giovedì 7 novembre 2013

LA VIA DEI BORGHI.21: La quinta fase dei borghi rurali siciliani. BORGO DOMENICO BORZELLINO.


Borgo Borzellino: “The Endless Enigma” ovvero “C’è qualcosa che vorrei dire prima di iniziare a parlare”

La citazione di un brano musicale degli Emerson, Lake & Palmer può apparire frivola o volgare (nel senso di “popolare”) se paragonata a quella del film di un maestro del Surrealismo, Luis  Buñuel, con la quale venne introdotto Borgo Rizza. Ma “the Endless Enigma” è anche il titolo inglese di una famosa opera di un altro maestro del Surrealismo, Salvador Dalì


basata sulle “corrispondenze plurivoche”, le caratteristiche che contraddistinguono le immagini ambigue, quelle che l’occhio ma soprattutto il cervello possono interpretare in diversi modi

E le tecniche alla base dell’ambiguità di certe immagini, in grado di generare illusioni prospettiche

costituiscono uno degli artifizi che Maurits Cornelis Escher sfruttò nelle sue opere per rendere graficamente situazioni impossibili nella realtà,consentendo la realizzazione di rappresentazioni quali “Cascata” 




o “Salita e Discesa”




Ho sempre ritenuto Escher un genio. Ma non tanto (o non soltanto) un genio della grafica; soprattutto un genio della logica. Escher è riuscito ad esprimere graficamente non solo situazioni fisicamente paradossali, ma anche logicamente paradossali. Le sue opere sono in un certo modo la forma grafica della frase del titolo “c’è qualcosa che vorrei dire prima di iniziare a parlare”.
Escher è stato in grado di illustrare graficamente il concetto matematico di ricorsività




che implica quello di auto referenziazione. Per quest’ultimo, bisogna ammetterlo, i nostri politici ed i nostri amministratori burocrati sono di gran lunga più capaci di Escher. Sono sempre stati maestri nel complicare praticamente situazioni concettualmente semplici, in modo da rappresentare poi l’elemento indispensabile per dirimerle, facendo quindi riferimento a sé stessi. Nessuno mai raggiungerà l’abilità di un politico-burocrate nel creare ad arte ostacoli assolutamente inutili per poi poter dire “Ecco fatto, ho risolto il problema! Se non ci fossi io…”. E l’estrinsecazione di tale capacità di autoreferenziazione, Lettore, ha raggiunto la sua massima espressione nella creazione di un “Ministero per la Semplificazione”, in cui l’apparato burocratico creato per semplificare ciò che si era prima complicato assume dimensioni di livello ministeriale. 
Il vero peccato è che cotanto genio sia estremamente settoriale, mirato solo all’autoreferenzialità pura, finalizzato solo ad avere vantaggi personali, pagati dalla collettività con svantaggi altrettanto personali. Il genio del politico riesce a rendere impossibili situazioni altrimenti assolutamente plausibili. Il genio di Escher invece rende plausibili situazioni fisicamente impossibili; esaminando nei particolari una sua opera sembra non vi siano contraddizioni logiche, ma è la situazione nel suo insieme a rivelarsi impossibile. 
Escher rappresenta quindi condizioni razionalmente inspiegabili; inspiegabili come la storia di Borgo Borzellino, che appare surreale come un quadro di Dalì. 
Per me, Lettore, il proteiforme Borgo Borzellino, anche dopo aver avuto accesso agli archivi, continua a conservare quell’aria di mistero di cui parlo nel post introduttivo. Rimane, in un certo modo, un  enigma ancora insoluto. A cominciare dal nome. Domenico Borzellino mi è  ancor meno noto di quanto Carneade non fosse a Don Abbondio: chi era costui? Non sono stato in grado di trovare alcuna notizia che lo riguardi. Pare fosse un altro “martire fascista”; o almeno, così dice Pennacchi. E se lo dice lui, qualcuno deve averlo detto a lui, considerato che Borgo Borzellino era compreso nella pianificazione iniziale,e quindi il suo “martirio” sarà anteriore al 1939, Antonio Pennacchi non era neanche nato, per cui la sua non può essere un’informazione di prima mano.

Sul Web vi sono diversi siti che riportano elenchi di “martiri fascisti”. Sebbene vi si trovino i nomi di Angelo Rizza o persino di Gigino Gattuso (anche lui considerato ancora, e nonostante tutto, “martire fascista”), su nessuno di essi compare il nome di Domenico Borzellino. Non sono stato in grado di comprenderne il motivo; posso solo supporre che essendo sconosciuto persino ai suoi compagni (o camerati, se preferisci, Lettore, che la denominazione abbia una connotazione politica), l’episodio connesso al suo “martirio” non debba aver avuto una grande risonanza.

Probabilmente, sempre in ossequio al principio per cui il personaggio cui dedicare  il borgo doveva essere scelto tra i nativi nella zona, non vi sarà stata altra alternativa. E da ciò desumo quindi che Domenico Borzellino sarà stato di Camporeale o di San Giuseppe Jato-San Cipirello, considerato che Borgo Borzellino, se pur ricadente nel territorio del comune di Monreale, si trova tra le due cittadine. E, sempre come descritto nel post introduttivo, è proprio per tale motivo che Borgo Borzellino costituisce una delle radici principali di questa serie sui borghi. Esso infatti sorge in contrada Balletto, su una collinetta, ai piedi della quale decorre l’ultimo tratto della ferrovia Palermo-Camporeale



che proprio ai piedi della collinetta avrebbe avuto l’ultima fermata prima della stazione terminale; puoi trovare qui le immagini della stazioncina di Balletto.  Così, se la ferrovia Palermo-Camporeale fosse entrata in funzione, il borgo sarebbe risultato ottimamente servito dal punto di vista delle vie di comunicazione. Se  esso fosse entrato in funzione.

E sarebbe ottimamente servito ancora adesso, considerato che si trova praticamente sulla SS624, subito al di là di una piazzola di sosta così grande che vi si potrebbe organizzare un concerto rock. Anziché organizzarvi concerti rock, però, viene invece utilizzata come discarica; ognuno usa ciò che ha a disposizione nella maniera che è più congeniale al proprio livello di civiltà



Borgo Borzellino sarebbe un borgo di tipo “A”. La circonferenza determinata dal suo raggio di influenza si interseca con quella di Borgo Schirò. Al limite di essa, la pianificazione del 1956 (per la quale Borgo Borzellino risulta ancora in costruzione) si sarebbero dovuti trovare diversi borghi di tipo “C”, tutti costruiti dal Consorzio con l’eccezione di uno (Borgo Desisa).



Non si vedono case realizzate dall’ECLS nelle immediate vicinanze. Non conosco il piano di appoderamento di Borgo Borzellino, ma le zone interessate dalla colonizzazione sono di solito pressochè sovrapponibili alle aree di riforma agraria individuate in base alla legge del 1950; e come si può vedere esse sono piccole ed ubicate ad una certa distanza dal borgo. La più estesa è proprio nella zona di Desisa, dove infatti si trova il maggior numero di case coloniche, edificate dall’ERAS. Forse l’unica area che avrebbe realmente dovuto beneficiare della presenza del borgo è quella indicata dalla freccia. Pertanto, il secondo degli enigmi è il motivo della presenza di un borgo di tipo “A” in quella posizione.

Fu espropriato un solo proprietario, per £ 1 803 394






Il progetto venne redatto dall’arch. ing. Giuseppe Caronia e dall’ing. Guido Puleo. Probabilmente, gli aspetti strettamente tecnici furono appannaggio del secondo, mentre il primo avrebbe curato maggiormente quelli architettonici. Infatti Guido Puleo continuerà la sua vita come ingegnere e seguiterà a dirigere i lavori di Borgo Borzellino fino alla fine, fine che non si capisce quale in effetti sia. Giuseppe Caronia, figlio di Salvatore Caronia Roberti (che fu allievo di Basile)  era invero anch’egli laureato soltanto in Ingegneria e non ancora in Architettura all’epoca della stesura del progetto, ma il suo destino professionale seguirà un percorso diverso. Al tempo della redazione del progetto di Borgo Borzellino faceva parte dei G.U.F. (Gruppi Universitari Fascisti), ma la stragrande maggioranza della sua produzione si svilupperà a partire dal dopoguerra, quando già il regime fascista era caduto. Suo è ad esempio, in collaborazione con il padre e con altri, il quartiere INA casa della zona Malaspina-Notarbartolo a Palermo; tra coloro che collaborarono a questo progetto vi è anche Giuseppe Guercio, che era stato consulente architetto dell’Istituto VE III per la bonifica della Sicilia, aveva progettato i modelli di case coloniche proposte dall’ECLS, e che avremo modo di incontrare più avanti.
Il progetto per il quale Mazzocchi Alemanni firmò la richiesta di concessione, con un preventivo di spesa di £ 1 580 000, recava la data del 4.4.1940; questa deve però essere una data formale (tra l’altro, la medesima della richiesta, datata anch’essa 4.4.1940) ma la stesura del progetto doveva necessariamente essere anteriore, in quanto Borgo Borzellino è  compreso nell’elenco degli espropri della prima serie, ed è riportato sull’Ortensi;  il suo progetto  era infatti stato presentato alla Mostra del febbraio 1940 a Palermo. La data reale, pertanto, non può essere posteriore al 1939.
E nel riordinare l’archivio ESA, proprio al 1939 è stato fatto risalire il contenuto del primo faldone presente negli archivi storici, quello che conterrebbe le tavole originali di progetto. Non vi è però alcuna relazione acclusa, ed i disegni sono tutti privi di data. In effetti, nell’elenco ad uso interno dell’ESA, le tavole di progetto vengono considerata “s.d.”, “senza data”, e l’anno 1939 viene menzionato tra parentesi: è una supposizione di chi ha redatto l’elenco. Ma è verosimile che i disegni presenti in archivio, e regolarmente firmati dai due ingegneri, risalgano realmente al 1939?

Borgo Borzellino, seguendo la classificazione ECLS sarebbe stato, come affermato sopra, un borgo di tipo “A”; ma la classificazione non era ancora in uso, non ancora esistente, nel 1939. Dai disegni in prospettiva e dal plastico, si evince che il borgo avrebbe compreso sette edifici



L’identificazione di scuola, chiesa, caserma, sede del PNF e case artigiani con i fabbricati delle versioni successive del progetto sarebbe inequivocabile. Qualche incertezza vi è per i due edifici che occupano il margine Nord della piazza. Uno di essi è sicuramente la trattoria, per la quale l’incertezza riguarderebbe solo le dimensioni; l’edificio infatti sembrerebbe più piccolo di quello poi realizzato. Ma d’altra parte una differenza nelle dimensioni è rilevabile anche per la scuola, che appare relativamente più grande


L’altra incertezza riguarda l’edificio posto all’angolo Nord Ovest. Questo, etichettato poi come delegazione podestarile, sarebbe stato originariamente destinato a dispensario medico


Nei disegni di progetto successivi, la pianta delle fondazioni della delegazione podestarile figurerà ancora come “Dispensario”





Un ambulatorio medico sarebbe comunque stato indispensabile per qualunque borgo “A” o “B”, ma per un borgo “A” anche la presenza della Casa dell’Ente sarebbe stata necessaria; e questa non può essere individuata in alcuno degli edifici presenti sul plastico o sui disegni. L’assenza della Casa dell’Ente renderebbe il progetto coevo di quelli di Borgo Schirò o di Borgo Lupo, confermando la datazione del 1939. Sarebbe stato questo il progetto formalmente datato 4 aprile 1940, e per il quale l’Impresa Galassi avrebbe visto attribuirsi l’appalto dei lavori, in data 8 luglio 1940 



L’assonometria del borgo che l’Impresa Galassi avrebbe dovuto realizzare sarebbe allora stata questa




basata su elementi già visti più di una volta:  solita piazza rettangolare con gli assi sfalsati, portici, torre littoria. Unica particolarità rilevante, la posizione della chiesa. Questa probabilmente fu dovuta in gran parte alla particolare morfologia della collinetta che anche con ingenti movimenti di terra non avrebbe comunque consentito la realizzazione di un piazzale di dimensioni adeguate; soluzioni simili vennero adottate anche a Borgo Gattuso ed a Borgo Rizza. Ma se il progetto è quello rappresentato in assonometria, e risale al 1939, il contenuto del primo faldone dell’archivio non può essere fatto risalire allo stesso periodo. E’ incompatibile con gli edifici della rappresentazione assonometrica.

Anche i lavori relativi all’approvvigionamento idrico vennero affidati all’Impresa Galassi,con contratto datato 23 settembre 1940.

Il progetto venne approvato dal Comitato Tecnico Amministrativo del Provveditorato alle OO PP il 16 aprile 1940 per l’importo ridotto di £ 1 156 361, in quanto vennero stralciate delle opere ritenute di competenza privata. I lavori vennero in effetti iniziati nell’agosto dello stesso anno ma dopo  due mesi circa, nell’ottobre successivo, essi vennero sospesi. Praticamente nulla era stato costruito alla sospensione; le perizie parlano di movimenti di terra e “poche opere di muratura”, anche se non viene specificato a cosa ci si riferisse esattamente con la seconda espressione. La motivazione che venne addotta per la sospensione dei lavori riguarda le difficoltà che si sarebbero incontrate a causa degli eventi bellici, anche se non si menziona quali difficoltà sarebbero sopravvenute. 
Eppure, Lettore, l’Impresa Galassi sospese i lavori in ottobre, addirittura prima che venissero inaugurati gli otto borghi della prima serie, il fatidico 18 dicembre 1940; come mai mentre altrove si portavano a compimento i lavori, l’Impresa Galassi  riusciva a malapena ad iniziarli?

Ma la faccenda più strana non è nemmeno questa. Abbiamo visto diversi esempi di situazioni in cui, a causa delle difficoltà legate agli eventi bellici si sia rinunciato alla realizzazione di ampliamenti già progettati (come ad esempio a Borgo Schirò) o addirittura di ciò che era previsto in progetto (come ad esempio a Borgo Gattuso o a Borgo Bassi). L’ECLS invece, nonostante le difficoltà lamentate dall’impresa Galassi, formulò per essa una richiesta di revisione prezzi , indi aggiornò il progetto e richiese una nuova concessione.

La richiesta di revisione dei prezzi era, come è stato visto per altri borghi, una prassi frequente. Una richiesta che venne avanzata praticamente per ogni borgo ECLS realizzato. Era null’altro che un modo per aggirare il tetto imposto ai finanziamenti per le opere a carico dello Stato e ai contributi per le opere private, consentendo da un lato al provveditorato alle OO PP di approvare il progetto, e dall’altro all’impresa aggiudicataria di ottenere qualcosa di più di un guadagno esiguo. Ma nel caso di Borgo Borzellino, l’incremento chiesto fu di sole diciannovemilacinquecento  lire, ottenuto e liquidato all’Impresa Galassi. Ciò consentì  di rescindere il contratto, senza eventuali contenziosi, applicando la legge 28 novembre 1940. Sembra che in questo caso  l’ECLS abbia agito con il preciso intento di risolvere il rapporto con l’Impresa Galassi, e poter così presentare un nuovo progetto ed iniziare un nuovo rapporto con un’altra impresa.

Il nuovo progetto venne ultimato il 15 marzo del 1943. Esso, sebbene il precedente fosse fallito per le difficoltà connesse allo stato di guerra, appariva faraonico, prevedendo la costruzione di ben 14 edifici: chiesa, poste e carabinieri, casa del fascio, scuole, delegazione podestarile, ufficio dell’Ente, alloggio delegato podestarile ed assistenza tecnica agraria, alloggio impiegato comunale ed appaltatore trasporto, alloggi ostetrica, assistente sanitario, visitatrice e dirigente massaia rurale, alloggi popolari, casa sanitaria, cabina di trasformazione, ambulatorio veterinario e piccolo mattatoio, ed officina larvicidi. 
Il preventivo di spesa per la costruzione era di £ 6 704 832,29, cui andavano sommati i costi per espropriazioni, decorazioni, imprevisti e spese generali per un totale di £ 8 130 000, sette volte la cifra per la quale il progetto precedente era stato approvato. E’ certo che uno stanziamento di più di otto milioni di lire nel periodo bellico (tra l’altro, in un periodo in cui si stava chiaramente prospettando la sconfitta) è tanto ingente da apparire fuori da ogni logica; persino il costo di Borgo Caracciolo, già in costruzione in quel periodo e vessillo della propaganda di regime, valeva poco più di metà di tale cifra, e il relativo finanziamento si stava già rivelando estremamente difficoltoso.

La motivazione riportata nell’adunata del 21 dicembre 1945 per un ampliamento così imponente è che “[…] l’Ente di Colonizzazione […] aveva sperimentato che tali nuclei per poter vivere hanno bisogno dei servizi essenziali

Inoltre, sempre a motivo dell’orografia locale, risulta difficile immaginare anche quale sarebbe stata la distribuzione degli edifici; la planimetria di tale progetto non è disponibile, e non ho la benché minima idea di come potesse apparire.

Ciò che è certo è che neanche a tale progetto si può riferire il contenuto del faldone numero uno, di cui parlavo sopra. Il progetto che esso contiene comprenderebbe infatti  nove edifici: chiesa, poste e carabinieri, case artigiani, casa del fascio, uffici dell’Ente, scuola, casa sanitaria, trattoria e rivendita, e delegazione podestarile. La realizzazione degli elaborati appare improntata a  criteri di estremo ordine e chiarezza. Ogni tavola di progetto contiene un singolo disegno (planimetria, sezione, disegno esecutivo, fondazioni) tracciato su foglio di grandi dimensioni; tutte le tavole relative ad ogni singolo edificio sono raccolte in una custodia dedicata e provvista della rispettiva intestazione, di colore giallo chiaro per gli edifici di competenza statale, celeste per quelli di competenza privata. Purtroppo, la custodia che avrebbe dovuto contenere la planimetria è vuota; non sarebbe così possibile risalire alla relativa disposizione degli edifici. Tuttavia, come vedremo più avanti, il problema può essere aggirato con relativa facilità.

I lavori del nuovo progetto vennero affidati all’impresa Odorisio, la medesima che aveva realizzato borgo Schirò, meno di dieci chilometri a SudEst; l’assegnazione avvenne in seguito a trattativa privata. Ma soprattutto, l’incarico fu conferito all’impresa non solo prima dell’approvazione della concessione, anche questa prassi frequente, ma anche prima dell’approvazione del Comitato Tecnico Amministrativo ed addirittura prima della nuova richiesta di concessione, datata 10 giugno 1943. Ciò appare paradossale; rifacendosi alla frase nel titolo, è come se si fosse detto qualcosa prima di cominciare a parlare. A meno che non si sia inteso mettere di fronte al fatto compiuto chi avrebbe dovuto approvare il progetto. Non è chiaro quale sia stata la data della consegna dei lavori, ma pare che ciò sia avvenuto nell’aprile del 1943. I lavori vennero sospesi il 10 luglio dello stesso anno, con la proclamazione dello stato di emergenza in Sicilia.

In soli tre mesi, evidentemente, non si sarebbe mai potuto ultimare il borgo. Alla sospensione, l’ing. Guido Puleo, progettista nonché direttore dei lavori, provvide a redigere una perizia relativa a lavori di cautela e presidio la cui esecuzione sarebbe stata necessaria per salvaguardare quanto già realizzato evitandone il deterioramento. L’esecuzione delle opere di presidio avrebbe riguardato il completamento di scuola e caserma, e della viabilità interna, con preventivo di spesa di £ 1 200 000.  La perizia era datata 15 marzo 1944;  per l’esecuzione dei relativi lavori L’Ente chiese ed ottenne  un finanziamento dalle Autorità Alleate che in quel periodo governavano la Sicilia, indi, seguendo la consuetudine, chiese la concessione dei lavori al Comitato Tecnico Amministrativo del Provveditorato alle OO PP . La richiesta fu discussa nell’adunata del 27 settembre del 1944 dal CTA, il quale la respinse, chiedendo che venisse redatta una nuova perizia che includesse anche la cifra da liquidare all’Impresa Odorisio per i lavori già svolti.

Qui, Lettore, è difficile comprendere come siano effettivamente andate le cose. Da una parte, è rigorosamente corretto che si tentasse di tutelare, oltreché i beni dell’Ente, anche l’Impresa che li aveva realizzati, magari approfittando del fatto che le Autorità Alleate erano disposte a concedere i fondi. D’altra parte, una tale attenzione da parte del CTA verso gli interessi dell’impresa è sicuramente infrequente; è evidente che il CTA doveva tenere in grande considerazione gli interessi dell’Impresa  Odorisio, se li anteponeva a quelli della salvaguardia delle opere.

Comunque siano andate le cose, è chiaro che la richiesta di fondi alle Autorità Alleate sarà necessariamente stata accompagnata dalla relativa documentazione, innanzitutto da quella di progetto. Ed è probabilmente in tale circostanza che vennero operate le correzioni a mano su raccoglitori e tavole di progetto, quelle correzioni che tanto hanno colpito l’immaginazione di Joshua Samuels. E’ infatti improbabile che le Autorità Alleate fossero particolarmente proclivi a concedere finanziamenti volti a salvaguardare costruzioni facenti parte di un complesso edilizio che comprendesse edifici denominati “Casa del Fascio” o “Delegazione Podestarile”. Le diciture a stampa sui raccoglitori vennero così accuratamente mascherate, ed al loro posto venne scritto, rispettivamente,  “Casa Comunale” e “Dispensario Medico”

 Si tentò di eseguire correzioni analoghe su alcune tavole di progetto. Sulla planimetria della Casa del Fascio, le diciture “Podestà”, “G.I.L.”(che stava per Gioventù Italiana del Littorio) e “M.V.S.N.” ( Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) vennero depennate ed al posto di esse venne scritto “Uffici”



Non tutte le tavole dei progetti della casa del fascio e della delegazione podestarile furono oggetto di correzione; eseguire correzioni di tale tipo sul disegno del retro prospetto della torre littoria, dove l’insegna lapidea del borgo appare affiancata da due fasci littori sarebbe stato inutile


E’ verosimile che, semplicemente, non tutte le tavole attinenti ad ogni progetto siano state mostrate.
La plausibilità di una tale ipotesi sembra comprovata dal fatto che nei disegni esecutivi tracciati nel 1961 la dicitura “Delegazione podestarile” continuerà ad essere tranquillamente mantenuta



Da questo  sembra potersi arguire che la cancellazione dei simboli del regime non abbia avuto una motivazione strettamente politica (o di riabilitazione, come la intende Samuels); l’azione sembrerebbe invece connessa ad una necessità contingente.
Se tale ipotesi dovesse essere vera, le tavole di progetto dovevano essere preesistenti a quell’avvenimento. Non 1939, dunque, ma neppure 1944.

La nuova perizia richiesta dal CTA fu presentata come stralcio del progetto precedente, e nel quale erano considerate le opere già iniziate. Il progetto, datato 28 luglio 1944, prevedeva una spesa di £ 5 929 559,50, di cui £ 1 175 916.50 sarebbero stati già finanziati. La spesa ulteriore sarebbe stata di £ 4 670 000, divenuta poi di £ 4 753 643, cifra per la quale era stata avanzata la domanda di concessione. La maggior spesa venne giustificata con la necessità di una variante nell’esecuzione delle fondazioni, che a causa della natura del terreno avrebbero richiesto più ingenti movimenti di terra e maggior spessore della muratura.

E’ allora possibile che il contenuto del primo faldone dell’archivio si riferisca, alla fine, a quest’ultimo progetto. Le tavole sarebbero sempre quelle redatte nel corso della stesura dei progetti precedenti. Il progetto originario potrebbe essere stato modificato per renderlo compatibile con la normativa relativa alla tipologia dei borghi(“A”,”B” e “C”) e con la normativa sulle case sanitarie (che fece sparire il dispensario da Borgo Bassi), inserendo i fabbricati degli uffici dell’Ente e la Casa Sanitaria .Gli elaborati relativi a tutti gli alloggi, all’ambulatorio veterinario, all’officina larvicidi ed alla cabina di trasformazione, portati a termine in un periodo ancora successivo, sarebbero stati ritirati in quanto non più compresi in questa versione.  Questo collocherebbe la redazione del progetto nel 1942.

Ma anche ritenendo che le cose possano essere andate in questo modo, un’anomalia permane. L’anomalia consiste nella presenza degli elaborati relativi alla Casa Sanitaria



stralciata dal progetto del 1943. Il progetto del 1944 avrebbe previsto infatti la presenza di Casa Comunale, botteghe artigiani caserma ed ufficio postale, abitazione del delegato (chiamato ancora delegato podestarile) trattoria e rivendita, scuola, chiesa e canonica ed uffici dell’ente. Tra gli edifici elencati viene in effetti menzionato un “dispensario medico”; ma questi è verosimilmente l’alloggio del delegato, la cui dicitura era stata corretta sul raccoglitore convertendola in “dispensario medico”, cosa che indicherebbe come per il “nuovo” progetto si sarebbe fatto riferimento agli elaborati preesistenti.

Nella cifra preventivata erano comunque comprese le spese per opere di presidio per il quale era stato chiesto il finanziamento alle Autorità Alleate. Il progetto ricevette l’approvazione del CTA nell’adunanza del 21 dicembre 1945, ed i lavori vennero affidati ancora una volta all’Impresa Odorisio, sempre a trattativa privata. In tutto questo, il governo della Sicilia era passato nelle mani all’Alto Commissariato per la Sicilia; il nuovo direttore dell’ECLS, Mario Ovazza firmò la delibera di approvazione e richiesta all’Alto Commissariato in data 8 ottobre 1945.(Joshua Samuels nella sua tesi di dottorato scrive che Mazzocchi Alemanni venne silurato e la direzione dell’Ente venne affidata al “comunista” Mario Ovazza; l'ing. Mario Ovazza, il “comunista” nell'opinione dei più, aveva però partecipato nel 1934 ad un concorso indetto dall’Istituto VEIII per individuare  nomi evocativi da dare ai centri rurali di prossima costruzione).
L’Alto Commissariato concesse i lavori da eseguire, sia quelli di completamento, sia quelli di presidio, e concesse, in sanatoria anche quelli già eseguiti, con decreto del 19 giugno 1946. Nel gennaio del 1947, però, si rifiutò  di ratificare la delibera del direttore dell’Ente ritenendo  non sussistenti le condizioni per l’assegnazione di lavori a trattativa privata, e non ammissibile un aggiornamento prezzi in corso d’opera. In qualche modo, l’Alto Commissariato rilevò  l’anomalia; si rese conto che qualcuno aveva voluto "dire qualcosa prima di cominciare a parlare".


Fu allora presentato un  nuovo progetto, datato 12.6.1947, la cui concessione fu richiesta nel luglio successivo per un preventivo di spesa di £ 4 000 000.

Pare che i lavori di presidio e cautela nel 1946 siano comunque stati realizzati, forse ancora dall’Impresa Odorisio, che nell’aprile del 1946 nominò un suo rappresentante legale a Palermo


 ma questi riguardarono la caserma, e, parzialmente, anche la scuola.

In data 12 gennaio 1948 vennero concessi all’Ente i lavori di completamento. Essi avrebbero riguardato scuola (muratura in elevazione dell’alloggio della maestra, solaio terrazza e coperture), abitazione del sindaco (completamento muratura in elevazione, solai e coperture) e municipio (completamento muratura della torre e sua copertura), Un’ulteriore perizia, del novembre 1948, avrebbe riguardato la rifinitura ed i sanitari per gli edifici, e la sistemazione di piazza e fontana.
Sempre nel 1948 venne presentato il progetto per la realizzazione di trattoria e rivendita


Il progetto era stato redatto dai Servizi di Ingegneria dell’Ente, ma in realtà si rifaceva al progetto originario degli ingg. Caronia e Puleo. L’edificio sarà realizzato fino al piano di imposta del solaio di copertura del piano terra.

Nel febbraio del 1949 l’Ente deliberò la richiesta di concessione per il completamento delle opere di competenza statale. Tale completamento avrebbe previsto la realizzazione della chiesa e degli uffici dell’Ente; per la prima volta qui compare un dispensario medico annesso agli uffici dell’Ente. La stessa delibera prevedeva anche la realizzazione dell’acquedotto e delle strade di accesso per un preventivo di spesa di £ 50 000 000. Tale cifra avrebbe compreso i lavori contemplati nella perizia del novembre 1948, con un preventivo di spesa di £ 25 000 000 da finanziare con i fondi del programma straordinario per l’esecuzione di opere pubbliche di bonifica 1947-1948, ed altri 25 000 000 provenienti dai fondi E.R.P. 
La perizia è firmata sempre da Caronia e Puleo


 e prevedeva la costruzione del serbatoio, di chiesa e canonica, degli Uffici dell’Ente, del portico tra trattoria e casa del sindaco e della cordonata sulla rampa per la chiesa. Qui il progetto ritorna a quello originario, con l’unica differenza costituita dalla presenza degli uffici dell’ente. Alla perizia sarebbero stati allegati i disegni esecutivi, compresi quelli del serbatoio e degli uffici/dispensario; i disegni non sono però disponibili. La pianta degli uffici dell’Ente/dispensario avrebbe comunque dovuto essere quella originaria, considerato che la muratura in elevazione era già stata realizzata per oltre un metro.

La concessione da parte dell’Assessorato riguardò esclusivamente i venticinque milioni del programma straordinario per l’esecuzione di opere pubbliche di bonifica. I lavori vennero affidati all’Impresa Garufi e Napoli il  9 settembre 1949 anche se il contratto è  datato 3 dicembre. Venne richiesta una proroga, motivata dalla mancata corresponsione all’Impresa dei pagamenti in corso d’opera, a sua volta dipendente dalle difficoltà nell’ottenere il finanziamento; poi una seconda proroga, a causa del cattivo tempo che avrebbe impedito l’esecuzione dei lavori.  La vicenda evolse in un’azione giudiziaria che un creditore della Garufi e Napoli intraprese contro l’Impresa debitrice, e contro l’ECLS (frattanto divenuto ERAS) responsabile di non aver corrisposto i pagamenti dovuti all’Impresa e ponendola nelle condizioni di non poter saldare i debiti.

L’ultimazione dei lavori avvenne l’otto maggio 1951, mentre il collaudo avvenne nel 1955, alla presenza del’ing. Puleo, uno dei due ingegneri che più di quindici anni prima aveva redatto il primo progetto.

Nel 1959 venne stilata una perizia per manutenzione ordinaria, che aveva come oggetto lavori da eseguire su scuola, municipio, alloggi artigiani, caserma/poste, delegazione municipale (l’alloggio del delegato podestarile cambia sempre nome) e trattoria e rivendita (in pratica, gli edifici attualmente esistenti). Sebbene la perizia parli di “manutenzione ordinaria”, i lavori da eseguire sull’edificio trattoria e rivendita avrebbero riguardato il completamento dell’edificio, la cui costruzione era stata sospesa al piano d’imposta del solaio della prima elevazione; il confronto con il disegno esecutivo precedente evidenzia le differenze introdotte rispetto al progetto originario


I lavori vennero affidati all’Impresa La Barbera Francesco. In corso d’opera vennero redatte diverse perizie di varianti e suppletive, per cui ancora nel 1971 venivano avanzate richieste di adeguamento prezzi.

Nel 1961, l’Ispettorato Agrario Regionale revocò la concessione relativa alla costruzione di botteghe ed alloggi artigiani, in quanto l’Ente aveva lasciato decorrere i termini senza provvedere all’esecuzione dei lavori. Furono necessarie delle ricerche di archivio per scoprire che i lavori erano stati effettuati, ma mai collaudati, e questo era il motivo per il quale non era mai stata trasmessa alcuna documentazione all’Assessorato.

Qui termina la documentazione “tecnica”; ma siamo giunti agli anni Settanta, in piena Prima Repubblica, quando l’ECLS è già divenuto ESA da un pezzo, passando per l’ERAS; la colonizzazione del latifondo prima, così come la riforma agraria dopo, sono terminate.

In questo sovrapporsi di progetti, perizie e richieste di concessione viene delineato un quadro che poi non sembra trovare corrispondenza nella realtà di ciò che viene realizzato. Mi sembra di poter intravedere, Lettore, una stretta analogia concettuale con le immagini ambigue di “the Endless Enigma”, in cui i contorni di alcuni oggetti sembrano delinearne altri, che poi di fatto non sono presenti.

Dalla documentazione ciò che risulta inequivocabile è solo il contenuto delle varie perizie; non si comprende però ogni volta cosa sia stato fatto, cosa si sia tralasciato, e perché. Ad ogni passaggio sembra che si sia progredito nella realizzazione del progetto, ma al termine di ogni ciclo, la situazione permane invariata. E’ ciò che accade nella Salita e Discesa di Escher, in cui è possibile seguire ogni singolo gradino, sempre salendo o sempre scendendo, ma alla fine di ogni giro ci si ritrova inevitabilmente al punto di partenza.

I lavori affidati all’Impresa Garufi e Napoli hanno un inizio, settembre 1949, una fine, maggio 1951, ed una perizia di collaudo che li definisce collaudabili e come tali li collauda nel 1955, alla presenza di uno dei progettisti. Egli, a più di quindici anni di distanza, non avrà avuto nulla da eccepire su come il suo progetto sia stato realizzato alla fine. Ma qual era, alla fine, il suo progetto? E cosa venne in effetti realizzato di esso? Il contratto firmato dall’Impresa Garufi e Napoli prevedeva la costruzione ed il completamento di diversi edifici e dell’acquedotto, nonché di piazza e fontana; i disegni mancano, ma i lavori da portare a termine sono ben specificati. Nel verbale di collaudo invece nulla è specificato. Si legge testualmente: “RISULTATO DELLA VISITA – Dalle ispezioni, saggi, misurazioni, riscontri, e verifiche eseguite è risultato che tutti i lavori sono stati eseguiti regolarmente ed in conformità del progetto approvato, salvo lievi modifiche pienamente giustificate…”, e basta.

Qui siamo però in grado di fare qualcosa che non ci è concesso dalle raffigurazioni o dalle rappresentazioni. Mentre non ci è consentito entrare nell’opera “Salita e Discesa” di Escher per verificare se il percorso chiuso sia in effetti sempre in salita o sempre in discesa, possiamo invece entrare a Borgo Borzellino, e vedere cosa sia effettivamente, alla fine stato realizzato, ed in che stato sia.

Il sito si trova sulla sommità di un poggio (Cozzo Balletto)

dove i fabbricati sarebbero stati disposti ai margini di una piazza rettangolare con gli assi sfalsati, con l’eccezione della chiesa, posta su un rialzo del terreno, oltre la quinta Ovest della piazza.
L’ingresso alla piazza sarebbe avvenuto tramite una rampa d’accesso che sale lungo il fianco della collinetta, in cima alla quale si sarebbero visti la casa del fascio e la scuola


Quest’ultima, sul margine destro della rampa d’accesso, presenta una pianta a “T” asimmetrica, con l’asse maggiore perpendicolare all’asse viario


L’edificio è costituito da due ali separate; ambedue le ali si sviluppano su due livelli,ma questi sono sfalsati, in quanto la costruzione insiste sul fianco della collinetta per cui la base del prospetto e quella del retro prospetto si trovano ad altezze diverse.


Il rivestimento esterno dei muri perimetrali dell’ala Nord, che comprende le aule, è un bugnato che sul prospetto dell’ala Sud risulta appena elevato rispetto al piano della piazza, come fosse una zoccolatura.



Sul prospetto dell’ala Sud  vi è un portico costituito da tre archi a sesto ribassato



Lungo il margine Nord della piazza vi sono trattoria e locanda. L’ edificio che le ospita, a pianta rettangolare, si sviluppa su due elevazioni


Al piano inferiore vi sarebbero state la rivendita e la trattoria

mentre il piano superiore sarebbe stato adibito a locanda, con sei camere

Sul prospetto vi è un portico, con loggiato soprastante, ambedue costituiti da piattabande. 
Proseguendo lungo il margine Nord, una serie di arcate avrebbero dovuto congiungere la trattoria con la delegazione podestarile, posta in corrispondenza del vertice Nord Ovest della piazza

Questa consiste in un piccolo edificio con pianta ad “L” poco pronunciata

e che si sviluppa anch’esso su due elevazioni.

Lungo il margine Ovest tra la delegazione podestarile e la caserma dei carabinieri avrebbe dovuto trovarsi l’imbocco della rampa che avrebbe condotto sul sagrato della chiesa


Questa sarebbe sorta quindi in posizione più elevata rispetto alla piazza, ad ovest di essa; sarebbe stata anch’essa caratterizzata dalla presenza di un portico con archi a sesto ribassato

L’aula, a pianta rettangolare, sarebbe stata a navata singola; il campanile sarebbe stato costituito da una torre rastremata verso l’alto. In corrispondenza dell’abside si sarebbe aperto l’accesso alla sagrestia; quest’ultima sarebbe stata in continuità con la canonica, edificio con pianta ad “L” su singola elevazione

Oltre l’imbocco della rampa, lungo il margine Ovest della piazza si sarebbe trovato l’edificio adibito a caserma ed ufficio postale. Anch’esso a due piani, anch’esso con portico e loggiato soprastante sul prospetto

Al piano inferiore avrebbe ospitato i servizi

a quello superiore gli alloggi


L’area a Sud della piazza sarebbe stata occupata dai due edifici destinati a Casa del Fascio

e botteghe artigiane

congiunti da un lungo porticato sul prospetto

che si prolunga per l’intera lunghezza della piazza costituendone la quinta Sud

La Casa del fascio, con pianta ad L, termina con la torre littoria, che delimita la strada di accesso dalla parte opposta della scuola

La torre, su tre elevazioni


 presenta un bugnato nella parte inferiore che riprende quello della scuola, e quella che si sarebbe trovata su chiesa e campanile

L’estetica risulta abbastanza diversa da quella che avrebbe dovuto avere nell’idea originale dei progettisti


ma conforme alle variazioni intercorse con il progetto del 1948



L’accesso alla torre è consentito da un portico ad arco che si trova alla base

Un balcone arengario si trova sul prospetto, in corrispondenza del primo piano


L’attuale planimetria del borgo è quindi questa

Salendo sull’altura dove avrebbe dovuto trovarsi la chiesa, nessuna struttura, nessun movimento di terra, nessuna variazione attribuibile all’opera dell’uomo sembra visibile.
Delle strutture murarie appena abbozzate, invece, si trovano in basso, lungo la strada d’accesso, a SudEst della casa del fascio. Ciò che si vede è un abbozzo di muratura che sembrerebbe delimitare tre stanze

l’uso del luogo come piccola discarica ed il degrado del tempo concorrono a rendere ancor meno chiaro cosa tale struttura rappresenti

Le riprese aeree e satellitari rappresentano al riguardo un aiuto insostituibile per comprendere cosa si stia osservando.
Su immagini di dieci anni prima, le strutture murarie mostrano una struttura più definita


inequivocabilmente identificabile con il piano terra degli Uffici dell’Ente

Sempre fino ad una decina di anni addietro lo scavo delle fondazioni della chiesa e le fondazioni della torre campanaria, presente sulle foto di più di venti anni fa


erano ancora visibili

Sulla base di quanto è visibile adesso, è possibile comprendere quale avrebbe dovuto essere la planimetria mancante nel primo faldone dell’archivio. Tutti gli edifici hanno trovato la loro collocazione all’infuori della Casa Sanitaria. Ma la posizione di quest’ultima appare obbligata. La planimetria mancante avrebbe dovuto apparire simile a questa

Si rileva però la presenza di altre strutture difficili da inquadrare. A NordEst, lungo la strada di accesso, vi è un serbatoio interrato. Questo non è chiaramente il serbatoio del borgo, che avrebbe dovuto trovarsi oltre la chiesa, ma è in qualche modo attinente ad esso

Il serbatoio presenta tre vasche separate, ma non è chiaro cosa alimenti. Le imboccature sono rimaste pericolosamente aperte

Lo stato degli edifici esistenti è variabile, comunque cattivo. Forse la sorte peggiore è toccata alla scuola

I muri esterni presentano delle gravi lesioni

I tetti, nonostante i lavori di completamento e manutenzione che avrebbero interessato l’edificio in più di un’occasione, hanno conservato la struttura originaria con capriate in legno e copertura in tegole. Le strutture hanno ormai ceduto in più punti

Uno dei pavimenti delle aule è inesistente; il solaio si è staccato dal cordolo di aggancio su tre lati, ed il pavimento si è adagiato verticalmente sulla parete sottostante, appeso in corrispondenza del quarto lato

Qualcuno ha cercato di precludere l’accesso a quello che avrebbe dovuto essere l’alloggio della maestra creando uno sbarramento (relativamente efficace) all’imbocco della scala, con una porta ed una fettuccia. Il luogo è frequentato dai soliti appassionati di soft air gun, e considerate le condizioni del fabbricato avventurarsi ai piani superiori potrebbe essere davvero pericoloso. In tempi relativamente recenti si era iniziata l’installazione dell’impianto elettrico interno; non si capisce, dalle perizie, quando ciò possa essere avvenuto, ma attualmente il contrasto tra tracce,cassette e derivazioni dell’impianto e lo stato del fabbricato risulta tanto marcato da divenire parte dei paradossi propri di questo luogo

Il municipio, o ex casa del fascio, appare in condizioni nettamente migliori, torre compresa. I danni alle coperture interessano attualmente solo quest’ultima; gran parte degli infissi sono presenti. Pare che ogni tanto qualcuno vi passi la notte

Anche le botteghe artigiane sono in discrete condizioni

non tanto la zona Est, quanto quella Ovest, di cui alcuni locali sono chiusi a chiave. Di fronte ad essi vi è una piccola area recintata dove qualcuno cura delle piante grasse.
La caserma è invece in condizioni peggiori. Non tanto per le strutture portanti, quanto per le coperture. Anche in questo caso si vedono le travature in legno che costituiscono la struttura del tetto


Gli edifici in condizioni migliori sono ex alloggio del delegato del sindaco (o delegazione podestarile, o dispensario medico o più recentemente, a quanto si arguisce da ciò che vi si trova dentro, succursale dell’archivio dell’ente)

e la trattoria e rivendita. Quest’ultima conserva le ringhiere lungo le scale interne

gli infissi, e non presenta danni visibili alle coperture. Probabilmente ancora adesso è utilizzata da qualcuno, considerato che lungo le ringhiere della balconata del primo piano compaiono dei panni che poi vengono rimossi. La trattoria sembra avere una struttura mista, in muratura portante e cemento armato, risultato dell’edificazione in due fasi e dei ripetuti rimaneggiamenti del relativo progetto. E’ ben visibile la variazione del portico che secondo il progetto originario sarebbe stato composto da archi a sesto ribassato, mentre è invece formato da piattabande, realizzate con un architrave in cemento armato sui piedritti.
Non vi è traccia di quella che avrebbe dovuto essere la fontana

(un abbeveratoio sulla parete Nord della torre littoria), né di sistemazione della piazza, sebbene comprese tra i lavori affidati alla ditta Garufi e Napoli
Nonostante la palese incompletezza Borgo Borzellino sembra essere piaciuto molto ad Antonio Pennacchi (ma credo che non sarebbe potuto essere diversamente), che così lo descrive: “Sta su un poggio, su una rupe quasi, e lo vedi da sotto, dalla statale, che ti pare l’abbazia di Montecassino. Un’altra cosa da non credere. Poi giri per la stradella, c’entri dentro. Sta torre littoria che è la fine del mondo. Con una pietra lavorata a diamante, pare proprio il palazzo dei Diamanti di Ferrara E all’interno, nella piazza, tutti sti porticati a sesto ribassato”. 
Proprio i porticati ad arco furono invece alla base della sostanziale stroncatura da parte della Accascina nel suo articolo del 4 febbraio del 1940:
 “Al quale [il popolo] bisognava appunto accostarsi, per conoscerne le consuetudini, le debolezze, le tradizionali abitudini, onde evitare che essi, i rurali, non vengano a trovarsi «spaesati» nella loro terra, costringendoli tra forme architettoniche non familiari e quindi a contrarre abitudini a loro diverse, Questa è forse l’unica lacuna del progetto presentato dal G.U.F., e cioè da Giuseppe Caronia e da Guido Puleo del Borgo Borzellino per la bonifica dell’alto Belice, sopra un poggio in pieno latifondo, progetto che pur ha il grande pregio di offrire «un borgo», cioè un complesso unitario di cui tutti gli edifici sono cellule indispensabili. Nota insistente e coesiva è quella dell’arco che adorna gli edifici, e forma un porticato continuo per tutti gli edifici. Ove si escluda la difficoltà dell’ingresso subito fermato dalla torre, le solitudini sono del tutto felici e concordi ma il borgo potrebbe egualmente sorgere nelle provincie emiliane o in altre mancando d’ogni accentuazione di sicilianità. Epperò se i portici che costituiscono il principale elemento escogeno, si trasferiscono dal nord al sud, non è da escludere che, per l’ombra che essi offrono nell’ora di arsura meridiana e per il riparo nelle intemperie e nelle piogge frequenti e spesso irruenti, essi non possano riuscire ben accetti anche in Sicilia.”.

Anche in questo caso, come è stato per Borgo Lupo, vorrei esprimere la mia opinione sul valore estetico di Borgo Borzellino. E sempre come per Borgo Lupo, dal punto di vista strettamente architettonico concordo con la prof. Accascina. Non tanto per la mancata aderenza a certi canoni di “sicilianità”, e neppure per il porticato in sé. Sempre come per Borgo Lupo, l’impressione è che i portici siano stati inseriti solo per cercare di rendere caratteristiche delle costruzioni peraltro assolutamente anonime, ove si eccettui la torre littoria. Ma la mia opinione in questo vale quanto valgono le competenze architettoniche che la generano, quantificabili da un numero così piccolo da risultare indistinguibile dallo zero. Resta il fatto che la Accascina non vide mai Borgo Borzellino, e le sue valutazioni si basano sul plastico e sul disegno prospettico che da esso deriva, oltreché sui disegni di progetto. 
Ma la visione diretta di Borgo Borzellino può comunque suscitare delle sensazioni molto meno negative di quanto non lo sia il giudizio limitato all’architettonica, sensazioni che non possono venire generate dalla visione di un plastico o da un disegno prospettico. Da questo punto di vista, concordo con Pennacchi. Forse la sua similitudine con l’abbazia di Montecassino deriva dalla presenza della torre, o dalla lunga teoria di finestre allineate visibili su botteghe artigiane e casa del fascio. Ma nella mia opinione, Borgo Borzellino appare ben più misterioso dell’abbazia di Montecassino. Probabilmente, tale sensazione deriva dal fatto che Borgo Borzellino, insieme a Borgo Littorio, Borgo Bassi, Bellolampo e la ferrovia Palermo-Camporeale, costituisce la fonte dalla quale questa lunga serie sui borghi è scaturita.

Percorrendo la SS624 provenendo da Sud, Borgo Borzellino risulta visibile da chilometri di distanza. Ed in ragione della tortuosità della strada, il sito si trova ora a destra, ora a sinistra dell’asse stradale. Ancor più misteriosa è la sensazione generata dalla sua presenza quando il tratto di statale che viene percorso è proprio quello che costeggia poggio Balletto.

Giungendo in prossimità del sito, l’effetto è anche maggiore

All’ingresso nella piazza del borgo

le costruzioni da misteriose divengono inquietanti

La vista della statale è quasi completamente schermata, mentre la piazza è aperta verso Nord-NordEst

e lo sguardo spazia per l’ampia vallata, semideserta

fino a San Cipirello


Inquietante è la presenza della torre, con il portico alla base

con il suo balcone arengario

inquietanti i rumori degli infissi sbattuti dal vento

Se Borgo Borzellino fosse stato completato, la presenza della chiesa in posizione elevata, a dominare la piazza, avrebbe accresciuto ulteriormente il fascino del luogo. Non so, Lettore, se sei in grado di immaginare quale avrebbe potuto essere la sensazione suscitata dalla presenza del grande edificio, posto più in alto e discosto, e dell’alta torre rastremata che lo avrebbe fiancheggiato. Se non dovessi essere in grado di farlo, tenterò, senza alcuna pretesa di paragonarmi a Dalì o a Escher,  di ricreare questa piccola illusione

Quindi, Borgo Borzellino un borgo rurale non lo è mai stato; non figura nemmeno tra i toponimi IGM

Come borgo ECLS, non è mai esistito; ha rinnegato le sue origini quando ha chiesto aiuto alle Autorità Alleate, e per ottenerlo ha tentato di cancellare ogni riferimento al decaduto regime.

E nel periodo in cui gli altri borghi ECLS vivevano il loro massimo di attività, a Borgo Borzellino ancora si costruiva. Per questo motivo, Borgo Borzellino è senza storia. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta gli edifici sono stati dati in uso ad una cooperativa giovanile, utilizzati dal Parco Meccanizzazione Agricola dell’Ente, concessi a privati come abitazione o come esercizio commerciale, ma tutto questo non ha comunque potuto dargli alcuna storia. Intendo dire che non ha una storia fatta di persone, di alunni nati e cresciuti sul posto, di insegnanti di prima nomina, di carabinieri apprezzati dalla gente del luogo, di ufficiali postali conosciuti come fossero persone di famiglia. Non ha mai avuto funzioni religiose, mai la piazza frequentata dai contadini, mai richieste di allacciamento elettrico, mai lamentele per l’approvvigionamento idrico. Gli edifici sono sempre stati destinati ad un uso per il quale non erano stati pensati.

All’inizio degli anni Novanta si sarebbe dovuta formalizzare la cessione al comune di Monreale, ma neanche questo processo venne completato.
Come non è mai stato completato l’embrione di Borgo Borzellino, il quale, non più degno neanche di manutenzione, va morendo ancor prima di essere nato.

So bene, Lettore, come non sia possibile dire qualcosa prima di iniziare a parlare; è un paradosso. Ma forse Borgo Borzellino avrebbe voluto essere qualcosa prima di iniziare a morire.