martedì 30 agosto 2022

Il Mostro di Firenze 5: La tormentata genesi del paradosso della "pista sarda"



Politics is almost as exciting as war, and quite as dangerous. In war you can only be killed once, but in politics many times

Winston Churchill




Alla fine del 1980, il Qualcuno aveva ormai consolidato la sua posizione.

La costruzione, progettata negli anni Sessanta, e le cui fondamenta erano state gettate a metà degli anni Settanta, dopo appena cinque anni svettava come un grattacielo.

Il suo potere si era enormemente accresciuto , sia in termini politici, sia in termini finanziari. O, in altri termini, Lettore, stava rompendo abbastanza le scatole.

Per quel che riguarda il potere finanziario, c'era chi se ne faceva una ragione. Le faccende nel mondo finanziario vanno così: c'é chi vince e c'é chi perde. Ma soprattutto perché chi vince, vince, mentre chi perde fa perdere altri. C'é infatti una categoria "cuscinetto", che ammortizza i traumi a cui sarebbe sottoposto chi perde. La categoria é costituita in massima parte da piccoli azionisti e risparmiatori. Oggigiorno, tale meccanismo é stato addirittura formalizzato ed istituzionalizzato: si chiama "bail-in". Allora, il bail-in non esisteva, ma nei fatti le cose andavano uguale uguale. Se poi la protezione fornita dallo strato cuscinetto si rivelava francamente insufficiente, si ricorreva ai buoni, vecchi, drastici metodi: pallottole, impiccagioni, defenestrazioni... per lo più mascherati da suicidi.

Per il potere politico, Lettore, le cose non vanno così. Non c'é alcuno strato cuscinetto, nessun airbag. Chi ha il potere politico a certi livelli, non é abituato a perderlo senza far nulla; anche perché, se non ha un surrogato (ad esempio un notevole potere finaniario), non avrebbe con cosa sostituirlo. Esce di scena.

Così, Qualcunaltro ad un tratto decide di averne abbastanza. Perché il Qualcunaltro decide ciò proprio nel 1980?
Be' Lettore, qui entreremmo nel campo della "dietrologia avanzata". Ci vogliono una laurea magistrale in Dietrologia, un Dottorato di Ricerca ed almeno un Master per poter avanzare delle ipotesi su questo. Qualcosa di disperatamente al di là della mia portata. Però, a livello di "discorso da bar" posso anche provarci; purché Tu mi prometta di considerare ciò che sto per dirti per ciò che é, e cioè un discorso da bar, e tralasciarlo quindi nel prosieguo.

Pare ("e dico, pare...", come direbbe Crozza) che il 1980 rappresenti un anno cruciale per il Qualcunaltro, uno spartiacque, un confine oltre il quale ciò che prima era tollerabile, non lo sarebbe divenuto più per tutti gli anni a venire. Nel 1980 il Qualcunaltro decideva di saltare il fosso. E proprio nel 1980 si era verificato un episodio molto grave, e come tale divenuto intollerabile.

Sarà stato questo? Sarà stato altro? Quién sabe... sta di fatto che all'inizio del 1981 comincia un'operazione diretta contro il Qualcuno condotta servendosi della più classica delle armi pesanti: la magistratura.

E l'operazione vale a smantellare in poche settimane la costruzione che il Qualcuno aveva realizzato in anni.

Lo smantellamento riguarda soprattutto il potere politico, meno quello finanziario; e occorre dire che, forse per questo o forse per altro, il Qualcuno incassa tale attacco meravigliosamente bene: semplicemente si rende irreperibile e, dalla sua posizione un po' in disparte, continua ad esercitare il suo potere finanziario, evitando solo di far troppo rumore. Una faccia di bronzo ammirevole.

La magistratura però nella sua azione non ha nemmeno sfiorato gli eventi, risalenti alla Resistenza, in cui il Qualcuno é coinvolto; quelli che avrebbero reso necessari gli omicidi di Signa per un verso e di Rabatta per un altro, per intenderci.

Ed il Qualcunaltro non é per niente soddisfatto di ciò. Ma non perché il Qualcunaltro voglia accanirsi contro il Qualcuno; una tale animosità é lontana anni luce dalla sua mente. Il Qualcunaltro bada solo alla sostanza; per lui i "fatti personali" praticamente non esistono.

Come mentalità, il Qualcuno ed il Qualcunaltro si pongono agli antipodi.

Il Qualcuno ha sempre stampato sul volto un sorrisetto affabile, che rende più evidente quando parla in maniera rassicurante; il Qualcunaltro ha un'espressione neutra, al più segnata da un sorrisetto ironico, che diviene sarcastico se occorre.

Il Qualcuno afferma di conoscere bene anche chi in realtà non conosce affatto; il Qualcunaltro afferma di non conoscere affatto anche chi in realtà conosce bene.

Il Qualcuno ama farsi vedere in giro, e presenziare ad ogni sorta di eventi; il Qualcunaltro presenzia quando é suo dovere istituzionale, e preferisce, se può, restare rintanato nel suo studio.

Il Qualcuno usa la sua rete per costruire il suo potere, il Qualcunaltro usa il suo potere per costruire la sua rete.

Il Qualcuno adopera il potere politico per ottenere il potere finanziario; al Qualcunaltro interessa solo il potere politico, e quello finanziario é, semmai, un'inevitabile conseguenza.

Il Qualcuno progetta un sovvertimento del potere politico per dominare incontrastato sul mondo finanziario; per il Qualcunaltro il potere finanziario é semmai funzionale al mantenimento dello status quo, che é l'essenza stessa del suo mondo.

Quindi, Lettore, una volta che il Qualcunaltro ha ridotto grandemente il potere politico del Qualcuno, non avrebbe alcun motivo di accanirsi. Non sarebbe nel suo stile. Non avrebbe alcun interesse sostanziale nel riesumare il passato del Qualcuno, né alcuna animosità nel farlo. Semplicemente, non gli interesserebbe.

Però, però... c'é un però. Ed il però consiste nel fatto che il Qualcuno, tramite le azioni compiute durante la guerra, pare sia riuscito ad appropriarsi di tanto denaro. Ma proprio tanto tanto. E, soprattutto, in una forma che non ha risentito affatto delle svalutazioni dovute al tempo trascorso ed all'inflazione. A distanza di una quarantina d'anni, e con un dopoguerra di mezzo, ciò che il Qualcuno ha acquisito non ha perso minimamente valore. Anzi.

Ma anche qui, il Qualcunaltro, per i motivi elencati prima, non interverebbe. Se la cosa lo disturba, non é tanto per la questione economica in sé, alla quale il Qualcunaltro dà poco peso, quanto perché proprio il denaro acquisito quaranta anni prima potrebbe essere stato utilizzato per finanziare l'evento collegato al'episodio molto grave ed intollerabile, del 1980, menzionato sopra.

E questo avrebbe implicazioni politiche notevolissime, e quindi deve essere acclarato; e quale metodo sarebbe migliore che farlo acclarare alla magistratura?

Ma, come specificato prima, la magistratura semplicemente sta ignorando totalmente questo aspetto e le sue implicazioni; mentre sarebbe più che opportuno che si aprisse un altro "filone d'indagine".

Vedi Lettore, quando si parla di "filone d'indagine", l'espressione é più che appropriata. Rende l'idea. In italiano, "filone" significherebbe "giacitura di roccia eruttiva"; da cui, ad esempio, "filone d'oro". Una sorta di giacimento che può essere sfruttato, scavando e ricavando, scavando e ricavando... una miniera. E c'é chi ne guadagna.

E qaundo si apre un "filone d'indagine", la magistrature scava e ricava, scava e ricava...una miniera. E c'é chi ne guadagna.

Qualche anno fa ebbi per un certo tempo un collaboratore (che, per inciso era anche della stessa "parrocchia" del Qualcuno, ma non con le medesime finalità né ovviamente ai medesimi livelli - questo aspetto é solo una curiosità) che possedeva un dono particolare, per il quale riceveva la mia ammirazione.
Capitava a volte di venire a contatto con qualche facinoroso, per cui la situazione rischiava di degenerare.
Anche quando non si giungeva a conseguenze estreme, il contatto con lo scalmanato risultava fastidioso, creando un'atmosfera negativa per il resto della giornata. Quando lui lavorava con me, non si giungeva mai a certi estremi; nel giro di qualche minuto la situazione tornava perfettamente sotto controllo, e rientrava nei limiti.

Quando lo scalmanato di turno andava finalmente per la sua strada, lui diceva: "E' solo gente ignorante, smarrita; vanno instradati..." e mentre lo diceva teneva le mani parallele muovendole avanti e indietro... era fisicamente piccolino e paffutello; mi sembra di vederlo ancora mentre, muovendo le manine con quel gesto caratteristico, dice "vanno instradati..."

Ecco, la magistratura andava "instradata" verso l'apertura del nuovo filone di indagine; ma come?

Analizziamo, Lettore, quali fossero le possibilità

Fornire una documentazione, magari inviata in forma anonima (un'altra versione del "Ciitadino Amico"), non era più possibile in quanto la documentazione era stata resa indisponibile nel 1968.

Lanciare delle accuse, altrettanto anonime, si sarebbe risolto in un nulla di fatto; a più riprese tali tentativi erano stati fatto nei primissimi anni Settanta, ma erano rimasti lettera morta. E' per questo che i "filoni di indagine" sono importanti: all'interno di essi, qualunque indizio (persino quell'assurdità del proiettile nell'orto di Pacciani) diviene importantissimo, ma al di fuori di quelli, devono esistere prove solidissime perché una possibilità venga considerata.

Purtuttavia, Lettore, occorre sottolineare come tale strada venne comunque tentata, inviando una dettagliata lettera anonima ai magistrati che indagavano sul summenzionato grave episodio dell'anno precedente; e ciò avvenne subito prima dell'inizio della serie omicidiaria e cioé nell'aprile del 1981. Sembra costituire l'extrema ratio, l'ultimo tentativo eseguito prima di dover dare inizio all'operazione che condurrà ad un'impressionante (ed inaspettata) serie di delitti; ma, come d'altra parte prevedibile, non sortì gli effetti sperati.

Utilizzare dei testimoni non era una strada percorribile: chi avrebbe dovuto testimoniare? Chiedere ai componenti delle squadrette di recarsi presso un Commissariato dicendo: "Buongiorno, abbiamo fatto fuori quattro persone perché era un favore che Qualcuno ci aveva chiesto, ma poi ci siamo resi conto che era 'na brutta cosa" era una soluzione chiaramente improponibile.

Così come improponibile sarebbe stato cercare di recuperare gli ex partigiani, dopo averli terrorizzati nel 1974; inoltre, vi é da dire, l'episodio sul quale il Qualcunaltro desidererebbe far luce fa sì parte della Seconda Guerra Mondiale, ma non proprio della Resistenza. Pertanto, anche nell'inverosimile ipotesi in cui si fosse potuto ripescarli, difficilmente degli ex partigiani in Toscana avrebbero potuto fornire un supporto sostanziale al riguardo .

I sardi? Dopo averli resi complici di un duplice omicidio ed avere rovinato due famiglie? E chi avrebbe rischiato di farsi incriminare solo per fare un piacere a Qualcunaltro? I sardi erano usciti con le ossa rotte da questa vicenda; con quale faccia si poteva ritornare da loro chiedendo che rischiassero ancoa una volta la galera? E per cosa poi?

Per la verità, qualcuno che la galera non l'avrebbe rischiata c'era; e non l'avrebbe rischiata per il semplice motivo che se l'era già fatta.




Stefano Mele era stato appena scarcerato, trasferito alla Casa San Giuseppe di Ronco dell'Adige il 6 Aprile 1981, così, una volta finito di scontare la pena (anzi, per essere precisi, "doppo SCONTATA LA PENA") avrebbe potuto dire qualcosa sull'andamento dei fatti di quella notte a Signa. Sarebbe stato necessario solo dirigerlo; e per questo servivano un motivo ed un mediatore. Tenendo conto del fatto che il mediatore sarebbe già stato disponibile, questa si configurava come una possibilità concreta; poi, da cosa nasce cosa...anzi, da cosa nasce "Mostro".



Da cosa nasce "Mostro"

Però, occorre pianificare accuratamente i passi da fare.

Una fortunata coincidenza (non saprei esattamente per chi sarebbe "fortunata", ma si dice così) vuole che il Qualcunaltro abbia il controllo di quel Servizio a cui il Qualcuno si era rivolto nel 1968 e nel 1974 per le operazioni "sporche"; almeno, così ebbe a dichiarare il Qualcuno (e non solo lui). Non é possibile dire che ne abbia il controllo "istituzionale" perché formalmente un simile servizio non può aver nulla a che fare, ufficialmente, con le istituzioni, anzi non potrebbe nemmeno esistere; possiamo dire che ne abbia il controllo "gestionale".

Quindi, il Qualcunaltro avrebbe già il braccio armato; e mai espressione sarebbe stata più calzante, considerato che il Servizio aveva l'arma (per reale o fittizia che fosse) di Rabatta; per la verità, come tutte le persone, il Qualchealtro avrebbe almeno due braccia, e tutte e due armate, ma qui la scelta é obbligata. E per semplicità, per uniformarci alla semantica tipica dell'ambiente in cui ci stiamo muovendo, da qui in avanti ci riferiremo all'appendice di tale braccio, quell'appendice che si occuperà della faccenda da qui in avanti, con l'appellativo appunto di "Mostro"

Allora, i passi da fare sarebbero:


1) inserire nel fascicolo processuale di Stefano Mele dei reperti ottenuti con l'arma usata a Rabatta

2) commettere con la stessa arma un delitto eclatante, che gli inquirenti non possano mai prendere sottogamba

3) inviare una comunicazione anonima agli inquirenti per indirizzarli al fascicolo di Stefano Mele

4) indurre Stefano Mele a parlare (di "Virgilio", ché non avrebbe avuto altro da poter dire) e far così riaprire il caso



e poi, come detto prima, da cosa nasce cosa. Aperto il filone d'indagine, ogni accusa, anche indiretta, ogni indizio, acquisterebbe ben altra valenza.

Chi potrebbe andarci di mezzo, altre due vittime? Poca cosa in confronto a ciò che sembrava aver organizzato il Qualcuno; e non mi riferisco al 1968 o al 1974...

Sostituiti i reperti nel fascicolo, l'operazione può cominciare; oltre l'uccisione di una coppia, come per i precedenti omicidi, si dovrebbe eseguire anche qualche atto che possa impressionare, cosicché il delitto non venga trascurato e ci se ne occupi attivamente, senza trascurare ogni possibile indizio, segnalazioni anonime comprese.

E così finalmente, nella notte tra il 6 ed il 7 giugno del 1981, e cioè due mesi dopo l'invio dell'infruttuosa lettera anonima, le vittime hanno un nome ed un cognome: Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio.




E la povera Carmela viene scuoiata a livello della regione pubica, per destare impressione.

Ma si verifica un imprevisto. Ed anche l'imprevisto ha un nome ed un cognome: si chiama Enzo Spalletti





Enzo Spalletti

Enzo Spalletti era un guardone. Non Ti racconterò per la milionesima volta, Lettore, la storia di Enzo Spalletti perché sarebbe un inutile spreco di tempo; se ho esordito con l'espressione "era un guardone" é stato solo per sottolineare un aspetto peculiare del "testimone" di quella notte: era una persona abituata a veder gli altri senza essere visto. La sua presenza, il più delle volte, era inapparente.

Quella notte, le cose non dovettero andare in maniera diversa: Enzo Spalletti vide chi commetteva il duplice omicidio, ma chi commetteva il duplice omicidio non vide Enzo Spalletti: così non fosse stato, Enzo Spalletti sarebbe stato ritrovato un paio di giorni più tardi, impiccato, a una ventina di chilometri dal luogo dell'omicidio.

Ma, Lettore, ragioniamo un momento: cosa può mai aver visto di così importante un guardone, nascosto ad una certa distanza, nel buio pesto della notte? Potrebbe mai aver riconosciuto qualcuno? L'ipotesi é semplicemente inverosimile. E quand'anche avesse riconosciuto un Mostro alto, atletico, bello, ricco e intelligente, perché non denunciarlo? Pensaci bene, Lettore: se la situazione fosse stata questa, in quale caso Enzo Spalletti sarebbe stato più al sicuro? Tacendo, rimanendo in galera e lasciando la sua famiglia fuori in balìa di chiunque, o facendo arrestare il Mostro cosicché questo restasse chiuso in galera, e lui fuori, al sicuro, con la sua famiglia?

Quindi, che Enzo Spalletti avesse visto e riconosciuto un Mostro alto, bello, ricco e intelligente ed abbia taciuto non é una pretesa inverosimile; é solo un'idea stupida. E d'altra parte, se avesse visto qualcuno commettere l'omicidio, ma senza aver tratto alcuna informazione in grado di identificarlo, perché non dirlo? Cosa avrebbe avuto da temere? Il fatto che l'omicidio dovesse essere stato commesso da qualcuno, chiunque fosse, é lapalissiano; in che modo il semplice fatto di dirlo avrebbe potuto danneggiare l'autore?

Enzo Spalletti può solo aver visto "qualcosa" di indistinto, ma questo "qualcosa", per indistinto che fosse, doveva avere un significato preciso. E qual é l'unica possibilità che ciò che aveva veduto avesse un significato compromettente? L'aver visto in azione una squadra, coordinata, di persone. Come fosse stata un'operazione militare. In questo caso, anche se Spalletti non avesse riconosciuto nessuno, il solo fatto di aver visto in azione una squadra organizzata sarebbe stata un'informazione estremamente importante.

Perché in questo caso, Lettore, l'intera operazione sarebbe fallita. Se si fosse venuto a sapere che una squadra aveva agito per ottenere questo risultato, il fatto che dietro il duplice delitto di Mosciano di Scandicci ci fosse una manovra, un secondo fine, sarebbe stato evidente. Pertanto, la magistratura più che venire "instradata" verso l'omicidio di Signa per arrivare al Qualcuno, sarebbe stata "insospettita" al riguardo, magari finendo per instradare sé stessa lungo un'indagine volta a determinare chi stesse tramando qualcosa e perché.

Purtroppo (per il "Mostro") é solo in seguito all'arresto di Enzo Spalletti che il "Mostro" viene a conoscenza del fatto che la sua squadretta in azione é stata vista; così l'intera operazione deve venire sospesa per far fronte all'imprevisto ed ovviare all'inconveniente.

Nell'immediato é facile: per evitare che Enzo Spalletti parli, insomma per mettere una toppa al buco, il provvedmento adottato consiste nel buon, vecchio, collaudato metodo della minaccia sui figli.

Intervista a Carla Agnoletti su Paese Sera del 17 giugno 1981, due giorni dopo l'arresto:

- Perchè questa versione contraddittoria di suo marito?

- Forse Enzo ha paura che qualcuno faccia del male a me o ai nostri figli.

Probabilmente é per questo che Spalletti, non appena viene arrestato, chiede a sua moglie, tramite il suo difensore, di lasciare la loro casa e rifugiarsi dai genitori

Perché Enzo Spalletti, dal canto suo, deve trovarsi fortemente disorientato. Comprende bene che se ha visto più persone muoversi sul luogo del delitto e commettere un'azione tanto turpe, la minaccia relativa ai figli é assolutamente reale; probabilmente non comprende però il perché di un'azione così surreale, ciò che appare, a tutti gli effetti, come un'operazione militare solo per uccidere due ragazzi. E poi scuoiare lei (perché Enzo Spalletti riuscì ad intravedere anche questo, come é desumibile dalla tesimonianza di Carla Agnoletti:




Forse, ad un certo punto magari pensa di poter avere protezione dalle istituzioni. Non comprendendo il significato di ciò che ha visto, avrebbe intenzione di segnalarlo; ma lo fa a modo suo. Nel corso di un nuovo interrogatorio dichiara: “Io non ho nessun complice. Voi mi volete arrestare mentre sono innocente. Attenzione che non vada a finire così“; ed inoltre “Voi lo sapete che io non sono l’assassino, ma mi tenete in galera perchè state proteggendo qualcun altro“.
L'unico effetto che ottiene é una reazione dura da parte dei Sostituti Procuratori della Repubblica Silvia Della Monica ed Adolfo Izzo, i quali anziché considerare con interesse delle affermazioni tanto singolari, reagiscono bruscamente, e con fare accusatorio. A questo punto, com'é logico che accada, Spalletti,avendo compreso di non poter trovare alcun aiuto in quella direzione, si ritrae: “Niente, niente, dicevo così, tanto per dire qualcosa… L’ho detto per rabbia perché sono innocente“.

Dato che il modo di porsi di Spalletti è chiaramente risultato poco gradito agli inquirenti, egli si si rende conto di come quella non sia una strada percorribile; é solo, schiacciato tra un'organizzazione la cui natura non comprende, un "Mostro" che minaccia la sua famiglia, e le istituzioni, che sembano prendere le parti più del "Mostro" che le sue. Alla fine, si chiude in un mutismo assoluto.

Riprenderà l'argomento durante il processo ai Compagni di merende. Contattato da un collaboratore dell'avvocato Filastò, gli avrebbe detto: "Non hanno capito nulla, sono fuori strada, è una vergogna!". E poi: "Ma se dietro a tutto quest'affare ci fosse qualcheduno grosso eh? Oppure qualche poliziotto di quelli con le palle grosse... Non è ne la prima ne l'ultima volta. Nessuno ci pensa?" Pertanto, pare che lo stesso Spalletti, alla fine, ne avesse ricavato l'impressione di una faccenda in cui, sebbene a titolo assolutamente ufficioso, fosse implicato qualcuno delle istituzioni, anche senza riuscire a capire di cosa, esattamente, si trattasse.

Intanto, però, gli eventi sembrano essere giunti in un vicolo cieco. L'emergenza é stata risolta, ma l'operazione é in stallo. Spalletti rimane in silenzio, ma in galera, senza prospettive. Non si intravedono soluzioni all'orizzonte.
Quanto resisterà Enzo Spalletti in carcere? Non può stare lì indefinitamente; ed in effetti, la moglie ed il fratello cercano di far qualcosa per sbloccare la situazione. Questo qualcosa, inevitabilmente, deve passare per una testimonianza sincera e non reticente; cosa che, evidentemente, al "Mostro" non conviene. Il "Mostro", allora, con un equilibrato atteggiamento tra la rassicurazione e la minaccia, ferma le iniziative legali della famiglia Spalletti, promettendo di far qualcosa per scagionare il congiunto.

Ed il qualcosa in effetti avviene, nella notte tra il 22 ed il 23 ottobre; stavolta ne fanno le spese Stefano Baldi e Susanna Cambi, a Calenzano




La squadretta sembra essere stata istruita sommariamente sul da farsi. Tutto appare molto approssimativo. I bossoli reperiti sul posto sono sette. La mutilazione operata sul corpo della bella Susanna é molto diversa da quella subita da Carmela De Nuccio. In realtà, poco importa che sia uguale o diversa; l'autore dello scempio ha fatto ciò che, in linea generale, gli era stato detto di fare, e cioè escindere delle parti genitali, e lo ha fatto come gli é venuto. Senza alcuna pretesa di farla somigliare a quella dell'omicidio precedente. Sarebbe un dettaglio, un inutile perfezionismo , perché alla fin fine, in un modo o nell'altro, accade ciò che doveva accadere: altri due ragazzi morti, e Spalletti scarcerato.

Ma, sopratutto, l'operazione può riprendere.

Si verifica però un'altro imprevisto.

Tu, Lettore, come ti figureresti un "mostro"? Io in molti modi; ma in questa specifica circostanza tendo a figurarmelo come l'Idra di Lerna. In pratica, un serpente, anche se con molte teste.




Ma perché proprio l'Idra di Lerna? Perché Lettore, se ricordi, le teste dell'Idra di Lerna avevano la prerogativa di poter ricrescere se mozzate; ed una era immortale. Ciò ben si adatta alla figura del "Mostro", in cui la testa immortale sarebbe rappresentata dal Qualcunaltro. Ma subito dopo Calenzano, il problema si pone per le altre teste, una particolare; infatti, essa muore. Per la precisione, a passare a miglior vita sarebbe la "testa" impersonata da quel direttore, menzionato qui, il cui factotum faceva "Mele" di cognome.

Perché morirebbe una delle teste del "Mostro"? Apparentemente per cause naturali; poiché però la sera prima di sentirsi male e poi morire, la "testa" era stata a cena con un tipino di quelli che... "ti raccomando!", c'é chi sospetta che la morte poi così naturale non sia stata. Questo perché non é ben chiaro neanche da che parte stesse il tipino; a volta sembra con il Qualcuno, a volte contro il Qualcuno, a volte dalla parte del Qualchealtro... non si é mai capito bene. Quello che si é capito é che é stato coinvolto, sempre da comprimario e mai da protagonista, in diversi episodi torbidi che hanno funestato la storia della nostra repubblica; e tra questi, in particolare, anche quello, cui si é più volte accennato, accaduto nel 1980, e che potrebbe configurarsi come l'origine della necssità di riaccendere le luci sul passato del Qualcuno.

D'altra parte, però, la "testa del Mostro", a sua volta, non é che fosse uno sprovveduto; certo, per impersonare la "testa del Mostro" non avrebbe mai potuto esserlo. Così, si continua ad oscillare tra la versione ufficale della morte naturale e quella meno ufficiale di una morte meno naturale. Qui però, al riguardo, mi fermo; se, Lettore, cominciamo a correre dietro a tutti gli intrighi ed a percorrere ogni diramazione della trama, rischiamo di non arrivare più dove ci prefiggiamo. Pertanto, evitiamo di complicare una faccenda già abbastanza complicata di suo, e consideriamo soltanto quegli aspetti degli eventi che hanno stretta attinenza con ciò di cui ci stiamo occupando. E l'evento "scarno" é il fatto che il Servizio perde improvvisamente il suo amato direttore operativo.

Abbastanza prevedibilmente, ciò non può che risolversi in una condizione di confusione organizzativa per il "Mostro", almeno fino alla ricrescita di una nuova "testa"; tanto più nel caso specifico, nel quale le imprese del "Mostro" sarebbero, in un certo senso "subappaltate".

Nondimeno, essendo venuta meno, almeno apparentemente, la necessità di ammazzare altre persone, il piano può continuare. Gli eventi così seguirebbero, da questo punto in poi, la sequenza cronlogica descritta qui.




Ancora sulle segnalazioni, anonime o meno che siano

In questo post sottolineavo le differenze tra i diversi tipi di verità, considerando in particolar modo una "verità di fede" equivalente alle verità processuali

Nella vicenda del c.d "Mostro di Firenze" compare una contraddizione insanabile in coloro che se ne occupano. Da un lato, molte persone, affette da una forma inguaribile di "manicheismo giudiziario" spulciano atti e documenti con accettazione acritica dei loro contenuti, rigettando tutto ciò che può essere in contraddizione con essi. Dall'altro, però continuano ad occuparsi della faccenda proprio perché insoddisfatti dalla "verità processuale"-

In effetti, Lettore, consideriamo il caso di un ragazzo che a diciotto o diciannove anno consegua il diploma di maturità; si iscriva in giurisprudenza, e dopo cinque anni prenda il diploma di laurea magistrale. Finisca il tirocinio post laurea, indi vinca un concorso in Magistratura. Ecco, si dà il caso che una persona come tante altre, improvvisamente, per aver vinto un concorso divenga incorrutttibile ed infallibile nel determinare quale sia la "verità" ; sulla infallibilità, e le sue conseguenze, può essere illuminante la vicenda di Filippo Pappalardi, il padre dei piccoli Francesco e Salvatore, tenuto due anni in carcere con l'imputazione di averli uccisi; o, dico io, con la scusa di averli uccisi, scusa che Emilio Marzano e Antonino Lupo hanno usato per tenerlo in galera.

Sebbene Emilio Marzano e Antonino Lupo, essendo magistrati, dovessero essere infallibili, la loro infallibità ha dovuto fare i conti con l'evidenza. Il lato triste della faccenda é che quando non c'é evidenza schiacciante l'infallibilità resta. La superficialità dell'uomo medio privilegia sempre la forma rispetto alla sostanza fin quando la sostanza diviene di un'evidenza così macroscopica che nulla e nessuno riesce a far restare in piedi la forma. Nessuno sembra aver imparato la lezione; nemmeno quella dei poveri bambini di Gravina di Puglia, che ce l'hanno impartita sulla loro pelle.

Per le testimonianze é lo stesso. Una testimonianza é una testimonianza. Può essere vera e può essere falsa, dipendentemente da quale sia l'aderenza ai fatti che vorrebbe riportare; ma, un a volta resa, la sua veridicità non é suscettibile di cambiamento in alcun modo. Mi spiego meglio. Io posso fare delle affermazioni riguardo ad un evento. Queste possono rispecchiare in qualche modo dei fatti, per quanto valutati in maniera soggettiva (testimonianza vera), o non rispecchiarli affatto, perché inventati di sana pianta o in parte (testimonianza falsa). Se la testimonianza sia vera o falsa, lo sarà a prescindere dalla forma in cui viene resa. Se gli stessi contenuti, falsi, vengono scritti su un verbale ed un sottoufficiale di Polizia Giudiziaria vi appone la propria firma, essi non diverrano magicamente veri solo per questo.

Sto riferendomi ancora alla storia del "Maresciallo Fiori", che é l'unica versione "ufficale" della vicenda; il Maresciallo Fiori si sarebbe ricordato dell'evento di Signa , e ne avrebbe parlato con Olinto dell'Amico, che si sarebbe poi attivato.

Bisogna chiedersi: come e perché é l'unica versione ufficale?

Il come, fondamentalmente, é che lo dice il Giudice Rotella. Ma vi sono delle circostanze nelle quali persino l' affermazione di un giudice, per quanto egli sia infallibile, non é sufficiente per essere verità assoluta; in tali casi, un supporto, altrettanto formale, é spesso in grado di legittimarne la veridicità .

E nel nostro caso il supporto formale é costituito dalla dichiarazione del Maresciallo Fiori resa nel novembre del 1986. Poiché é scritta su un modulo che, nell'intestazione in alto a sinistra, reca scritto "Art. 357 Cod. proc. pen." , e nei fatti consiste nell'applicazione degli articoli 348 e 351 del cpp, la storia diviene "vera". Che poi, essa potrebbe anche essere parzialmente vera, anzi, lo sarà di certo, ma non può essere l'unica verità.

Allora, la domanda sarebbe, piuttosto: perché il giudice Rotella ha la necessità di supportare le sue affermazioni con la dichiarazione formale del Maresciallo Fiori? Perché, in fin dei conti, l'affermazione di Rotella acquista valore formale, ma solo formale, se supportata da un documento "ufficiale", quale la dichiarazione a verbale di Fiori, che a sua volta non prova nulla. Rotella sostituisce una dichiarazione sua, che potrebbe non corrispondere a verità, con la dichiarazione di Fiori, che potrebbe non corrispondere a verità.

Quale sarebbe la necessità del ricorso a tale contorta procedura? In altri termini, perché questa deve necessariamente essere la versione ufficiale?

Da quanto lo stesso Rotella scrive nella sua sentenza, le necessità in realtà sarebbero state due, ben distinte; e si evincono perfettamentamente da quanto egli scrive nella sua sentenza:



Il G.I. dell'epoca, avvertito, disponeva il recupero del fascicolo processuale. Intorno al 20 di luglio del 1982 esso si trovava sul suo tavolo. Allegati al fascicolo erano, per fortuita e inspiegabile combinazione, i bossoli e i proiettili rinvenuti dopo il duplice omicidio. Disposta comparazione, già a livello informale si accertava l'identità dell'arma adoperata nel 1968 e nel 1982.
Il giudice avvertiva il p.m.. La notizia veniva tenuta segreta per necessità imprescindibili delle indagini, che avrebbero poi condotto all'incriminazione di Francesco Vinci.
Scagionato quest'ultimo dalle sopravvenienze nel 1984, la riservatezza del 1982 avrebbe suscitato non poche diffidenze, mai sopite, nei mass-media e perciò nell'opinione pubblica, con seguito di anonimi consiglieri che hanno ritenuto d'indirizzare le indagini nei confronti di taluno degli stessi membri delle stesse forze di P.G.
Nel 1983 tutti coloro che, tra i carabinieri del gruppo di Firenze, avevano contribuito alla scoperta del precedente sono stati escussi e taluni, nuovamente, negli anni successivi. Da ultimo, in questo 1989, si è ritornati incidentalmente sull'argomento, in rapporto ad atti rinvenuti nel fascicolo del Nucleo Operativo della Compagnia di Prato (cfr: fascicolo 'Parretti' in vol. 7K), ed alla possibilità, smentita in maniera assoluta dagli accertamenti, che la notizia del precedente del 1968 fosse stata ottenuta diversamente, per esempio attraverso una confidenza.
Analogamente non ha nessun fondamento che sia pervenuto al G.I. dell'epoca (1982) un anonimo, nel quale fosse menzionato in relazione agli omicidi delle coppie, il precedente di Signa.



Le necessità sarebbero quindi sia quella di tenere nascosto il legame tra Signa del "Mostro" per questione relative alle indagini, sia la necessità di abbattere certe "diffidenze, mai sopite, nei mass-media e perciò nell'opinione pubblica, con seguito di anonimi consiglieri che hanno ritenuto d'indirizzare le indagini nei confronti di taluno degli stessi membri dellestesse forze di P.G"

Le "necessità" delle indagini avrebbero tenuto nascosto l'origine della pista sarda per l'inciminazione di Vinci. E la polemica inizia nel 1982 ed ha un culmine nel novembre dello stesso anno. Quando il Vinci é già stato arrestato, per cui la prima "necessità" verrebbe a cadere.

Le "necessità" verso l'opinione pubblica, invece, emergono evidentemente ben più tardi, e restano in piedi, in pratica, fino ai giorni nostri. Rotella parla di escussione nel 1983 e negli anni successivi, ma siamo andati molto più in là degli "anni successivi". La testimonuanza di Fiori è del 1986, ma a Piattelli verranno richieste informazioni anche in tempi ben più recenti. Dichiara il luogotente Fattorini in un'intervista:

"Io ho la certezza... perché ho la certezza... perché anche recentemente ho parlato... mi sono incontrato con l'appuntato Piattelli... mi disse che era stato cercato non sa lui neanche da chi...dico:ma come mai... eh, perché volevano sapere se effettivamente la notizia l'avevamo... l'aveva data il maresciallo Fiori. il Maresciallo Francesco Fiori che purtroppo é morto. [...]. Poi, della lettera anonima, noi allora non si seppe nulla. Io l'ho saputo poi dai giornali, ma dopo l'85 però si é saputo di questa lettera anonima... [..] però quello che mi diceva lui é che loro non si ricordavano della pistola"

Il video, di Flanz Vinci, é stato pubblicato nell'aprile 2021; l'intervista sarà stata raccolta prima; quanto, prima? Anche se fosse stata raccolta dieci (!) anni prima, significherebbe che ancora nel secondo decennio del ventunesimo secolo l'appuntato Piattelli veniva interrogato "non sa lui neanche da chi" sulla vicenda, che quindi é ben lontana dall'essere stata risolta con la dichiarazione a verbale del Maresciallo Fiori

Se la faccenda fosse stata:

1) effettivamente subordinata solo alle necessitò delle indagini nel 1982
2) chiara o almeno inequivocabilmente chiarificata

non ci sarebbe stata ragione di trascinarla per così tanto tempo. Evidentemente non é né l'uno né l'altra

Il problema sta nel fatto che vi sono altri testimoni che dicono che le cose non sono andate così. E vi sono anche evidenze.

Gli altri testimoni sono almeno il carabiniere intervistato da Davide Rossi e che afferma di aver visto personalmente il ritaglio di giornale, ed il giudice Tricomi, che riferisce anche lui di aver visto il ritaglio di giornale.

Inoltre, il giudice Tricomi parla di un "sottufficale" dei carabinieri nel suo libro, e menziona il "Maresciallo Fiore" nel biglietto di Spezi




e sempre un sottufficiale é incaricato di recuperare il fascicolo processuale di Stefano Mele a Perugia




mentre non parla mai di Olinto dell'Amico, che in quanto colonnello sarebbe ufficiale e non sottufficiale.

Le evidenze sono poi la richiesta al "Cittadino Amico", pubblicata su "La Nazione" del 20 luglio 1982, che tutti hanno potuto leggere




e la richiesta di SIlvia Della Monica di rientrare in possesso della lettera anonima che le sarebbe stata spedita




richiesta che sicuramente non prova che la lettera anonima sia realmente esistita, ma altrettanto sicuramente prova che alla Della Monica l'esistenza di una lettera anonima era stata comunque riportata.

Quindi, all'infuori del verbale relativo alla dichiarazione di Francesco Fiori (che, già in quiescenza, venne convocato e rispose a domande specifiche quattro anni e mezzo dopo Baccaiano) non vi sarebbe alcuna evidenza del coinvolgimento di Olinto dell'Amico. Ma allora, perché Olinto dell'Amico compare come un fungo, qui? Mah, Lettore, io fossi in Te rigirerei la domanda a Carlo Palego che forse una risposta ce l'ha...

Comunque sia, sempre seguendo questo post, considerando tutte le versioni come verità parziali, pertanto tutte vere ma riferentesi ad eventi accaduti in tempi diversi, il primo atto deve necessariamente essere stato l'invio del ritaglio di giornale a Borgo Ognissanti, con l'appunto, sul fascicolo processuale di Stefano Mele scritto a penna e la sottolineatura Calibro 22, presumibimente tra la fine del 1981 e l'inizio del 1982.

Come detto più volte, Davide Rossi ha raccolto la testimonianza del carabiniere che ricevette il ritaglio, e fu inviato dal suo superiore ad avvertire Tricomi, ma il racconto dell'intervistato si ferma in questo punto, ed egli, dopo ciò, del ritaglio non sentì mai più parlare; così sono stato costretto a dare libero sfogo alla mia fantasia per immaginare il possibile prosieguo degli eventi. Che mi sono figurato in questo modo:

I carabinieri inviati chiedono di essere ricevuti da Tricomi; nella sua stanza entra uno dei due.

Tricomi sta attendendo ai casi suoi, e solleva appena lo sguardo.


- Dottore...?

- Sì, cosa c'é?

- E' arrivato un ritaglio di giornale con una segnalazione interessante, ed abbiamo pensato di doverla informare..."

- Avete fatto bene.



Tricomi abbassa nuovamente lo sguardo e torna ad attendere ai casi suoi; il carabiniere esce dalla stanza. Fuori, ad attenderlo, é rimasto il suo collega




Non vorrei ritornare sulla possibilità dell'esistenza di un "Maresciallo Fiore" ed un "Maresciallo Fiori"; per semplificarci la vita, assumiamo che chi parla del "Maresciallo Fiore" intenda sempre e comunque riferirsi, sbagliando, al "Maresciallo Fiori". Così, passa un po' di tempo, e della faccenda si parla con il Maresciallo Fiori, il quale, consultandosi con l'appuntato Piattelli, sembra ricordare qualcosa


- Il riferimento sembra essere quello del delitto di Signa... io non c'ero... ma non é stato nel 1964?

- No, era il 1968

- Sei sicuro?

- Sicurissimo no, ma non ricordo niente nel 1964; che io mi ricordi, fu nel 1968.

- Allora la cosa avrebbe un fondamento?

- Probabilmente sì; si dovrebbe indagare. L'anonimo che ha inviato il ritaglio suggerisce di verificare il fascicolo del processo che si tenne a Perugia. Converebbe mostrarlo al Giudice Istruttore


I due tornano da Tricomi, stavolta con il ritaglio di giornale; ed é il Maresciallo Fiori ad entrare nella stanza


- Dottore...? Si ricorda che qualche tempo fa le era stato detto che era arrivato un ritaglio di giornale?

- Certo, ricordo benissimo


in realtà Tricomi non ricorda nulla, anche perché sta arrovellandosi su di un'importantissimo problema, che lo prende particolarmente




- Bene, le abbiamo portato il ritaglio...

- Avete fatto bene

- Ecco, siccome ci sembra di ricordare che il riferimento sia reale, desideravo chiederle: é possibile richiedere la trasmissione del fascicolo?

- Si, certo, é possibile


risponde Tricomi, indi abbassa lo sguardo e torna ad occuparsi del problema del piccione. Fiori esce dalla stanza




Probabilmente l'errore fu quello di informare il Tricomi anziché Adolfo Izzo o Silvia Della Monica, in Procura. A questo punto, il ritaglio viene riportato dov'era, e finisce da qualche parte insieme alla miriade di segnalazioni anonime di quel periodo; non si troverà mai più.



Un intervento della massima urgenza

Il "Mostro" scalpita: é mai possibile che non accada nulla? Si é usciti dallo stallo di Spalletti, si é inviato il ritaglio di giornale... e poi? Perché questi stupidi ignavi non si attivano?

Così, il "Mostro" resta a guardare con ansia aspettante, cercando di risolvere i problemi di disorganizzazione interna lasciati dalla precoce dipartita della sua "testa", in attesa che ne cresca una nuova. E poiché la crescita una nuova "testa" non può certo avvenire per nomina ufficiale né tantomeno per concorso, il fatto che nell'attesa nell'ambito del Servizio stesso continui a regnare un po' di disorganizzazione é ciò che ci si aspetta.

Ciò che invece non ci si aspetterebbe é che, in queste condizioni di scarsa organizzazione, anzi, nonostante essa, il "Mostro", ad un tratto, senta il bisogno di attivarsi urgentemente.

Che sia un'urgenza, lo si capisce dalla "qualità" della squadretta messa in campo; una squadretta di sprovveduti mandata in giro, la notte tra il 19 ed il 20 giugno 1982, ad ammazzare qualcuno, chiunque purché sia. E' possibile che sia composta da sole due persone, e neanche dotate di arma bianca; ma che, comunque, devono portare a casa un risultato.

Che siano degli sprovveduti, lo si capisce dalla "qualità" del risultato sul campo. Vedi, Lettore, ci sono aspetti della Moderna Mostrologia che, per quanto mi sforzi, proprio non riesco a capire. Uno di questi é la pretesa che il "Mostro" avrebbe mostrato (altrimenti che Mostro sarebbe?) abilità e freddezza durante il delitto di Baccaiano.

Consideriamo i seguenti elementi:


1) non é mai accaduto che il "Mostro" ricaricasse l'arma; e non lo fa neanche a Baccaiano. Il "Mostro" utilizza sempre e solo le munizoni con le quali ha preventivamente caricato l'arma

2) Paolo Mainardi é rimasto vivo

3) il "Mostro" non voleva che Paolo Mainardi rimanesse in vita; altrimenti, accortosi di ciò, non si sarebbe preoccupato di telefonare ripetutamente all'Allegranti

4) il "Mostro" ha sparato ai fari dell'automobile




ERGO


il "Mostro" ha sprecato le munizioni che aveva a disposizione sparando ai fari dell'auto anziché al Mainardi; per poi preoccuparsi terribilmente e telefonare all'Allegranti

E questo sarebbe qualcuno "freddo e abile"?!? Questo é poco più di un deficiente!

Pertanto i primi sprovveduti resisi disponibili vengono mandati alla ventura; e la ventura li conduce ad incrociare i destini di Paolo Mainardi e Antonella Migliorini. Probabilmente la vedono come un'occasione, ed improvvisano.

Io, dal canto mio, non voglio improvvisare dinamiche; ma il risultato finale dell'improvvisazione lo conosciamo bene.

Qui e qui ho sottolineato alcuni dettagli dai quali é possibile evincere degli aspetti salienti relativi al delitto Baccaiano; in particolare, é inequivocabile come il primo colpo esploso sia stato quello sul parabrezza (il che significa che chi sparava doveva essersi nascosto tra gli arbusti ai margini del corso d'acqua), e che i ragazzi presentassero ecchimosi in varie parti del corpo, come da trazione della cute. E' verosimile che essi siano comparsi in seguito al posizionamento dei ragazzi sul sedile posteriore; spero con tutto il cuore che Antonella Migliorini fosse almeno in limine vitae quando ciò si verificò, mentre per Paolo Mainardi sappiamo con certezza che non é così.

E con certezza sappiamo anche che chi aveva in mano la pistola sparò ai fari, e probabilmente lo fece prima di sparare ancora a Paolo Mainardi; altrimenti, se avesse avuto ancora un numero sufficiente di colpi, anziché lasciarlo in vita, lo avrebbe finito.

Anche solo questa considerazione sarebbe sufficiente per farci capire che accozzaglia di inetti e sprovveduti si sia dovuto mettere insieme, in fretta e furia, quella sera.

Inetti e sprovveduti che, dopo un'azione condotta in maniera ridicola, sono costretti a scappare via, indi si danno una ripulita alla bell'e meglio, e tornano sul luogo dell'omicidio mischiandosi ai curiosi per, direbbe la buonanima di Enzo Jannacci, "vedere di nascosto l'effetto che fa".

Abbastanza curiosamente, cosa vede la squadretta di sprovveduti? Vede giungere un'altra squadretta di sprovveduti su un'ambulanza. Evidentemente, é la loro serata (degli sprovveduti, intendo).

Infatti, dall'ambulanza scendono due ragazzini impauriti, ed uno più grandicello, ma impaurito anch'esso; sono così confusi da aprire con il piede di porco una portiera chiusa con la sicura, quando l'altra é invece aperta ed ha anche il vetro rotto.



Soccorritore più che autista
L'unico un po' più scafato sembra essere l'autista che, contravvenendo a qualsiasi regola, procedura o protocollo che lo vorrebbe a guidare o a preparare la lettiga per i soccorritori, prende in mano la situazione, entra in auto, ed avvisa gli altri, che neanche si accorgono di ciò che sta accadendo, che Paolo é ancora vivo.

Ed é proprio da questo particolare, Lettore, che possiamo desumere, con scarso margine d'errore, che la squadretta fosse ritornata sul luogo del delitto. Vediamone insieme la motivazione

Diamo innazitutto una rapida scorsa alla recente normativa che regola gli intereventi di soccorso, ed in particolare le definizioni che sono di nostro interesse qui

Un'ambulanza senza né medici né inferimieri é definita Mezzo Sanitario di Base (MSB) per trasferimento non protetto. Attualmente, per un paziente in condizioni cliniche come quelle di Paolo Mainardi, il trasporto (primario o secondario) non protetto non sarebbe legalmente possibile. Negli anni Ottanta questo aspetto era era diverso; ma i principi sono in qualche modo rimasti simili.

Nel 2019 é stato redatto in Disegno di Legge n.1127, che ha regolamentato la formazione e le mansioni dell'autista soccorritore; per sostituire queste:




che erano le "Competenze Tecniche" di un Autista Soccorritore dal 1992, anno di istituzione del Servizio "118" con la riforma "De Lorenzo". E prima dell'istituzione del servizio non vi era una codifica precisa delle "Competenze tecniche". La necessità di istituire un servizio di emergenza, infatti, divenne palese nel 1980 ( data che qui sembra ricorrente, non trovi, Lettore? Ma proprio in questo caso, sarebbe una coincidenza ma non una casualità...), ma la prima "incarnazione", pre-De Lorenzo, del "118" si realizzò nel 1990.

Prima di allora, sebbene codificate solo a livello locale, le mansioni dell'autista-soccorrittore erano comunque essenzialmente analoghe a quelle riportate sopra; il punto che ci interessa sarebbe il 3) "Collabora attivamente nella gestione del soccorso secondo le indicazioni del team leader sanitario".

Ma nel caso specifico della Croce d'Oro di Montespertoli, in cosa sarebbe consistita tale collaborazione attiva? Ce lo spiega Silvano Gargalini nel corso della testimonianza resa al processo ai c.d. Compagni di Merende: "Ognuno ci sta il nostro compito... Quando si arriva sul luogo dell'incidente, l'autista deve scendere, e preparare quello che serve, tipo lettiga attrezzature, eccetera.." Anche Marco Martini dice "Allegranti era... credo sia stato a preparare la lettiga per caricare..." Però, proprio quella sera la lettiga, la preparò invece Paolo Ciappi "Quando sono arrivato io... perché io ho sistemato la lettiga, prima.."

Pertanto, se i fatti si fossero svolti come previsto dalla normativa, se Paolo Mainardi avesse davvero potuto sussurrare qualcosa a qualcuno prima di spirare, avrebbe potuto farlo all'interno dell'automobile, ad un soccorritore che lo estraeva dall'abitacolo.
Avrebbe potuto farlo in ambulanza, sempre ad un soccorritore, durante il trasferimento.
Avrebbe potuto farlo ad un infermiere dell'ospedale di Empoli, mentre veniva condotto in terapia intensiva.
Avrebbe potuto farlo ad un medico di reparto.

Non mai avrebbe inveco potuto farlo all'Allegranti. L'Allegranti, infatti, in condizioni usuali sarebbe stato impegnato nel guidare il mezzo di soccorso durante il trasferimento, e nel preparare la lettiga sul posto; quindi, l'Allegranti, in teoria, sarebbe stata, tra i membri dell'equipaggio, l'ultima persona in grado di raccogliere ciò che eventualmete avrebbe bisbigliato il Mainardi prima di spirare.

Il fatto che l'Allegranti si sia trovato nella necessità di attivarsi al posto dell'equipaggio e venire per primo a contatto con Paolo Mainardi é una peculiarità dovuta alla situazione contingente, un'anomalia procedurale di cui poteva essere a conoscenza solo chi avesse assistito alle operazioni di soccorso.

D'altra parte, se il "Mostro" (che, come é ormai evidente da decenni, aveva degli "agganci" nel mondo istituzionale) avesse appreso direttamente, dai suoi "ganci", come in realtà si fossero svolti gli eventi relativi al soccorso, sarebbe venuto anche a sapere che il fatto che il Mainardi avesse detto qualcosa fosse solo un trucco.

Quindi, se il "Mostro" telefona proprio all'Allegranti, é estremamente verosimile che abbia assistito a ciò che accadeva; non avrebbe avuto modo di venire a conoscenza altrimenti del fatto che proprio l'ultima persona in grado di raccogliere la testimonianza di un moribondo, quella sera sarebbe stata invece la prima ad intervenire. Certo, potrebbe anche scelto a caso a chi telefonare; non si può esserne sicuri che fosse in grado di ragionare, visto come ha condotto l'azione. Ma la spiegazione di gran lunga più verosimile resta quella che abbia visto in loco lo svolgimento dell'azione di soccorso.

Allora, il "Mostro" ha improvvisamente ravvisato la necessità di un'azione, anche approssimativa ed affidata a degli sprovveduti. Ci sarebbe allora da chiedersi: ma perché, improvvisamente, tutta questa fretta? Cosa avrebbe spinto il "Mostro" a far scendere in campo dei perfetti imbecilli?
La domanda, Lettore, non avrebbe una risposta certa ed immediata. Potrei dirTi che, nelle quarantott'ore precedenti il delitto di Baccaiano, sarebbe accaduto un evento molto, molto grave, che potrebbe avere configurato il pericolo che il Qualcuno si dileguasse, o facesse sparire della documentazione rilevante, con serie ripercussioni sull'esito dell'intera operazione; e che ciò abbia fatto saltare i nervi a qualcuno del "Mostro". Che un tale evento si sia verificato é certo; ciò che non posso assicurarTi con altettanta certezza é il legame con il duplice omicidio a Baccaiano.

Comunque sia, il prosieguo della vicenda resta storia nota; la dottoressa Della Monica dice che Paolo Mainardi ha parlato, e ciò scatena le minacce all'Allegranti.

A dare retta ai Mostrologi ciò scatenerebbe anche la pista sarda, perché sarebbe qui che il "Mostro" invierebbe una comunicazione anonima. Ma a dar retta al giudice Tricomi così non é, perché il "Mostro" avrebbe già, precedentemente, inviato il ritaglio di giornale; é solo che tutti avevano minimizzato la segnalazione.
Nello stesso modo in cui, d'altra parte, la Procura minimizza le denunce di minacce dell'Allegranti.

Ma la Procura, così come d'altra parte Tricomi, non sembra minimizzare più nulla alla luce dei recenti accadimenti. Sia Vincenzo Tricomi, sia Adolfo Izzo e Silvia Della Monica cominciano ad indagare a 360°; nessun indizio viene tralasciato. Considerano i delitti similari, in Italia e all'estero, commessi dal 1970 al 1981. Censiscono i pazienti psichiatrici. Acquisiscono le copie delle prescrizioni di Norzetam, un farmaco di cui una confezione vuota é stata trovata nella piazzola di Baccaiano; quest'ultimo sforzo investigativo, Lettore, costituisce da un lato una divertente nota di folklore, ma dall'altro é un indice significativo della qualità delle indagini che vennero condotte, e della maniera in cui vennero impiegate le risorse.

Censiscono anche le Beretta 22 LR serie 70, ma solo quelle prodotte o cedute dal 1974 in poi.

Si interessano aalla sparizione di una Beretta da un'armeria di Borgo San Lorenzo

Il "Mostro" riprende a scalpitare. Tutto, sebbene con qualche intoppo, é andato secondo i piani, ma nessuna indagine su Signa viene ripresa; al "Mostro" non resta che riattivarsi nella veste di "Cittadino Amico".

Sul "Cittadino Amico" si sa poco. Il carabiniere intervistato da Davide Rossi dice "Di certo, quel ritaglio di giornale non era firmato né 'il Cittadino Amico', né altro. Quel 'Cittadino Amico' deve essere relativo a qualcos'altro che non so". Ciò non stupisce, se consideriamo che il ritaglio deve essere arrivato settimane se non mesi prima il delitto di Baccaiano. Ma possiamo invece farci un'idea di quando deve essere arrivata la segnalazione firmata dal "Cittadino Amico"?

Certo che possiamo farcela, ed anche abbastanza precisa.

Tutte le indagini disposte dalla Procura con le disposizioni del 3 luglio 1982, si fermano, a ritroso, all'anno 1974, con l'eccezione del censimento di delitti con caratteristiche simili, che comunque non va oltre il 1970; qualunque tipo di evento risalente al 1968 é assolutamente escluso. E ancora il 14 luglio 1982 viene pubblicato su "La Nazione" un articolo a firma Mario Spezi riguardante la sparizione della Beretta di Borgo San Lorenzo; la pistola benché prodotta nel 1967, risultava essere stata consegnata al distributore solo nel 1969, quindi sempre dopo il delitto di Signa. Se gli inquirenti, oltre a censire solo le armi prodotte o cedute dal 1974 in avanti, si stavano interessando ad una pistola sparita dopo l'evento di Signa, é chiaro che il delitto Lo Bianco-Locci era ancora al di fuori del loro orizzonte.

Il 17 luglio, Vincenzo Tricomi chiedeva alla Cancelleria della Corte d'Assise d'Appello del Tribunale di Perugia il fascicolo del processo a Stefano Mele. E ciò segna l'ingresso del delitto di Signa nell'indagine.

Quindi, la segnalazione del "Cittadino Amico" deve essere giunta tra i due eventi, e cioè tra il 15 ed il 16 luglio 1982.

Possiamo supporre che, una volta giunta la segnalazione del "Cittadino Amico", ci si sia attivati per recuperare il precedente ritaglio di giornale, che alla luce di ciò assumeva ben altra importanza; ma non si sia più trovato. Personalmente Lettore, il trafiletto che i Carabinieri fecero pubblicare il 20 luglio mi suona come un malcelato tentativo di recuperare ciò che avevano irresponsabilmete perso. Questo é il trafiletto che venne pubblicato, e che puoi leggere Tu stesso




Io, dal canto mio vi leggo, tra le righe




Il "Mostro" ovviamente si guarda bene dal telefonare; però, per sicurezza, spedisce un'altra comunicazione il cui destinatario sarebbe, stavolta, specificamente individuato in Silvia Della Monica. Purtroppo, l'indirizzo al quale spedisce é sempre la caserma di Borgo Ognissanti.

Tuttavia Tricomi, in seguito alla segnalazone del "Cittadino Amico", ha deciso di accantonare momentaneamente la problematica relativa ai piccioni, e dedicarsi alle indagini. Così, si attiva per ciò che riguarda il fascicolo processuale di Stefano Mele, ed i relativi reperti.

Recuperato finalmente il fascicolo, esso viene aperto e... miracolo! Bossoli e proiettili calibro 22, ma di quel calibro 22 sottolineato nel ritaglio di giornale andato perduto, sono, "casualmente", proprio lì, spillati in una semplice bustina di plastica!

"Ma che c..o!", avrà pensato il Tricomi, "ho praticamente risolto il caso, alla faccia della Silvia! Anzi, neppure le faccio avere la lettera anonima, così per sicurezza". Quando c'é di mezzo Silvia Della Monica tutti preferiscono sentirsi sicuri; sarà per la presa per i fondelli che aveva organizzato a Baccaiano, con il Mainardi rimasto in vita? Insomma, non si fidano.

Che le cose al riguardo siano realmente andate così o meno, avrebbe poca importanza; ciò che importa é che dispone l'esecuzione di una perizia informale, comparativa, tra i reperti ritrovati, per dirla con il giudice Rotella, "per fortuita e inspiegabile combinazione", ed i successivi delitti attribuiti al "Mostro di Firenze".

Importa al "Mostro" che può, finalmente, passare alla fase successiva, e cioè convincere Stefano Mele a parlare; ma importa anche a noi, che possiamo così proseguire nel raccontino.


domenica 21 agosto 2022

Il Mostro di Firenze 4: il paradosso della "pista sarda"



Soudain une lueur se fit dans mon esprit ; ces seuls indices me firent entrevoir la vérité ; j’avais découvert la loi du chiffre

Axel Lidenbrock




L'ultimo post, quello sul delitto di Rabatta, si chiudeva con un riferimento al 1981, e conseguentemente agli accadimenti relativi alla vicenda "Mostro di Firenze" di quell'anno, completo di link al presente post.

Probabilmente, Lettore, starai pensando che ci sia un errore nel link, perché l'apertura della cosiddetta pista sarda avviene nel 1982, e segue tre delitti fondamentali nella storia del "Mostro di Firenze"; quindi non sarebbe rispettata la sequenza degli avvenimenti, la loro cronologia.

Se stai pensando ciò, hai perfettamente ragione, cronologicamente parlando; ma logicamente parlando non é esattamente così.

Come abbiamo introdotto qui , e ribadito nei precedenti post di questa serie, stiamo cercando di vedere la vicenda del "Mostro di Firenze" come fosse un indovinello regressivo, e ne cerchiamo la soluzione logica attraverso il c.d. "pensiero laterale".

Uno dei "punti d'attacco", dei migliori appigli per poter applicare il "pensiero laterale" sarebbero le incongruenze ed i paradossi, che costituiscono degli accessi privilegiati, vere e proprie porte di ingresso al ragionamento che dovrebbe consentire di risolvere l'indovinello.

Ora, gli eventi che condussero all'apertura della cosiddetta "pista sarda", antecedenti ad essa, costituitscono insieme forse la maggior incongruenza, il paradosso più grande dell'intera vicenda. Pertanto, per procedere nel nostro tentativo di risoluzione dell'indovinello regressivo, dobbiamo cercare di sfruttare questo accesso.

Il paradosso della pista sarda ha inoltre un'importanza fondamentale nella nostra storia anche per un altro motivo: la sua validazione.

Infatti, la soluzione del paradosso é uno dei pochi aspetti rimasti, in questa storia, ad essere falsificabile. Pertanto, se la risoluzione del paradosso che troveremo qui verrà dimostrata falsa, l'intero paradigma crollerà come un castello di carte esposto ad una corrente d'aria; se invece essa dovesse risultare verificata... ma procediamo con ordine.

Per potere valutare e tentare di spiegare il paradosso della pista sarda, occorre innanzitutto vederlo come tale, rilevarne la presenza, cioè, rendersi conto di come alcuni eventi sembrino in effetti contraddittori e paradossalmente incongruenti.

L'interpretazione di tali eventi non é però univoca; così come non univoca é l'interpretazione dei fatti desumibili dalla documentazione e dalle testimonianze.



Ancora complottisti vs. creduloni

Per entrare nel merito della questione dobbiamo riprendere i concetti esposti in questo post, rivolgendo nuovamente la nostra attenzione alla differenza tra "complottisti" e "creduloni".

Il primo capitolo del saggio "Poteri Occulti" di Stefania Limiti é intitolato "Complotti". In esso, tra l'altro, l'autrice cita come nelle intenzioni di Giuseppe De Lutiis, valente (anche se un po' di parte) giornalista e storico , che aveva fatto della storia sui Servizi Segreti la sua specializzazione, vi fosse la scrittura di ciò che lei chiama "libretto polemico", che si sarebbe intitolato "Elogio alla dietrologia". Bisogna ammettere come non risulti inequivocabile, dal capitolo summenzionato, quali precise differenze intercorrano tra "complottismo" e "dietrologia", se non che "complottismo" avrebbe una connotazione senz'altro più negativa di "dietrologia"

E proprio perché di solito, il termine "complottista" viene usato con connotazione negativa, con velato sarcasmo per alludere a chi crede che dietro vicende tutto sommato chiare, si celino chissà quali meccanismi occulti, ho voluto usare un termine dichiaratamente spregiativo, "credulone" appunto, per indicare colui che esibisce un comportamento esattamente opposto; non riesce ad immaginare alcun meccanismo come possibile causa a monte, di vicende per le quali sia palese come le spiegazioni fornite siano poco plausibili o incongruenti.

Il buonsenso vorrebbe che nella vita di tutti giorni si assumesse un comportamento giusto ed equilibrato tra le due posizioni, fidandosi senza fare troppe storie quando non ci sarebbe motivo di essere sospettosi, ed essendo invece molto cauti nel caso in cui la situazione non sembri limpida; che é poi ciò che sostenevo in quel post.

Ma in questa sede Lettore, abbiamo la necessità di abolire ogni connotazione negativa dai due aggettivi, e compiere una scelta dicotomica: o stiamo con i creduloni, oppure con i complottisti.

E ciò qui accade perché in realtà la storia del "Mostro di Firenze" avrebbe una spiegazione ufficiale; ma tale spiegazione non soddisfa chi é ancora alla ricerca di una spiegazione diversa, più soddisfacente.

Pertanto, chi non é soddisfatto ritiene "credulone" chi si ferma alla spiegazione ufficiale; mentre chi si é fermato alla spiegazione ufficiale, non può che ritenere "complottista" chi sia ancora alla ricerca di spiegazioni alternative.

Per il gruppo dei "creduloni", il paradosso della pista sarda, semplicemente, non esiste. Non c'é nessun paradosso.
La pista sarda si é aperta perché il Maresciallo Fiori si é ricordato di come il delitto di Signa avesse caratteristiche "Mostruose".
L'arma usata é effettivamente la stessa.
I colpevoli sono Stefano Mele ed i "compagni di merende".
Una volta che sono state, in un modo o nell'altro, esperite delle indagini, e ci sono dei colpevoli passati in giudicato ed in via definitiva (tra l'altro, anche morti, ormai), il problema del passaggio dell'arma diviene un fatto di folklore, una curiosità alla quale si giunge attraverso la memoria prodigiosa del Maresciallo Fiori, ma che non configura alcun paradosso perché si rivela irrilevante sul piano pratico.

Ci sono degli omicidi, ci sono dei colpevoli, e c'é anche un'arma. Che materialmente nessuno mai é riuscito a trovare; ma ciò non cambia la sostanza dei fatti. Perché nella sostanza quell'arma spara e lascia bossoli e proiettili. E' una semiautomatica marca Beretta, serie 70, a canna lunga




Era impugnata da qualcuno dei compagni di merende, così come prima fu impugnata da Stefano Mele.

Chi l'ha impugnata, chiunque fosse, ha sparato e con quella ha ucciso, qualunque motivo avesse.

Perché darsi tanta pena?

Se quindi, Lettore, tu ti annoveri nel gruppo dei "creduloni" anche il solo fatto di aver letto fin qui le stupidaggini che scrivo io, é stato un'imperdonabile perdita di tempo.

Ma se Tu, Lettore, sei come me tra i "complottisti", il problema della pistola devi portelo; ed al termine di esso, vedrai comparire il paradosso



La pistola del “Mostro di Firenze”

Ammettiamo che Tu insieme ad altri tre amici vi rechiate a cena in un noto ristorantino chic della città, in cui il proprietario, dotato di una vasta cantina, si intrattenga spesso con gli ospiti; tra i Tuoi amici c'é un "Degustatore Ufficiale di Vino", uno di quei sommelier in grado di individuare, degustandolo, il tipo di vino e stabilirne caratteristiche e produzione.

All'atto delle ordinazioni, prendete tutti e quattro un calice dello stesso vino rosso, alla spina, di cui il cameriere vi ha decantato le qualità, ma senza dirvi nulla sull'esatta produzione.




All'arrivo dei quattro i calici, il vostro amico sommelier certificato li saggia tutti e quattro; riguardo al contenuto di due di essi é in grado di dirvi che si tratta di un Brunello Ritalevo di tre anni, mentre per gli altri due vi dice che si tratta di un rosso locale, un prodotto di qualità appena discreta ma nulla di più, ma per il quale non é possibile risalire né ad una denominazione enologica precisa, né ad un periodo di invecchiamento.




Alla fine della cena, il proprietario si avvicina al tavolo, e voi gli fate le vostre rimostranze per avervi dato due tipi diversi di vino, spacciandoli per il medesimo; e come ciò sia poco corretto.

"Ma quando mai!" vi dice il proprietario. "Tutti e quattro i calici sono stati spillati dalla stessa botte! Una botte di Brunello Ritalevo del 2019...". Bene Lettore; Tu cosa crederesti? Che il tuo amico, come Degustatore Certificato non valga nulla, o che il proprietario ti stia prendendo per i fondelli?

Perché la situazione della pistola é esattamente questa: lo stesso esperto (Degustatore Ufficiale di Armi) valuta i bossoli del 1968 e quelli del 1974; dei secondi dice "sono stati esplosi da una Beretta serie 70", dei primi "sono stati esplosi da una vecchia calibro 22 non identificabile"; mentre il "proprietario", tramite una serie di comunicazioni indirette ed anonime, dice "ma provengono dalla stessa pistola!" Cosa vorrebbe il normale buonsenso?

Che sia l'esperto a sbagliare, oppure chi invia le comunicazioni anonime a tentare di imbrogliare?

Ma vi é di più. Molto di più.

I test condotti in diversi ambiti e che coinvolgono giudizi, pareri, consulenze, perizie o qualsiasi altra forma di analisi condotta da esseri umani, e nei quali le valutazioni di chi analizza siano almeno in parte soggettive, sono tutti "biased", cioè affetti da una mancanza di obiettività, un possibile vizio che il "parere" dell'essere umano inevitabilmente introduce.




Questa alterazione da cui é affetto ogni giudizio soggettivo può avere diverse cause; può essere dato un giudizio non obiettivo per malafede, perché inconsciamente si é portati a valorizzare un aspetto a scapito di un altro, perché si é semplicemente ingannati dal modo stesso in cui funziona il Sistema Nervoso Centrale degli umani... celebre é l'esperimento della dimostrazione della fallacia delle valutazioni soggettive, che consiste nell'immergere le due mani una in una bacinella con acqua molto calda, l'altra molto fredda; se le due mani vengono successivamente ambedue immerse nella stessa bacinella contenente acqua tiepida, la mano precedentemente immersa in acqua calda percepirà l'acqua tiepida come "fredda", mentre l'altra mano la percepirà come "calda".

Questo esperimento rivela solo uno dei molteplici aspetti responsabili della fallacia delle valutazioni soggettive; altri aspetti, oltre alla senzazione fisica, coinvolgono gli aspetti psicologici della percezione, portando il giudizio dell'umano, anche in buona fede, verso ciò che egli si aspetta di rilevare.

La necessità di minimizzare gli aspetti soggettivi ha condotto ad usare, in diversi ambiti (medico, merceologico, etc) le valutazioni "in cieco", nelle quali gli esseri umani coinvolti non siano consapevoli di ciò che stanno giudicando.

Nella sperimentazione farmacologica, in cui i gruppi di umani coinvolti sono diversi, ed in diverse fasi (medici, infermieri, pazienti, analisti di dati), si possono avere sperimentazioni in singolo, in doppio, in triplo cieco, dipendentemente da quali gruppi siano ignari di ciò con cui stanno trattando. Le sperimentazioni ritenute valide, al riguardo, sono almeno "in doppio cieco", controllate con placebo, nelle quali né gli sperimentatori, né i pazienti sanno chi assume cosa durante la sperimentazione; solo a sperimentazione ultimata si viene a conoscenza di cosa sia stato somministrato ad ogli singola persona.




In ambito merceologico, più spesso i test sono a "singolo cieco"; é il consumatore a non sapere cosa stia valutando.
Ad esempio, una stessa persona assaggia due prodotti alimentari analoghi di marche diverse, ma senza sapere quale sia dell'una e quale dell'altra; cosicché il suo giudizio non possa essere influenzato dall'inconscia opinione che una marca sia intrinsecamente migliore dell'altra. L'importante qui é che il valutatore sia il medesimo, annullando la differenza che può essere introdotta dalla soggettività inter-valutatore, ma che non sappia cosa stia valutando, annullando la soggettività intra-valutatore.




Alla fine, la validità, dal punto di vista scientifico, di ogni test "in cieco" é pertanto considerata superiore a quella in cui si sa bene cosa si stia tentando di giudicare; il problema sta nel fatto che a volte condurre i test in cieco é praticamente difficoltoso

Per quel che riguarda l'arma del "Mostro di Firenze" si realizzò spontaneamente un test in singolo cieco tra i reperti del delitto di Signa e quello di Rabatta. Infatti, chi eseguì le valutazioni era la stessa persona (per cui viene annullata la soggettività inter-valutatore), e cioè Innocenzo Zuntini; ma Zuntini non aveva idea di stare intrinsecamente valutando se i reperti fossero stati esplosi dalla stessa arma o meno (annullando la soggettività intra-valutatore), in quanto nel 1974 non era (ancora) nota alcuna relazione tra i due delitti.

Si é fortuitamente verificata una condizione assolutamente particolare in questo genere di valutazioni; il caso aveva voluto dare una possbilità in più a chi investigava per poter formulare delle ipotesi alternative.

Ed invece cosa hanno fatto gli investigatori e gli esponenti della "Moderma Mostrologia"? Invece di cogliere l'opportunità che era stata loro fornita per giudicare meglio i fatti, sono partiti da un'ipotesi precostituita, un dogma, per giudicare il perito!

UNA GENIALATA!!!




Detto ciò, Lettore, non mi ripeterò al riguardo; in questo post puoi trovare l'analisi comparativa delle due perizie, condotte di fatto da Zuntini in singolo cieco (che così eliminano la soggettività inter-valutatore) nonché le differenze oggettive nella descrizione di quello che dovrebbe essere lo stesso reperto. Se Tu dovessi essere troppo pigro per leggere tutto nei dettagli, c'é un link all'interno del post che Ti consente di saltare direttamente alle conclusioni.
Se Tu, Lettore, dovessi essere tanto pigro da non voler leggere neanche la versione "accorciata" del post, l'unico consiglio che mi sento di darTi é di non continuare a leggere neanche il presente post, o i successivi; sarebbe solo una perdita di tempo, tempo sottratto alla proficua visione di qualche canale YouTube di Mostrologia Moderna.

Stabilito quindi che i reperti balistici del 1968 siano diversi da quegli degli altri delitti del "Mostro di Firenze", e che quindi debbano essere stati sostituiti o inseriti artatamente nel fascicolo, entriamo un po' più nel merito riguardo al significato intrinseco di tali reperti. Mi riferisco in particolare al calibro delle cartucce ed al tipo di arma usati.

Come é mia abitudine, giusto per annoiarTi un po', Lettore, parto da molto lontano, parlando innazitutto del c.d. "potere di arresto" di un'arma.

Cosa sarebbe il "potere di arresto"? Se parli con qualunque perito balistico, Ti sentirai dire che il "potere di arresto" é un parametro inesistente, non quantificabile, e quindi un'invenzione senza alcuna rigorosa base scientifica.

E' indubbiamente così, ma cerchiamo di vedere di che si tratti, almeno concettualmente.

Ammettiamo Lettore che tu abbia un'arma in mano, ed a una certa distanza, abbastanza lontano perché non sia possibile interagire direttamente, il tuo antagonista si stia muovendo. Può muoversi verso di te, perché la sua intenzione sarebbe quella di attaccarti, o può muoversi nella direzione opposta perché vuole fuggire, o ancora in qualunque altra direzione perché, ad esempio, la sua intenzione sarebbe quella di aggredire una terza persona. Il tuo obiettivo é quello di fermare la sua azione. In questa fase non ti interessa ucciderlo, e probabilmente avresti anche dei motivi per non ucciderlo; ma l'obiettivo prioritario é, comunque, fermarlo.

Poiché é ad una certa distanza e si muove, non puoi pensare di mirare con precisione a parti vitali; devi solo, rapidamente, dirigere la canna dell'arma verso il "bersaglio grosso", e premere il grilletto.
Si fermerà, il tuo antagonista?

Se fortuitamente, viene colpito (dovrei dire "attinto", che, come dice Romano Schiavi, fa molto "in", ma mi sentirei perito o Mostrologo, quindi parlerò normale) in una parte vitale, certamente sì. Ma se viene colpito, ad esempio, ad un'estremità?

Questo dipende dal danno che il proiettile é in grado di provocare che, in ultima analisi, dipende dalla quantità di energia cinetica che viene ceduta al bersaglio. Quest'ultima a sua volta dipende dalla differenza tra l'energia cinetica iniziale e finale del proiettile, e l'energia cinetica iniziale dipende dalla massa e dalla velocità del proiettile. Armi di calibro maggiore esplodono proiettili con maggiore energia cinetica; se poi il proiettile ha degli accorgimenti che ne favoriscono l'arresto all'interno del bersaglio (anche i famosi "tagli a croce" sulle ogive), in pratica tutta l'energia cinetica verrà ceduta.




Una maggior cessione di energia cinetica si traduce in danno tessutale maggiore, un danno tessutale maggiore in una maggiore possibilità di shock, e lo shock ferma comunque l'antagonista, anche se nessun "organo vitale" sarebbe stato direttamente danneggiato.

In pratica, se colpisci ad un polso il tuo antagonista con una calibro .500 Smith and Wesson Magnum




(posto che ciò possa essere fatto - è un calibro che non potrebbe essere utilizzato), egli cadrà comunque a terra; se invece lo colpisci con un'arma di piccolo calibro, continuerà a muoversi. Ciò é esattamente ciò che successe a Scopeti con Michel Kravreichvili.

Pertanto, per un "Mostro" che da solo dovesse fronteggiare due persone, per quanto si avvalga del fattore sorpresa (dovrei dire anche "ed una di esse sia una donna", ma Giogoli mi contraddirebbe), la scelta di una Calibro 22 sarebbe poco oculata; tanto poco oculata che in effetti, in più di un'occasione ha fallito (Rabatta, Baccaiano, Scopeti).

Eppure, Lettore, vi sono dei casi in cui dei professionisti hanno adottato, come equipaggiamento standard, una semiautomatica calibro 22.

Gli agenti dell' Office of Strategic Services, ad esempio, avevano in dotazione una High Standard HDM/S




e gli agenti del Mossad che eseguivano il servizio di sorveglianza antiterrorismo sugli aerei di linea, usavano una Beretta 71




Per inciso, la High Standard "Citation" che usa il medesimo percussore della HDM/S, é quella testata da Romano Schiavi, e la cui impronta é straordinariamente simile a quella delle Beretta




ma procediamo

Se parli con qualcuno di tali professionisti (cioè gli "agenti segreti") del concetto di "potere d'arresto" ti sentirai dire che il potere d'arresto non risiede nell'arma bensì in chi la adopera; una calibro 22 in mano ad un professionista, ed in ben determinate condizioni, ha lo stesso potere di arresto di qualunuqe altra pistola. Perché ben difficilmente, comunque, l'antagonista rimane vivo.

Ma, escludendo i casi in cui sia un professionista preparato ad adoperarla, perché equipaggiarsi con una semiautomatica 22 anziché con un'altra arma?

Quali sono i vantaggi?

Innanzitutto, la portabilità, intesa sia come dimensioni, sia come peso. Una semiautomatica 22, corredata di accessori (intesi come secondo serbatoio e silenziatore) pesa meno ed occupa meno spazio di un'arma di calibro maggiore. Anche quando silenziata, come abbiamo visto qui, il rumore di una 22 LR resta notevole, ma ad esempio l'High Standard HDM/S, in dotazione agli agenti OSS era dotata di un silenziatore a doppia camera, di cui la seconda camera veniva riempita di liquido o schiuma da barba; tale accorgimento era in grado di ridurre drasticamente il livello di pressione sonora, fino a soli 20 dB.




La Beretta 71 aveva il pulsante di sgancio del serbatoio posto a sinistra in prossimità del pollice, cosicchè il rilascio del serbatoio vuoto e la sostituzione con uno pieno era un'operazione rapidissima.

Quindi, nel caso di una semiautomatica 22 LR, la ridotta efficacia del minor calibro fornirebbe comunque una contropartita in altri aspetti, e cioè portabilità, possibilità di occultamento (dell'arma e del rumore), e rapidità nella ricarica.

L'uso di silenziatore lascia dei residui sui proiettili; tuttavia mai nulla di ciò é stato rilevato nei delitti del "Mostro di Firenze".

Il "Mostro" non ha mai ricaricato l'arma, nemmeno quando sarebbe stato necessario, come a Baccaiano o a Scopeti.

Il "Mostro" si portava dietro un'arma bianca che di certo non era un temperino e che quindi, in aggiunta all'arma, avrebbe costituito un peso ed un ingombro non indifferenti, durante l'azione.

In pratica, il "Mostro" non ha mai sfruttato alcuna delle caratteristiche che renderebbero convenienti l'uso di una calibro 22, rinunciando ai vantaggi di un maggior "potere d'arresto".

Ma allora, perché la calibro 22?

Nel suo articolo "Which Handgun Should You Use for a Murder?", Matthew Bayan asserisce che, in via precauzionale, per commettere un crimine un revolver sarebbe da preferire ad una semiautomatica, per il semplice fatto che il revolver non rilascia bossoli in giro. Per un crimine che richieda azioni da condurre su un'area relativamente ampia ove il potenziale bersaglio possa trovarsi anche ad una certa distanza, la scelta dovrebbe ricadere almeno su una 357 o una 44 Magnum.
Ma nel caso specifico di un omicidio da eseguire sparando a distanza ravvicinata, questa scelta non sarebbe la migliore. Se la maggior potenza non serve, un revolver di calibro maggiore avrebbe un rinculo maggiore ed un inferiore numero di colpi nel tamburo; una semiautomatica inoltre, una 9mm o una 45, avrebbe anche lo svantaggio di lasciare i bossoli (o di dover fare qualcosa per evitare di lasciarli), fornendo così degli indizi perché i segni lasciati sui bossoli rendono l'arma identificabile in maniera univoca, etc, etc... insomma, tutte le cose che sappiamo.

Che poi sono esattamente le stesse che rendono non cedibile, in nessun caso, l'arma usata per un omicidio; figuriamoci per quattordici.



Il "Mostro" usa una "ghost gun"?

Ed infatti, il "Mostro" non cede la sua arma. La tiene ben nascosta. Tanto bene che tutti i tentativi di rintracciarla, condotti lungo mezzo secolo, non hanno portato a nulla.

Negli Stati Uniti, dove le armi vengono vendute a chiunque, appassionati, Mostri, Mostrologi e tutti gli altri, vi é una polemica riguardo alle "ghost guns".

Infatti, esistono comunque dei registri di vendita, con la matricola dell'arma, che consentirebbero di risalire all'identità dell'acquirente; persino ai Mostri vengono chiesti i documenti. E vi sono delle persone a cui l'acquisto di armi non è (più) consentito. Ma sul Web si possono acquistare alcuni kit, composti da parti staccate, che consentono di assemblare delle armi senza matricola




alcune parti possono essere realizzate con stampanti 3D. Inoltre, vi sarebbe un vuoto normativo che consente anche a colui il quale l'acquisto di armi é stato precluso, di comprare comunque il kit, anche se successivamente al 24 agosto 2022 dovrebbero divenire operanti delle restrizioni legali che colmino tale vuoto restringendo le possibilità di libera vendita.

Ecco che molti si possono trovare a possedere un'arma che non é rintracciabile attraverso i registri; esattamente come la Beretta del "Mostro di Firenze".

Ovviamente, ciò non elimina tutti i problemi, compreso quello della cessione dell'arma, perché l'arma può essere sempre rilevata nel corso di una perquisizione, di un controllo casuale, o in maniera del tutto fortuita; e dalle prove di poligono si può sempre verificare come sia stata proprio quell'arma a sparare. In questo caso, il possessore dell'arma si troverebbe ancor di più nei guai; in assenza di riferimenti di produzione (matricola, registro, etc.) chi ha l'arma in mano é automaticamente l'autore del crimine; a che servirebbe dire "l'ho acquistata/rubata/trovata" se non é possibile in alcun modo provare che sia esistito un precedente proprietario? E' solo la prova di poligono che fa fede.

Ma in cosa consiste, esattamente 'sta prova di poligono? Se si vuole verificare se un'arma sia quella usata per commettere un crimine, vengono esplosi dei colpi di prova, con cartucce degli stessi marca e tipo dei bossoli repertati sul luogo, e si paragonano i segni lasciati sui bossoli, prima dal percussore, e poi, se si tratta di arma semiautomaica, da estrattore ed espulsore,ed infine i segni accessori.




Se i segni sono almeno paragonabili, si effettuano le verifiche sulle microstriature dei proiettili (sparando, ad es. contro gelatina balistica)




ma se i segni sui bossoli non sono compatibili, l'arma viene subito scartata.

Detto ciò, riprendiamo l'articolo di Matthew Bayan. In conclusione, l'Autore asserisce che per un omicidio da eseguire a distanza ravvicinata, che non richiede elevato "potere d'arresto", é opportuno l'uso di un revolver calibro 22.

Perché é più facile da portare, ha meno rinculo, non si inceppa e non lascia bossoli sul luogo.

Questo consentirebbe di "costruire" un altro genere di "ghost gun", che risolve anche i problemi precedenti, e cioè quelli relativi all'identificabilità tramite le prove di poligono.

Ci si procura, anche per vie assolutamente legali, una Beretta serie 70, magari a canna corta




si esplodono diverse scatole di colpi (al poligono, in campagna, in terreno privato), si raccattano i bossoli e si conservano. La Beretta può poi venire distrutta, o se ne può alterare (ad esempio limandoli un po') il percussore e l'estrattore (come, ad esempio, per la Beretta ritrovata nell'agosto del 2016 lungo il corso dell'Ensa), cosicché non esista più alcuna arma che lasci quegli stessi identici segni sui bossoli.

Si prende quindi un revolver calibro 22 LR, che può anch'esso venire acquisito legalmente, avendo cura che abbia la rigatura della canna consista in sei righe destrorse, come ad esempio questo




Per i delitti viene usato il revolver, poi i bossoli dei proiettili esplosi con la Beretta vengono lasciati sul posto.

La conservazione della Beretta leggermente alterata, posto che non sia stata distrutta, non pone problemi insormontabili; alle prove di poligono, l'arma lascerà ormai dei segni diversi da quelli rilevabili sui bossoli.

La conservazione dei bossoli non pone alcun problema; il fatto di conservare i bossoli per ricaricarli ed usarli nuovamente é prassi comune. Non può destare alcun sospetto

La conservazione del revolver non pone alcun problema, in quanto quella che si cerca é una semiautomatica; anche se nel corso di un controllo casuale dovesse venire rilevata l'arma, a nessuno mai verrebbe in mentre di eseguire prove di poligono su di essa.

La conservazione dei bossoli e dell'arma insieme non richiede pone alcun problema; a nessuno mai verrebbe in mente di verificare se i bossoli detenuti insieme all'arma siano in effetti stati precedentemente usati con il revolver o meno; e quand'anche fossero diversi, nulla vieta di raccattare dei bossoli al poligono per riempirli se chi ha sparato li cede.

La cessione dell'arma non é un problema; non vi é traccia del fatto che sia stata usata per delitti, in quanto essi sono stati commessi con una semiautomatica.

Il numero dei colpi che possono essere ospitati in un tamburo di alcune calibro 22 é uguale a quello con il quale può essere riempito il caricatore della Beretta.




Volendo compiere la stessa operazione con un calibro più grande, il numero dei colpi sarebbe inferiore




L'unico problema dato dall'uso del revolver sarebbe la difficoltà estrema nel ricaricare se dovesse servire; ed il "Mostro" non ricarica mai, neppure quando servirebbe. Ma, all'infuori di ciò, e della necessità di dover usare una calibro 22, si ottenuta una "ghost gun" ben più perfetta di quelle americane.

Quindi, chi arriva sul luogo delitto può benissimo sparare con il revolver, spargere i bossoli della Beretta ad operazioni avvenute, ed andare via.

Nessuna Beretta con quelle caratteristiche si troverà mai (che é ciò che si verifica)

Spargere dei bossoli successivamente può determinare degli errori sia nella posizione, con difficoltà a ricostruire le dinamiche, sia nel numero (che é ciò che si verifica)

Non é possibile ricaricare velocemente l'arma una volta esauriti i colpi (che é ciò che si verifica).

Poiché i bossoli vennero esplosi tutti in un'unica soluzione, in una singola sequenza, non é possibile rilevare su di essi segni di maggior usura anche in eventi che distano anni nel tempo (che é ciò che si verifica)

Inoltre, l'arma, oltre a poter essere tranquillamente portata in giro, può rimanere a disposizione di un'organizzazione nel corso di anni, essere adoperata da diverse persone, ed essere usata per differenti operazioni, cambiando semplicemente i bossoli da lasciare sul posto, così da apparire come un'arma diversa. Una "ghost gun" per operazioni speciali estremamente versatile e di lunga durata, nel tempo e nello spazio. Il cui utilizzo mostra esattamente tutte le caratteristiche (arma non identificabile, non ricaricaribile e per la quale la posizione in cui vengono repertati i bossoli non può corrispondere a quella di chi spara, assenza di usura tra i reperti anche per delitti avvenuti a distanza di anni) che si ritrovano nell'arma del "Mostro di Firenze".



La scoperta dell'identità dell'arma

Ovviamente, Lettore, non ho la benchè minima prova che le cose siano davvero andate così. Sebbene tale ipotesi spieghi tutto ciò che é stato osservato, non c'è alcuna Legge di Natura che vieti che il "Mostro" abbia usato realmente una Beretta per gli omicidi, che sia riuscito a sottrarla a qualunque tentativo di individuazione, che l'abbia usata esclusivamente per gli omicidi, che stupidamente non abbia mai portato con sé alcun serbatoio suppletivo, e che abbia raccolto da terra qualche bossolo ogni tanto, prendendo a calci gli altri, solo per confondere le idee.

Ciò che però é inequivocabile é che l'arma di Signa non può essere la medesima dei successivi omicidi. E questo rende inevitabile l'insorgenza del paradosso; verso il quale proseguiamo ulteriorimente.

Poniamoci innanzitutto una domanda estremamente banale: da cosa nasce il "problema" dell'identità dell'arma?

Nasce dal fatto che ad un tratto, magicamente, si é stabilito che si dovessero ricercare delle analogie nell'arma usata per il delitto di Castelletti di Signa (che fino a quel momento non aveva nulla a che fare con il "Mostro di Firenze"), ed i delitti del cosiddetto "Mostro di Firenze".

Sì, ma questa magìa come sarebbe avvenuta?

Ed é proprio qui che interviene prepotentemente la necessità della scelta dicotomica: stare con i "creduloni" o stare con i "complottisti".

Infatti, nei delitto dall'81 in poi si pongono le basi per avviare le indagini verso una direzione che costituirà la cosiddetta "pista sarda".

La versione ufficiale dei fatti, come quella riportata da Rotella, ti dirà invece che non ci sono basi da porre, o eventi scatenanti; il maresciallo Fiori, folgorato sulla via di Damasco, stabilirà che, tra tutti i delitti a danno di coppie commessi da quando egli si é arruolato nei carabinieri fino al 1982, proprio quello di Castelletti di Signa venne commesso con un'arma identica a quella che verrà usata dal Mostro di Firenze. Come abbiamo visto prima, é impossibile ricavare qualunque identità nei reperti paragonando la perizia Zuntini del 1968, con le successive riguardanti i reperti raccolti sulla scena dei delitti del "Mostro di Firenze"; ma il Maresciallo Fiori, pur non avendo mai visto i reperti, é comunque dotato di un cervello al confronto del quale tutte le data farm di Google messe insieme impallidiscono, cosicché vi sia miracolosamente contenuta anche questa informazione. Ma credere a questo sarebbe "creduloneria".

D'altra, parte, in questo post sono elencate le informazioni in ordine logicamente cronologico, appunto, che mostrano come l'operazione per fare entrare nelle indagini anche il delitto di Castelletti di Signa abbia avuto inizio nel 1981. Ma credere a questo sarebbe"complottismo".

Perché vedi, Lettore, tutta la Mostrologia Moderna ti dice che non é così, che anche se il Maresciallo Fiori non c'entra niente, nemmeno il 1981 c'entra niente; che fu il delitto di Baccaiano a scatenare la pista sarda e quindi si sta parlando del 1982... ecco, Lettore, é proprio qui che dobbiamo decidere da che parte stare.

Non possiamo tenere un piede in due staffe. Anche perché, rigirare i fatti e le testimonianze in maniera funzionale alla nostra idea non può portare a nulla; e mezzo secolo di discutere su tale nulla l'hanno ampiamente comprovato.

Un famoso "gioco di illusionismo" con le carte, che però impressiona soltanto i bambini, si esegue sbirciando la carta che sta in cima al mazzo, e poi dando l'illusione a chi si presta al gioco, che egli "scelga" la carta sulla base di domande mirate.
Le "scelte" che il giocatore compie sono interpretate in positivo o in negativo dipendentemente da cosa convenga a chi conduce il gioco. Se la carta che si trova in cima al mazzo, e che il giocatore "sceglierà" dovesse essere, poniamo, l'otto di quadri, gli si chiederà inizialmente di operare una scelta tra semi rossi o semi neri. Se il giocatore sceglie i semi rossi gli si dirà "Bene, hai scelto i semi rossi. Adesso scegli: cuori o quadri?"
Se invece sceglie i semi neri gli si dirà: "Bene, togliamo i neri, e restano...? I rossi! Tra i rossi cosa scegli? Cuori o quadri?"
E continuando su questa linea si porta il giocatore a "scegliere" la carta che sta in cima al mazzo.

L'interpertazione dei dati disponibili sul "Mostro di Firenze" funziona esattamente allo stesso modo. Se un dato coincide con la propria ipotesi, é valido.

Se non coincide, é falso, e quindi l'opposto deve necessariamente essere valido. Siamo giunti all'assurdo per cui i dati non servono a provare la validità delle ipotesi, ma sono le ipotesi a provare la validità dei dati.

Se Zuntini rileva i segni dei bossoli espulsi dalla "pistola del Mostro di Firenze" nel 1974, é un genio. Se lo stesso Zuntini non rileva i segni su bossoli che dovrebbero essere stati espulsi dalla stessa pistola nel 1968. non é la pistola ad essere diversa, ma Zuntini ad essere un inetto. Solo nel 1968, però.
Perché i bossoli appaiono diversi da ciò che é funzionale alla nostra idea. Zuntini riesce a darsi una preparazione da perito solo tra il 1968 ed il 1974, ma gli anni trascorsi dalla sua nascita al 1968 li avrebbe trascorsi a pettinare le bambole.

Per gli eventi che condussero alla pista sarda, é uguale. Gli eventi sono riassunti, ed ordinati in ordine cronologico in questo post. Ed anche qui dobbiamo decidere da che parte stare.

In sintesi, Lettore,
O tu accetti incondizionatamente come verità assoluta le versioni ufficiale; allora, i reperti del fascicolo Mele vebbero ritrovati solo ed esclusivamente in conseguenza della memoria sovrumana del Maresciallo Fiori, e l'arma usata a Signa é quella del "Mostro di Firenze"

OPPURE ti avvali delle testimonianze, e queste dicono che arrivarono delle comunicazioni anonime ad indirizzare gli inquirenti, ed esse giunsero già nel 1981.

Se fai "un po' ed un po'" a secondo di come ti conviene, non sei intellettualmente onesto; e questo non può portare a nessun risultato positivo. Il Maestro Nariyoshi Miyagi (che nella finzione cinematografica, vorrebbe alludere alla discendenza da Chojun Miyagi, l'inventore dello stile Goju Ryu) nel film "Karate Kid", dice; "Quando cammini su strada, se cammini su destra va bene. Se cammini su sinistra, va bene. Se cammini nel mezzo, prima o poi rimani schiacciato come grappolo d'uva"




Vogliamo "camminare su destra"? Attenerci scrupolosamente alle testimonianze? Allora la segnalazione relativa al fascicolo Mele giunse nel 1981, perché questo dice Tricomi in più di un'occasione ed é questo ciò a cui dobbiamo fare riferimento, anche se siamo "complottisti".

Vogliamo "camminare su sinistra"? Non far parte dei "complottisti" e rientrare nel gruppo dei "creduloni"? Allora la versione che dobbiamo adottare é che nel 1982 fu la memoria prodigiosa del Maresciallo Fiori ad aprire la pista sarda, e nessun altra cosa.

Ma considerare Zuntini, Tricomi e tutti gli altri dei geni o dei malati di demenza senile a secondo di ciò che ci conviene é intellettualmente disonesto. Anzi, é una porcheria immonda. E' il tipico atteggiamento di chi vuole imbrogliare il prossimo, non certo di chi ricerca una possibile verità

Quindi, se vogliamo far parte dei "creduloni" possiamo già chiudere tutto qui, perché esiste la soluzione bell'e pronta: il "Mostro di Firenze" é costituito da tre o quattro persone. Le tre persone "certe" sono Stefano Mele per il delitto del 1968, e Giancarlo Lotti e Mario Vanni per i delitti dall'82 in poi. Il quarto, in forse, é Pietro Pacciani. Gli altri delitti sono avvenuti così, spontaneamente. E' inutile scrivere libri, girare video, discutere... inutile.

Se invece saltiamo il fosso e passiamo dalla parte dei "complottisti" dobbiamo usare i dati per ciò che sono, e non chiamare in aiuto i "creduloni" quando la faccenda non ci conviene. Ed i dati dicono che il processo che portò alla "pista sarda" iniziò nel 1981, dopo Calenzano. Punto.

Ma ritorniamo all'incongruenza

Da premettere, Lettore, che é solo la versione della memoria prodigiosa del Maresciallo Fiori che eliminerebbe l'incongruenza; per qualunque altra versione l'incongruenza rimane operante, e deve venire spiegata.

L'incongruenza resta inevitabilmente operante sia che si pensi al Cittadino Amico, sia alle lettere anonime alla Della Monica, sia al ritaglio di giornale, sia a tutte queste cose insieme. E resta operante sia che la segnalazione sia stata un "depistaggio" sia che sia stata un "impistaggio", sia che i bossoli siano stati sostituiti, sia che restino gli originali, sia che l'arma possa essere uguale o diversa... non cambia nulla. E' irrilevante.

Adesso, Lettore, la vedi l'incongruenza? Ti é apparso il paradosso? Non ancora? Forse perché, come Edgar Allan Poe faceva dire ad Auguste Dupin, é così macroscopica che nessuno si accorge della sua esistenza; analogamente a quanto egli nota ne "La lettera rubata", é come se Tu, Lettore, ti trovassi davanti ad una gigantesca scritta in 3D, con singole lettere tanto grandi da riuscire benissimo a vederle, ma senza renderti conto di quale sia la parola che esse compongono.




Quindi, nel caso Tu non riesca ancora a vederla, cerco di mostrartela io.



L'assurdità più grande

E' evidente per tutti (complottisti ed anche creduloni) che la faccenda del 1968, comunque siano andate le cose, non fu limpida. Il duplice omicidio seguì una serie di dinamiche contorte, prima delle quali il "rilascio" di Natalino Mele a casa del De Felice

Stefano Mele, prima di essere imputato dell'omicidio, venne interrogato una decina di volte. Vennero interrogati i suoi familiari. Vennero interrogati i Vinci. Stefano Mele fu sottoposto a perizia psichiatrica. Vi fu una sentenza di Corte d'Assise d'Appello che confermò la condanna di Stefano Mele. Nel gruppo dei sardi, qualcuno doveva necessriamente sapere come andarono le cose quella notte, ma per qualche misterioso motivo, non parlò mai.




In questo post ti avrei fornito una spiegazione di quei "misteri", ma Tu, Lettore, tralascia, al momento la mia spiegazione, e guarda solo ai fatti inequivocabili: la colpevolezza di Stefano Mele fu un risultato difficile, cui si giunse attraverso un percorso tribolato, ma che, alla fine, riuscì. Stefano Mele venne condannato in via definitiva e nessuno più cercò un'alternativa. Ciò che accadde quella notte era ormai definitivamente protetto, suggellato da una sentenza giudiziaria; l'omicidio, le sue cause erano nascoste per sempre e di conseguenza l'esecutore salvo per sempre.

Assodato che, comunque stiano le cose, il fatto che debba esistere una relazione, una qualunque relazione, tra il 1968 ed i delitti successivi é un'evidenza, sono solo due gli aspetti rilevanti (per i "complottisti", almeno) al riguardo:

1) nel 1968 si cercò in maniera più o meno lineare di incolpare del delitto Stefano Mele, e, bene o male, vi si riuscì nascondendo di conseguenza il legame tra il 1968 ed i delitti successivi

2) dal 1981 in poi, questo legame venne enfatizzato, e tutta l'indagine si basò su questo.

Il che vuol dire che gli sforzi che vennero fatti per incolpare Stefano Mele (nascondendo il vero assassino) nel 1968 e negli anni successivi, vennero vanificati in un sol colpo.



Perché chi era colpevole diventa improvvisamente innocente?

Quindi, proprio quando Stefano Mele aveva finito di scontare la pena (oppure Lettore, dovrei più propriamente dire "doppo SCONTATA LA PENA"? Ma di ciò parleremo più avanti) chi aveva tanto penato per ottenere il risultato... getta tutto alle ortiche?!?

E perché poi?!? E' questa la domanda da porsi, che costituisce l'essenza stessa del paradosso

I Mostrologi che si tengono miracolosamente in equilibrio tra complottismo e creduloneria, ti diranno: "Be', per ciò che successe a Baccaiano; dopo Baccaiano é emersa la necessità di un depistaggio..." bene Lettore, ma da cosa esattamente sarebbe emersa tale necessità?

Ma soprattutto, in che cosa esattamente, il far entrare Signa nell'indagine avrebbe rimediato a quanto successe a Baccaiano? In quale modo scoprire Signa avrebbe potuto porre riparo all'errore di Baccaiano?

Perché, Lettore, ammettiamo pure che logiche mostruose prevedano che se qualcuno spara ai fari di un automobile, il proprietario dell'automobile muoia. Poi, il "Mostro", dopo aver sparato ai fari, e constatato come Paolo Mainardi fosse rimasto vivo. si renda conto di come per ammazzare qualcuno sia necessario sparare alla sua testa e non ai fari della sua automobile, e quindi sparare ai fari sia stato un errore; come può, un tale errore, essere rimediato segnalando che Signa é stato un errore giudiziario?

I creduloni, o i complottisti a metà (quelli del gioco di prestigio puerile, che seguendo Miyagi camminano al centro della strada) dicono: é stato un depistaggio. E tutti gli altri plaudono a tale acuta intuizione.




Ma cosa vorrebbe dire, esattamente, "depistaggio"? Come funzionerebbe?

Ammettiamo, Lettore, che io stia vagando in automobile tra le strade cdi una regione che non conosco, e senza navigatore. La mia intenzione é quella di giungere ad una cittadina che si chiama "Verità". Domando qualche informazione in giro, e vengo indirizzato verso una provinciale, assolutamente deserta. Dopo un certo numero di chilometri giungo ad un bivio, che ha un'indicazione: "Verità".
Il problema é che mezz'ora prima é passato di lì un tale che non vuole che io giunga alla Verità, un autentico Mostro, ed ha posto l'indicazione in corrispondenza della branca sbagliata del bivio. Mi ha indirizzato su una pista sbagliata. Una vera e propria pista, un tratturo, che dopo qualche chilometro si perde nei campi.
"Che Mostro!" penso tra me e me; ma cosa posso fare? Tornare indietro ed imboccare l'altro ramo del bivio, la branca corretta. Ho perso del tempo, ma alla fine sarò comunque giunto alla Verità.

Se la "pista sarda" é un depistaggio, tornati indietro ed imboccando la branca corretta del bivio si sarebbe giunti alla verità. Un depistaggio serve per mascherare la pista corretta; se il depistaggio giunge dopo Baccaiano, Baccaiano avrebbe quindi dovuto indicare la pista corretta. Per capire questo non é nemmeno necessario scomodare la logica; basta il normale buonsenso.
Posto che la "pista sarda" é un depistaggio, quale sarebbe allora la "pista corretta" che Baccaiano indicherebbe? Eh, Lettore, questo non l'ha mai detto nessun mostrologo. Cosa si stava per scoprire a Baccaiano, che venne bloccato dalla "pista sarda"? Boh... e chi lo sa?

Tutti i più grandi mostrologi di fama mondiale si limitano a dire: "E' un depistaggio per Baccaiano"; senza andare avanti nel ragionamento, frase che da sola é soltanto un'affermazione di una superficialità impressionante, da far rabbrividire.




E la supeficialità é una delle cause principali dei mali del mondo; ma questo é un altro discorso, quindi andiamo avanti.

Se non si individua esattamente quale sia la logica che, dopo Baccaiano, renderebbe necessario gettare Signa alle ortiche, quale sia il vantaggio che logicamente avrebbe il Mostro nel distruggere in un attimo ciò che era stato costruito in quattordici anni, il "depistaggio" non ha alcun senso logico.

Per i creduloni ciò non costituisce un problema.
Se per essi, il "Mostro" é qualcuno alto, bello ed intelligente, che però, ogni tanto, anziché uscire la sera per farsi una birra con gli amici, esce da solo ed una volta uccide una coppia di amanti, un'altra volta due uomini, altre volte dei fidanzati ma una volta scuoia il pube, un'altra asporta, interamente la vulva, un'altra ancora infila un tralcio di vite in vagina dopo una serie di coltellate, un'altra volta ancora non asporta proprio niente, un paio di volte pratica una mastectomia superficiale... tutta roba diversa, con l'unica costante dei bossoli; che però una volta sono dove dovrebbero essere, ma in numero minore, un'altra si trovano tutti raggruppati in corrispondenza di una ruota, un'altra ancora sono in un fascicolo processuale... be' accettando come "normale" un ragionamento caotico che non ha nulla di sensato, una tale assenza totale di logica, si può anche accettare la "pista sarda" come depistaggio di Baccaiano.

Ma i complottisti a metà? Coloro per i quali i Mostro alto bello ed intelligente sa sempre quello che fa? Da cosa, esattamente, avrebbe stornato l'attenzione con il depistaggio? Cosa esattamente avrebbe evitato rendendo noto che Signa era un falso?!? Come spiegano tutto ciò?

Qualunque cosa abbia potuto sussurrare il Mainardi all'Allegranti prima di entrare in coma, come avrebbe potuto essere rimediato dal fare notare, per vero o falso che fosse, che l'arma di Signa e quella del "Mostro di Firenze" sarebbe stata la medesima?

Perché, vedi Lettore, affermare che "la scoperta dell'identità dell'arma fu un passo necessario dopo Baccaiano" ma non dare alcuna spiegazione logica di ciò, rimane un'affermazione che non significa niente; in quale modo tale segnalazione avrebbe risolto il problema? Se gli investigatori fossero stati "sulla pista giusta" e l'apertura della "pista sarda" fosse stato un depistaggio per stornarli da ciò che stava per portarli alla verità, sarebbe bastato tornare "sulla pista giusta" per risolvere il caso, no? E' banale!

E difatti, Davide Rossi, che é persona intelligente, non sostiene affatto che sia stato un "depistaggio", ma sostiene che il "Mostro" abbia voluto "intestarsi il delitto". Ciò, però, sebbene aggiri l'assurdità del voler considerare "depistaggio" l'apertura della pista sarda, non risolve il problema. Se il "Mostro" aveva tanta voglia di "intestarsi il delitto", perché darsi tanta pena per far incolpare Stefano Mele, e gettare tutto alle ortiche quattordici anni dopo?

E' ovvio Lettore che da qualunque parte venga riguardata la cosa, appare come un nonsenso. Occorre dare un senso a queste azioni. E per trovarvi un senso, é innanzitutto necessario riguardare, ancora una volta, la cronologia riportata in questo post.

Ma ciò serve solo a prendere atto del fatto che il processo che esitò nella "pista sarda" dovette iniziare nel 1981; preso atto di ciò, l'incongruenza rimane.

Che sia un impistaggio o un depistaggio sarebbe irrilevante; l'unico dato certo é la sussitenza della relazione.

L'altro dato certo é il sovvertimento di quanto ottenuto a Signa, da colpevole passato in giudicato, quindi con una verità giudiziaria, a ricerca di un nuovo colpevole; ed anche di quanto ottenuto a Rabatta, dove, terminata la missione, le indagini si sono arenate. Senza un colpevole, senza neanche un sospetto. Tutto muore lì

Ma ciò che nei fatti accade, é che ad un tratto si ha un sovvertimento della situazione. Per tredici anni, i due delitti commessi dal "Mostro di Firenze" sono stati coperti, il primo facendo dichiarare colpevole Stefano Mele, ed il secondo eseguendo un crimine così difforme dal primo da cancellare, in apparenza, qualunque relazione con il primo. Per tredici anni é andata bene così. Improvvisamente, le stesse persone che hanno commesso i primi due delitti decidono deliberatamente di riaccendere i riflettori su questioni morte e sepolte, di sottolineare la relazione: insomma di sollevare il problema. E senza che, apparentemente, ve ne fosse alcuna necessità

Guardiamo ai fatti: cosa si ottiene, in realtà? La riapertura del caso. E' questa la realtà fattuale, Lettore; noi possiamo immaginare qualunque cosa e fare le ipotesi più strane; ma ciò che si ottiene é la riapertura di un caso chiuso definitivamente e con un colpevole; un caso che non avrebbe avuto motivo di essere riaperto. Pertanto, la cosa importante é stabilire quale possa essere tale motivo, e ciò può venire dalle implicazioni della riapertura. Poiché il colpevole era fittizio, e di conseguenza il vero colpevole era "protetto", l'implicazione più immediata della riapertura é la riduzione di protezione sul vero colpevole.

Ed é questo l'unico effetto sostanziale sul quale possiamo ragionevolmente focalizzare la nostra attenzione. Non ne esistono altri.



SINTESI FINALE

Forse sono stato troppo prolisso. Cerco di sintetizzare al massimo il concetto. 


a) Il Signor X, a Signa, uccide una coppia il Signor X può venire indagato il Signor X inizialmente é in pericolo
 
b) del delitto viene definitivamente incolpato Stefano Mele il Signor X non verrà indagato il Signor X non é più in pericolo
 
c) a Rabatta viene uccisa un altra coppia nessuno sa che il Signor X potrebbe essere implicato il Signor X resta al sicuro

d) nessuno mette in relazione Signa e Rabatta il Signor X continua a non essere in pericolo

e) sette anni dopo vengono uccise tre coppie qualcuno mette in relazione questi omicidi con Signa Stefano Mele é innocente il Signor X adesso si trova nuovamente in pericolo
 

Quindi, la domanda diviene: perché mai un colpevole che é stato protetto per quattordici anni vede improvvisamente ridursi tale protezione?

Bene, Lettore, se i Mostrologi di fama mondiale non danno una risposta a tale interrogativo, non ci resta che uscire dal gregge ed andare a cercarcela da soli