato gestito dall'UAR tramite una squadra di "collaboratori esterni". Allo smantellamento dell'UAR nel 1974 avrebbe fatto seguito una reazione da parte di alcuni di essi, tesa forse a dimostrare la loro utilità nella gestione della sicurezza sul territorio (un po' come i forestali stagionali che danno fuoco ai boschi per essere assunti o confermati nell'incarico).
Lo smantellamento fu opera di Taviani, ed il questore di Firenze dal 1981 al 1985 fu Catalano, uomo di Taviani. Alla sua nomina avrebbe fatto seguito la serie omicidiaria 1981-1985, sempre a scopo dimostrativo, per screditare l'operato del questore e dimostrare la sua totale inadeguatezza a far fronte ad eventi importanti, quali appunto gli omicidi del "Mostro di Firenze"; la serie sarebbe poi cessata con la nomina di un nuovo questore a Firenze.

Questa storia mi é sempre sembrata debole per più di un motivo, pertanto sarei stato il primo a considerarla irrealistica; nondimeno, l'ho utilizzata per la trama di "Coraggioso il mercoledì". I riferimenti ai fatti non erano espliciti, ma nel mio stile un po' criptico erano comunque stati forniti, con la presenza delle immagini di D'Amato, Taviani e Catalano nel collage all'inizio del post.

Inolte questa storiella, oltre a risultare poco verosimile, non avrebbe alcun tipo di riscontro, e la corrispondenza delle date non é affatto precisa (Catalano andò via da Firenze perché fu incaricato a Torino, e la nomina alla questura di Torino avvenne nel maggio del 1985, quindi prima di Scopeti); eppoi, non fornisce alcuna spiegazione dell'incongruenza più grande, e cioè del perché chi si era tanto adoperato per coprire il delitto di Signa, improvvisamente vi avrebbe acceso sopra i riflettori.
A meno di non considerare anche questo una semplice forma di vendetta; ma é difficile pensare che una siffatta vendetta, da parte di fuoriusciti (identificabili) da un apparato istituzionale, per quanto occulto, non avrebbe generato delle reazioni.

L'altra catena di eventi é più articolata, ed é quella che ho illustrato nei post precedenti; poiché però c'é chi si é lamentato di una scarsa comprensibilità dell'esposizione




la sintetizzo qui in maniera esplicita con (quasi tutti i) nomi e cognomi, in modo tale da non richiedere alcuno sforzo intellettuale per la comprensione. A gentile richiesta...




CRONOLOGIA

Per introdurre la nuova storiella parto allora da un frammento di quel post:


devo dire che l'idea dell'"isola di Montecristo" non sarebbe male, sebbene migliorabile. Ma non é male perché anche se vorrebbe essere un nome buttato lì, per spiritosaggine, finisce invece per risultare, letteralmente, una mezza verità, o una verità a metà, almeno per ciò che riguarda il toponimo. Ciò che dobbiamo fare per migliorarla, e poter così introdurre il discorso, é rettificare l'altra metà. Nel senso che possiamo localizzare il luogo, con delle coordinate, ed identificarlo con un nome.
E l'isola di Montecristo ha delle coordinate che constano di due metà, latitudine e longitudine, ed un nome che consta di due metà, per l'appunto "Monte" e "cristo".

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Qualcuno, che banalmente é un toscano, viene inviato in un'area di operazioni dove si trova coinvolto in una situazione, in conflitto con Inglesi e Tedeschi, nell'ambito della quale é in gioco una grande quantità di valori, consistenti sia in valuta, sia in titoli, ma soprattutto in lingotti d'oro.

Il fatto che tale area sia l'isola di Montecristo, come qualcuno con dichiarate difficoltà di comprensione ha avuto modo di affermare, sarebbe appunto una mezza verità, o più precisamente una verità a metà perché la prima metà del toponimo ("Monte") e la prima metà delle coordinate (latitudine), sono corrette, ma la seconda metà non é "cristo", e la longitudine ci porta sempre sul medesimo parallelo, ma 730 chilometri più ad est.




Ciò, Lettore, non é il frutto della mia fantasia; esistono un paio di libri sull'argomento, uno dei quali scritto da Gianfranco Piazzesi.

Il Qualcuno, che non é affatto un partigiano, anzi il contrario (almeno per il momento) arriva quindi in "Monte-non cristo" nel luglio del 1942, dove si pone agli ordini del generale Mario Roatta, già capo del SIM; e nella situazione che si viene a creare riesce, con un escamotage (avrebbe utilizzato un treno che trasportava malati affetti da malattia infettiva e molto contagiosi, per impedire le ispezioni), a mettere nel sacco inglesi e tedeschi, e porta in Italia il tesoro dell'isola di "Monte-non cristo".

Il tesoro viene suddiviso in più parti, ognuna delle quali custodita in un luogo diverso; uno di essi é la Banca d'Italia. Dopo la fine della guerra, questo tesoro verrà ricomposto e restituito, ma all'atto della restituzione sembrerà mancare qualche chilo d'oro, giusto appena un paio di decine di migliaia.

Nel frattempo accade che il Qualcuno, il 15 settembre del 1943, ritorni in Toscana e dopo essere stato a servizio dei tedeschi, si accorga della piega che ha preso la faccenda e passi con i partigiani, e precisamente con i comunisti. Ma questo non é un semplice "salto del fosso", bensì un processo lungo e tormentato durante il quale il Qualcuno fa il doppio gioco mentendo spudoratamente, attività nella quale é molto versato, e che espleta con successo già da quando é giovanissimo. Purtroppo, il "doppio gioco" anche se chiamato così non é affatto un gioco, e molti ci rimettono la pelle.
Tra di essi vi é anche Silvano Fedi, comandante partigiano non comunista, ed inviso a questi ultimi.
Silvano Fedi cadrà in un'imboscata per una delazione; e pare che il delatore sia stato proprio il Qualcuno, ma non é chiaro che parte abbiano avuto i comunisti in questo, che volevano per l'appunto sbarazzarsi di Fedi; fatto sta che chi era con Fedi recava con sé (che strano, chissà perché non li aveva lasciati a casa!) dei documenti, non meglio identificati, che spariscono nell'operazione.

E' però molto improbabile che i documenti di cui ventidue anni più tardi potrebbe essere entrato in possesso il Lo Bianco siano questi; é più probabile che fossero analoghi a quelli di cui parla, nel 1981 un giornalista dell'ANSA, Marcello Coppetti, e che si sarebbero trovati nell'archivio di Ducceschi, poi sparito.

E sarebbe sparita anche una documentazione in possesso dello stesso Coppetti, relativa ad un suo studio sulla Massoneria, non più presente tra i documenti che gli furono sequestrati il 28 maggio del 1981 (anche la data, non appare casuale).
Coppetti era certamente una figura poco limpida, e legata in qualche modo ai Servizi; tuttavia, a coloro che tacciano gli altri di complottismo ma che poi fanno dietrologia sulla base di mere coincidenze, farà piacere apprendere che il sequestro dei documenti di Coppetti avvenne da parte di PierLuigi Vigna, coadiuvato da Olinto Dell'Amico.

Ma ritorniamo al 1944.

Comuque sia il Qualcuno riesce a salvare la pelle, nonostante sia più volte giunto ad un passo dalla fucilazione, ed a rimediare ai problemi creati durante la Resistenza, costruendosi una reputazione.

Roatta, nel marzo del 1945, é stato costretto ad evadere per poi fuggire in Spagna, perché condannato come mandante dell'omicidio dei fratelli Rosselli, ma non prima di aver costituito un Servizio segreto occulto ed illegale che sarebbe pertanto risultato parallelo al SIFAR, il servizio successore di quel SIM che egli stesso aveva diretto, nell'attesa di ricevere i crismi dell'ufficialità, almeno nelle sue intenzioni; e ne lascia la direzione ad una figura misteriosa, di nome (anzi, cognome) Hotimsky.

Dopo qualche mese di latitanza in Vaticano, Roatta viene accompagnato in Spagna da un ufficiale della RSI, soprannominato dai partigiani "Mantellina" per la sua abitudine a presentarsi agli interrogatori, nel corso dei quali li picchiava a sangue, con una maschera e con il capo coperto da una mantellina, per evitare di essere riconosciuto. Il Mantellina, dopo il trasferimento di Hotimsky in Israele, prenderà la direzione del Servizio creato da Roatta .

E l'oro? Be' che questo si volatilizzi non é possibile. Sta di fatto che il Qualcuno comincia a mostrare una disponibilità notevole di denaro, che lui vorrebbe attribuire alle attività di una certa impresa che avrebbe creato, ma che di fatto non esiste e per la quale non ha mai assunto nemmeno un operaio; esiste un'informativa del C.S di Pistoia in proposito, inviata al SIFAR nel settembre del 1950.




Il Mantellina, che formalmente sarebbe un geometra ed un ex-maggiore dell'aeroautica della RSI, poi degradato, acquista una tenuta in Toscana dove sembra risiedere per parte dell'anno; non é chiaro dove abbia preso i soldi (c'é chi ne giustifica l'origine dicendo che li abbia guadagnati in Spagna), e come faccia a campare ed a mantenerla, considerato che la tenuta praticamente produce poco o nulla. Si lamenterà, più tardi, di ciò che farebbero certi pastori sardi nella sua tenuta, però di fatto ne dà in parte la gestione a tale Serafino Mele di Busachi, il centro a 8 km da Fondongianus, l'origine dei Mele di Signa.




("Busali" é evidentemente un refuso; non esiste alcun centro abitato che si chiami Busali nell'allora provincia di Cagliari). La tenuta si trova all'estremo Nord della Val d'Elsa, proprio in corrispondenza del limite SudOvest della Val di Pesa; ed all'interno della tenuta avrebbe luogo un fiorente commercio d'oro, nel quale avrebbe parte notevole tale Garufi (la cui esistenza é desumibile anche dai documenti, scampati alla distruzione, dai quali si é appreso del Servizio, ma la cui precisa identità non é mai stata appurata). Comunque stiano le cose, per decenni in Toscana vi sarà un florido mercato sostenuto da artigini orafi; é la materia prima ad essere di dubbia provenienza.




Il Qualcuno, dopo aver preso atto dell'insostenibilità della sua posizione, ostentando una ricchezza che proverrebbe da un'attività imprenditoriale che in realtà non esiste, entra effettivamente in un giro d'affari, e conosce Qualcunaltro. Il Qualcunaltro cerca di tenerlo a debita distanza, mentre il Qualcuno millanta un'intimità che non ha corrispondenza nella realtà; il Qualcuno, inoltre, entra in Massoneria.

L'ingresso in Massoneria del Qualcuno non é fine a sé stesso, ma volto a costruire un'organizzazione vasta e ed articolata, che comprenda varie personalità, e che possa garantire al Qualcuno un potere smisurato.

Tuttavia, affiliazione e permanenza in Massoneria sarebbero assolutamente impossibili per il Qualcuno; i suoi trascorsi, infatti, sia per quel che riguarda il furto dell'oro, sia, e soprattutto, per le attività di delazione che hanno condotto alla morte di diverse persone, ed in primo luogo di Silvano Fedi, sarebbero del tutto incompatibili con i principi di fratellanza e solidarietà che (almeno idealmente) ispirano la plurisecolare attività associativa massonica.

E tale aspetto diviene anche più importante proprio nel 1968 in quanto, come si legge in uno dei verbali della relativa Commissione Parlamentare d'Inchiesta "...godeva egli stesso di un prestigio internazionale proprio, nell’ambiente massonico. Non solo egli era infatti tramite dei rapporti tra la massoneria italiana e quella argentina, ma già nel 1968 appare accreditato presso il Grande Oriente quale garante di amicizia di una loggia estera, elemento questo che conferma la precocità della carriera massonica..."

Ed inoltre, é sempre nel 1968 che acquista la sua lussuosa residenza, con dei soldi non riconducibili ad illeciti ma dei quali resta ignota l'origine, e che pertanto non venne mai sottoposta a sequestro. Resta il fatto che nel 1968 il Qualcuno, pur svolgendo solo da poco tempo un'attività relativamente remunerativa, mostrava una disponibilità che gli consentiva di acquistare una villa da 32 vani con parco di tre ettari.

E' questo l'assetto nell'estate del 1968, quando tutto ciò potrebbe venire messo in pericolo da chi é venuto in possesso di documenti che comprovino l'attività di doppiogiochista del Qualcuno, e la sua responsabilità nella morte di Fedi. O di testimonianze riguardo all'origine del denaro. O di ambedue.

Pertanto, affinché il progetto del Qualcuno possa progredire, un tale ostacolo deve assolutamente venire rimosso.

Che il Qualcuno possa quindi chiedere al Servizio di Roatta di dargli una mano é ciò che ci si aspettarebbe; tanto più che proprio con Roatta avrebbe precedentemene condiviso le operazioni che gli consentirono quella disponibilità economica che più tardi sfoggerà.

Roatta, tornato in Italia due anni prima, é però già morto da sei mesi, ed Hotimsky é in Israele; ma a capo del Servizio di Roatta ci sarebbe adesso il Mantellina. Ed il Servizio che lui dirige esegue proprio tutti i lavori più sporchi che i servizi ufficiali non hanno la possibilità di compiere.

L'organico del Servizio é un pò come odiernamente é il genere: "fluido". Per cui, oltre agli effettivi vi sono diversi "collaboratori esterni".

Per la verità, lo storico Giannuli sarebbe scettico sulla funzione del Servizio relativo ai lavori sporchi; ma su questo c'é almeno una testimonianza precisa, quella di Giovanni Pedroni, medico di fiducia del Mantellina e, di conseguenza, "medico del Servizio".

Il Sevizio in qualche modo fornisce al Qualcuno l'aiuto richiesto; e lo fa nella notte tra il 21 ed il 22 agosto del 1968, uccidendo il ricattatore e recuperando la documentazione. Rimosso il potenziale pericolo costituito dal Lo Bianco, l'ascesa del Qualcuno (e probabilmente anche quella del Mantellina, che il primo aprile del 1968 ha trasformato la sua società agricola e di zootecnia in "Azienda agricolo-zootecnica del Tignano") riprende.
Ma non "indisturbata", anzi é un'ascesa molto disturbata, soprattutto in Massoneria e disturbata specialmente da tale Fernando Accornero che, resosi conto della caratura del Qualcuno, tenta di bloccarlo in tutti modi, compresa la redazione, nel 1972, di una "tavola d'accusa" nella quale tra l'altro denuncia le malefatte del Qualcuno durante la Resistenza, svelandone i trascorsi




Reitererà poi le accuse in una lettera del marzo 1973, insieme alla velata minaccia di una prossima verifica di tali trascorsi




Ma le conseguenze delle sue accuse deludono le aspettative; se infatti é vero che alla fine del 1974 il Qualcuno viene formalmente rimosso dall'incarico che rivestiva, e la sua struttura smantellata, é altrettanto vero che qualche mese dopo, agli inizi del 1975 gli viene offerta la possibilità di creare una nuova struttura, coperta, ben maggiore, e di cui é l'incontrastato gestore.
Pare che il Qualcuno abbia potuto conseguire tale brillante risultato, e cioè il completo ribaltamento della propria posizione di inferiorità, ricattando chi stava sopra di lui, cosa che, nei fatti, fece tramite Martino Giuffrida; ma ovviamente se la verifica prima ventilata, relativa al suo passato, avesse avuto esito positvo perché qualcuno dei partigiani che sapeva si fosse deciso a parlare, magari sotto le pressioni di Accornero o di chi per lui, nessuna forma di ricatto avrebbe potuto mai conseguire alcun risultato. Da ricattatore sarebbe stato a sua volta ricattabile, ritornando ad una condizione simile a quella del 1968; e nessun "documento Giuffrida" sarebbe risultato efficace.
Per poter conseguire il risultato desiderato sarebbe allora stato necessario tacitare definitivamente qualunque possibile fonte di informazioni su tale aspetto del suo passato; e ciò sarebbe quindi dovuto avvenire prima di agire tramite Giuffrida.

L'ostacolo più grande a tale operazione andava allorai preventivamente rimosso, e per perseguire tale scopo, il Qualcuno chiede ancora aiuto al Servizio. Ed il Servizio entra ancora in azione, il 14 settembre del 1974.

Considera, Lettore, che probabilmente vi sono diverse persone a conoscenza delle vicende del Qualcuno, ma non si può certo organizzare una strage; che oltretutto sarebbe così tanto eclatante e renderebbe i legami così evidenti da far scattare delle indagini nel senso corretto. Così la strategia adottata per perseguire il fine é quella di un solo evento omicidiario, ma condotto in modo da avere un'impatto emotivo devastante; ciò viene conseguito con una forma particolarmente cruenta ed impressionante di vilipendio del cadavere della vittima femminile.
E' verosimile che l'idea della terribile messa in scena, compreso l'uso di un tralcio di vite, sia stata tratta da una pubblicazione per soli uomini di quel tempo; la ricerca di ispirazioni particolarmente truculente in un certo tipo di pubblicazioni non sarà un episodio isolato nella storia del "Mostro di Firenze". Ed in questo caso, come in seguito, l'idea si dimostrerà adeguata allo scopo che intende conseguire.

Viene così lanciato un terrificante messaggio, un'intimidazione terribile, ma comprensibile solo ai destinatari; esattamente come fanno la mafia o la camorra. Ed in seguito ad essa il Qualcuno può così preparare indisturbato l'operazione dei mesi successivi.

Sei masi più tardi, e cioè nel marzo del 1975 (il 22 marzo, per essere precisi) può aver luogo l'intervento di Martino Giuffrida, e così un mese e mezzo più tardi (9 maggio) il Qualcuno ottiene finalmente ciò per cui aveva tanto brigato e, soprattutto, tramato.

In cinque anni, dal 1975 al 1980, in seguito a tale operazione, il Qualcuno acquisisce un potere enorme. Oltre a quello economico, guadagna il controllo sui direttori di SISMi e SISDe, ed intreccia e rinsalda rapporti con le organizzazioni mafiose. Il Qualcunaltro vede intollerabilmente ridursi le proprie capacità di manovra; anche lui ha rapporti con la mafia, ma nel frattempo é iniziata la guerra di mafia in Sicilia, al termine della quale i Corleonesi prevalgono sui Palermitani.

Sia il Qualcuno, sia il Qualcunaltro erano legati ai Palermitani, perdenti; ma mentre il Qualcunaltro cerca semplicemente di uscire da quell'ambito, il Qualcuno. esattamente come era successo durante la Resistenza, passa dall'altra parte, con i Corleonesi. E lo fa fondamentalemnte tramite Pippo Calò, anche lui passato dall'altra parte, e che é inoltre il tramite tra l'eversione nera e la nuova mafia.

Nel 1980 avviene la strage di Bologna, in cui il Qualcuno sembra aver avuto la parte di finanziatore, possibilmente sempre con parte dell'oro di cui si era appropriato durante la guerra. Il Qualcunaltro adesso é in posizione di netta inferiorità: niente Servizi Segreti, niente mafia, niente eversione.

Sembra che tutto ciò che gli sia rimasto per combattere siano le attività lecite, ed il Servizio che fu di Roatta e diretto dal Mantellina.
Già, perché a partire dal 1976 sarebbe proprio il Qualcunaltro a prendere in mano le redini del Servizio e, in un certo modo, a riformarlo. Anzi pare proprio che il Mantellina si attendesse da ciò un'ufficializzazione del suo Servizio, che sarebbe divenuto "l'Anello di congiunzione" tra i servizi fascisti ed i rinnovati servizi repubblicani, concretizzando così quello che era stato il progetto del fondatore.

Al Qualcunaltro non resta allora altro da fare che scatenare la magistratura contro il Qualcuno. A stare a sentire il magistrato responsabile dell'azione, essa sarebbe stata innescata esclusivamente dall'aver visto, sull'agenda di Michele Sindona, un indirizzo "che aveva tutta l'aria di essere un recapito particolarmente "coperto"e particolarmente interessante"; e nessuno doveva osare pensare diversamente.
Nell'ambito della Commissione Parlamentare d'Inchiesta che si occupò del problema, venne sollevato il dubbio che il Qualcuno potesse essere stato manovrato, o come si direbbe oggi, "eterodiretto". A tutti piacque questa idea, che venne estesa anche, come possibilità, al Qualcunaltro; si parlò di "doppia piramide", e vennero evocate figure suggestive.; ma non appena ci fu chi ebbe ad ipotizzare che anche i magistrati potessero essere stati "eterodiretti"... apriti cielo! I componenti di sinistra della Commissione gridarono allo scandalo, perché tutti coloro che vincono il concorso in magistratura divengono ipso facto "liberi da ogni peccato e sicuri da ogni turbamento".

Senza voler nulla togliere allo stupefacente intuito del dott. Turone, in grado di percepire l'aria di un indirizzo su un'agendina, Mario Pacelli potrà riportare, quasi quarant'anni più tardi, di una (molto più ordinaria e banale, meno affascinante ma più logica) segnalazione anonima, di cui: "l’autore resterà sconosciuto tanto da indurre a ritenere che la denuncia fosse mirata non tanto ad aiutare la giustizia quanto a far venire alla luce i documenti..."

In seguito alla segnalazione anonima (o se preferisci, Lettore, all'"aria" dell'indirizzo sull'agendina) viene organizzata una gigantesca perquisizione domiciliare a casa del Qualcuno, il 17 marzo del 1981.

Vengono acquisiti tutti i documenti che smantellano l'apparato del Qualcuno. Ma la problematica dell'oro e del finanziamento della strage di Bologna non viene nemmeno sfiorata; e men che meno quella relativa agli avvenimenti della Resistenza.

Il Qualcuno fugge, o meglio, "si trasferisce" in Svizzera, e continua imperterrito in ciò che resta della sua attività. Si cerca allora di attirare l'attenzione della magistratura affinché essa possa focalizzarsi sul passato, fascista prima e doppiogiochista poi, del Qualcuno.

Ciò viene fatto inviando una lettera anonima, nella quale un sedicente ex partigiano comunista accusa il Qualcuno della morte di Silvano Fedi, nonché di essere causa di quella di Manrico Ducceschi. Si scoprirà poi come il sedicente ex partigiano fosse in realtà il (nome in codice) "Capitano Manfredi", che aveva inviato la lettera anonima scritta insieme ad Umberto Nobili, coivolto inconsapevolmente. Ed il Capitano Manfredi, poco tempo prima, aveva conosciuto proprio il Mantellina, messo in contatto con lui dal generale Abelardo Mei.

Abbastanza stranamente, la motivazione (o la scusa) per la quale il generale Mei avrebbe messo in contatto il Capitano Manfredi con il Mantellina sarebbe consistita in un bisogno di aiuto di quest'ultimo relativamente ad una vicenda giudiziaria (o "paragiudiziaria", dice il Capitano Manfredi) che avrebbe avuto origine dall'occupazione abusiva di terreni facenti parte della sua tenuta da parte di alcuni sardi




richiesta singolare considerato da un lato chi in realtà fosse il Mantellina, e dall'altro come egli stesso avesse concesso in affitto al Serafino Mele parte dei suoi terreni. Certo, se in passato il Mantellina avesse stretto un rapporto di "collaborazione" con i sardi, ma adesso avesse voluto cambiare la natura del rapporto minacciandoli, il fatto di delegare qualcuno a farlo sarebbe stato compatibile con la sua natura di persona poco limpida e leale... ma probabilmente é solo una strana coincidenza, una scusa, un modo come un altro per agganciare il Capitano Manfredi, nella quale sono io a vedere secondi (o terzi) fini.

Ed appare altrettanto singolare che il Capitano Manfredi non ricordi esattamente quando il generale Mei gli abbia presentato il Mantellina




ma avrei potuto aiutarlo io, se fossi stato presente: accadde il 14 settembre del 1980

Curiosamente, il Capitano Manfredi scrisse anche un'altra lettera anonima che incolpava il Qualcuno dell'omicidio Pecorelli, omicidio per il quale invece alla fine venne processato, tra i mandanti, il Qualcunaltro (anche se, alla fine dei gradi di giudizio, assolto).

E sempre singolarmente ( o forse non così singolarmente) i rapporti indiretti tra il Qualcuno e ed il Capitano Manfredi seguono esattamente il medesimo andamento incongruente che osserviamo nel "Mostro di Firenze"; per anni il Capitano Manfredi raccoglie informazioni sul Qualcuno, riempiendo già dal 1972 un dossier che però mantiene segreto, e dei cui contenuti non informa mai i suoi superiori (superiori che però, negli ultimi tempi, erano diretti dal Qualcuno stesso), proteggendo di fatto il Qualcuno; improvvisamente, poco dopo essere entrato in contatto (anzi, in confidenza) con il Mantellina, cambia rotta e scrive le lettere anonime, trasformandosi da protettore in accusatore.

E ciò nonostante il fatto che il Capitano Manfredi, a suo dire, "cada dal pero" quando apprende dell'esistenza del Mantellina e della sua "funzione" come Servizio occulto: il Servizo occulto del Mantellina era qualcosa di cui non aveva mai nemmeno sentito parlare. I complessi intrecci nei quali entra il Capitano Manfredi sono riportati nelle oltre 50 pagine che lo riguardano nell'ambito della sentenza "Italicus-bis"; in esse si parla anche di Coppetti, dei rapporti con Ignazio Spampinato, etc.

Per inciso, in esse si parla pure dell'appartamento di via Sant'Agostino, 3, a Firenze, di proprietà di un inconsapevole marchese Bernardo Lotteringhi Della Stufa (nonché del "cazziatone" che il marchese si prese dal Capitano Manfredi per aver avvertito i carabinieri del ritrovamento) in cui, nel 1993, vennero ritrovate diverse armi, ed anche una scatola di cartucce Winchester calibro 22 LR H




sulla quale credo sia stata disposta una perizia, della quale però non conosco i risultati. Vero é che ai rapporti tra il Mantellina ed il Capitano Manfredi sarebbe stato dato inizio dal generale Mei solo nel 1980, ben dopo il delitto del 1974; ma é anche vero che parte delle armi contenute in quel ripostiglio erano protette da fogli di giornale del 1953, quindi l'arsenale doveva risalire ad un periodo precedente. Forse al Capitano Manfredi erano state affidate le armi relativamente di recente, ma l'origine dell'arsenale sarebbe stata addirittura precedente al delitto del 1968.

Ciò vuol dire che il Capitano Manfredi sarebbe stato coivolto direttamente nella vicenda del "Mostro di Firenze"? Assolutamente no! Tra l'altro, egli, in seguito al ritrovamento, si preoccupò di redigere uno schema (che gli verrà sequestrato durante una perquisizione domiciliare) nel quale considerava quali fossero le possibilità che venisse incriminato, ed in tali possibilità non considera eventi anteriori al 1987. Poiché però alcuni dei giornali che avvolgevano le armi risalivano a quarant'anni prima, é ragionevole pensare che esse gli fossero state affidate, più di recente, da qualcun altro. E nell'eventualità in cui il lotto di produzione delle cartucce fosse stato il medesimo di quelle usate dal "Mostro", conoscere l'identità di questo qualcun altro sarebbe stato interessante.

Comunque sia, ritornando alla sequenza cronologica, la lettera anonima, basata sulle informazioni acquisite dal Coppetti, viene spedita il 14 aprile del 1981; ma non ha l'esito sperato. A questo punto, l'unica possibilità per focalizzare l'attenzione della magistratura sul passato del Qualcuno risiede nel delitto di Signa.

Nel fascicolo processuale vengono inseriti dei reperti balistici analoghi a quelli degli altri omicidi, quindi si sarebbe commesso un omicidio eclatante, con caratteristiche tali da impressionare opinione pubblica ed inquirenti, si sarebbe inviata un'altra segnalazione anonima, e quando gli inquirenti avessero interrogato Stefano Mele, quest'ultimo sarebbe stato preavvertito per fargli dire la verità. E questa volta, avendo già scontata la pena, sarebbe stato creduto, e da lì si sarebbe indagato in una direzione diversa.

Il 6 giugno del 1981 un commando aggredisce ed uccide una coppia a Scandicci; per destare particolare impressione la ragazza subisce lo scuoiamento della regione pubica. All'operazione assiste però un testimone, un guardone della zona. Ovviamente non sarebbe stato in grado di identificare nessuno, ma se avesse detto che l'operazione era stata compiuta da una squadretta di persone, sarebbero stato chiaro come le finalità dell'omicidio dovessero essere predeterminate, e diverse da ciò che si sarebbe voluto far sembrare. Sarebbe divenuto palese, insomma, come esso fosse stato commesso con un secondo fine, per indirizzare gli inquirenti verso una pista precisa.

E' chiaro che il consentire la permanenza di un testimone, anche nascosto ed a distanza, all'interno dell'area dell'operazione sia indicativo di una carenza del controllo sull'area stessa, e quindi non depone a favore delle capacità di chi abbia organizzato l'operazione. E' comunque improbabile che tra gli organizzatori vi fosse il Mantellina in prima persona, se non per altro, almeno perché impegnato personalmente ed intensamente nell'affare Cirillo. Sta di fatto, però, che il risultato non é pienamente soddisfacente, e può sortire degli effetti imprevisti.

L'operazione viene allora sospesa, e dopo quattro mesi di detenzione del guardone, che tuttavia, tra minacce e rassicurazioni si guarda bene dal riferire quanto ha visto, viene commesso un altro omicidio, il 22 ottobre del 1981.
La mutilazione operata sul cadavere femminile, verosimilmente eseguita da persona differente da quella che aveva eseguito lo scuoiamento quattro mesi prima, risulta assolutamente difforme dalla precedente, con un'escissione in profondità e l'asportazione di diverse strutture anatomiche; ma l'importante é destare impressione per attrarre l'attenzione, e soprattutto lasciare sul luogo i reperti balistici, cosa alla quale peraltro consegue anche la scarcerazione del guardone.

Fatto questo, viene inviato un ritaglio di giornale riguardante il processo a Stefano Mele, con sottolineato "Calibro 22" nel testo, ed un'annotazione a mano che invita a riguardare il fascicolo. Il ritaglio viene ricevuto da un sottoufficiale a Borgognissanti, il quale, nonostante la pletora di segnalazioni anonime che pervenivano, rimane colpito dal linguaggio usato nell'annotazione, e lo consegna al suo comandante il quale gli ordina di parlarne al Giudice Istruttore.

La faccenda non ha alcun seguito, ed allora, successivamente, al Giudice Istruttore viene mostrato il ritaglio di giornale




ma anche così non accade nulla.

Nel frattempo, il Mantellina viene a mancare; é così verosimile che il Servizio che dirigeva viva un periodo di incertezze. Ciononostante, per ciò che riguarda le indagini sul "Mostro", viene reiterato il suggerimento anonimo, stavolta come "Cittadino Amico"; ma accade anche che il 18 giugno del 1982 Roberto Calvi venga trovato impiccato sotto un ponte a Londra (qui, "impiccato" é il participio passato di un verbo non riflessivo, ma passivo). Questo sembra configurare la possibilità di fuga del Qualcuno, e così ci si attiva rapidamente per cercare di imprimere una spinta propulsiva al piano, per far fronte a ciò che appare come una vera e propria emergenza.

Probabilmente la fretta, e la temporanea incertezza che regna negli ambienti del servizio a causa della scomparsa del Mantellina danno luogo, il 19 giugno 1982, ad un'operazione confusionaria e disorganizzata, condotta lungo la Provinciale del Virginio, nei pressi di Baccaiano. L'operazione, pianificata e attuata in meno di ventiquattro ore, risulta fallimentare sul piano pratico ma comunque efficace su quello finalistico; essa infatti, insieme ad un'ulteriore segnalazione anonima indirizzata alla PM, sblocca la situazione, ed il fascicolo Mele viene recuperato.

Viene disposta ed eseguita, tra il 20 ed il 25 luglio 1982, un'estemporanea perizia informale che mostra come i reperti balistici del fascicolo abbiano la stessa provenienza di quelli trovati sui luoghi dei delitti del "Mostro di Firenze", e le indagini vengono riaperte; d'altra parte, Piero Mucciarini viene quindi (ri)agganciato perché si prodighi ancora una volta affinché Stefano Mele confessi. Ma stavolta, Stefano Mele dovrebbe confessare la verità.

Così, il 25 agosto del 1982 Piero Mucciarini fa pervenire a Stefano Mele un biglietto scritto




ma quest'ultimo si limita a ripiegarlo e riporlo nel portafogli. A Stefano Mele, che ha scontato ormai la pena ed ha perso così la sua povera vita, di riaprire un processo che gli darebbe solo ulteriori scocciature e nessun vantaggio non importa nulla; così come non gli interessa farsi imbonire ancora una volta da suo cognato. Probabilmente, tra i ricordi più vividi e più negativi del suo passato vi sono le angherie subite, gamba rotta compresa. Così, semplicemente, incolpa Francesco Vinci, che é quello che lo ha trattato peggio di tutti, il maggior responsabile delle angherie, quello che gli ha rotto la gamba, e verso il quale nutre, comprensibilmente, un odio mai sopito.

Nel frattempo, il 13 settembre del 1982, il Qualcuno tenta realmente una fuga, ma viene arrestato.

Sempre nel settembre del 1982 a Francesco Vinci, che, già in galera, ed in seguito alle accuse di Stefano Mele, era stato raggiunto dal mandato di cattura relativo all'omicidio del 1968, saltano i nervi, ed inizia uno sciopero della fame, in seguito al quale viene ricoverato. L'operazione é così nuovamente in stallo; ed inoltre c'é Vinci in carcere in condizioni psicologiche precarie, il che rappresenta sempre un rischio.

Il 10 agosto del 1983, il Qualcuno evade e fugge; e lo fa davvero, anche se si sa bene dove si trovi. Non resta allora che uccidere qualche altro, e ne fanno le spese, il 9 settembre, due turisti tedeschi, ambedue uomini, a Giogoli.

Vi é da dire che in seguito a tale evento si cerca di rintracciare il Cutrona, ed é disposta una perquisizione domiciliare. Ma con ogni probabilità il Cutrona sarebbe fuori dal giro ormai da ben più di un decennio; cosa mai si potrebbe trovare a casa sua di relativo agli eventi recenti?

Il 16 gennaio 1984 viene ritrovato addosso a Stefano Mele il messaggio proveniente da Mucciarini, scritto nell'agosto del 1982, ed in seguito a ciò il Giudice Istruttore, contro ogni logica, anziché scarcerare il Vinci, incarcera anche Giovanni Mele e Piero Mucciarini. A questo punto, la d.ssa Della Monica chiede di essere sollevata dall'incarico. Ci sarebbe da chiedersi se l'illogico comportamento del Giudice IstruttoreI sia dettato da ottusa cocciutaggine o da deliberata malafede, ma questo renderebbe eccessivamante vasto il discorso.

A questo punto, Lettore, seguendo la cronologia degli eventi, giungiamo al 21 gennaio 1984, data nella quale si presenterebbe l'unica occasione in cui potrei mostrarmi incredibilmente "dietrologo": in tale data si verifica infatti il "delitto Benedetti-Riggio"

Ciò perché il delitto Benedetti-Riggio, venne commesso ai danni di una coppia di cui la vittima maschile era palermitana (come il Lo Bianco), che si era appartata all'interno di una vettura di segmento medio-alto per l'epoca, acquistata usata (come la Giulietta del Lo Bianco), che venne uccisa solo a colpi di arma da fuoco (come accadde al Lo Bianco ed alla Locci), i cui cadaveri non vennero estratti dall'auto (come accadde a Signa) ed i cui effetti personali vennero frugati, lasciando i soldi nel borsellino della vittima femminile (come a Signa). Si parlò di furto ai danni del Riggio, persona notoriamente indigente, che però quella sera avrebbe avuto, secondo non meglio identificate testimonianze, 150000 £ nel portafogli, addirittura raddoppiate (300000£) in un articolo del 2023 su "Il Quotidiano Nazionale".


L'unica differenza rilevante rispetto all'omicidio di Signa, oltre all'assenza di un bambino in compagniadella coppia, risiederebbe nei bossoli; peraltro di una marca, Lapua, estremamente rara all'epoca dei fatti.

Se si volesse vedere a tutti i costi un messaggio agli inquirenti in questo, sarebbe chiaro: "dovete concentrarvi sul delitto in sé, non sull'arma. L'identità dell'arma non ha alcuna importanza, é la tipologia del delitto ad essere importante"

Personalmente, mi appare improbabile che il delitto possa avere realmente costituito un messaggio agli inquirenti; per quanto esso possa apparire inusuale, vi sarebbero spiegazioni alternative più valide.

1) si potrebbe essere trattato di una vendetta con scambio di persona: la vendetta sarebbe stata diretta contro il precedente possessore dell'autovettura, ed il portafoglio potrebbe essere stato preso per verificare l'identità del guidatore (é, ad esempio, il figlio dell'intestatario?), considerato che Riggio era indigente, e non é provato che il portafogli contenesse 150000 £ (o addirittura le 300000 £ de "Il Quotidiano Nazionale), e che i soldi nella borsetta di lei vengono lasciati anche se la borsetta viene estratta dalla vettura. I vetri potevano essere appannati, e ciò avrebbe reso più probabile lo scambio di persona

2) avrebbe potuto essere una vendetta senza scambio di persona. ponendo che Riggio possedesse davvero, quella sera, 150000 £ o addiritturra 300000 £, non giustificate dalla sua indigenza; magari avrebbe potuto averli sottratti a qualcun altro, di un certo ambiente, e questo sarebbe andato a riprenderseli (o avrebbe mandato qualcuno a farlo)

La spiegazione "simil-mostrologica", con l'esecuzione un delitto uguale a Signa, compresa l'asportazione del portafogli (elemento per cercare di far concentrare gli inquirenti sulla vittima maschile), ma con reperti balistici chiaramente diversi, mi sembra la meno probabile, anche se l'idea sarebbe suggestiva.

Ciò che in assoluto trovo poco plausibile é il fatto che il "Mostro" abbia individuato la tipologia del personaggio che potesse risultare evocativo, ed abbia colpito con un riferimento preciso alla "vittimologia"; anche se ciò spiegherebbe il perché abbia colpito in una sera di cattivo tempo. Non avendo una cadenza obbligata ("devo compiere un omicidio alla settimana"), il "Mostro" non avrebbe avuto alcun motivo per non rimandare l'omicidio, viste le condizioni meteo; ma considerato che proprio quella sera si erano casualmente verificate altre condizioni, ben più importanti al fine di far risultare altamente suggestivo l'omicidio (quando la coppia si sarebbe appartata nuovamente all'interno della vettura del padre di Paolo Riggio?), colpì comunque.

D'altra parte, volendo permanere nel contesto del fantasioso mondo mostrologico nel quale si muove un "Mostro" che adopera un simbolismo da adventure game su PC degli anni 90, scegliendo le lettere da ritagliare in ragione di come esse possano simboleggiare l'acqua, o facendo telefonate anonime che alludono a fumetti porno, occorre considerare come il delitto Benedetti-Riggio conterrebbe un messaggio che andrebbe ben oltre le semplici allusioni.

Ma, ripeto, é un inciso; un episodio al quale io non intendo annettere significati particolari.

Pertanto, procediamo.

Adesso, il Qualcuno é latitante in Sudamerica, ed in galera ci sono almeno due persone che qualcosa sanno, e potrebbero parlare. Viene organizzato un altro delitto, ma stavolta "ben fatto", con le coltellate, le mutilazioni e tutto quanto... tutto in regola, insomma; e magari stavolta traendo realmente ispirazione, per incrementare ulteriormente l'impatto emotivo, da un fumetto pornografico. Il duplice omicidio viene commesso il 29 luglio del 1984; tuttavia, bisogna aspettare almeno tre mesi perché esso dia parzialmente i suoi frutti; e ad ottobre Vinci, Mele e Mucciarini vengono scarcerati.

A questo punto, il Giudice Istruttore rivolge le sue attenzioni verso l'ultimo sardo rimasto, Salvatore Vinci. Non ha né testimonianze né biglietti scritti, così si limita ad una stretta sorveglianza, e ad un tentativo di incriminazione del Salvatore Vinci per l'omicidio della prima moglie.

L'operazione continua ad essere in stallo. Qualunque tentativo fatto non consente di uscire dall'impasse della "pista sarda"; e la sola persona coinvolta nelle indagini e che sembrava in grado di sbloccare la situazione si é tirata indietro. L'unica possibilità di procedere sembra essere un ulteriore duplice omicidio, commesso tra il 6 e l'8 settembre del 1985, alla piazzola degli Scopeti, in seguito al quale viene inviata a Silvia della Monica una busta contenente un lembo cutaneo appartenente alla vittima femminile. Il frammento escisso non é accompagnato da alcuna lettera contenente un messaggio esplicito; ma, analogamente a quanto accade per i vestiti piegati a Rabatta (o alla testa di Semerari sul sedile, se vogliamo) risulta assolutamente intelligibile alla destinataria, che dichiarerà, nel corso degli anni, di avere capito.

E precisamente, la PM, ora come allora, dimostra di aver capito almeno tre cose della vicenda:

1) gli assassini sono più d'uno

2) i sardi non c'entrano nulla se non come persone a conoscenza dei fatti

3) la missiva con il lembo cutaneo ha il preciso scopo di sollecitarla a rientrare nelle indagini.


Abbastanza abilmente, fa subito sapere come un suo rientro nelle indagini sia assolutamente da escludere. Nelle settimane successive riceve comunque un paio di ulteriori sollecitazioni (telefonata anonima, cartuccia nella casa di campagna), ma nulla riesce a farla recedere dal suo proposito.




In questa stagnazione, costellata di eventi che riguardano le indagini su Salvatore Vinci, si giunge all'estate del 1986, quando, il 16 luglio Francesco Falbo, ufficiale della Guardia di Finanza, viene inviato in Svizzera a recuperare il c.d. "Documento Bologna"




che contiene quelle che saranno considerate le prove del finanziamento da parte del Qualcuno della strage di Bologna. L'intricata storia del "Documento Bologna", da cosa origini, del perché sia stato recuperato in Svizzera, della sua relazione con il "Pollaio Alloia"




e di tutti gli eventi successivi al suo ritrovamento non riguardano più la vicenda "Mostro di Firenze", anche se più avanti un'eccezione verrà fatta per il c.d. "Documrnto artigli". Così come non riguardano più il Servizio che si sarebbe "prodigato" per giungere ad un risultato che invece é inaspettatamente pervenuto attraverso tutt'altro canale.

Oltre ad otto duplici omicidi, però, rimangono delle sequele. Una di esse é la persecuzione verso Salvatore Vinci che, dopo esse stato imputato per omicidio e processato, viene incriminato per molestie sessuali. Salvatore Vinci deve necessariamente sapere qualcosa della vicenda, ma ha sempre mantenuto nervi saldi, e non ha mai parlato. Viene allora premiato facendolo sparire, e consentendogli di passare in santa pace gli ultimi anni della sua vita.

Ma più in generale, chi, all'oscuro della reale essenza della vicenda, ha il compito di indagare, continua a farlo; senza, tra l'altro, avere la consapevolezza che non accadranno più omicidi. Pertanto, l'opera perenne di depistaggio non può cessare; esiste sempre la possibilità che un investigatore, anche per caso, si imbatta in qualche elemento che possa svelare la vera essenza del "Mostro di Firenze".
E tra queste attività vi sono anche quelle del SISDe; ed anche il Servizio occulto appartente al Qualcunaltro continua a sorvegliare.

E forse é proprio nell'ambito di tale sorveglianza da ricercare l'origine del tentativo di installazione di una linea ISDN all'interno dell'ufficio del GIDES, evento che merita comunque una breve disamina.



La linea ISDN



Cerchiamo di immaginare cosa avrebbero visto coloro che lavoravano al GIDES se una borchia ISDN fosse stata installata a loro insaputa. Rientrando in ufficio avrebbero visto una scatola di circa venti centimetri di lato, appesa al muro, collegata alla linea di alimentazione, con delle lucine rosse e verdi, più una scatoletta più piccola interposta tra essa ed i telefoni.

Questa è un'immagine della borchia, con una penna ed una moneta da 1 Euro per dare un'idea delle dimensioni



Mi rendo conto che, non essendo a Paperopoli, nessuno si sarebbe stupito; in posti diversi da Paperopoli é normale rientrare una mattina in ufficio e trovare una roba simile appesa al muro.
E' poi possibile che nel caso di improvvisa interruzione dell'alimentazione, i telefoni smettessero di funzionare. Tutto ciò, avrebbe attirato l'attenzione, ma solo a Paperopoli; a Firenze, nessuno mai si sarebbe insospettito.

Ciò invece che é accaduto qui, é stata una regolare installazione. Un primo livello di accertamenti (sono normali tecnici Telecom? Sì, sono tecnici CITE, che opera per conto di Telecom) non ha mostrato nulla di irregolare. Anche il secondo livello (E' stata fatta regolare richiesta di installazione? Sì, é stata fatta), ha evidenziato che é tutto regolare. E così il terzo livello (l'installazione é stata chiesta tramite canali usuali? Sì, per telefono come previsto dalle procedure, in attesa della formalizzazione per iscritto). E' solo al quarto livello (E' avvenuta la formalizzazione per iscritto? No, mai) che é venuta fuori la magagna. Da cui si deduce che i servizi segreti di Paperopoli non siano poi così stupidi; é solo che gli é andata buca. Ma non hanno comunque lasciato tracce.

Ma, dopo tutto, é plausibile che un Servizio segreto, per quanto occulto, adoperi proprio il telefono come mezzo per le sue operazioni, che siano quelle di far installare una linea ISDN o anche, semplicemente di assumere informazioni sulle strutture dalle quali dipende il funzionamento di quel telefono che sta usando?

Un esempio può venire dalle dichiarazioni di Ezio Bonalumi, responsabile della centrale telefonica di via Mantegna, operativa dal 1971 e di cui il Mantellina si serviva, e contenute nell‘informativa del ROS di Milano del 10.9.2002. Queste sono le modalità con le quali Bonalume venne in contatto con il Mantellina:

Tra il 1974 e il 1977, tenete però presente che sono passati venticinque anni e che quindi, la mia memoria potrebbe trarmi in inganno, ricevetti una telefonata da persona che si qualificò come utente e si presentò con il nome che mi avete detto.
Costui mi stupì, in quanto si dimostrò a conoscenza di particolari inerenti sia la mia persona, sia la centrale di cui ero responsabile.
Scopo della telefonata era di conoscere ulteriori particolari che io,ovviamente, mi rifiutai di fornire, e chiusi seccamente la conversazione.
Ricordo che rimasi stupito anche del fatto che non si trattasse di un utente della centrale Sempione, almeno così ricordo.
Preciso che sapeva anche quanti figli avevo

[...]

...al telefono, aveva menzionato anche i nomi dei miei superiori ed ebbi l'impressione che avesse una piantina della centrale Sempione, anzi ne sono certo in quanto, telefonicamente, mi disse dove erano dislocate le apparecchiature ed il mio ufficio.


Quindi, parrebbe proprio che i Servizi segreti occulti italiani si muovano con le stesse modalità di quelli ufficiali di Paperopoli...

Come già accennato, il Mantellina muore improvvisamente nel novembre del 1981, il giorno dopo una cena con il Capitano Manfredi. Al di là delle supposizioni di omicidio, poco interessanti qui, é illogico pensare che tutto l'organico del Servizio, "fluido" per quanto possa essere, si dissolva nel nulla. Così come é illogico pensare che non ci sia stato chi sia subentrato al Mantellina.

Il Mantellina sosteneva (millantava?) di poter in qualche modo controllare le linee telefoniche, soprattutto di interromperne le funzionalità. In realtà. il controllo sarebbe avvenuto principalmente attraverso sua cognata, Luciana Maria Piras, che lavorò in Telecom fino al 1988. E che era comunque in grado di conoscere le procedure. La Piras sembra fosse (stata?) l'amante del Mantellina, ma non possiamo escludere che sia rimasta in qualche modo legata al Servizio anche nel periodo successivo alla sua morte, o al proprio pensionamento.



Francesco Narducci

Nel post precedente, Lettore, che avrebbe dovuto esse l'ultimo, prima di parlare brevemente della falsicabilità dell'ipotesi esposta qui, mostravo un collage che ti ripropongo:




L'immagine era solo mostrata, senza alcun commento esplicativo, in quanto il suo inserimento voleva essere un riferimento, tanto implicito quanto velato, alla miriade di associazioni che possono essere costruite sulla base di mere coincidenze, rendendo tali associazioni delle prove indiziarie di notevole peso. L'aspetto più divertente é che sia proprio chi trasforma tali inconsistenti associazioni in presunte "prove" a tacciare gli altri di dietrologia; la mia intenzione era così quella di fornire un ulteriore spunto per tale genere di attività. Ed é per questo, per amor di completezza, che intendo spendere qui qualche parola in proposito trasformando la velata allusione in un concetto esplicito.

Nonostante questo, però, il risultato si rivelerà sempre meno dietrologico di certe teorie.

Il collage, come chiunque può vedere, fornisce la possibilità di un confronto immediato tra alcune immagini fotografiche di Francesco Narducci ed un identikit (anzi, un photo-fit) realizzato sulla base della testimonianza di tale Giovanni de Uras che avrebbe visto l'individuo, oggetto del photo-fit, il 6 settembre 1985 a Scopeti.

Ammetterai, Lettore, che la somiglianza é stupefacente. Taglio degli occhi e forma delle sopracciglia si ritrovano identici nella foto in alto a destra. L'attaccatura dei capelli é quella delle foto a sinistra. Naso e bocca sono sorprendentemente simili nell'immagine in basso a destra.

Ovviamente, certe inquadrature rendono più aderenti alla ricostruzione certi particolari, altre inquadrature possono enfatizzarne altri; ma la cosa davvero sorprendente, e comune a tutte le fotografie, é la forte somiglianza con la ricostruzione. Ed é sorprendente perchè spesso, negli identikit, vengono scelti correttamente forma, proprorzioni e tipologia dei vari componenti, ma é il risultato d'insieme a soffrirne. Sebbene la forma degli occhi, del naso, della bocca, del viso siano simili a quelli dell'individuo che si intenderebbe identificare, il risultato d'insieme non espone quella identificazione di espressioni e di proporzioni che la nostra mente interpreta come "somiglianza".

Qui, invece, il risultato sembrerebbe inequivocabile.

Anche la descrizione che il testimone fa del soggetto sarebbe aderente al Narducci: alto circa 1,80m, capelli castano rossicci... solo l'aggettivo "robusto" potrebbe rappresentare una dissonanza.
Diverse persone usano l'aggettivo "robusto" (anche) per descrivere qualcunbo in evidente sovrappeso. Ma "robusto", propriamente, vorrebbe significare "forte, vigoroso, gagliardo nel fisico"; ed é quindi un aggettivo che si adatterebbe alla perfezione alla descrizione di una persona dalla corporatura atletica quale il Narducci era.

Il 7 settembre, il Narducci avrebbe richiesto all'ambasciata americana a Firenze un visto per l'ingresso negli Stati Uniti, che non gli viene concesso.

Sembrerebbe (il condizionale é d'obbligo, perché vi é una notevole incertezza sull'esatto significato delle relative trascrizioni) che l'auto del Narducci abbia potuto transitare nei giorni successivi (8-9 settembre) attraverso uno degli svincoli autostradali di Firenze.

Il Narducci riuscirà comunque a recarsi negli Stati Uniti a fine settembre, trasferta dalla quale rientrerà i primi di ottobre (in modo da essere a casa il giorno 4, onomastico sia suo sia della moglie), per morire qualche giorno dopo.

E su tale morte, un blog monotematico sul "Mostro di Firenze" avanza diverse ipotesi:

1) disgrazia

2) suicidio per motivi personali

3) suicidio per motivi in qualche modo correlati alla vicenda del "Mostro di Firenze" (rimorso, paura, o istigazione dei familiari)

4) omicidio per motivi che nulla hanno a che vedere con il "Mostro di Firenze"

5) omicidio compiuto da altri componenti del "Mostro di Firenze" per paura che egli parlasse

6) omicidio compiuto da qualcuno che sapeva di un suo ruolo attivo nelle vicende del "Mostro di Firenze", ma voleva evitare che la sua famiglia venisse coinvolta

A me sembra, Lettore, che riguardo alle possibilità che Narducci sia stato ucciso o istigato al suicidio venga tralasciata, nemmeno menzionata, la causa più semplice di tutte.

Ammettiamo per un momento che Francesco Narducci fosse, semplicemente, una brava persona.

Magari massone, ma una brava persona.

Magari poco innamorato della moglie, ma una brava persona.

Un professionista dedito al suo lavoro, ed appassionato alle attività sportive; magari un po' narcisista... ma chi non lo é?

Ammettiamo per un momento anche che quanto Ti sia stato prospettato sopra riguardo al "Mostro di Firenze" sia tutto vero.

Allora, Francesco Narducci sarebbe potuto venire a conoscenza, attraverso canali direttamente correlati alla sua appartenenza alla Massoneria, del ruolo del Qualcuno, prima come parte attiva, e poi come soggetto passivo, nelle vicende del "Mostro di Firenze".

Ammettiamo allora che in quanto "brava persona" possa essere rimasto impressionato, ed abbia deciso di condurre personalmente delle indagini, proprio nell'imminenza del delitto degli Scopeti. Che sia riuscito a scoprire qualcosa, ed, impaurito, abbia tentato, senza successo, una fuga negli USA. Che sia riuscito ad espatriare dopo qualche settimana, giusto per tentare di appianare la faccenda a distanza, al sicuro. Che, ricevute delle rassicurazioni, sia rientrato; e sia stato, comunque, eliminato.

Sarebbe una spiegazione semplice e lineare dei fatti; spiegazione che comprenderebbe anche l'atteggiamento e le dichiarazioni che l'avvocato della famiglia, Fabio Dean, rilascerà diciassette anni dopo.

Infatti, l'avvocato Fabio Dean non era, come sostiene Paolo Franceschetti, il figlio dell'avvocato del Qualcuno. Era proprio l'avvocato del Qualcuno; quello che, il 14 ottobre del 1987, mentre il Qualcuno soggiornava nelle carceri svizzere, ne trattava la detenzione ai domiciliari con Umberto Pierantoni. Ed i termini della trattativa finivano all'interno del "Documento artigli", indirizzato ad Amintore Fanfani.




Certo, quanto descritto sopra potrebbe essere, più semplicemente, spiegato da una banale coincidenza, e da altre, molto più plausibili situazioni.

La banale coincidenza sarebbe la somiglianza del risultato del photo-fit, che in realtà avrebbe voluto ritrarre tutt'altra persona, con le fotografie del Narducci. D'altra parte, il Narducci potrebbe in effetti aver tentato una fuga a causa di avvenimenti che poi lo avrebbero portato a morte, ma che nulla avrebbero avuto a che fare con il "Mostro di Firenze". Ed infine, il fatto che degli affiliati alla Massoneria, come da una parte era il Qualcuno, e dall'altra la famiglia Narducci, si rivolgano ad un avvocato massone, come era Fabio Dean, é ciò che ci si aspetterebbe. La casualità della coincidenza tra photo-fit ed immagini di Narducci avrebbe quindi creato un'apparente connessione senza corrispondenza con la realtà, che nei fatti non esisterebbe.

Certo, il fatto che Francesco Narducci possa essere stato eliminato semplicemente perché era venuto a conoscenza di importanti informazioni riguardanti il "Mostro di Firenze" rimarrebbe un'idea semplice e lineare, ma così semplice e così lineare che non può mai piacere a mostrologi ed appassionati.

Figurati, Lettore, che non piace neanche a me; che, come avevo detto in premessa, l'ho illustrata solo per completezza.



Le fallacie

Ribadisco ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno (ma proprio dalla scrittura di questa serie ho imparato come sia più che mai valido il principio repetita iuvant) che prove dirette di questa storia non ne esistono, ne mai se ne potranno trovare. Se l'esistenza del Servizio che il Mantellina dirigeva é venuta fuori assolutamente per caso dopo cinquanta anni dalla sua creazione, é pensabile, che tutto ad un tratto vengano fuori, come un coniglio dal cappello del prestigiatore, le prove documentali di questa storiella?

Possiamo affidarci solo ed unicamente a quelle circostanziali, che qui Ti ho illustrato con date e nomi, preso atto del fatto che il tentativo di fornire delle indicazioni e stimolare una ricerca autonoma nei Lettori é da considerarsi miseramente fallito.

E come, esplicitamente, già affermato nelle due serie sul "Mostro di Firenze", le uniche possibilità di verifica riguardano la validità delle prove circostanziali, ovvero l'esistenza documentabile di una fallacia in esse.

Le possibili fallacie di questa storia sono essenzialmente due:

1) le modalità con le quali i partigiani dell'area mugellana sarebbero venuti a conoscenza dei fatti che riguardavano il Qualcuno

2) la natura dei rapporti tra il Qualcuno ed il Qualcunaltro

Riguardo al punto 1), le difficoltà nascono innanzitutto da una constatazione: le attività partigiane durante la Resistenza erano compartimentate. I gruppi partigiani agivano separatamente per ogni provincia. L'area di operazione del Qualcuno, così come quella di Silvano Fedi o di Manrico Ducceschi, era il pistoiese. Andrea Pettini si muoveva essenzialmente in un'area del Mugello posta 50 chilometri più ad Est; come é possibile che avesse a che vedere con i fatti "scabrosi" che riguardavano il Qualcuno?

Questo problema é in realtà minore di quanto non sembri.

Mentre una stretta compartimentazione era vigente per i gruppi di altro orientamento politico, i comunisti avevano invece contatti su aree molto più vaste. Ed i contatti che il Qualcuno aveva con le formazioni antifasciste riguardavano soprattutto esponenti comunisti (ad esempio Corsini)

Parte delle formazioni partigiane che si riunirono nel Mugello a formare la Brigata "Lanciotto" erano comuniste, in particolare il gruppo di Giulio Bruschi. In pratica, nella "Lanciotto" convivevano comunisti, anarchici, ex fascisti, democristiani, etc.

Se la delazione riguardo all'agguato di Silvano Fedi avvenne da parte del Qualcuno per una sorta di accordo con i comunisti, e non per l'accordo diretto con i nazisti, qualcuno dei comunisti nella "Lanciotto" poteva saperlo. Andrea Pettini era, per l'appunto comunista. Quindi, anche se apparentemente i gruppi partigiani che operavano intra provincia erano coordinati, ma non vi sono grosse evidenze documentali di contatti inter provincia, un contatto sostanziale potrebbe essere avvenuto non tra i pistoiesi ed i mugellani, ma tra il Qualcuno i ed i comunisti, e poi risaputo o diffuso all'interno dei gruppi esclusivamente comunisti. Questo può spiegare gli eventi fiorentini riferiti ad un soggetto pistoiese.

Inoltre, elemento ben più importante, un'informativa della Questura di Pistoia asserisce che il Qualcuno si sia associato con i partigiani comunisti della "Bruno Buozzi",




che era una Brigata inquadrata nella Divisione Arno, nata dal confluire di quattro Brigate, la "Fanciullacci", la "Caiani", la "Sinigaglia" e la "Lanciotto"; la "Lanciotto" era quella nella quale era arruolato Andrea Pettini. C'é un errore nel citare la XI Zona e Vincenzo Nardi in quanto Nardi era comandante della XII zona, mentre il comandante dell'XI era, per l'appunto, Manrico Ducceschi.

Tra i documenti sequestrati a Coppetti vi era la fotocopia di una pubblicazione "La Brigata Bozzi"




che quindi si sarebbe riferita alla "Gino Bozzi", e non alla "Bruno Buozzi"; ma la Brigata "Gino Bozzi" si spostò precocemente sull'appennino emiliano, ritornando nel pistoiese alla fine dell'estate del 1944. Quindi, appare assolutamente improbabile che il Qualcuno avesse fatto parte della "Gino Bozzi", mentre é di gran lunga più probabile che si tratti realmente della "Bruno Buozzi"; e se così é, é certamentevenuto a contatto con Pettini ed i suoi compagni.

Pertanto, non solo é possibile che Andrea Pettini, insieme ad altri, fosse a conoscenza dei trascorsi del Qualcuno, ma é anche abbastanza verosimile.

Veniamo adesso al punto 2), e cioè la natura dei rapporti tra il Qualcuno ed il Qualcunaltro. L'argomento é già stato affrontato nel post precedente, l'Epilogo, ma merita anch'esso di essere ripreso.

E lo merita perché questo appare come il maggior punto debole di tutta la costruzione, l'elemento in grado di falsificare l'ipotesi.

Infatti puoi trovare scritto un po' dappertutto, Lettore, come i rapporti tra il Qualcuno ed il Qualcunaltro fossero, tutto sommato, buoni; anzi, molto migliori e più stretti di ciò che si volesse far credere. Sebbene il Qualcuno ebbe a dichiarare come lui avesse la sua, di organizzazione, il Qualcunaltro avesse il Servizio occulto protagonista del presente post, ed un Terzo avesse un'altra organizzazione clandestina, da più parti venne indicato come i rapporti tra il Qualcuno ed il Qualcunaltro fossero di natura molto più intima, ed il Qualcunaltro si ponesse gerarchicamente al di sopra del Qualcuno.
Persino la vedova di Roberto Calvi ebbe a dire ciò.

A questo punto, Lettore, la presente costruzione crollerebbe. Perché mai il Qualcunaltro avrebbe dovuto smantellare una struttura di cui lui stesso usufruiva? Che addirittura comandava? E d'altra parte furono proprio il Qualcunaltro ed il Terzo ad affidare, nei fatti, al Qualcuno i Servizi Segreti nel 1978...

Bene, ma allora se fosse così, e ci si rifiutasse di credere alle capacità divinatorie dei magistrati Turone e Colombo, chi avrebbe fornito loro la segnalazione anonima che diede inizio alla loro azione contro il Qualcuno? Chi avrebbe potuto ideare un progetto così ardito e proditorio mettendosi sia contro il Qualcuno sia contro il Qualcunaltro? Chi ne avrebbe tratto beneficio facendola franca?

Be' Lettore, io una simile figura non riesco a vederla. Non mi viene in mente nessuno che dopo aver eliminato il Qualcuno e danneggiato il Qualcunaltro abbia regnato incontrastato. Non ne ho notizia.

Se tu, Lettore, guardi con attenzione a tutti i riferimenti, gli esempi, che vengono portati a supporto da chi sostiene l'esistenza di un forte legame tra il Qualcuno ed il Qualcunaltro, noterai come siano tutti relativi a situazioni ed avvenimenti anteriori al 1980.

Il fatto che il Qualcuno ed il Qualcunaltro si conoscessero da lunga pezza é un fatto noto. E probabilmente si conoscevano anche da prima di quanto il Qualcunaltro sostenesse. Il Qualcuno ha sempre millantato una stretta conoscenza con il Qualcunaltro, ma quanto in effetti fosse stretta non è dato di sapere. Dicono che il Qualcuno, che tra le sue fila annoverava uno dei più famosi imitatori italiani e cioè Alighiero Noschese, ne sfruttasse le capacità artistiche facendolo parlare al telefono con chi voleva abbindolare, il quale sentiva dall'altra parte del filo l'inconfondibile voce del Qualcunaltro. Non so quanto ciò sia vero; ma resta il fatto che il Qualcuno voleva farsi credere più intimo con il Qualcunaltro di quanto non fosse in realtà.

Il Qualcunaltro si é sempre comportato nella maniera esattamente opposta. Ha sempre sostenuto di aver conosciuto il Qualcuno all'inaugurazione di uno stabilimento, nel 1960; e di ciò viene sempre mostrata, anche su Wikipedia, una foto che li ritrarrebbe insieme durante quell'evento.




In realtà il Qualcunaltro non é mai andato all'inaugurazione dello stabilimento, ma alla posa della prima pietra. Dell'evento esiste un filmato, ed il Qualcuno ed il Qualcunaltro sono chiaramente abbigliati in modo differente rispetto alla foto di Wikipedia.




La foto che viene spacciata come partecipazione all'inaugurazione risalirebbe all'anno precedente, ripresa alla Fiera Campionaria; alle spalle del gruppo si vedono le insegne degli stand.




Quindi il Qualcuno ed il Qualcunaltro si conoscevano da prima.

La differenza con la quale i tre (il Qualcuno, il Qualcunaltro ed il Terzo) descrivevano i loro rapporti viene efficacemente esposta nel corso di un'intervista fittizia che Michele Santoro fece ai tre nel corso di una trasmissione RAI del 7 giugno del 2018. L'intervista era fittizia nel senso che i tre intervistati, ormai tutti deceduti, venivano impersonati da attori. Il Qualcuno era interpretato da Andrea Tidona, il Qualcunaltro da Remo Girone ed il Terzo da Diego Verdegiglio. L'oggetto dell'intervista fittizia riguarda diversi aspetti, ma più particolarmente i risvolti del sequestro Moro, oltre che i rapporti dei tre con l'ambiente politico nazionale ed internazionale; ma il modo in cui esprimono i reciproci rapporti pare costituire un'efficace riproduzione anche di tale aspetto della realtà.

Ed a proposito di realtà, é opportuno ribadire ancora una volta come essa sia grandemente variata nel 1980, vero e proprio spartiacque in questa vicenda; e ciò sarà successivamente affermato da una sentenza giudiziaria, emessa ormai venti anni orsono.

In particolare, la sentenza si riferirebbe alle collusioni tra il Qualcunaltro e la mafia siciliana, considerate assodate fino al 1980. Da quella data in poi, il Qualcunaltro si sarebbe distaccato da Cosa Nostra, in quanto non avrebbe stretto ulteriori legami con la mafia vincente rappresentata dai Corleonesi.
Cosa che invece avrebbe fatto il Qualcuno, che avrebbe utilizzato tali agganci anche per tenere i contatti con l'eversione nera. E poiché avrebbe avuto anche il controllo dei Servizi Segreti e del potere finanziario, si sarebbe creata una tale disparità di forze con il Qualcunaltro, da farlo passare, nella migliore delle ipotesi, in subordine. Nella famigerata "doppia piramide", il Qualcunaltro non avrebbe potuto occupare che il vertice di quella inferiore.
Non avrebbe potuto contrapporre nulla ad un blocco costituito da mafia, eversione nera, servizi segreti ed egemonia economica. In realtà non avrebbe avuto scelta.

L'unico appoggio che avrebbe avuto, oltre quello strettamente politico (e come tale suscettibile di cambiamenti tramite l'eversione) sarebbe stato proprio il Servizio del Mantellina, sul quale il Qualcuno non aveva guadagnato il controllo, nonché qualche "fedelissimo" o che almeno appare tale, come il Capitano Manfredi, che in questa vicenda alla fine si schiera palesemente, se non dichiaratamente, contro il Qualcuno.

Sulle caratteristiche possedute dal Servizio ci sarebbe molto da dire; come accade in tutte queste vicende, "Mostro di Firenze" compresa, meno si sa, e più si ha da dire.

Lo storico Giannuli distinguerebbe quattro "edizioni" del Servizio; ma la suddivisione non apporta degli elementi funzionali di rilievo alla storia del "Mostro di Firenze". Probabilmente, per riassumere le caratteristiche salienti del Servizio ed il ruolo in vicende come questa, un riferimento più adatto sarebbe costituito dalla deposizione del colonnello Massimo Giraudo resa il 9 giugno del 2021 a Bologna.

Forse, l'ultima perplessità che potrebbe sorgere riguarderebbe il comportamento del Mantellina, che, alla fine, si sarebbe occupato dell'organizzazione di azioni volte a danneggiare il Qualcuno; per il quale, invece, in un periodo precedente, avrebbe eseguito dei compiti peculiari e di primaria importanza, e per i quali probabilmente sarà stato lautamente ricompensato.

Occorre considerare che di azioni aggressive, compiute dal Servizio e dirette immediatamente verso il Qualcuno, non se ne sarebbero mai verificate; anche l'invio della comunicazione anonima prima dell'inizio della seconda serie omicidiaria venne delegata al Capitano Manfredi, che di certo poco prima era entrato in contatto diretto con il Mantellina, ma senza che quest'ultimo si impegnasse in prima persona.

Ed inoltre, il Servizio avrebbe comunque dovuto rispondere al Qualcunaltro operando secondo le direttive fornite, e non avrebbe potuto scegliere, in assoluta autonomia, quali iniziative intraprendere o meno sulla base di conoscenze personali.

Ed infine, difficilmente il Mantellina avrà avuto parte attiva nell'organizzazione dell'evento di Scandicci, essendo impegnato in una faccenda ben più grossa, e scomparirà poco dopo quello di Calenzano; quindi, il ruolo centrale che potrebbe aver avuto nell'organizzazione degli omicidi del 1969 e del 1974 non sembra poter essere stato reiterato dal 1981 in poi. Il ruolo del Mantellina in prima persona appare comunque limitato, in questa vicenda; sembrerebbe che egli abbia costuito un aggancio, un tramite, e non che si sia (pre)occupato di esercitare uno strettissimo controllo sulle operazioni.

In altri termini, e per quel che riguarda strettamente l'argomento "Mostro di Firenze", il Mantellina avrebbe rivestito un ruolo attivo, se non diretto, solo nei delitti di Signa e Rabatta, ma non nei successivi.
Pertanto, non vi sarebbe alcuna contraddizione o alcun atteggiamento inconsueto nel ribaltamento dei rapporti tra il Qualcuno ed il Servizio.

Detto questo, avrei definitivamente terminato. Ovviamente, quanto ho raccontato sopra non vuol dire affatto che non potebbero esistere delle altre sequenze di fatti, collegati tra loro, che presentino una coincidenza di luoghi e date; vuol dire solo che sarei stato io a non essere in grado di trovarle. E non vuol dire nemmeno che non potrebbero esistere delle spiegazioni alternative; vuol dire solo che per esse non ho trovato alcun supporto in termini di prove circostanziali. Ma quello che importa é illustrare il metodo. E se dovessi supporre altri meccanismi senza le relative prove circostanziali (cioè, inventarli di sana pianta) allora sì sarei un "dietrologo". Oppure sarei un "mostrologo".

In chiusura, Lettore, consentimi una riflessione. L'intelligenza é la capacità di fare esperienze mentali; e l'apertura mentale é allora il presupposto indispensabile affinché tali esperienze possano venire compiute. Quindi l'apertura mentale é una caratteristica imprescindibile delle persone intelligenti. Pertanto, non posso che chiudere con Eraclito di Efeso, esattamente come per il post precedente




Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare.

Eraclito di Efeso


27 commenti:

  1. Rispondo come utente che aveva ammesso la sua difficoltà nel comprendere la sua teoria (seppur elogiandone le doti di scrittura). La ringrazio per averla esplicitata meglio, rendendola di più facile comprensione. Questa teoria - anche nei suoi punti meno condivisibili -, secondo me è in grado di far rabbrividire chiunque abbia una minima conoscenza delle vicende eversive e del contesto politico di quegli anni. Tutti gli spunti e i documenti sono interessanti, ma quello che più mi ha colpito - paradossalmente - è quello dove di prove e testimonianze non ve ne sono. Ovvero l'ipotesi alternativa - e che trovo originalissima - su ruolo di FN e sulla sua fuga. E' onestamente la prima volta che la leggo, e mentre lo facevo mi sono chiesto: possibile che nessun investigatore o la famiglia ci abbiano mai pensato? Alla fuga ci hanno pensato in tanti in realtà, ma sempre in qualità di "sospettato".

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    1. Grazie per gli apprezzamenti; ma ciò che mi dà maggiore soddisfazione é la possibilità di aver potuto rendere chiaro ciò che prima lo era stato meno. Se spesso sono "criptico" é perché é mia convinzione che lo sforzo fatto per la comprensione si rifletta, alla fine, in una più intima comprensione dei concetti esposti.

      Il fatto che la possibilità che rigardi FN sia stata tralasciata é probabilmente anche dovuta al fatto che la visione dell'entità "Mostro di Firenze" é stata, per molti ani, a senso unico; non si sono mai considerate possibilità alternative che spiegassero i fatti osservati.

      Quando invece si sarebbe dovuto riflettere almeno sul fatto che la dizione "Mostro di Firenze" é un'invenzione giornalistica (nata dopo Calenzano) e l'entità non si é mai accreditata come "Mostro di Firenze".Mai, nemmeno nelle comunicazioni a SDM.
      L'unica eccezione fu la seconda telefonata all'Allegranti in cui l'entità si autodefinì "Mostro" nell'evidente tentativo di estorcergli per timore ciò che non aveva ottenuto con l'inganno.

      Grazie ancora

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  2. Avevo seguito tutte le fasi del lavoro e a grandi linee ne avevo compreso il senso. Ora alcuni passaggi sono più chiari. L'ossatura di questa brutta storia però mi era chiara. Dichiaro un certo sforzo nel capire alcune figure, ho cercato e mi si è aperto un mondo. Bruttissimo. Qualcuno e Qualcun altro erano palesi. Non entro nel merito della plausibilità che i fatti possano essere andati in questo modo, verrebbe un post lunghissimo, ogni ricostruzione ha punti deboli o oscuri, è inutile. Mi riesco difficile comprendere ad es. come il Lo Bianco abbia potuto entrare in possesso di tali documenti. Terrò il suo lavoro come punto di inizio per continuare a studiare per mio conto questo periodo storico con queste figure agghiaccianti il cui cognome evoca davvero il lavoro di mastro T.

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  3. Il fatto che il Lo Bianco avesse qualcosa di importante in ballo é indubbio: lo dice lui stesso, direttamente alla moglie. Il fatto che il Lo Bianco avesse già delle entrate alternative, può difficilmente essere messo in dubbio: faceva l'operaio, campava tre figli, ma si comprava la Giulietta e cambiava casa.
    L'origine delle entrate alternative é una supposizione, che nasce dal fatto che si presentava al Mele con uno pseudonimo, e così presentava anche il Cutrona; e chi percepiva un reddito ed era scritto su un libro paga con uno pseudonimo era, di solito, un informatore o un collaboratore esterno di un Servizio.

    Il Lo Bianco, anche nelle poche informazioni che possono estrarsi dai verbali, esibiva una spacconeria infantile, ma, appunto, da "agente segreto": diceva di "praticare la Boxe" (ma quando? Dove? A Signa?), faceva vedere la pistola alla moglie ed alla cognata, e "sfruculiava" Francesco Vinci. Il fatto
    che una persona così infantile facesse lo smargiasso con Stefano Mele, parlandogli dei nomi in codice suo e del Cutrona, é ciò che mi aspetto. Così, estendo le mie supposizioni ritenendo che l'ingresso, a qualche titolo (informatore?), in qualche appendice di un Servizio fosse il frutto di una presentazione, conseguente ad una scelta poco ponderata, fatta dal Cutrona, probabilmente perché aveva inteso "aiutare" un suo conterraneo in terra straniera. Resosi conto del madornale errore commesso, si é dovuto attivare per rimediarlo; anche perché glielo avranno chiesto in manera più che esplicita.

    Come poi il Lo Bianco sia potuto venire in possesso di una possibile arma di ricatto, non c'é modo di saperlo. Potremmo ipotizzare che coadiuvando il Cutrona sia entrato per caso in contatto con qualcuno o qualcosa, e decidere di trafugare ciò che non avrebbe dovuto fare mai sia stato frutto di un colpo di testa. Da una persona con quei comportamenti prepuberali, me lo aspetterei.

    Ma non é questo l'aspetto fondamentale. L'aspetto fondamentale é che sappiamo con ragionevole probabilità che il Lo Bianco doveva avere per le mani qualcosa di importante. Se riusciamo a ricavare per altre vie cosa questo qualcosa di importante riguardasse, il come lo abbia ottenuto diviene
    irrilevante ai fini della storia. Non lo sapremo mai, ma ha poca importanza.

    Un altro Lettore mi ha scritto per email, manifestando qualche preplessità circa questo aspetto, ritenendo che il legame tra ciò che era in possesso del Lo Bianco e qualcosa che riguardasse la Resistenza fosse un'ipotesi arbitraria, non giustificabile, ma inserita ad hoc per dare un senso preciso alla storia. In realtà non é così e questo é ricavabile da un preciso ragionamento logico (che é appunto ciò che si usa per risolvere gli indovinelli regressivi).

    Le basi ed i passi di tale ragionamento sarebbero già stati parzialmente esposti, frammentariamente, qui e là nei vari post; visto però che ho scritto la "postfazione", ritengo di dover esporre in forma esplicita anche questo, con un post che sto scrivendo. Spero che possa contribuire a chiarificarle
    ulteriormente i punti che ancora le risultano meno chiari.

    Purtroppo, la società (tutte le società) non é a compartimenti stagni. Ogni compartimento sfuma insesibilmente in quelli contigui, ed i loro confini si diluiscono vicendevolmente fino a sparire. Questo avviene tra forze dell'ordine e delinquenza, tra autorità giudiziaria ed autorità politica... le commistioni tra i mondi belli e quelli brutti sono un'inevitabile effetto collaterale della nostra struttura sociale. Tra i mali si seglie il minore.

    Non abbiamo un'efficace meccanismo di controllo circolare. Ma nel momento in cui abbiamo dato ad uno o più poteri la facoltà autoregolamentarsi, abbiamo rinunciato per
    sempre al controllo circolare. E gli effetti collaterali aumentano a dismisura. Lavoro da anni all'interno, in un certo senso, della "pubblica amministrazione", e ormai conosco benissimo certi meccanismi. C'é una cosa sola che mi fa più paura di ciò che vedo oggi: quello che vedrò domani

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  4. Ora, i "sardisti" sostengono che l auto fosse di seconda mano, non costosa. Insomma, niente di che. La cosa che fa strano è che un tipo così " sbruffone" sia stato in qualche modo accettato in una certa cerchia. Poi, l unico collegamento tra Signa e gli altri delitti è l'arma. E se così non fosse?

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  5. No, in realtà lei aveva già detto che l arma era un impistaggio per fare dirigere l attenzione su quel fatto. Sorry, talvolta mi perdo.

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  6. Si, l'auto era di seconda mano, ma stiamo parlando di uno strato socioeconomico che camminava in bicicletta o in motorino. Salvatore Vinci mi pare avesse una 600. Nella seconda netà degli anni '60, la Giulietta era un "macchinone" per un operaio neanche trentenne con tre figli.
    Anche così, comunque, credo che la Giulietta facesse parte delle sue smargiassate, almeno se devo guardare le cifre scritte sui libri paga dei "collaboratori esterni" di allora.

    Riguardo alla cerchia, ritengo che sia stato introdotto dal Cutrona, ed accettato per questo, fidandosi sulla parola. Lo stesso poi avrà fatto ammenda occupandosi della sua eliminazione.
    Riguardo alla faccenda dell'arma, da un certo punto di vista il ragionamento é condivisibile. Ma é appunto questo a dare significato al tutto. Anche questo é specificato nel post che sto preparando.

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  7. Ho letto con vivo interesse la sua ipotesi, essendo già di mio persuaso da tempo che ci fossero dei team a composizione variabile dietro ad ogni delitto.

    Sempre per mio conto avevo immaginato che le distanze temporali fra i delitti non fossero casuali, ma non sono mai stato in grado di identificare eventi rilevanti su territorio toscano che li giustificassero, cosí come giustificassero la fine della serie di omicidi.

    Intrigato dalla teoria di Palego ma non del tutto convinto dalle motivazioni di fondo, ritenevo che la mera eversione nera e la strategia della tensione non bastassero a giustificare e spiegare le tante anomalie della vicenda, pur indirizzando invece verso la corretta tipologia di autori.

    Perciò, col tempo mi ero fatto persuaso che dietro a tutto ci fosse un vero e proprio conflitto "a cottura lenta" fra due opposte fazioni su territorio toscano, escludendo inoltre le varie giuttarate esoteriche.

    Certo, lo scenario che lei propone si avvicina molto all'idea generale che mi ero fatto da solo (e se ce la siamo fatti noi, perchè non supporre che qualche mente brillante in ambiente investigativo l'avesse anche avuta?).

    Tuttavia, essendo un amante del Rasoio di Occam, ho posto in dubbio la mia stessa ipotesi ritenendo che, tanto piú i due contendenti fossero stati potenti e in vista, tanto piú essi avrebbero gestito le loro guerricciole lontano dal clamore mediatico, anzichè sfruttarlo.

    Pur condividendo l'approccio da lei seguito (prima l'esperimento mentale e poi la ricerca delle prove circostanziali a supporto) io penso che la conclusione sia iperbolica per quanto attiene all'identificazione di Qualcuno e Qualcunaltro.

    Certo, la sola pronuncia di quei due nomi spiegherebbe da sè perchè, "necesse est", MAI si debba arrivare ad una verità giudiziaria e storica sul MdF, anche a duecento anni di distanza, specie per quanto riguarda Qualcunaltro.

    Ma io preferisco credere che, con altri nomi e altre vicende, altrettanto plausibili ma meno in vista di quelle da lei supposte, si possa dedurre che gli omicidi, l'insabbiamento e il depistaggio avessero la loro origine in un contesto meno esteso e meno storicamente articolato quale quello da lei individuato.

    Poi, certo, tutto è possibile.
    Ma alcune possibilità sono molto piú probabili (e plausibili) di altre.
    Tuttavia, al netto dei nomi individuati, penso che la sua idea di lotta fra due "Signorotti" sia quella che piú si avvicina alla realtà.
    Ritengo, pur non avendone la minima prova, che tale contesa abbia avuto luogo negli anfratti piú intestini degli ambienti giudiziari toscani, cosa che sarebbe da sola sufficiente a:

    1) imporre un depistaggio perenne, guai se si arrivasse a scoprire che sedici persone sono morte per faccende piú o meno private fra gente di Legge

    2) spiegare come e perchè i depistaggi e gli insabbiamenti potessero aver luogo in modo relativamente semplice

    3) spiegare le competenze e le skill degli autori

    4) spiegare perchè la serie omicidiaria si concluda, forse per un misterioso e definitivo regolamento di conti fra i due "Signorotti" e le loro fazioni.
    Forse addirittura una pax a tempo indeterminato.

    In ogni caso mi complimento con lei perchè trovo che fra tutte quelle fin qui viste la sua ipotesi sia la piú dotata di senso, anche se i nomi individuati dovessero essere altri da quelli da lei ricavati.
    Grazie!

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  8. Grazie per l'apprezzamento, tanto più che viene da qualcuno che sta esibendo un'apertura mentale non indifferente, svincolandosi dal cliché del Mostro unico, sia numericamente sia tipologicamente parlando.

    Riguardo ai due nomi, come Lei ha già sottolineato, la loro individuazione é l'unica che mi é stata consentita dalle mie capacità, e dalla cronologia a cui ho avuto accesso.

    Mi rendo conto delle Sue perplessità riguardo alle modalità "plateali" con le quali i due contendenti avrebbero interagito, ma consideri che non si tratta di una reale contesa, ma di una guerra sotterranea mai dichiarata. Ufficialmente, i due contendenti sono stati considertai in rapporti amichevoli fino all'ultimo, tanto da far sospettare che il Qualcuno fosse comunque subordinato al Qualcunaltro; va da sé che il ribaltamento di fatto di tale rapporto (e questa é ormai storia) non sarebbe mai stato accettato dal Qualcunaltro.

    Inoltre, non dobbiamo perdere di vista come i due personaggi non abbiano mai dimostrato alcuno scrupolo in situazioni ben più gravi di quella di otto duplici omicidi di un gruppo di poveri disgraziati; nel "carniere" dei due sembrano esserci vittime di peso ben maggiore, sia in senso economico-sociale (Sindona, Pecorelli..) sia in senso meramente numerico (Strage di Bologna, etc,) . Il "Mostro di Firenze", in fondo, é quasi un peccato veniale.

    Se poi, come giustamente Lei sottolinea, teniamo in considerazione anche gli insabbiamenti che in mezzo secolo non hanno consentito di cavare un ragno dal buco, guardare a personaggi che hanno (avuto) il potere di dirigere gli apparati dello Stato diviene addirittura logico.

    Se infine consideriamo come diverse magagne anche importanti siano comunque emerse, anche se non risolte (vedi ad esempio il volo dell'ITAVIA precipitato ad Ustica), dobbiamo necessariamente assumere che questa operazione sia stata condotta da apparati che sono sempre riusciti a nascondersi, e la cui esistenza é emersa casualmente.

    Se é esistita una persona che, pur entrando ed uscendo da istituti penitenziari ed uffici dei Servizi, é riuscita a rimanere così in secondo piano tanto che di questa persona non esiste nemmeno un'immagine fotografica, sono sparito fascicoli, foglio matricolare, etc., e questa persona conosceva i sardi in Toscana (pur non essendo toscano), quale figura più adatta ad impersonare un ruolo cardine in questa vicenda?

    Grazie ancora per i complimenti che ha ritenuto gentilmente di volermi porre

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  9. Salve. Grazie per le citazioni. Comprendiamo che alcuni eventi possano avere rilevanza minore alla comprensione della vicenda MdF, ma il nostro scopo è riportare più informazioni possibili perchè lo scibile possa essere di aiuto da qualsiasi lato viene studiata la vicenda stessa. Rivaluterei la vicenda Ciabani, soprattutto alla luce della scoperta di Valeria Vecchione rispetto agli appunti ritrovati sul luogo del delitto a Scicli e considerando i trascorsi lavorativi della Ciabani stessa. Di Jacopo Cioni c'è anche uno studio sulla Luna, piuttosto interessante. Aggiungiamo il suo blog alla nostra bibliografia. Non lo conoscevamo ma ci ripromettiamo di leggere le sue analisi con l'attenzione che meritano. La Redazione

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  10. Sono io a ringraziare Voi dell'attenzione che avete ritenuto di volermi dedicare, e per ciò che mettete a disposizione. Il Vostro lavoro é di valore inestimabile per qualunque tipo di ricerca sull'argomento.

    Io mi rendo conto di come certi eventi, ed i particolari che li rendono peculiari, possano attrarre l'attenzione, accendere la curiosità e fare discutere; purtroppo, però, in assenza di una visione organica, e soprattutto logica, della vicenda nel suo insieme, tali eventi possano contrinuire ad ingarbugliare ulteriormente il quadro anziché a fare chiarezza.

    A mio modo di vedere, in assenza di palesi collegamenti tra certi eventi, occorre prima una ricostruzione generale per decidere se "incorporare" in essa tali eventi.

    Grazie ancora per l'attenzione e per il Vostro lavoro.

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  11. Volevo farle una domanda relativa alla prima parte del post, cioè al delitto di Signa. Recentemente leggevo in un blog come la scena del crimine potesse essere stata sottoposta a staging. Mettiamo che ciò possa essere successo, in questo caso si spiegherebbe il fatto che il piccolo potesse non aver udito gli spari, lui in auto, la mamma e il Lo Bianco all'esterno.
    Però tutto il resto della scena, posizione dei corpi, evidente ricerca di qualcosa, potrebbe essere stato "preparato" per sviare appunto le indagini. E questo tempo di "preparazione" potrebbe giustificare il fatto che il bambino venne portato alla casa più lontana.
    Cosa dice?

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    1. Volendo argomentare su qualunque questione che non abbia elementi verficabili con certezza, le argomentazioni debbono avere motivazioni almeno logiche.

      Discutere enunciando postulati e formulando dogmi non può ovviamente portare a nulla; e, per quel che riguarda il "Mostro di Firenze" basta "farsi un giro" su forum o gruppi FB dedicati per rendersene conto.

      Pertanto, anche ie soprattutto nel caso del delitto di Signa deve essere seguita una logica.

      Il fatto che gli eventi non possano essersi svolti come vorrebbero le ricostruzioni basate su dichiarazioni e testimonianze dei protagonisti, é lapalissiano; basta, per l'appunto, il solo fatto che il bambino non sia divenuto temporaneamente sordo con il rumore degli spari a renderlo evidente.

      Se però attribuiamo tale discrepanza ad uno "staging", cioè alla manipolazione DELIBERATA della scena del crimine a scopo depistatorio, siamo costretti a far entrare in gioco la logica, ed a cercare una motivazione.

      Se la motivazione dello "staging" sarebbe quello di depistare, e la manipolazione é efficace, non dovremmo accorgecene; potremmo apprendere dello "staging" e delle sue motivazioni solo da altre vie.

      Se la manipolazione non fosse efficace, ce ne accorgeremmo, ma proprio per l'inefficacia di essa potremmo risalire ai responsabili o almeno alle motivazioni.

      Ma se il raginamento diviene: "comprendo che c'é stato staging perché non riesco a riscostruire ciò che é successo, e non riesco a ricostruire ciò che é successo perché c'é stato staging" allora sto usando un ragionamento circolare, che é un dogma e come tale non può essere oggetto di dibattito.

      In Informatica, parlando di programmazione nel cso di cicli iteriativi, ricorsivi, etc. la prima cosa che viene insegnata é che in questi casi occorre avere un sistema per uscire dal loop. Altrimenti il flusso del programma si blocca.

      Il modo di uscire dal loop, qui, é un'evidenza, proveniente da un'altra direzione, che sia stata posta in atto una manipolazione efficace, o a cosa l'innefficacia della manipolazione porti.

      Se non abbiamo nulla di tutto ciò, possiamo affermare tutto ed il contrario di tutto.

      Diverso é il discorso se la manipolazione é involontaria, nel sensp che é stata eseguita per ragioni diverse dal mascheramento.

      In questo caso, che sla manipolazione possa essere evidente é logico, perché l'intento non era quello di mascherare le motivazioni. Di conseguenza esse possono venire ricercate.

      Nella mia esperienza lavorativa, che mi porta a contatto di decine di persone diverse ogni giorno,e riguardo alle quali devo trarre una serie di conclusioni in pochissimo tempo, ho imparato che le persono non fanno mai nulla di complesso e strutturato senza un motivo.

      Il motivo può essere stupido, futile, mal perseguito... ma c'é sempre.

      Nel caso del delitto di Signa, quale sarebbe il motivo che avrebbe condotto al duplice omicidio ed alla necessità, inefficace, di mascherarlo?

      E se lo staging é stato inadeguato/inefficace, come mai ciò non ha portato all'individuazione degli "stagisti"?

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  12. Salve, è la prima volta che commento anche se da mesi seguo i vari "capitoli" della sua storia dei mostri <>Firenze, come qualcun altro li aveva già definiti tanti anni fa.
    La sua teoria è molto ben articolata e fa, diciamo così, da contraltare a quella di Palego, che vede la vicenda mostri in uno scenario storico- politico nazionale e non esclusivamente toscano come fa Lei. Solo alcune cose mi rendono perplessa: come può aver fatto una persona come il Lo Bianco a entrare in possesso di documenti tanto scottanti su L.G.?
    Che facesse da informatore per i servizi sotto il nome di Enrico è fatto acclarato o solo un'ipotesi?
    E in ogni caso, perché affidare proprio a lui documenti tanto delicati visto il suo carattere a dir poco esuberante, quasi spaccone?
    E poi, riguardo a Rabatta: non sarà che la scelta della Pettini risieda anche nel fatto che PARE la madre sia imparentata con un certo Legionario dalle ben note simpatie di estrema destra come il nostro G.? Il pare per me è d'obbligo perché è una notizia che ho scoperto solo pochi mesi fa leggendo vecchi post in forum dedicati ai mostri. Tradotto, non ho alcuna prova di ciò e chiedo se Lei lo sapesse.
    Se ciò fosse vero, si avrebbero ben due motivi per scegliere lei e non un'altra persona.
    Si dice inoltre, e se ne trova menzione nel libro "Occhio" di Alessandro Bartolomeoli e Alessio Fioravanti, che un fratello della Di Nuccio fosse un poliziotto in servizio a Bologna anche nei giorni a cavallo della strage della stazione.
    Se anche questo risultasse vero, la vicenda finanziamento della strage da parte del G. e la scelta della vittima in quanto sorella di un rappresentante delle FFDO in servizio proprio quel giorno, ovvero possibile testimone di qualcosa di molto scottante, risulterebbe assai inquietante, ancora di più in quest'ottica di messaggi trasversali lanciati dal G. a chiunque si ponesse come ostacolo ai suoi piani di dominio.

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  13. Grazie dei suoi apprezzamenti.
    Come ho cercato di spiegare nei post, la ricostruzione nasce da un processo logico che però faccia salvi dei principi:

    1) tutte le apparenti incongruenze devono avere una spiegazione
    2) le situazioni inusuali devono anch'esse trovare una spiegazione almeno plausibile
    3) i fatti devono venire tenuti in conto per quel che sono
    4) le persone agiscono per delle motivazioni
    5) queste motivazioni non sono rese in forma esplicita
    6) la ricostruzione deve avere riscontri temporali che rendano conto di cadenze e date degli avvenimenti


    Il fatto che il Lo Bianco si presentasse con uno pseudonimo, ostentasse un tenore di vita ben al di sopra delle sue possibilità, presentasse anche un suo conterraneo, per altro misteriosamente nell'ombra, con uno pseudonimo, riguarda i punti 1), 2) e 5). Il fatto che abbia parlato alla moglie della possibilità di arricchirsi riguarda il punto 4).

    Di tutto ciò non vi é evidenza diretta, in accordo al punto 5); né potrebbe mai esservi. Il Servizio cui si accenna nnell'ipotesi é qualcosa della cui esistenza si é venuto a conoscenzai, ed assolutamente per caso, solo nel 1996. Non potrebbe mai esistere un'evidenza documentale riguardo al ruolo del Lo Bianco.
    L'opinione personale, che esterno in maniera abbastanza esplicita nei post, é che il Lo Bianco sia stato in qualche modo arruolato dal Cutrona, forse per agevolare un conterraneo, ed il comportamento sconsiderato del Lo Bianco si sia rivelato solo un problema. Assolutamente per caso il Lo Bianco sarebbe venuto in possesso di qualcosa di rilevante, ed anziché consegnarlo subito a chi di dovere, con l'atteggiamento puerile che lo contraddistingueva avrebbe pensato di poter trarne un vantaggio. Ovviamente non sarebbe mai stato in grado di farlo da solo, e ci ha lasciato la pelle. Il Cutrona sarebbe stato costretto a partecipare in qualche modo all'azione, perché responsabile di aver tirato dentro uno sconsiderato.

    L'omicidio della Pettini sarebbe avvenuto sempre per tacitare chi avrebbe voluto parlare, in accordo ai punti 1), 2), 4) e 6); il Legionario non avrebbe modo di inserirsi in questo.

    Limitare alla Toscana gli avvenimenti è in accordo con il punto 3). La faccenda della strage di Bologna avrebbe con questa vicenda degli addentellati costituiti dai personaggi coinvolti; ma le vicende e le loro motivazioni resterebbero totalmente separate.

    Grazie ancora per il commento


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    1. Grazie a Lei per avermi risposto e chiarito le idee.

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  14. Buonasera, riguardo il Narducci Lei ha più o meno le stesse idee dei due ricercatori Alessandro Flamini e Dario Quaglia, ma non sono convinto. I due hanno da poco scoperto, attraverso visure catastali di un appartamento che il medico perugino aveva all'Isola d'Elba, che tale appartamento era in comproprietà con un tizio il cui "lavoro" era fabbricare passaporti per far sparire gente della destra eversiva, coinvolta in varie vicende italiane di quei tempi note più o meno a tutti. Questo lega il medico a personaggi tutt'altro che brave persone e non ce lo vedo a sparire o morire per aver scoperto qualcosa sui mostri. Lo vedo meglio in contesti come quelli illustrati da Izzo, per quanto io stesso reputi Izzo uno buono per tutte le stagioni...però si sa, anche le menzogne contengono qualche verità...
    Saluti.

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    1. Io non ho alcuna idea sul Narducci: la mia idea é che abbia poco a che vedere con la vicenda.
      Ho solo sottolineato la somiglianza tra lui e l'identikit di un uomo visto dalle parti di Scopeti nel 1985, ed il fatto che della vicenda si sia occupato l'avvocato Dean.
      Izzo mi sembra sia solo uno psicopatico che ormai, privo di carte valide da giocare, é costretto ad inventarsi qualcosa per poter avere un po' di attenzione

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  15. Egregio Vox, ho letto tutti i post, che dire, complimenti, lavoro pregevolissimo, in primis, per la correttezza dell’approccio logico deduttivo, cosa che lo differenzia e lo fa spiccare nel desolante panorama mostrologico (assai mostro e pochissimo logico) e che quindi lo rende di grande valore anche indipendentemente dalla veridicità delle conclusioni cui si giunge, o si ritiene di dover giungere.
    Devo dire, egregio Vox, che del fatto che una operazione di intelligence fosse l’unica spiegazione ragionevole e plausibile per il fenomeno “Mostro di Firenze” io mi ero convinto già molti anni fa, ma lì mi ero fermato, non avendo la più pallida idea di come mettere insieme i pezzi in modo tale da disegnare un quadro definito, e soprattutto sensato. Me ne ero infatti convinto, non tanto, caro Vox, come ha encomiabilmente fatto Lei, sulla base di una accurata e ragionata disamina degli atti e fatti disponibili, ma per via indiretta, seppur in qualche modo sempre deduttiva. Mi riferisco cioè al fatto che, come Lei probabilmente saprà, ci sono molti elementi, già evidenziati da altri, che rendono fortemente plausibile il fatto che, se non tutto, gran parte del fenomeno “serial killer”, per come storicamente e mediaticamente conosciuto, sia in realtà opera di intelligence, a vari livelli di coinvolgimento.

    Osservazione
    “E sempre singolarmente (o forse non così singolarmente) i rapporti indiretti tra il Qualcuno e ed il Capitano Manfredi seguono esattamente il medesimo andamento incongruente che osserviamo nel "Mostro di Firenze"; per anni il Capitano Manfredi raccoglie informazioni sul Qualcuno, riempiendo già dal 1972 un dossier che però mantiene segreto, e dei cui contenuti non informa mai i suoi superiori (superiori che però, negli ultimi tempi, erano diretti dal Qualcuno stesso), proteggendo di fatto il Qualcuno; improvvisamente, poco dopo essere entrato in contatto (anzi, in confidenza) con il Mantellina, cambia rotta e scrive le lettere anonime, trasformandosi da protettore in accusatore.”

    Questo però, se non sbaglio, non è quello che il Capitano Manfredi ha dichiarato. Se diamo credito alle sue dichiarazioni, lui avrebbe parlato più volte ai suoi diretti superiori del dossier, anche sottolineando la pericolosità, a suo parere, del Qualcuno, ma loro avrebbero sempre fatto orecchie da mercante. Si dovrebbe dedurre che il Capitano Manfredi non è mai stato tra quelli che proteggevano il Qualcuno.

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  16. Digressione
    Egregio Vox, avendola appunto giudicata persona dotata di non comuni qualità intellettive e analitiche, vorrei richiamare la Sua attenzione su una frase che ha suscitato il mio interesse.
    La frase è la seguente:

    “Poi, certo, se occorre cercare di "verificare" (nel senso odifreddiano di “fare vera”) la propria tesi, in mostrologia é lecito affermare che i quindici anni trascorsi dalla perizia di Zuntini a quella di Arcese Iadevito equivalgano ad un millennio; così come, se fosse utile alle affermazioni mostrologiche, non si esiterebbe ad affermare che Nell'Area 51 c'é un'astronave aliena, che lo sbarco sulla Luna non é mai avvenuto e che gli aerei rilasciano scie chimiche. Ma queste Lettore, non sono panzane che un opinionaro come me può bersi.”

    Soffermandomi in particolare sulle missioni lunari, e poichè il tono delle affermazioni suona alle mie orecchie apodittico, come se sia da considerarsi verità auto evidente e indiscutibile, cioè quasi una verità “matematica” nel senso odifreddiano, che lo sbarco sulla Luna é realmente avvenuto, o per converso, che sia indubitabilmente da classificarsi “panzana” il fatto che lo stesso non sia mai avvenuto, non posso esimermi dal domandarmi su quali dati, elementi di analisi e ragionamenti Lei abbia basato le sue conclusioni, che a quanto sembra non lascerebbero spazio a incertezze di sorta.
    E dato che, appunto, ho maturato grande stima nella Sua intelligenza, sarei molto interessato a conoscere il percorso logico deduttivo attraverso il quale è arrivato a queste certezze. Anche perché, sulla base, credo degli stessi elementi e dati di cui tutti disponiamo, io sono giunto da molto tempo a certezze diametralmente opposte.

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  17. La ringrazio molto dei complimenti.

    Il poter constatare che ci sia qualcuno che legga con particolare attenzione é il più valido degli stimoli per continuare a scrivere.
    E la consapevolezza che a farlo sia una persona intelligente, che pondera ciò che legge, riconcilia con il genere umano; almeno con una parte di esso.
    Il rapporto con la parte rimanente non può che restare conflittuale, in quanto detta parte é mossa da desideri ben diversi da quello della "ricerca della Verità"; a molti esseri umani interessa solo la ricerca della notorietà, e dell'apparire.

    Riguardo alla Sua osservazione, il fatto che il capitano Manfredi sostenesse certe posizioni, per cercare di migliorare la sua posizione, é nell'ordine naturale delle cose.
    Così come é nell'ordine naturale delle cose che proprio per questo sia poco credibile nelle dichiarazioni. Ciò che un imputato dichiara, può essere lungi dall'esser vero; tanto che la legge, in un certo modo, lo autorizza a mentire (nel senso che un imputato che mente non é perseguibile, contraruamente ad un testimone che dichiari il falso)

    Chi allora indagò, valutò la documentazione, e ne confrontò i contenuti con le dichiarazioni rese dal Capitano Manfredi, giunse alle conclusioni che io sintetizzo nel post.

    Se necessita di chiari riferimenti, può leggere i contenuti della Sentenza-Ordinanza di rinvio a giudizio del c.d. "Italicus bis", del 3 agosto 1994, Capitolo XIX, pagg. 270-273.

    Riguardo alle missioni lunari, una risposta davvero esauriente non può essere fornita nello spazio di un commento; molti anni addietro avevo scritto un post sull'argomento, che non pubblicai mai.

    Ciò che posso dirLe in breve al riguardo é :

    1) nel corso della missione Apollo 11 venne posizionato sulla superficie lunare un riflettore laser che da allora consentì la misurazione della distanza Terra-Luna con una precisione che in tempi più recenti ha raggiunto il millimetro. E' vero che il riflettore si sarebbe potuto posizionare con una sonda automatica, ma é altrettanto vero che le strutture lasciate dall missioni sul suolo lunare sono visibili e fotografabili tramite il "Lunar Reconnaissance Orbiter"
    2) le comunicazioni radio tra gli astronauti delle missioni Apollo ed l'IMCC furono captate ed ascoltate da diversi radioamatori in tutto il mondo, cosa che non sarebbe stata possibile se la navicella spaziale non fosse mai stata lanciata.

    Inoltre , vi sono degli studi particolareggiati sulla cinematica del Lunar Rover ricavabile dai filmati, e questi mostrano inequivocabilmente con il veicolo si muovesse in ambiente con gravità paria d un sesto di quella terrestre.
    Un paio di anni fa fui contattato da una persona che stava conducendo tali ricerche, la quale mi inviò, tra l'altro, un link ai piani di costruzione del Lunar Roving Vehicle presso l'NSSDCA.
    Nei piani sono descritte le differenze nelle sospensioni tra il veicolo usato per le simulazioni terrestri e quello usato sul suolo lunare, differenze che servivano ad "allenare" gli astronauti al pilotaggio in condizioni di gravità ridotta; i filmati dimostrano come ciò sia realmente avvenuto.

    Certo, si potrebbe obiettare che anche le immagini del Lunar Reconnaissance Orbiter siano degli artefatti, che sia stata lanciata una navicella nell'orbita terrestre per le trasmissioni radio, che i campioni di terreno lunare riportati a terra siano cinquecento chili di falsi, che i filmati del LRV siano stati manipolati... e questa pantomima sia stata sostenuta dagli scienziati di tutto il mondo per tre quarti di secolo.

    Di contro, all'infuori di certe dichiarazioni (poco verosimili) di un tale che lavorava alla Aerojet Rocketdyne, e che pare fosse stato licenziato in una fase clou della progettazione dei motori del Saturn V; non vi é il benché minimo indizio del fatto che possa essere stata messa in scena una tale pantomima

    Tutto é teoricamente possibile. Ma, anche astrattamente possibile, sarebbe asolutamente inverosimile, persino più inverosimile di Giancarlo Lotti Mostro di Firenze.

    La ringrazio ancora, sinceramente, per gli apprezzamenti

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    Risposte
    1. Grazie della risposta, preciso che le dichiarazioni cui mi riferivo riguardano il processo all’organizzazione del Qualcuno, dove il Capitano Manfredi compariva come testimone, non come imputato, quindi avrebbe dovuto in teoria rispondere di falsa testimonianza, cosa che in quel momento non pare gli sia stata contestata, almeno non immediatamente. Non perché mi interessi in alcun modo prendere le sue difese, ma volevo solo capire se quanto da Lei affermato deriva da risultanze processuali che possiamo considerare ormai acclarate. In pratica, se sono emersi elementi processuali in base ai quali è stato riconosciuto ufficialmente che su quel punto ha mentito.
      Riguardo all’altro argomento, concordo che sia impossibile discuterne qui, anche per non impaludarci in un lunghissimo off topic. Se le interessasse approfondirlo potremmo farlo via email, non sarebbe necessario avventurarsi in estenuanti discussioni su infiniti dettagli (che peraltro per esperienza più che decennale, so bene non portano mai ad avanzare di un millimetro sulla strada della verità), perché la questione per quanto mi riguarda al momento gira solamente attorno alla risposta a una singola domanda. Da questa risposta, affermativa o negativa, dipende la possibilità di proseguire i ragionamenti. Non che il problema a cui mi riferisco sia nuovo, è stato già posto molte volte, ma secondo me sempre troppo timidamente, e in modo nè completamente corretto nè esaustivo. Io potrei proporre la domanda e provare a illustrare le ragioni per cui secondo me la risposta non può che essere negativa, Lei se vuole avrà agio di ponderare i miei ragionamenti e se potrà dimostrarne la fallacia in modo convincente La ringrazierò per avermi dato la spiegazione che sto aspettando da anni. Se invece lo scambio di idee dovesse fin da subito risultare a Suo parere non interessante o inconcludente, come si suol dire, amici come prima.
      Mi limito qui a sollecitarLe alcune riflessioni, partendo dal fatto che l’essenza del Suo giudizio ruota fondamentalmente attorno al problema della plausibilità di quella che Lei definisce pantomima, la quale, dal punto di vista della realizzabilità tecnica, non presenta in realtà a mio parere grosse difficoltà, beninteso disponendo dei mezzi necessari. La plausibilità è una percezione fondamentalmente soggettiva, quindi arbitraria, che dipende in parte dalle attitudini innate di ciascuno, ma che è certamente molto influenzata anche sia dalle informazioni di cui dispone chi deve giudicare, sia dalla fiducia che ciascuno ripone nelle fonti di informazione. Ad es., chi ritiene che la cosiddetta “comunità scientifica” sia una fonte affidabilissima, o meno manipolabile della restante umanità, tenderà a non mettere mai in dubbio informazioni che hanno (o sembrano avere) quella provenienza. La ricostruzione della vicenda “Mostro di Firenze” da Lei qui delineata, che a me, a Lei o a (pochi) altri appare non solo plausibile, ma del tutto razionale, alla grande maggioranza delle persone apparirebbe invece, in perfetta buona fede, come demenziale complottismo, a causa della loro incapacità di considerare verosimile uno scenario che ritengono troppo complesso da gestire, per il numero di persone coinvolte, per la rete di connivenze che richiederebbe, ecc., e non da ultimo per l’intimo rifiuto di ammettere il livello di immoralità che dovrebbe essere attribuito alle “istituzioni”. La conferma sta nel fatto che tranne un paio di eccezioni, perfino mostrologi e appassionati, cioè categorie composte da persone molto più informate della media, continuano da decenni a disquisire di Lotti, Pacciani, Ghiribelli, Indovino e misteriose sette sataniche, non riuscendo ad accettare come plausibile un livello di complessità superiore.
      Chiudo richiamando la frase di Eraclito di Efeso, che Lei ha utilizzato, e che nel caso specifico a me pare particolarmente adatta:
      Non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare.

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    2. Addendum
      Sulla questione, da Lei citata, dell’esistenza di “indizi” della pantomima, e sul problema della loro interpretazione.
      Spesso, a seguito di estenuanti batti e ribatti online, mi sono chiesto se, e in che modo, sarebbe eventualmente falsificabile, in senso Popperiano, l’esistenza delle missioni lunari. Se si potrebbe cioè concepire una qualche evidenza che non potrebbe essere altrimenti spiegata se non ammettendo che le missioni sono un falso. Mi sono detto: se, per dire, si trovasse nel materiale video-fotografico riferito alle missioni lunari qualcosa di palesemente incompatibile con la Luna, o con le missioni lunari, potrebbe essere evidenza che non ci troviamo appunto sulla Luna, ma sulla Terra. Ad esempio, sul sito NASA sono visibili e scaricabili tutte le foto scattate dagli astronauti durante le missioni lunari. Nell’archivio relativo alla missione dell’Apollo 15 si può vedere una foto, catalogata con la sigla AS15-86-11670, che mostra in dettaglio delle impronte di scarponi lasciate dagli astronauti. Nell’immagine si può osservare in modo nitidissimo che sono presenti le tracce, parzialmente sovrapposte, lasciate da due battistrada diversi. In altri termini sono tracce lasciate da due tipi diversi di scarpone. Poichè da nessun documento NASA relativo agli equipaggiamenti, almeno di mia conoscenza, si desume o viene indicato che gli astronauti siano mai stati equipaggiati con scarponi di tipo tra loro diverso, intendendo sia ciascun paio, sia tra astronauti (cosa che peraltro sarebbe priva di senso), deduco che durante ciascuna missione non avrebbero mai potuto lasciare tracce di tipo disomogeneo. Quindi l’unica spiegazione, o comunque la più semplice e razionale, dal mio punto di vista, è che la foto sia stata in realtà scattata sulla Terra, in una scenografia approntata allo scopo di simulare la superficie lunare, tradotto, in un set cinematografico. Non mi è difficile immaginare che, come spesso accade durante le riprese di film, che possono durare molti giorni o settimane e comprendere numerosi retakes, nonchè forse cambi di troupe, di attori, vario materiale di scena, nella confusione siano stati utilizzati in qualche fase successiva due tipi di scarponi diversi e che nessuno abbia notato il fatto che in una delle foto l’errore fosse rimasto immortalato per i posteri.
      Ho provato a sottoporre questa evidenza come prova dei falsi allunaggi, la risposta è stata che l’apparente anomalia si può spiegare in modo semplicissimo: poiché sappiamo che prima delle missioni vere e proprie gli astronauti sono stati sottoposti a un lungo addestramento, che comprendeva ovviamente molte simulazioni delle passeggiate lunari, ad es. anche in aree desertiche simili al suolo lunare, e magari, che ne sappiamo, comprendevano anche la prova di differenti tipi di scarponi, evidentemente una delle foto scattate durante queste simulazioni è stata inserita dalla NASA, per errore, nell’archivio del materiale fotografico relativo alla vera missione lunare.
      A questo punto mi sono chiesto se per caso una seconda foto tratta dall’archivio NASA in cui si vedesse chiaramente che so, una lattina di birra piantata nella sabbia (come nella foto AS15-88-11929 della stessa missione), oppure un serpente a sonagli, avrebbe potuto essere più convincente, ma mi sono risposto che anche la seconda, o la terza o qualunque anomalia si potevano spiegare esattamente come la prima, un errore di archiviazione. Da ultimo mi sono detto che se putacaso, per somma disattenzione, oltre alle tracce di scarpone, alla birra, o a un ipotetico serpente a sonagli, TUTTE le foto delle simulazioni fatte sulla Terra fossero finite PER ERRORE nell’archivio delle vere missioni, e anzi, che se, sempre PER ERRORE, nell’archivio delle vere missioni fossero finite SOLO foto provenienti dalle simulazioni, nessuno avrebbe avuto modo di notare la differenza, e men che meno di dimostrarlo.

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    3. Sicuramente possiamo continuare per email (dove tra l'altro posiamo scambiarci anche immagini, migliorando così il dibattito).
      Qui posso solo sottolineare che non si dovrebbero confondere due concetti affatto diversi: uno é l'autenticità delle immagini, l'altro la vera realizzazione delle missioni lunari.

      Un falso fotografico é un falso fotografico; falsifica anche l'oggetto della fotografia solo se é l'unica prova di ciò che vorrebbe documentare

      Un altro concetto da tenere presente é quello della plausibilità: purtroppo, anche l"'oggettività" si basa pesantemente sulla plausibilità.

      Tenga presente come simulare TUTTO ciò che dovrebbe essere stato simulato per far finta che le missioni lunari siano realmente avvenute sarebbe stata un'impresa difficile nel 1969. Non che vi fossero degli ostacoli insormontabili, ma sarebbe comunque stato difficle simulare, ad esempio, la gravità ridotta in modo da rendere coerenti le misurazioni dei tempi sui filmati.

      Se tutto ciò fosse stato effettivamente fatto, ma poi si fosse lasciata una lattina di birra sul set, ci si troverebbe di fronte ad un'incongruenza difficilmente sanabile.

      Le aziende coinvolte nella produzione dei dispositivi necessari, dai motori alle tute, sono state così tante che difficilmente si sarebbe potuto "comprare" il loro silenzio. Pertanto l'unico modo di procedere sarebbe stato quello di comportarsi come se tutto fosse "vero".

      Una "falsa missione" si sarebbe potuto svolgere, quindi, solo come una missione vera, con l'unica variante che le riprese al di fuori dell'ambiente terrestre non sarebbero state realmente tali. Ma vi srebbe stato comunque un programma di addestramento, la progettazione dei dispostitivi, il collaudo delle attrzzature, e così via.
      Alla fine, sarebbero comunque stati individuati degli standard, con l'unica differenza che l'equipaggiamento non sarebbe poi stato utilizzato effettivamente sulla Luna. Ma saranno comunque stati stabiliti degli standrd stringenti per l'attrezzatura.
      Durante l'ipotetica simulazione ci si sarebbe attenuti comunque agli standard stabiliti, e le impronte degli scarponi, che fossero sulla Luna o nel deserto, sarebbero comunque dovute risultare uguali.

      Chi mi contattò per un parere sul comportamento del LRV aveva compiuto una serie di misurazioni accurate, con un software avanzato, sui filmati. Desiderava un mio parere sul comportamento delle sospensioni del Rover all'uscita da un avvallamento del terreno; ma peraltro, la dinamica del veicolo era assolutamente corretta per la gravità lunare.

      Questo, ripeto, sarebeb stato uno sforzo tecnologico immane, che avrebbe dovuto avere una contropartita importantissima; mettere il tutto a repentaglio con reperti facilmente individuabili in immagini di pubblico dominio non avrebbe avuto senso.

      Quindi, se ciò che si vede in una foto dovesse essere effettivamente una lattina di birra, é questo il fenomeno che va spiegato, e non se la missione lunare abbia in effetti avuto luogo o meno.

      Si immagina un team di esperti che progetta la simulazione del movimento di un veicolo con una gravità diversa, e poi lascia una lattina sul set cinematografico, e non se ne accorge neanche negli anni a venire? Se si era disposti ad accettare una finzione di così "bassa lega", lo sforzo tecnologico per simulare le riprese, o l'esecuzione del lancio del razzo, rientro della navicella, etc, con costi immani sarebbe stato senza senso

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  18. OK, c'è modo allora di reperire sul blog l'email? Se preferisse non renderla pubblica posso indicare la mia.

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  19. L'indirizzo email si trova nel profilo. Comunque é: 1.VoxHumana@gmail.com

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