sabato 20 luglio 2013

LA VIA DEI BORGHI.18: La quinta fase dei borghi rurali siciliani. BORGO PIETRO LUPO


Borgo Lupo: nomen est omen

Ufficiale generoso ed entusiasta, in molteplici azioni di guerra era esempio fulgido di ardimento e bravura. In aspro combattimento contro preponderanti forze ribelli, guidava con serena fermezza ed alto valore l'azione della compagnia contro l'avversario incalzante. Circondato si difendeva con strenua energia, ripetutamente contrattaccando alla testa dei suoi, infliggendo gravi perdite al nemico, finché, più volte colpito, cadeva eroicamente sul campo. Giabassiré, 16 agosto 1936

Pietro Lupo, tenente di complemento della fanteria, era nato a Catania; due mesi prima di cadere in battaglia nel corso della guerra d’Africa, all’età di 37 anni, era già stato insignito di una medaglia d’argento. Una figura in un certo senso positiva, dunque, sempre tenendo presente il fatto che sempre di apologia alla guerra si sta parlando, e ciò nonostante il cognome evochi un’immagine comunemente ritenuta il simbolo di comportamenti tutt’altro che positivi. Ma quando feci presente ciò ad una persona originaria del borgo, adesso (per sua fortuna) residente in Svizzera, mi venne risposto: “Pietro Lupo era un bravo ragazzo. E’ il resto che non va”. Già, Lettore, il resto… ma cosa sarebbe a non andare, a Borgo Lupo?

Borgo Lupo rappresenta un’entità peculiare nell’insieme costituito dai primi otto borghi ECLS, quelli costruiti nel 1940. Questo è forse già stato affermato, meno esplicitamente, anche per altri borghi; ma ciò che si intendeva evidenziare era l’esistenza di particolari, singole, caratteristiche, riferibili al progetto, al sito, o alla storia, che come è logico attendersi devono differire per ognuno di essi, considerato che ogni borgo venne progettati da professionista diverso e realizzato in luogo diverso e da impresa diversa.
 
 
La peculiarità di Borgo Lupo consiste invece nel fatto che esso costituisce una sorta di trait d’union, almeno temporale, tra i borghi ECLS del 1940 e quelli iniziati nel 1941.

La Dufour afferma che “Nel caso del borgo Pietro Lupo, le opere di competenza privata erano state assegnate all’Ente in sostituzione del Consorzio di Bonifica di Caltagirone; esse riguardavano un fabbricato per tre botteghe artigianali e relativo alloggio, una bottega di generi diversi compreso un panificio, un edificio con abitazione ed officine del meccanico e fabbro, un molino, un’osteria-locanda e stallaggio La stessa situazione si verifica nei borghi Cascino e Giuliano, tanto da far pensare che non si sia trovato nessun consorzio privato che si assumesse le spese di queste strutture in tempo di guerra.” Dalla documentazione di archivio le cose sembrerebbero essere andate diversamente, per Borgo Lupo.

Borgo Lupo, come d’altra parte borgo Gattuso, non era inserito nel primo riepilogo degli espropri, l’elenco di nove nomi nel quale invece figurano borgo Guttadauro, borgo Borzellino e borgo Bassi (ivi denominato “Ummari”). E’ probabile che questa fosse la pianificazione iniziale, poi variata forse per motivi propagandistici; diverse fonti, compreso un articolo relativamente noto di Carlo Emilio Gadda, sottolineano il fatto che fosse stato realizzato un borgo per provincia. Evidentemente, la realizzazione dei borghi che costituivano un doppione nelle province di Palermo e Trapani venne rimandata ad un periodo successivo, si inserì nel programma il progetto di Caracciolo per Caltanissetta, e si sarebbe dovuta considerare la presenza di un borgo in provincia di Catania.
 

Il documento mostrato è privo di data, ma è verosimile che risalga al 1939. Nel’ultimo trimestre di quell’anno, il consorzio di bonifica di Caltagirone aveva già avviato la costruzione di un borgo rurale, la cui progettazione, nel giugno dello stesso anno, era stata affidata all’ing. Filippo Marino; questi doveva probabilmente godere di una certa considerazione presso certi ambienti locali, se non altro perchè gli sarà affidata anche la progettazione dell’acquedotto di Borgo Rizza

Il Marino aveva progettato un borgo grande, eccezionalmente grande non tanto nelle dimensioni, quanto nell’impianto; essendo antecedente ai progetti ECLS, si era probabilmente ispirato al riferimento precedente, e cioè il modello “grande” proposto dall’Istituto VE III per la bonifica della Sicilia.

La sede originariamente designata era la contrada Salto (tra i toponimi IGM è riportata come “Il Salto”) dove nella seconda metà del novembre 1939 era già stato realizzato il cantiere, ed erano iniziate almeno le operazioni di sbancamento ed altri movimenti di terra.; sarebbe stata questa la “località amena e salubre, facilmente accessibile mediante la strada di bonifica n° 5, che trovasi in avanzato corso di costruzione”.che la Dufour menziona nel suo libro, citando quanto estratto da un documento custodito nell’Archivio Centrale dello Stato.
 

E’ verosimile che non potesse essere tollerato che un consorzio privato, in un momento in cui un Ente pubblico avesse iniziato ad organizzare l’assalto al latifondo, costruisse un borgo addirittura più grande di quelli progettati dall’Ente stesso, e, per di più, con il contributo dello Stato. Ci si accordò allora affinché la gestione dell’opera passasse nelle mani dell’ECLS. Venne mantenuto il progetto, e quindi il progettista, ma si dovette assolutamente cambiare l’ubicazione, abbandonando il cantiere esistente, Gli spostamenti dalla sede originariamente designata costituirono una procedura ricorrente nella realizzazione dei borghi ECLS, ma nel caso specifico la tassativa richiesta del cambio dell’ubicazione venne direttamente dal ministro Tassinari, per cui fu approntata un’apposita commissione per individuare le nuove possibili sedi di realizzazione, in conformità a quanto il ministro aveva stabilito.

Non è immediatamente deducibile dalla documentazione consultata la ragione per la quale Tassinari avesse preteso lo spostamento della sede del borgo.

Nella relazione che Nallo Mazzocchi Alemanni inviò al ministro si legge testualmente:

La Commissione ha dovuto constatare come non sia possibile far ricadere la nuova ubicazione in alcuna zona visibile dalla strada nazionale Catania-Caltagirone, in quanto per nessuna di esse si verificano le condizioni necessarie trattandosi di proprietà frazionate

Da ciò sembrerebbe potersi arguire che la motivazione dello spostamento potesse risiedere nell’esigenza (sempre di tipo propagandistico) che il borgo fosse visibile dalla strada statale. Ma se così fosse, considerato che non poté comunque essere individuata alcuna sede che soddisfacesse il criterio di visibilità, il borgo sarebbe poi sorto nella sede precedentemente designata. Il fatto che si decidesse di non realizzarlo nella sede originaria, abbandonando il cantiere esistente, non può che significare che fosse comunque da escludere che il borgo potesse venire ivi edificato. Quindi il vero problema non risiedeva tanto nel trovare un’ubicazione migliore, quanto in quella di cambiare assolutamente quella esistente. Riguardo alla possibile motivazione di ciò, posso avanzare soltanto due ipotesi:
 
1) nella zona originariamente scelta esistevano proprietà frazionate, per le quali non sussisteva obbligo legale di appoderamento

2) nella zona originariamente scelta le proprietà erano non frazionate, ma i proprietari non avevano intenzione di realizzare alcun appoderamento, e per qualche (oscuro) motivo non si riteneva di doverli obbligare o di procedere con l’esproprio

Sempre Mazzocchi Alemanni  sottolineò, nella medesima relazione, la necessità di costruire un borgo più piccolo (equivalente al tipo B) in località Oliva, e, qualora si fosse optato per  la contrada Mongialino , di realizzare un sottoborgo (chiesa+scuola) in località Pagliarelli, che sarebbe stata l’ubicazione alternativa a Mongialino per Borgo Lupo. Nel piano del 1956 sarà compreso un borgo di tipo B in contrada Oliva, ma non un borgo C in contrada Pagliarelli. Non è chiaro inoltre se e come siano state variate le strade di bonifica secondo quanto descritto nell’ultima parte della relazione.


Di fatto, tra le due località individuate per il trasferimento, e cioè contrada Mongialino e contrada Pagliarelli, Mazzocchi Alemanni nella relazione suggeriva la prima (dove poi sarebbe effettivamente stato costruito Borgo Lupo) e ciò proprio a motivo del fatto che, dei due feudi che la costituivano, uno era di proprietà della Croce Rossa (1100 ha.), che aveva già iniziato l’appoderamento, e l’altro apparteneva alla signora Giusino e consisteva di 900 ha “dei quali è facile ottenere l’appoderamento totalitario”.

Non so se “l’appoderamento totalitario” venne ottenuto; so però che venne fondata l’azienda Mongialino, e che la spinta propagandistica deve essere stata non indifferente, considerato che alcuni poderi in contrada Pagliarelli sono addirittura riportati sulle carte IGM.
 

E so anche che i campieri a cavallo della famiglia Giusino continuarono a tenere soggiogati i contadini della zona di Borgo Lupo per più di un decennio, e cioè fino alla quotizzazione dell’azienda Mongialino; questo lo so perché mi è stato raccontato. Non è chiaro, dalla storia che mi è stata narrata, quale percentuale i campieri pretendessero; ciò che è certo è che mi è stata raccontata una storia di vessazioni ed angherie,cui alcuni contadini (tra cui lo zio, allora appena decenne, di colui che mi ha fornito il racconto) tentarono di reagire; e tale situazione si protrasse fino alla prima età degli anni Cinquanta.

Non è però soltanto questo, Lettore, il motivo del sottotitolo del post (“nomen est omen”), ma di questo verrà detto in avanti.

Il progetto originario dell’ing. Marino prevedeva la presenza di dieci edifici, disposti intorno a due piazze, ognuna delle quali avrebbe avuto una strada d’accesso, ed un piazzale che, con l’orientamento dato al borgo in contrada Mongialino, si trova a NordOvest, dalla parte opposta rispetto alla’accesso della piazza principale. Ritroveremo ancora, più avanti, un progetto basato su una disposizione simile (Caracciolo), ma borgo Lupo sembrerebbe particolarmente ispirato dal modello di borgo di tipo grande progettato dall’Istituto VE.
 
 
L’accesso alla piazza principale (che poi, in pratica, resterà l’unico) avviene tramite una breve strada d’accesso, rettilinea che si distacca ad angolo retto dalla strada di bonifica nr 1 (adesso SP179), in corrispondenza del punto in cui si trova l’abbeveratoio d’ingresso del borgo
 
 
l'abbeveratoio però non compare sulle planimetrie, ed in realtà la sua realizzazione dovrebbe essere posteriore di una decina d'anni alla costruzione del borgo.

In fondo alla strada d’accesso si scorge la chiesa
 

Non so se tale disposizione sia stata ricercata con particolare attenzione a quello che sarebbe stato l’impatto visivo, che comunque, attualmente, non si rivela particolarmente gradevole; ma bisogna non perdere di vista il fatto che l’ing. Marino non era un architetto, non era stato incaricato dall’ECLS, ed il committente originario, e cioè il consorzio di bonifica di Caltagirone, non era magari particolarmente interessato a che venisse creata un’opera d’arte.


 
Il primo edificio che si incontra, sulla sinistra, all’ingresso nella piazza, è la scuola (marcata dal numero 4 sulla planimetria)
 

La costruzione si sviluppa su un’unica elevazione, con una pianta   costituita da un corpo centrale e due ali asimmetriche

 
La quinta SudOvest della piazza è costituita dall’ambulatorio medico (3), e dalla sede di ufficio postale e caserma dei carabinieri (2)
 
 
Il primo consta di un piccolo edificio a pianta simmetrica che si sviluppa su due elevazioni, con vani di servizio a piano terra, ed alloggio del medico al primo piano
 

Anche la caserma è su due elevazioni, con alloggio dei militari al primo piano, ed ufficio postale, alloggio per l’ufficiale postale, ufficio dei carabinieri ad un piccolo vano a piano terra per lo scarico delle armi

 
Lungo il margine NordOvest della piazza si trova il municipio (1), che avrebbe ospitato tra l’altro, delegazione podestarile e sede del PNF
 
 
Tutti gli edifici del borgo si basano su una pianta articolata, asimmetrica in quasi tutti i casi (con l’esclusione dell'ambulatorio, e di quello che ospita le botteghe e dell’officina). Il municipio non fa eccezione; tuttavia, esibisce una particolare simmetria sul prospetto, con una torre in  posizione centrale. Sulla torre è presente un orologio e più in basso, un balcone arengario
 
 
La piazza è delimitata a NordEst dalla chiesa (7)
 
 
a pianta rettangolare, con abside originariamente a pianta semicircolare, e torre campanaria
 

alla base della quale vi è una nicchia destinata ad accogliere una scultura religiosa

 
La chiesa è separata dalle botteghe da una delle strade interne che fanno comunicare la piazza con quella adiacente
 

L’edificio delle botteghe di generi vari (6), anch’esso su due elevazioni

 
presenta, al piano inferiore, un piccolo portico
 

all’interno, è ancora visibile l’iscrizione “TABACCHI” mancante di una “A” e dell’”H”, che è uno dei particolari più fotografati del borgo, e più diffuso sul Web

 
Una seconda via d’accesso alla piazza adiacente separa il retro prospetto delle botteghe di generi vari dall’edificio delle botteghe degli artigiani (5)
 
 
il quale presenta anch’esso un corpo centrale e due corpi laterali
 

Quest’ultimo è separato dal fabbricato alloggi e rivendita rivendita (10) da un asse viario parallelo alla strada di accesso, ed ortogonale alle strada di comunicazione tre le due piazze

 
che come queste ultime costituisce parte della viabilità interna, e delimita, a SudEst, la seconda piazzetta
 

Su di essa si affacciano, oltre la già citata rivendita, il molino (9) e le officine (8).

La rivendita si sviluppa anch’essa su due piani, con un portico al piano inferiore cui corrisponde un terrazzino al piano superiore
 
 
Lungo il margine NordEst si trova il molino, con pianta originariamente ad “L”, che  si sviluppa su singola elevazione
 

ma che originariamente era unito alla cabina di trasformazione in corrispondenza dell’estremità SudEst
 
 
Dalla parte opposta della piazza, lungo il margine nordovest vi è l’edificio che ospita le officine del fabbro e del carradore, con due tettoie sul retro prospetto
 

che si affaccia su un piazzale, che verosimilmente era stato pensato come funzionale alle officine

 
Lungo il lato NordEst del fabbricato officine decorre la prosecuzione dell’asse viario tangente alla piazzetta posta più ad est
 

e che qui è delimitato, oltre che dalle officine, dalla canonica

 
e dal giardino annesso, all’interno del quale si trova un pozzo (12)
 

La presenza delle due piazze sembra quindi fornire anche una suddivisione in due aree funzionali, analogamente a quanto avverrà per il progetto di borgo Caracciolo. E la differenza sembra rimarcata anche dalla scelta delle due fontane poste nella zona centrale delle piazzette; con vasca circolare la prima



mentre la seconda, adesso non più esistente, ricordava un abbeveratoio (13)

 
Le uniche espressioni artistiche attualmente presenti all'esterno consistono in  bassorilievi, uno sull’abbeveratoio posto all’ingresso
 

gli altri sulla base dell’antenna portabandiera presente sul retro della scuola, lungo la strada d’accesso

 
Non ho avuto la possibilità di prendere visione del progetto dell’impianto di approvvigionamento idrico; ma a giudicare dalle strutture visibili, le sue dimensioni erano adeguate a quelle del centro rurale che avrebbe dovuto rifornire. Esso comprende infatti due serbatoi separati, uno principale che si trova a 350 metri dal borgo
 

ed uno di riserva posto a quasi due chilometri di distanza in linea d’aria

 
L’aspetto esteriore delle strutture ricorda il serbatoio di Borgo Rizza; ciò non sorprende, considerato che furono ideati dalla stessa mente e disegnati dalla stessa mano.

La tecnica costruttiva di Borgo Lupo non è dissimile da quella degli altri borghi del periodo: pietra da taglio e malta cementizia per la muratura delle fondazioni, pietrame e malta comune per la muratura in elevazione, solai in laterocemento agganciati a cordoli di calcestruzzo, coperture in legno, manto di rivestimento in coppi. Parte della struttura della chiesa era in calcestruzzo, rinforzata tramite tiranti.

La suddivisione funzionale con due piazze separate, nonché la presenza di un terzo piazzale, mostrerebbe la notevole influenza che il modello del “grande centro rurale” delineato nell’ambito dell’Istituto VE III per la bonifica della Sicilia deve aver avuto nella progettazione di Borgo Lupo. Anche il modello di grande centro rurale presenta infatti tre aree funzionali, una burocratica, una commerciale ed una artigianale
 

Secondo la classificazione che sarà determinata dal decreto interministeriale nr 11255 del 3 gennaio 1941 Borgo Lupo sarebbe stato un borgo di tipo “A”, se non fosse per l’assenza degli uffici ECLS. Il fatto che non siano stati previsti in progetto è esattamente ciò che ci si aspetta, considerato che borgo Lupo non fu progettato su incarico dell’ECLS; più difficile è comprendere come non sia stata comunque prevista la presenza di una sede dei rappresentanti del consorzio di bonifica, considerato inoltre che gli uffici consorziali compaiono nei modelli proposti dall’Istituto VE.

Il passaggio di consegne dal consorzio di bonifica di Caltagirone e l’ECLS segnò allora anche la necessità di lavori di ampliamento (definiti “lavori di completamento) nell’ambito dei quali vennero costruiti la Casa dell’Ente, una palazzina di alloggi per addetti ai servizi pubblici del Borgo, e la Casa Sanitaria.

La Casa dell’Ente venne realizzata all’estrema periferia NordEst del complesso, come edificio su due elevazioni
 

Al piano inferiore si sarebbero trovati gli uffici, un portico in funzione di sala d’attesa, ed una rimessa; il piano superiore sarebbe stato destinato ad alloggio

 
La palazzina alloggi venne costruita lungo il limite Nord est del piazzale delle officine
 

ciò contribuì delimitare quest’ultimo, definendo una terza piazzetta, aperta su un lato

 
La Casa Sanitaria fu realizzata nella zona SudOvest, oltre il retro prospetto dell’ambulatorio, e collegato a quest’ultimo da un portico
 

Si sviluppa su due elevazioni fuori terra, più un locale cantinato

 
I servizi e gli alloggi presenti nell’ambulatorio sarebbero stati trasferiti nella casa sanitaria, e l’ambulatorio sarebbe stato trasformato in ambulatorio ostetrico e pediatrico.

Il progetto fu integrato sempre dall’ing. Marino, nel settembre del 1941; il fatto notevole è che, probabilmente a causa dei tempi tecnici e burocratici per l’espletamento degli atti necessari a formalizzare appalti, concessioni, finanziamenti e passaggi, la richiesta di concessione per i lavori di completamento venne avanzata sempre dal Consorzio di Bonifica di Caltagirone e non dall’ECLS.

Il fatto che debbano essersi presentati degli ostacoli riconducibili ai limiti temporali imposti dai termini di legge è la spiegazione più probabile per la sequenza degli avvenimenti, che altrimenti appaiono incongruenti con le date

L’incarico a Filippo Marino da parte del Consorzio di Bonifica di Caltagirone fu conferito 3 giugno 1939. Il progetto che egli consegnò al Consorzio reca la data del 21 ottobre del 1939.

Il successivo 18 novembre Consorzio chiese la concessione al Ministero per la costruzione del borgo in contrada Salto, e due giorni dopo i lavori vennero consegnati all’Impresa Matteo Santagati. I lavori iniziarono in contrada Salto il 25 novembre e cioè più di un mese dopo la formale data di inizio di quelli relativi agli altri borghi.

La relazione con la quale Mazzocchi Alemanni informò il ministro Tassinari sulle possibili ubicazioni alternative è del 9 febbraio 1940. Ancora nel febbraio del 1940, quindi, il cantiere si trovava in contrada Salto. L’autorizzazione del Provveditore alle OOPP per la costruzione in contrada Mongialino dovrebbe essere la n. 3661 del 23 febbraio del 1940; è quindi verosimile che l’apertura del cantiere in contrada Mongialino sia avvenuta a fine febbraio, ma la consegna dei lavori dal Consorzio all’Impresa Santagati data 20 marzo 1940. Quindi, la costruzione del borgo deve aver avuto effettivamente inizio nella primavera del 1940, circa nove mesi prima della solenne inaugurazione di dicembre. Il costo dell’operazione di trasferimento fu di £ 237 942, 85, di cui £ 174 484,85 fu l’importo rimborsato all’impresa Santagati per i lavori condotti in contrada Salto, £ 5000 andarono all’ing. Marino per la direzione dei lavori gia' svolti, mentre £ 58 458 fu la spesa sostenuta per il trasferimento materiale del cantiere. Il consuntivo di spesa per l’intero borgo, certificato nel 1951 sarà di £ 1 865 938,30, comprensivi degli aumenti, mentre il costo dei lavori appaltati era originariamente di £ 1 430 979,84; pertanto, l’onere economico dello spostamento rappresentò circa il 16% dei costi originari dei lavori (il costo totale, tra spese generali, indennità di espropriazioni ed altro sarà praticamente doppio)

Il 22 aprile venne sottoscritto il contratto tra il Consorzio e l’impresa Santagati, che poneva come termine per l’ultimazione dei lavori il 31 maggio; limite ovviamente impossibile, ma quello di stabilire un termine fittizio, da prorogare successivamente, appare prassi consolidata nei contratti sottoscritti dall'ECLS..

Ancora nel febbraio e nell’aprile del 1941 (quando l’inaugurazione contemporanea dei primi otto borghi, avvenuta nel dicembre precedente, sarebbe stata ormai un ricordo) il Consorzio chiedeva la concessione per la realizzazione, rispettivamente delle opere di competenza statale e di quelle di competenza privata. Sebbene già da circa un anno fossero iniziati i lavori in contrada Mongialino, come stabilito alla fine dall’ECLS, doveva ancora essere il Consorzio a richiedere le concessioni perché evidentemente la cessione all’ECLS non era ancora avvenuta. Questa avverrà contemporaneamente alla fine dei lavori; il certificato di fine lavori è del 31 maggio,e la cessione del 1 giugno

E’ difficilmente immaginabile a quale complicata farsa si sia dovuto ricorrere nel dicembre del 1940 per simulare l’inaugurazione di qualcosa che allora sarà stata ancora allo stato poco più che embrionale. Per quell’epoca, infatti, Borgo Lupo non avrebbe mai potuto essere ultimato, considerata la cronologia degli eventi; e ciò nonostante si trovi scritto, nella deliberazione 52/2 del Consorzio di Bonifica di Caltagirone del 31 maggio del 1941: “[…] per esigenze superiori di natura sociale, economica e politica si è dovuto imprimere ai lavori di costruzione del borgo un ritmo celere che ha richiesto provvedimenti eccezionali sia nei riguardi dei progetti e della Direzione, sia per i finanziamenti e per gli acconti all’Impresa […]”.

Persino nella fotografia di Bronzetti sembra di scorgere strutture che circondano la parte posteriore del municipio
 

Nei mesi e negli anni immediatamente successivi, le cose non andarono molto meglio. La realizzazione del progetto di completamento fu inizialmente affidata al’Impresa Ferrobeton che successivamente sospese i lavori; lavori che peraltro erano stati condotti per buona parte, lasciando però incompiuti il piano cantinato della Casa Sanitaria, e tutte le rifiniture.

Ma allora, quando divenne operativo Borgo Lupo? Probabilmente nell’autunno del 1941. Il delegato podestarile inviò all’ECLS l’elenco dei libri ricevuti per la biblioteca in data 9 novembre 1941; a quell’epoca pertanto il borgo doveva essere abitato, e da poco, se ancora venivano inviati i libri per la biblioteca
 

Per quell'epoca, comunque,  l'ampliamento non poteva essere stato terminato. Come gia' accennato, infatti, iI lavori affidati alla Ferrobeton, infatti furono sospesi prima del loro completamento, a causo dello stato di emergenza in Sicilia, nel  luglio del 1943. Rimase tuttavia incompleta la sola Casa Sanitaria, completata tra il 1946 ed il 1949 in due tempi diversi, gesttiti da due Imprese diverse: la Lauro, e la Santagati, che si era già occupata della costruzione. In realtà il completamento definitivo avverrà anni più tardi, nell'ambito di altri lavori che avrebbero coinvolto la chiesa e la caserma, che venne ampliata

 
Nel corso di tali operazioni si provvide a realizzare la cantoria della chiesa
 

ad ampliare la canonica e a chiudere il portico che collegava chiesa e canonica. Tutte queste modifiche vengono riportate in planimetria, e sono ben evidenti paragonando la planimetria successiva a quella del progetto originale

 
Gli anni successivi videro intersecarsi richieste di manutenzione su strutture inagibili o non funzionanti (scuola, acquedotto) e sistemazioni delle strutture esistenti (ad esempio, la richiesta di sistemazione della terza piazzetta, o di realizzazione di una sala cinematografica nei locali del municipio): nello stesso periodo, si verificò la dismissione dell’Azienda Mongialino, con vendita all'incanto dei lotti agli assegnatari. A quanto mi è stato riferito fu a tale evento che corrispose la fine delle vessazioni da parte dei campieri della famiglia Giusino.

In quel periodo vennero realizzati il magazzino    

    e l’alloggio per il magazziniere    


Nel 1957 venne terminato, ad opera dell'Impresa Scuto, l'ambulatorio veterinario

 
La costruzione avvenne nell’ambito di una serie di lavori che compresero l’elettrificazione del borgo, e l’acquisto di una stadera per autotreni, dalla ditta De Petris di Pinerolo. Poco più tardi venne costruita la postazione di pesa, a lato del magazzino
 

Ed e' con la realzzazione di quest'ultima che la planimetria del borgo assumera' la configurazione attuale



E' pero tra il 1959 ed 1962 che si verificò la più significativa operazione di manutenzione straordinaria, quella in seguito alla quale Borgo Lupo assumerà l'aspetto che ha adesso.

Borgo Lupo venne costruito su un rialzo del terreno, la cui sommità venne spianata, e su cui venne accumulato materiale di riporto. Mentre adesso il tempo e la vegetazione rendono più difficile cogliere visivamente il modo in cui il piazzale venne realizzato, lo spianamento della collinetta è invece ancora evidente nella parte sinistra di quest'immagine d'insieme


La situazione che si venne a verificare può essere riassunta in questo estratto della perizia del 30 agosto 1957

Con le infiltrazioni di acque piovane nel piano di posa delle fondazioni, le argille di riporto hanno subito un aumento di volume in relazione all’acqua di imbibizione; nella stagione estiva l’essiccamento delle stesse ha portato alla fessurazione del piano di fondazione con conseguente dissesto alle murature, ai solai e ai tetti

Così, parte dei corpi di fabbrica di chiesa, scuola, ECLS, botteghe artiigane, alloggio impiegati, molino e officine verranno demoliti e ricostruiti.

In particolare, verrà completamente ricostruita la palazzina dell'alloggio impiegati, che assumerà l'aspetto attuale, profondamente difforme da quello originale




Verranno inoltrequasi completamente ricostruite la sede dell’ECLS (che in un primo momento si era deciso di demolire definitivamente), la scuola e la chiesa. Quest’ultima assumerà le caratteristiche, strutturali ed estetiche, visibili oggi. Le prime sono dettagliatamente descritte dal prof. Sapienza nella sua pubblicazione, e consistono nella realizzazione dei cinque portali in calcestruzzo armato che ne compongono la struttura, nel rifacimento della copertura, nell’eliminazione dei tiranti, nella variazione della pianta dell’abside, divenuta rettangolare come ben visibile anche dall’interno ed in altre modifiche minori. Le variazioni estetiche sono in un certo senso consequenziali, in quanto i piedritti dei portali non sono a filo con i muri di tamponamento, per cui risultano ben visibili sia dall’esterno, sia dall’interno; così come è evidente la variazione della pianta dell’abside
 
 
Altre alterazione estetiche, minori ma ben visibili in foto
 

hanno coinvolto il prospetto, con l’eliminazione del rosone e la variazione dell’ingresso.

Il corpo della canonica  


venne elevato di due metri per realizzare un’aula catechistica, ed anche tale variazione è evidente confrontando lo stato attuale con il disegno riferibile alla condizione preesistente


Anche l’estetica degli altri fabbricati estesamente danneggiati ha risentito profondamente della radicale ristrutturazione. L’aspetto della scuola


e dell’ambulatorio
 

risultano notevolmente diversi da quelli originali


verranno completamente eliminate anche due stanze nella zona Sud del molino, cosichhè adesso la cabina di trasformazione risulta disgiunta dal resto della costruzione


 Compaiono anche i balconi sul retro prospetto della caserma


prima non presenti


I lavori, di impegno economico ed organizzativo non indifferente (chiesa e scuola servivano centinaia di persone del circondario), si rivelarono alla fine di utilità limitata nel tempo. Appena sei anni dopo infatti le poste chiudevano. Anche scuola e caserma cessavano la loro attività. Il verbale di riconsegna all,Ente della caserma da parte del comando dei Carabinieri reca la data del.22 luglio 1970; ma l'effettiva chiusura della postazione ed il trasferimento dei militari (cosi come la sospensione delle attività didattiche per quel che riguarda la scuola) deve essere avvenuto negli anni precedenti, in contemporanea o addirittura prima della chiusura dell'ufficio postale.

Nel dicembre del 1968, infatti dieci famiglie di assegnatari di lotti dell’Azienda Mongialino occuparono gli edifici del borgo, sistemandosi tra scuola, casa sanitaria, municipio, alloggi degli impiegati, etc. Tra di essi ve ne erano alcuni che facevano parte di un gruppo che precedentemente aveva fatto istanza al sindaco di Mineo affinchè i locali inutilizzati del borgo venissero loro concessi ad uso abitativo. Inizialmente, l’Ente si rivolse ai Carabinieri di Mineo per convincere gli occupanti a recedere dai loro propositi, ed e' da questo che e' possibile dedurre come, la caserma locale dovesse essere già stata chiusa. L'intervento dei Carabinieri non servi a scoraggiare gli occupanti, ma alcuni di loro si dichiararono disposti a corrispondere un canone d’affitto.

L’E.S.A. inviò una serie di diffide. E’ singolare che almeno alcuni degli occupanti risultassero residenti a Mineo o a Caltagirone, e dovessero quindi essere in possesso di altro alloggio. Ed è anche evidente la diversità nei comportamenti tra coloro che avanzarono le richieste per borgo Rizza ed i protagonisti degli eventi di borgo Lupo

Nel corso dell'anno successivo, diverse persone che nulla avevano a che vedere con l’Azienda Mongialino, incoraggiati dall'inerzia delle autorità ,e dagli insuccessi delle forze dell'ordine, occuparono altri edifici.

Nello stesso anno, l'ESA cercò di portare a termine la procedura di trasferimento della proprietà di Borgo Lupo al comune di Mineo, ma questo, scoraggiato da un lato dalle condizioni degli edifici, e dall'altro dalla presenza degli abusivi, rifiutò l'attribuzione giudicandola onerosa dal punto di vista economico, e senza contropartite vantaggiose da quello pratico.

Evidentemente, nessuno aveva interesse verso una struttura che presentava solo costi di manutenzione, e che non poteva essere utilizzata; tuttavia, alcune operazioni di manutenzione vennero richieste e portate a termine nei primi anni settanta.

Nel frattempo, l'occupazione abusiva era divenuta saltuaria; gli occupanti originari mantenevano il possesso degli edifici, ma li utilizzavano prevalentemente come magazzini, abitandoli occasionalmente.

Non sono stato in grado di stabilire quando cessarono anche le funzioni religiose. Nel 2002 un Società Cooperativa a responsabilità limitata denominata “Borgo Pietro Lupo” “(!) presentò un’istanza per ottenere il borgo in comodato d'uso gratuito.

La condizione attuale dell’occupazione del borgo rappresenta la concretizzazione di una delle possibili evoluzioni della situazione su descritta; ed il primo impatto con tale condizione non si rivelò particolarmente gradevole.

Ed è per questo che per una volta vorrei esprimere compiutamente il mio (molto poco autorevole) parere sul borgo.

In un articolo comparso sul "Giornale di Sicilia" del 4 febbraio del 1940, Maria Accascina scrive:" In altre progettazioni come quella dell'ingegnere Marino, del Borgo Pietro Rufolo presso Caltagirone, quello dell'architetto Mendolìa presso Agrigento presentano in assai minor grado questa preoccupazione di far arte e non edilizia"

Concordo pienamente con la professoressa Accascina. Non mi piace Borgo Lupo.

Il vasto piano che lo circonda avrebbe consentito maggiore distensione alla pianta, massime alla piazza resa angusta dall’accentrarsi della Chiesa che fa da improvvisa quinta…”

Borgo Lupo è grande, ma non si estende su una superficie enormemente più grande di quella di Borgo Bonsignore. E l’estensione delle due piazze di borgo Lupo è paragonabile a quella dell’unica piazza di Borgo Bonsignore, E' come se, inizialmente fosse stata prevista una sola, grande, piazza nel bel mezzo della quale sia stato successivamente posto l’edificio delle botteghe a dividerla in due parti
 

E che vi sia stato il bisogno di rimarcare la divisione in due piazze distinte sottolineandola con due fontane dall’aspetto estremamente dissimile, una dal classico aspetto di fontana urbana, posta nella prima piazzetta, ed un piccolo, rustico, abbeveratoio  nella seconda. La sensazione  e' ancora maggiore guardando il modello tridimensionale del borgo

 
L’area su cui insistono le due piazze è stretta e lunga, ma la superficie è assolutamente  paragonabile a quella della piazza di Borgo Bonsignore, e si trova così suddivisa in due piazzette, di cui una resa angusta dalla chiesa, che di dimensioni non indifferenti, si affronta con l’edificio delle botteghe
 

"E’ rara l’unità stilistica nel complesso del borgo e nei singoli edifici."


E l’impressione è che si sia progettata una sede del PNF che, scimmiottando il palazzo della provincia di Enna, abbia cercato di uniformarsi agli stilemi più in voga per le Casa del Fascio
 

ed il resto sia stato ottenuto inserendo alla rinfusa qualche portico ad arco alla base di anonime palazzine, e ponendo una chiesa dall’aspetto banale al fianco del modellino mal riuscito del Palazzo della Provincia con l’orologio fermo sulle tre e cinque da tempo immemore

 
Ad onor del vero bisogna dire che ill disegno originale  della torre era leggermente diverso, privo della parte terminale


che è forse il particolare che maggiormente la avvicina a quella del già citato Palazzo della Provincia. Ma la realizzazione fu poi quella visibile attualmente

Ma alla fin fine, l’aspetto estetico attuale conta poco. Bello o brutto che sia, Borgo Lupo rimane comunque un simbolo della Storia

Per strano che possa apparire, la divisione in due piazze che sembra operare l’edificio delle botteghe simbolicamente e funzionalmente distinte è in qualche modo operante ancora oggi.

Come già accennato sopra, il primo impatto con Borgo Lupo non fu positivo. Non fu positivo dal punto di vista estetico, per i motivi descritti prima; ma il prosieguo della visita non fece altro che confermare l’impressione negativa anche da altri punti di vista.

Erano le cinque del pomeriggio del quindici di agosto, di un quindici di agosto di un’estate eccezionalmente calda. Giallo tutto intorno, ed il senso di inattività tipico del primo pomeriggio nei giorni festivi dell’estate siciliana, quando il frinire delle cicale e l’umidità sulla pelle restano le uniche e costanti percezioni dei sensi, anche percorrendo chilometri e chilometri di campagna. Il borgo, dalla provinciale, sembrava deserto; solo il suono di una radio si udiva appena. La piazza era ingombra di attrezzi e veicoli da lavoro, che si arroventavano sotto il sole. Il suono della radio proveniva dall’interno della scuola, che aveva le finestre aperte; ma nessun altro segno di vita. Cominciai a riprendere le mie foto. Mentre mi allontanavo dal prospetto del municipio, cercando di comprenderlo interamente nell’inquadratura, avvertii una presenza alle mie spalle. Un uomo appena uscito dalla scuola, dall’età apparente di una trentina d’anni, biondo, mi osservava, in piedi, braccia conserte; sembrava un europeo dell’Est. Gli chiesi quanti fossero a vivere in quel luogo; mi rispose, in un italiano stentato ma in uno stile omertoso perfetto, che non lo sapeva. Evidentemente nel tempo che aveva vissuto qui era riuscito ad apprendere poco della lingua ma molto dei costumi. Il mal riuscito tentativo di contatto verbale fu definitivamente stroncato da un cupo rumore ritmato a bassa frequenza che si andava progressivamente avvicinando. Il tipico rumore degli impianti audio di alta potenza, ascoltati a volume elevato in auto chiuse. Pochi istanti dopo comparve nella piazza una Mercedes CLK 280 nera, nuovissima, appena lavata; l’unica polvere che aveva sulla vernice lucida era quella delle provinciali che aveva percorso per giungere a Borgo Lupo. All’interno, un afroasiatico di una trentina d’anni, pizzetto e capelli lunghi legati, con codino, che indossava giacca e camicia nere, nere come l’auto. Pochi istanti più tardi, una vecchia Ford Fiesta con una coppia anziana a bordo si allontanava.

Il posto continuava a piacermi sempre meno. La mia attività fotografica fu molto sommaria. Ripresi la piazza del municipio, gli edifici che l’attorniavano e l’imbocco della seconda piazza, indi risalii in auto e e mi immisi sulla provinciale. La Mercedes nera mi sorpassò nascondendomi in una nuvola di polvere e terriccio; adesso c’era una giovane donna accanto al guidatore.

Conservai un cattivo ricordo di Borgo Lupo fino alla visita successiva. Diversa la stagione, diverso il giorno, diverso l’orario, diversa l’atmosfera. La piazza principale e gli edifici che su di essa si affacciavano sembravano deserti. Solo una donna, dalla parte opposta del borgo. Mi avvicinai, e chiesi se potevo fotografare la chiesa. Anche lei parlava poco italiano, ma chiamò il marito, originario del borgo. Vivevano in Svizzera, e tornavano ogni anno, per qualche settimana. Il marito mi raccontò che ormai l’unico residente abituale del borgo era il fratello, che abitava il mulino. Gli edifici che davano sulla piazza del municipio erano occupati da un’altra persona. Che usava l’intera metà del borgo per ricoverare il bestiame o come magazzino. Che, pur non risedendo stabilmente a Borgo Lupo, utilizzava i locali come più gli aggradava, chiudendo la canonica, utilizzando la scuola come dimora per gli europei dell’Est che si occupavano del suo bestiame.

Ascoltando il suo racconto, l’esistenza delle due piazza sembrava assumere un significato che trascendeva le intenzioni del progettista. Le due piazze dividevano ancora il borgo in due zone diverse, quella del bene e quella del male. Quella di chi cercava di curare quanto rimasto e quella di chi distruggeva. Quella di chi subiva le angherie e quella di chi le faceva. Quella di chi condivideva il bene comune, e quella di chi se ne appropriava.

Mi mostrò l’interno della chiesa, mi raccontò della sua infanzia al borgo. Sorrideva sempre durante il suo racconto; il suo sguardo diveniva appena più cupo quando riportava gli avvenimenti recenti, come l’interruzione della fornitura dell’energia elettrica per l’illuminazione pubblica. O il malfunzionamento dell’acquedotto, risolto con una conduttura volante lunga due chilometri, dal serbatoio di riserva al Borgo
 

Ma il suo sguardo ritornava limpido quando la sua mente ritornava al passato. Persino nel racconto dell’episodio del campiere della famiglia Giusino i suoi occhi brillavano, accesi dallo stesso fuoco che doveva aver animato suo zio mentre, bambino, disarcionava un uomo. Brillavano mentre il racconto della storia del borgo ed il racconto della Storia di Sicilia divenivano una cosa sola.

Perché dopotutto, Lettore, i borghi ECLS sono un pezzo di storia. Di storia recente, ma sempre un pezzo di storia. E quando esci da casa e percorri centinaia di chilometri per andare a vedere un pezzo di storia, ciò che ti aspetti è semplicemente la possibilità di vederlo, senza gli ostacoli generati dalla piccolezza e dalle meschinità umane. Quando invece trovi piccolezza e meschinità nel luogo dove ti aspettavi di vedere la Storia; rimani interdetto. Ma, a ben pensarci, il motivo per il quale si rimane interdetti è solo il contesto. E’ la dissonanza tra le aspettative e la situazione, non la situazione in sé. A ben pensarci, a Borgo Lupo non avviene nulla di diverso da ciò che accade nel mio condominio, che si trova in una zona “bene” della città e sarebbe quindi abitato da gente “per bene”, ovvero da gente perbene, se preferisci. Ma se la strada nella quale si trova il mio condominio fosse stata denominata “via Pietro Lupo”, il sottotitolo avrebbe potuto trovare immediata applicazione. Nomen est omen. Ed in questo senso, nomen est omen in ogni luogo nel quale la coscienza civica viene meno, e cioè dappertutto in Sicilia, come dappertutto l’assenza della benché minima coesione sociale, del benché minimo senso civico, contribuisce a perpetuare l’esistenza della mentalità mafiosa. In Sicilia, ad ogni angolo di strada vi è un lupo ed ogni quartiere può essere un Borgo Lupo. Borgo Lupo è solo la riproduzione in scala microcosmica di un comportamento ubiquitario. Riproduce il comportamento sociale come, anzi meglio di come, la sede del PNF riproduce il Palazzo della Provincia di Enna. Ho sbagliato a stupirmi. Forse l'espressione "nomen est omen" non descrive borgo Lupo più di quanto descriva qualunque altro luogo in Sicilia che abbia attinenza con il vocabolo “lupo”. Forse è un altra la frase latina che avrei dovuto citare prima, per descrivere Borgo Lupo, così come gli altri luoghi.

Così, lo faccio adesso. Homo homini lupus