martedì 3 luglio 2012

Ricostruzione del tracciato della ferrovia Palermo-Corleone-Burgio.Parte sesta:da Bifarera a Corleone

L’Ipotetico Ciclista
Dopo aver superato l’impianto industriale abbandonato, l’Ipotetico Ciclista aspetta di vedere la fermata Bifarera. Sugli elaborati del Progetto Conoscenza è chiaramente segnata (in blu - ancora esistente), e l’Ipotetico Ciclista l’ha ritrovata sulle foto satellitari di GoogleEarth, e ha potuto addirittura misurarne le dimensioni. Per qualche motivo, non è stato in grado di vederla sulle foto delle StreetView, ma ha preso dei riferimenti precisi (una costruzione abbandonata, tinteggiata in rosso, dalla parte opposta della strada), e ne ha visto le foto sul sito cartapaesaggio.sicilia.it. Quindi, sa benissimo dove si trovi e che aspetto abbia; attende solo che gli compaia davanti. Dopo aver oltrepassato l’impianto industriale abbandonato, il fondo stradale è bruscamente mutato: pochissima erba, ma molti più sassi. Superato un basso muro sulla sua destra, la quantità di sassi aumenta ulteriormente, ed il percorso presenta diversi saliscendi incompatibili con un tracciato ferroviario; inoltre, l’Ipotetico Ciclista ha l’impressione di aver percorso ben più della distanza che avrebbe separato l’impianto industriale dalla fermata. Dopo aver progredito ulteriormente per più di un chilometro, decide di tornare indietro. Giunge nuovamente in prossimità del muro che aveva notato prima, e dall’altra parte della strada nota la costruzione con le pareti tinteggiate in rosso scuro che marcava il luogo ove sarebbe dovuto trovarsi l’edificio della fermata Bifarera. Dopo un paio di minuti di smarrimento, l’Ipotetico Ciclista è costretto a prendere atto del fatto che la fermata, per qualche motivo, non esiste più; e non è nemmeno sicuro, a questo punto, di trovarsi ancora sul tracciato. D’altra parte, non sembra vi siano alternative di percorso, e la pista che sta seguendo è comunque parallela alla statale. Ricorda che dopo poco meno di tre km, il tracciato dovrebbe attraversare la statale per giungere quindi alla fermata di Scalilli. Anche questa è data come esistente sulle mappe del Progetto Conoscenza, ed è stata individuata e misurata sulle immagini satellitari di GoogleEarth; inoltre, le foto che la ritraggono sono visibili sempre sul sito, ma soprattutto è facilmente visibile anche nelle StreetView di GoogleEarth. Si trova sul lato destro della statale, ed anche qui è presente un riferimento (una casa) sul lato opposto; ed è fiancheggiata da due file di alberi, prima delle quali vi è una piccola costruzione in cemento con le porte in ferro, una sorta di garitta ben visibile, anch’essa, sulle StreetView. L’Ipotetico Ciclista pedala per più di 2,5 km, prima di ritrovarsi nei pressi di un enorme svincolo; da lontano, scorge le file di alberi che affiancano la fermata di Scalilli, mentre la casa sul lato sinistro è ormai sulla sua direttiva. Raggiunta questa, attraversa la statale subito prima di essa, attraverso un’interruzione nel guard-rail che consente di attraversare proprio in direzione della garitta che precede la fermata. Questa deve essere ben nascosta dagli alberi, perché l’edificio non si intravede. Attraversata la statale, continua alle spalle della garitta, ma giunto tra gli alberi non riesce a vedere la fermata. L’Ipotetico Ciclista è perplesso: riconosce la garitta, riconosce anche un pozzo, sempre visibile sulle StreetView subito prima della fermata, ma della casetta ad un piano che costituiva la fermata non vi è traccia; al suo posto, una stretta striscia di asfalto. L’Ipotetico Ciclista si ferma, si guarda intorno, ed anche qui è costretto a prendere atto del fatto che, per qualche motivo, la fermata è scomparsa; lui è nel posto giusto, è la fermata a non esserlo. Fermo sotto gli alberi, deluso, mangia una barretta e guarda il display che segna le 8:32. Più avanti il tracciato continua a Nord della statale, così come avrebbe dovuto; all’infuori dell’assenza della stazione, quindi, sembra tutto normale.
L’Ipotetico Ciclista percorre diverse centinaia di metri in leggera salita, indi, raggiunta la sommità dell’altura, comincia una discesa, relativamente ripida. Il tracciato è scarsamente visibile adesso, ed ancora più avanti non lo è per nulla; l’Ipotetico Ciclista ha davanti solo un vigneto, ma nulla che assomigli ad una ferrovia dismessa, ad una pista ciclabile, o anche, semplicemente, ad una strada di campagna. L’unica possibilità di proseguire sarebbe quella di passare attraverso vigneto e campi coltivati, ma non si capisce nemmeno per andare dove. Stavolta, l’Ipotetico Ciclista è fortemente interdetto; non capisce dove ha sbagliato. E’ assolutamente sicuro del fatto che il tracciato, dopo la fermata Scalilli, si portasse a Nord della statale, e curvasse verso Sud parallelamente a questa. Dopo aver riflettuto per un po’, ricorda che in corrispondenza dell’attraversamento della statale prima della fermata Scalilli, la pista ciclabile sembrava comunque proseguire lungo la stessa traiettoria, rimanendo a Sud della statale. Torna indietro fino al luogo in cui avrebbe dovuto esservi la stazione, attraversa nuovamente la statale, e ritorna sulla pista ciclabile. Questa in effetti continua parallela alla strada, ma a Sud di essa, poi se ne distacca. L’Ipotetico Ciclista si ritrova su un percorso pietroso, ma che sembra in continuità con un tratto asfaltato; una stretta curva ad “S” lo riporta su quello che è chiaramente il tracciato ferroviario. Alla sua destra vi è una ripida deviazione verso Ovest, con un sottovia che attraversa la statale, mentre a sinistra vi è un muro di contenimento, che continua verso Sud. L’ipotetico Ciclista continua a seguire il tracciato; l’erba si fa più alta, ed il tracciato finisce contro il guard rail della statale. Non gli resta che tornare indietro, ed imboccare il sottopassaggio che attraversa la statale; si ritrova su un percorso con il fondo notevolmente pietroso, alla fine del quale vede i cartelli di segnalazione della pista ciclabile. In qualche modo, quando l’orologio segna le 8:56 ha ritrovato dei riferimenti precisi.
Imboccato il sentiero segnalato, l’Ipotetico Ciclista comincia a ritrovare numerosi riferimenti che indichino come egli sia di nuovo ed inequivocabilmente sull’ex tracciato ferroviario. Subito dopo aver percorso un ponte che passa sulle Gole del Drago trova i segnali di PL che ha già imparato a conoscere, ed il tracciato che si snoda verso SudOvest presenta i caratteristici sottovia, visibili da lontano; ma soprattutto, sono presenti i pilastrini in cemento citati sulla documentazione del Progetto Conoscenza (per fortuna, posti a distanze ben superiori a tre metri!) e visibili sulle foto delle StreetView. Il fondo è a tratti molto melmoso, e lì l’Ipotetico Ciclista è costretto a rallentare notevolmente; ma per lo più è in condizioni tali da garantire una discreta velocità di percorrenza. Subito dopo un tratto particolarmente fangoso, passa dinanzi una garitta, e poco più avanti inizia un tratto in discesa. Al termine di questo, il tracciato affianca una strada asfaltata, e subito dopo di essa vi è un crollo, che l’Ipotetico Ciclista aggira senza difficoltà. Dopo aver percorso un altro chilometro circa, si imbatte in un altro crollo. Per fortuna, la dislocazione dei gabbioni rende evidente la presenza del crollo già da una certa distanza; la strada infatti è franata creando un dislivello superiore al metro. L’Ipotetico Ciclista è costretto a scendere dalla bici per superare l’ostacolo. Dopo qualche centinaio di metri, il tracciato risulta ricoperto da un’altra frana, ma il terreno è stato spianato e, all’infuori della quantità di fango, non vi sono grosse difficoltà per passare. Sono le 9:27 quando l’Ipotetico Ciclista passa in corrispondenza dell’area sulla quale sorgeva la fermata Donna Beatrice, dirigendosi velocemente verso il ponte posto qualche centinaio di metri dopo. Poco dopo, è costretto a rallentare, notevolmente, per superare un paio di smottamenti in corrispondenza dei quali il fango ha totalmente invaso il sentiero. Ancora più avanti il tracciato è crollato; è possibile aggirare il crollo e risalire, ma l’Ipotetico Ciclista è costretto a scendere dalla bicicletta. E poco più avanti, deve farlo di nuovo, ma per aggirare una recinzione che chiude completamente il percorso per una cinquantina di metri. Continua, ma procede a rilento l’Ipotetico Ciclista, costretto a superare profonde pozze di fango. L’orologio segna le 9:45 quando è costretto a fermarsi davanti un altro crollo: Corleone è a pochi chilometri, ma il tracciato è completamente franato, creando un dislivello a gradino maggiore di due metri. Passare è impossibile; l’Ipotetico Ciclista scende nei campi sottostanti, lungo il fianco della collina, e bici in spalla, percorre un centinaio di metri nel terreno molle ed in pendenza prima di poter risalire sul tracciato. Da qui in avanti, il percorso diviene meno disagevole, e la velocità è maggiore. Passa in corrispondenza di alcune case, ma è presente anche un minimo di traffico automobilistico, ed è costretto a ridurre la velocità ed a prestare molta attenzione. Il fondo stradale migliora, e dopo un incrocio diviene addirittura asfaltato, ed a questo corrisponde un incremento del traffico veicolare. E’ in pieno centro urbano quando attraversa una strada provinciale e raggiunge la stazione di Corleone. Si ferma e guarda l’orologio: segna le 9:59
Adesso, Lettore, tenterò di condurTi attraverso un episodio che costituisce uno dei più fulgidi esempi dei principi sui quali si basa l'impiego di denaro pubblico, emblema della politica che ha governato la nostra nazione, e la Sicilia in particolare. Sarai Tu ad ipotizzare plausibili ragioni per le quali denaro e lavoro vengano sprecati in questo modo anziché per eseguire qualcosa di razionalmente utile per la comunità.
Nel caso Tu non fossi mai partito da Palermo per raggiungere Corleone, c’è qualcosa di cui dovresti acquisire preventiva conoscenza, Lettore: la condizione del fondo delle strade che Ti condurranno (si spera almeno… o forse che dovrebbero condurTi) a destinazione. Lasciata a Bolognetta la SS121 (la Catanese), e dirigendosi verso Marineo lungo la SS118, ci si imbatte in alterazioni del manto stradale con pericolosi dislivelli, che superano i venti centimetri
E questa misura viene anche largamente superata in corrispondenza di certi tratti della statale. Probabilmente, la mia descrizione non riesce a rendere appieno la pericolosità della condizione. Nel migliore dei casi, essa rappresenta un notevole pericolo per l’integrità del mezzo su cui viaggi, che rischia di rimanerne seriamente danneggiato. Nel peggiore, è la Tua stessa incolumità, Lettore, ad essere messa a rischio. Affrontando alcuni di questi dislivelli a velocità superiori a 40 km/h, i pneumatici della Tua automobile perderanno simultaneamente, per una frazione di secondo (o più) il contatto con il suolo; e questa è una situazione che può portare alla totale perdita di controllo del mezzo. Questa condizione, Lettore, si ripropone costantemente per l’intero percorso; anzi, per l’intero percorso eccetto che per il tratto che va dal km 18+700 (contrada Bifarera) al km 24+650 (contrada Scalilli). Lungo questi quasi 6 km puoi rilassarti e guidare in tutta tranquillità, perché la statale è stata rifatta per intero. Al termine dei quasi 6 km, un cartello Ti avverte “fine del tratto di ammodernamento”, e ritorni in pieno Terzo Mondo. E lungo questi (quasi) sei chilometri potrai percorrere il meraviglioso svincolo che porta al Santuario di Tagliavia; dopo aver imboccato lo svincolo, molto più ampio dei più recenti svincoli autostradali che siano stati realizzati in Sicilia, ti ritroverai su una provinciale con un fondo stradale paragonabile ai tratti più accidentati che potevano venire percorsi nel Camel Tourist Trophy Questa meraviglia dell’ingegneria edile, strada futuristica che pare essere caduta dal cielo per collegare due trazzere settecentesche, e dall’indubbia utilità, è anche costata un’inezia, solo 21,3 milioni di euro (in lire, quarantadue miliardi). Perché, Lettore, 21,3 milioni sono un’inezia per un’opera di cui si sentiva veramente il bisogno. Vi era l’assoluta necessità di evitare gli incidenti stradali in quei (quasi) sei chilometri, assoluta necessità che evidentemente non si riscontra né ai chilometri precedenti, né a quelli successivi, e neppure lungo le strade provinciali. La necessità era quella di evitare gli incidenti proprio lì; poco più avanti, puoi ammazzarti pure, chè non ha importanza. I lavori per questa avveniristica opera sono stati pianificati nel 2005, e cioè nello stesso anno in cui il Dipartimento Comunicazioni e Trasporti pubblicava sulla GURS il suo piano per la Mobilità non motorizzata. I lavori sono stati assegnati nel 2008, quando già il percorso ciclabile era in fase di realizzazione, e si sono svolti tra il 2009 (quando gli interventi sul tracciato sarebbero stati ultimati) ed il luglio del 2011. L’allargamento della carreggiata (da 7 a 9,5 metri) verso Sud ha comportato la distruzione della fermata Bifarera. La rettificazione delle curve è stata eseguita passando sul tracciato. La pista ciclabile è stata ricostruita unendo i segmenti rimasti con tratti di nuova realizzazione; nell’ultimo tratto, si è usato in parte la sede della vecchia statale. Ma soprattutto è stata distrutta anche la stazione di Scalilli lasciando invece al suo posto la costruzione in cemento adiacente; e dalle StreetView di GoogleEarth si verifica con facilità come le due costruzioni fossero sulla stessa linea, ambedue al di là del ciglio della strada Considerato che gli edifici delle fermate avevano ben più di ottanta anni, essi erano formalmente assimilabili a monumenti. Non si capisce il motivo di tale furia distruttiva e di totale disinteresse per reperti ormai storici (o forse, guardando meglio la cifra dei finanziamenti, si capisce…); ma soprattutto quello che non si capisce è come essa si possa conciliare con quanto si legge a pag 2 della relazione progetto:”…ma soprattutto con l’intento principale di conservare le strutture e salvaguardare l’equilibrio esistente che si è proceduto alla relazione del presente progetto”. Cercherò quindi di descrivere, con l’ausilio delle immagini, quale fosse il percorso del tracciato ferroviario dalla fermata Bifarera al ponte Drago, tracciato nei fatti ormai praticamente inesistente. La linea ferrata proveniente da Ficuzza si veniva a trovare, proprio all’altezza del km 48, a ridosso della statale, e fino al luogo in cui si trovava la fermata Bifarera, la pista ciclabile è stata in effetti realizzata sul tracciato; si rileva ancora la presenza dei muretti originali lungo le fosse di guardia. La stazione si trovava tra il tracciato e la statale, al km 49.30; il luogo è facilmente individuabile in quanto marcato da un basso muretto Fino al km 50,7 il tracciato seguiva l’andamento della carrabile, decorrendo nelle immediate adiacenze. E fino al km 50, la pista ricalca quello che era il percorso originario. Strada e linea ferrata effettuavano allora una curva con convessità a Nord, per poi ritornare in linea con il precedente percorso. Il rifacimento della statale ha rettificato questa curva; il tracciato allora avrebbe tagliato la strada odierna, trovandosi per diverse decine di metri a nord di questa. Le uniche tracce che si trovano di ciò consistono in residui di strutture appartenenti alla strada originaria, ed in un sottovia per il deflusso delle acque appartenente alla ferrovia mezzo sepolto nel bel mezzo del terrapieno su cui si trova la strada. Dopo circa 250 m il tracciato riattraversa la strada, verso Sud, e da qui la pista ciclabile torna a coincidere con esso fino al tratto in cui la nuova statale si sovrappone alla vecchia, circa 200 m prima dello svincolo. Da questo punto in avanti, e fino a poco prima di ponte Drago, la pista ciclabile non ha nulla a che vedere con il tracciato. A questo è stato sovrapposto la statale, che in corrispondenza dello svincolo sarebbe stata attraversata dal primo per portarsi a Nord di essa e raggiungere la fermata di Scalilli. Dopo essa, curvando verso Sud, il tracciato avrebbe intersecato due volte l’odierna statale, per distaccarsi definitivamente da essa, verso Sud-Ovest Il segmento di tracciato che continua oltre il luogo ove sorgeva la fermata Scalilli è troncato dalla nuova strada Sulla mappa, in rosso è segnato il tracciato, in blu la pista ciclabile ed in viola i tratti in cui i due coincidono. E’ rimasto solo un brevissimo tratto del tracciato originario, che va dalla vecchia statale al sottopassaggio che porta verso ponte Drago, ed in corrispondenza di questo è presente un sottovia la pista ciclabile torna poi ad identificarsi con il tracciato solo dopo il sottopassaggio. Dopo circa 350m da esso si giunge all’imbocco di un tratto segnalato da cartelli Lungo questo vi sono un segnale di PL e quella che pare una pietra miliare, spostata al centro di un campo coltivato. Sulle cornici di coronamento del ponte Drago sono state realizzate delle spallette metalliche valide dal punto di vista dell’efficacia, ma non altrettanto da quello dell’estetica Subito dopo il ponte si possono vedere diversi segnali di P.L., alcuni in buono stato, indi inizia la serie degli orribili pilastrini in cemento che in maniera più o meno discontinua Ti accompagnerà, Lettore, fino a poco prima di San Carlo; per fortuna, sono ben più distanti dei tre metri previsti dal progetto. Dopo il ponte il fondo stradale è buono per 2 km circa, ma poi per un breve tratto diviene molto fangoso. Subito dopo tale tratto è presente una garitta in discreto stato indi inizia una leggera discesa, che porta il percorso ad avvicinarsi alla SP 4 Da quest’ultima vi è un altro ingresso al tracciato, che incrocia una traversa di questa, una strada che si dirige verso l’interno delle campagne. L’incrocio è attualmente segnalato da cartelli che avvisano dell’attraversamento di pista ciclabile; una volta era un PL con garitta, ma né segnali, né garitta sono sopravvissuti In corrispondenza dell’incrocio vi è un crollo oltre esso, il percorso continua in discesa per un chilometro, fino ad un altro crollo, che ha dislocato a valle la gabbionata Anche se il dislivello è notevole, per pedoni o bikers allenati non costituisce un problema insormontabile; ma dubito che il ciclista occasionale lo superi con facilità (anche se è estremamente improbabile che un ciclista occasionale possa trovarsi da quelle parti). Poco più avanti, il tracciato è stato invaso dal fango franato da una collina, che ha portato a valle barriere e pilastrini; il passaggio è stato in qualche modo ripristinato dagli abitanti del luogo, che usano il tracciato come strada di accesso alle case coloniche. Il percorso prosegue in discesa verso il luogo in cui sorgeva la fermata Donna Beatrice, dove il tracciato esegue una larga curva a convessità verso Nord. La stazione consisteva in un edificio a due piani, alto e stretto, simile alla casa cantoniera che costituiva il nucleo della fermata di Portella di Mare, nonchè ad altre cantoniere che si vedranno più avanti E’ stato demolito, per motivi a me scarsamente comprensibili, tra il 2000 ed il 2002 e di esso non resta la benché minima traccia Questo è un altro punto del tracciato che può essere raggiunto dalla SP 4; la strada proveniente dalla provinciale termina contro il tracciato nel punto esatto in cui si trovava la fermata. Dopo la fermata, inizia una leggera salita verso il ponte Frattina; dopo il ponte il tracciato decorre su terrapieno, e lateralmente ad esso possono ancora essere visti dei sassi residuo della massicciata. Oltrepassato il ponte di qualche centinaio di metri, il tracciato torna ad essere invaso dal fango e compromesso da crolli. Uno di questi, di entità maggiore, non consente di procedere ulteriormente, ed occorre aggirarlo passando attraverso i campi sottostanti Subito dopo di esso, parte del tracciato è stato recintato da privati per una lunghezza di una cinquantina di metri Più avanti vi sono altri crolli, con dislocazione delle gabbie, danneggiamenti dei sottovia per il deflusso delle acque piovane, e conseguenti frane di fango che hanno invaso la sede stradale. Dopo un’ampia curva a sinistra si trova una garitta in ottimo stato di conservazione subito prima della quale vi è una possibilità di accesso al tracciato dalla SP4, sebbene questa sia costituita da un sentiero ripido e dal fondo relativamente cattivo. La posizione chilometrica della garitta riportata sulle mappe del “Progetto Conoscenza” differisce di circa una cinquantina di metri da quella calcolata sulle immagini satellitari, mentre invece coincide perfettamente con quanto segnato sulle mappe catastali; probabilmente era stato commesso un errore di trascrizione sulle seconde che è stato riportato sulle prime senza alcuna verifica. I tratti successivi sono ancora invasi dal fango, che copre completamente l'ex piano di regolamento Al chilometro 64,13. circa vi è un altro crollo Qui una parte di terrapieno che sosteneva il rilevato è franata completamente, e l’interruzione non può essere superata se non scendendo per molti metri a valle, lungo la parete della collina, e risalendo dall’altra parte. Non è sicuramente un’operazione facilmente eseguibile da tutti; pertanto, il tracciato da Donna Beatrice a Corleone può essere considerato un tracciato fuoristradistico, ma è assolutamente inutilizzabile come pista ciclabile. Dalle tracce di pneumatici presenti si desume che questo tratto sia frequentato da fuoristradisti in motocicletta; ma questi salgono dalla SP4 subito prima della garitta, e non sono in grado di superare quest’ultimo crollo. Il crollo è avvenuto in corrispondenza di una canale naturale per il deflusso dell’acqua; il sottovia originale è stato rimpiazzato da un tubolare in lamiera, ma evidentemente l’efficacia della realizzazione lasciava a desiderare. Da questo punto in avanti il tracciato è relativamente integro, anche se l’erba è molto alta. Le condizioni del fondo migliorano progredendo ulteriormente, in quanto il tracciato è utilizzato come strada di accesso per alcune abitazioni Si transita su un ponte, poi più avanti il tracciato incrocia una strada asfaltata; è un raccordo tra la statale 118 e la SP4. Questa strada è stata rifatta di recente, è stata allargata, il fondo è stato completamente rifatto con nuova segnaletica orizzontale, è stata dotata di nuovi guard rail e di segnaletica verticale. Eppure, per qualche oscuro motivo, il transito su di essa viene impedito creando, con le ruspe, una barriera di terriccio che di fatto impedisce l’accesso dalla statale. I residenti aprono un varco nella barriera, che dopo qualche tempo viene ripristinata. Questa strada esisteva ai tempi in cui la ferrovia era funzionante; vi era un passaggio a livello, con una garitta Questa è ancora presente ed in ottimo stato; sebbene sia assolutamente analoga alle precedenti, dalla documentazione si evincerebbe come sia stata realizzata nel 1926. La segnaletica di divieto che si riferisce alla pista ciclabile qui è stata parzialmente rimossa. Da questo punto in avanti il tracciato diviene una strada asfaltata, che serve da accesso a diverse abitazioni poco prima della stazione attraversa una strada del centro abitato. Qui esistevano passaggio a livello e garitta, di cui non vi è più alcuna traccia; adesso le uniche segnalazioni presenti sono quelle relative alla pista ciclabile. Dopo un ulteriore breve tratto in discesa, tra le abitazioni, si giunge alla stazione di Corleone. A 67 km dalla stazione di Sant'Erasmo