martedì 16 agosto 2022

Il Mostro di Firenze 3: le Fontanine di Rabatta



tu non morirai. Tuttavia, poiché in questa cosa tu hai insultato il Signore (l'insulto sia sui nemici suoi), il figlio che ti è nato dovrà morire

2 Samuele 12






Alle ore 7,45 del 15 settembre 1974 si presentano alla stazione carabinieri di San Lorenzo, due (quasi) consuoceri, Andrea Pettini e Vincenzo Gentilcore.

Sono in apprensione per i loro figli, fidanzati, usciti insieme la sera prima e non più rientrati.




Saranno costretti ad ascoltare la notizia più dolorosa, in assoluto, che un padre possa ricevere.




I loro figli, praticamente due ragazzini, sono stati uccisi in un modo barbaro




ed inoltre, sul corpo della figlia di Andrea Pettini, poco più che una bambina, é stato compiuto uno scempio tale da provocare un malore, venti anni più tardi al processo Pacciani, di un giovane carabiniere alla vista delle foto. La povera ragazza é stata finita a coltellate; solo dopo la morte verranno le verranno inflitte altre 96 ferite superficiali ed infisso un tralcio di vite nella vulva.




Non é dato di sapere se la consapevolezza del fatto che le ferite siano state inflitte post mortem, e che quindi la sua bambina non abbia sentito dolore, abbia potuto rendere meno intenso il dolore che avrebbe sentito il padre per il resto dei suoi giorni; sta di fatto che da quel momento, Andrea Pettini non comparirà più, né renderà testimonianze. Non si trovano sue immagini, in giro.

E questo, Lettore, sarebbe l'esordio del Mostro di Firenze, l'episodio che lo ha catapultato sulla scena. Ma perché sarebbe l'esordio quando esisteva già Signa?



L'Ipotetico Investigatore

Nella serie di post relativi alla ricostruzione della ferrovia Palermo-San Carlo-Burgio avevo introtto la figura dell' Ipotetico Ciclista, un immaginario cicloappassionato fuoristradista che avrebbe tentato di percorrere il tracciato ferroviario su una mountain bike.

Prendo allora a prestito da me stesso la sciocca idea dell'Ipotetico Ciclista e la "riciclo" (la scelta della forma verbale non é casuale - fa parte della sciocchezza) qui, generando un altrettanto Ipotetico Investigatore, che però, Lettore, avrà vita breve, e poche righe più sotto sarà già scomparso.

Ammettiamo, Lettore, che nell'autunno inoltrato del 1974 vi sia un Ipotetico Investigatore che abbia avuto il compito (per incarico, per scelta personale, per altro) di ricercare, nell'ambito dell'azione investigativa sul delitto di Rabatta, eventuali analogie tra tale delitto ed altri delitti a danno di coppie, avvenuti nei dieci anni precedenti.

Ammettiamo, sempre in via del tutto ipotetica, che sull'altrettanto ipotetico tavolo dell'Ipotetico Investigatore si trovino già una serie di fascicoli, all'interno dei quali siano presenti rapporti giudiziari, verbali, interrogatori, perizie balistiche ed autopsie, oltre ad eventuali istruttorie relativi al delitto di pertinenza; e ammettiamo altresì che tra tali fascicoli sia presente, ovviamente, anche quello relativo al delitto di Signa.
Confrontando i fascicoli dell'omicidio di Signa e di Rabatta, cosa vedrebbe l'Ipotetico Investigatore?

Nel caso di Signa, una coppia di amanti non più giovanissimi, con il bambino di lei in automobile, uccisi a colpi di calibro 22 esplosi da, diceva il perito, una vecchia pistola da tiro a segno usurata e non identificabile dall'impronta del percussore. Ed il salvataggio del figlio della donna, con un marito reo confesso che, dopo delle, seppur discutibili, sommarie indagini, starebbe ancora scontando la pena.




A Rabatta invece, due fidanzatini poco più che adolescenti assaliti a colpi di una calibro 22 in ottime condizioni di manutenzione e che, dice il medesimo perito, sarebbe stata  indubbiamente identificabile in una Beretta serie 70, poi finiti a coltellate. Al termine dell'azione omicidiaria, un orribile accanimento sul corpo della ragazzina; e senza sospettati né tantomeno colpevoli di una tale efferatezza.




Se l'Ipotetico Investigatore avesse dovuto trovare delle analogie tra i diversi delitti dei diversi fascicoli, confrontando questi due, ed avvalendosi del comune buonsenso, a che conclusioni sarebbe potuto giungere? A quella di un unico "Mostro" che li avesse commessi ambedue? Tu, Lettore, in tutta sincerità, cosa avresti mai pensato?

Avresti supposto anche lontanamente un legame tra un apparente delitto d'onore, passato in giudicato, e commesso con una vecchia pistola che il marito di lei aveva recuperato chissà dove, salvando poi suo figlio, ed un altro delitto compiuto a sei anni di distanza, a danno di una coppia di fidanzatini, e con un ricorso massiccio all'arma bianca, senza colpevole e senza alcun apparente motivo?

Come si potrebbe mai pensare che vi sia un'analogia tra i due delitti? Gli unici elementi comuni sono la marca delle cartucce usate, peraltro molto comuni, ed il perito, cosa che per delitti commessi nella stessa area geografica é frequente; e nient'altro. Nessun essere che faccia ragionamenti sensati mai avrebbe potuto stabilire una relazione tra i due eventi.



IL SENNO DEL POI

Eppure Lettore, noi sappiamo che esiste un nesso tra i due eventi. Lo sappiamo per vie assolutamente diverse dalle analogie, dai paragoni tra i due delitti, ma, a distanza di mezzo secolo, lo sappiamo. Così come sappiamo che il fatto che le perizie balistiche siano state redatte dal medesimo perito dipende dal fatto che ambedue i delitti siano avvenuti in provincia di Firenze, e che neanche questo sia casuale, ma in relazione ad un nesso preciso; e lo sappiamo perché conosciamo la storia del "Mostro di Firenze" fino al 1985. Poiché infatti l'entità "Mostro di Firenze" sembrerebbe aver colpito esclusivamente in quell'area geografica, era probabile che le perizie balistiche di quel periodo e nella zona della procura di Firenze vedessero Innocenzo Zuntini come incaricato.

Ma l'Ipotetico Investigatore, nell'autunno del 1974, non avrebbe avuto modo di avere tali informazioni; per lui, il delitto di Signa e quello di Rabatta sarebbero stati totalmente diversi, ed il fatto che fossero stati ambedue eseguiti in provincia di Firenze, o in Toscana, se é per questo, sarebbe stata solo una mera coincidenza.

Allora, se è evidente che i delitti non presentano la benché minima analogia, ma sappiamo come ciononostante essi siano in relazione, il loro legame deve essere cercato in altro modo; non nelle analogie tra le vittime, nel modus operandi, nell'arma usata, ma in tutt'altra direzione. Una direzione evidentemente non indicata da alcun elemento presente negli omicidi in sè, non desumibile in alcun modo dalla dinamica dei delitti o dalla tipologia delle vittime, non ricompresa nelle relazioni di perizie balistiche o autoptiche.

Non può esserci alcun legame diretto tra Barbara Locci e Pasquale Gentilcore; così come non vi é alcun nesso logico tra l''uccidere una coppia di amanti coinvolgendo il marito e salvando un bimbo, e l’ammazzare due poveri fidanzatini che cercavano solo la loro intimità ed infierendo orribilmente sul cadavere di lei.




Comprendere come il legame tra i due eventi debba necessariamente stare da tutt'altra parte è una possibilità alla portata di qualunque intelletto. La difficoltà risiederebbe piuttosto nell’individuare in cosa possa consistere tale legame; ed é qui che torna in gioco il "Pensiero laterale". Favorito inoltre, dall'avere acquisito, a distanza di tempo, alcuni vantaggi, consistenti in quegli elementi suppletivi dei quali l'Ipotetico Investigatore, nell'autunno del 1974 non sarebbe stato a conoscenza, e che, ancora una volta, riassumo così:

1) c'é un legame tra i due delitti

2) questo legame é in qualche modo correlato all'area regionale (cosa che ai tempi poteva essere riguardato come una coincidenza, ma dopo otto duplici omicidi etichettati da un unico "Mostro di Firenze", e tutti avvenuti nel fiorentino é praticamente una certezza)

3) questo legame non é correlabile al delitto in sè



Purtroppo, per proseguire nel gioco dell'"indovinello regressivo" potremo solo contare sui pochi ulteriori dati in nostro possesso, i quali, oltre che nei tre punti elencati sopra, constano in qualche scarna informazione relativa a familiari, amicizie ed attività lavorative e soprattutto nella constatazione di come la povera Stefania Pettini sia stata maltrattata come nessun altra della serie omicidiaria del "Mostro di Firenze".

Ma tali dati, per quanto esigui, appaiono comunque in grado di comunicarci qualcosa. Innanzitutto notiamo che:

SE

siamo certi, tramite le informazioni che giungeranno successivamente, che vi debba essere una relazione tra Signa e Rabatta, e

SE

siamo certi, tramite l'analisi dei dati presenti nei fascicoli, che la relazione non può essere attinente ai delitti in sé

ALLORA

la relazione non può nemmeno riguardare direttamente le vittime in sé, perché i due ragazzi, all'epoca del delitto di Signa, avevano 12 e 13 anni.


Ed ancora, continuando

SE

quanto eseguito su Stefania é stato eseguito proprio per destare particolare impressione, e

SE

la povera Stefania non può costituire una relazione tra Signa e la sua morte

ALLORA

la relazione deve riguardare qualcuno che dovesse inevitabilmente rimanere particolarmente impressionato da ciò che é stato fatto su Stefania.

Quindi, la nostra attenzione deve necessariamente spostarsi sui familiari, e cioè persone di età maggiore, e sulle quali le modalità di vilipendio del cadavere avrebbero il massimo dell'impatto emotivo. E ciò tanto più che non abbiamo a disposizione altre informazioni; non sono emerse altre presenze di individui più avanti negli anni verso i quali una simile azione avrebbe potuto essere rivolta.

A prescindere dall'effettiva esecuzione di un tale tipo di ragionamento, e soprattutto dall'effettiva possibilità di formularlo per la mancanza, nel 1974, delle informazioni indispensabili per fare ciò, gli inquirenti presero comunque in considerazione la possibilità che potesse trattarsi di una vendetta o di altri moventi di cui in qualche modo il destinatario sarebbe stato un familiare.

Così inizialmente si focalizzò l'attenzione sul padre di Pasquale, Vincenzo, in quanto pregiudicato. Vincenzo Gentilcore era stato condannato per omicidio preterintenzionale; ma venne, alla fine, escluso qualunque tipo di relazione tra il reato da lui commesso e quello di cui il figlio e la fidanzata erano stati vittima.

Noi, Lettore, potremmo a maggior ragione escludere che l'obiettivo di chi uccise i ragazzi sia stata la famiglia Gentilcore per due motivi:

a) la famiglia Gentilcore era di origini beneventane, e fu proprio nel luogo di origine che avvenne l'episodio per cui Vincenzo Gentilcore subì la condanna; mentre noi sappiamo come i delitti del c.d. "Mostro di Firenze" siano una manifestazione strettamente locoregionale; si riferiscono a qualcosa operante in Toscana, non in Campania. In altri termini, considerare Vincenzo Gentilcore il reale obiettivo del delitto sarebbe in contrasto con il punto 2) di prima.

b) appare più logico e probabile come il vilipendio di cadavere eseguito con teatrale crudeltà proprio sulla ragazza fosse un messaggio diretto alla famiglia della ragazza piuttosto che a quella del ragazzo

Seguendo tale logica non ci resta che considerare la famiglia di Stefania. Stefania Pettini era figlia unica; la sua famiglia, escludendo lei, si riduceva ai soli due genitori.

La madre, Bruna Bonini, si occupava solo della conduzione della casa; questo almeno fin dopo la morte di Stefania, quando il marito non fu più nelle condizioni di poter lavorare, ed il mantenimento della coppia rimase sulle spalle della signora Bruna.





E' estremamente improbabile che qualcuno avesse voluto indirizzare un messaggio così terribile ad una persona pacata e schiva, che tendeva a rimanere in secondo piano, come Bruna Bonini; se, con le informazioni che abbiamo a disposizione, il nostro "pensiero laterale" può effettivamente condurci lungo un percorso fino ad un luogo definito, é solo Andrea Pettini che possiamo trovare, alla fine del percorso, in tale luogo. Ma chi era Andrea Pettini?



ANDREA PETTINI

Era un manovale alcolista, ex partigiano. Stefania nel suo diario lo definisce "fissato, ebete e grullo, causa vino"




Non sono credente, Lettore, ma ogni qualvolta leggo giudizi così duri su una persona, non posso fare a meno di ripensare ad una frase che Ronny Cammareri (Nicolas Cage) pronuncia nel film "Stregata dalla luna": "Solo il Padreterno può puntare il dito"; ma per Stefania, se lei “puntava il dito”, evidentemente il padre era un cattivo padre. Ma quand'anche così fosse, ciò non vuol dire che fosse inevitabilmente anche una cattiva persona.

Comunque sia, se un manovale alcolizzato merita di aver inflitto un dolore tanto grande, dovrebbe necessariamente esistere un qualche precedente di un'enormità tale che difficilmente sarebbe sfuggito agli inquirenti. E' anche possibile che la sua abitudine all'alcool lo portasse a parlare troppo, a dire ciò che non avrebbe dovuto; ma da qui a massacrargli la figlia ce ne corre.

Ma allora, perché mettere a segno un colpo tanto crudele su un manovale alcolizzato? Forse è qui che dobbiamo ampliare il nostro punto di vista e non considerare Andrea Pettini tanto per ciò che era, quanto piuttosto per ciò che era stato. Mi riferisco al passato da partigiano, sul quale, in più occasioni, si é dibattuto riguardo alla possibilità che costituisse il movente del delitto; se nella vita di Andrea Pettini, oltre l’alcool e la Resistenza, non c'é altro, la relazione con la militanza partigiana é certamente plausibile, ma escluderei la possibilità con la quale é sempre stata interpretata, e cioè che possa essersi trattato di un delitto squisitamente politico.

Un delitto politico portato a termine con simili modalità non avrebbe precedenti; non si é mai visto. Quale sarebbe il significato di tale crudeltà? Perché lasciare questo indelebile marchio a fuoco nel cuore dei genitori? Non é questo l'effetto che si ricerca in un omicidio politico.




Ciò che interessa nell'azione cruenta per motivi politici é la rivendicazione; che qui non c'é mai stata. Il delitto politico vuole coinvolgere in qualche modo parte della collettività, parte che deve in qualche modo vedere la vittima come simbolo della società (come, ad esempio, nel caso di Aldo Moro o di Marco Biagi); un delitto commesso con tali modalità appare invece più come una sorta di messaggio privato, diretto a ben determinate persone, più che un'azione genericamente diretta contro la società ed i suoi simboli. La collettività non si spiega una tale efferatezza; il destinatario del messaggio, invece, sa bene di cosa si stia parlando.

Inoltre, considerato che l'omicidio di Rabatta é certamente collegato con quello di Signa, in che modo potrebbe mai entrarci la politica? Ma, soprattutto, perché dopo sei anni? Se l'azione viene condotta adesso, é adesso che ne é emersa la necessità, così come a Signa emerse in quel momento. Per cui, se il passato da ex partigiano di Andrea Pettini costituisce l'unico "appiglio" che abbiamo, non é certo in senso di appartenenza politica che esso va guardato.

L'omicidio di Signa non ha avuto affatto tali aspetti cruenti e crudeli; per cui se dobbiamo fare un collegamento tra i due eventi, sarebbe logico ricollegare ciò che é successo a Rabatta con ciò che invece non successe a Signa

Se allora vogliamo considerare questo aspetto, e cioè la militanza partigiana, della vita di Andrea Pettini, Lettore, e creare un legame tra esso e la ricostruzione che abbiamo fatto del delitto di Signa, ritengo esista una sola possibilità per ipotizzare un nesso tra i due eventi: considerare come movente anche qui, come a Signa, un fattore esterno.

Un altro ricatto, dunque? E' possibile, ma certamente non probabile che si tratti proprio di “ricatto”; e ciò soprattutto in quanto, comunque sia, stavolta la minaccia più terribile, quella dell'uccisione dei figli, sarebbe stata effettivamente messa in pratica; e nel modo peggiore possibile. Nessun evento, nessun accordo, contrariamente a quanto accadde per Natalino, sarebbe intervenuto a salvare la vita alla povera Stefania. Ed il fatto che l'esecuzione sia stata esemplare sarebbe desumibile anche dalla palese teatralità di essa.




E la cosa che rende meno probabile il ricatto é proprio l'attuazione della minaccia. Infatti, un'ulteriore riflessione su questo aspetto non può che condurre ad una conclusione: il messaggio non era diretto ad Andrea Pettini. Andrea Pettini é solo una vittima; e basta.

Ciò perché ogni minaccia esplica i suoi effetti solo fin quando non viene attuata. Se Tu, Lettore, tieni qualcuno sotto la minaccia di una pistola hai su di lui un potere; ma non appena premi il grilletto, il tuo potere istantaneamente svanisce. Chi tenevi sotto tiro sarà anche morto; ma tu non potrai più chiedere nulla. Nulla da chiedere, nulla da ottenere.

E, morta Stefania, Andrea Pettini non avrebbe avuto più nulla da perdere; la cosa più cara che aveva al mondo, l'aveva già persa, e nella maniera più orribile in cui potesse accadere. Non avrebbe dovuto avere remore a parlare, almeno per vendicarsi; perché Lettore, il fatto che chi viva una cosa del genere cerchi "giustizia" é un concetto presente solo nell'ipocrita perbenismo dei media.

Quindi, il fatto che Andrea Pettini non parli rappresenterebbe un'anomalia, così come un'anomalia sarebbe rappresentata dal fatto di aver attuato la minaccia. L'unica spiegazione plausibile é che l'attuazione della minaccia su Andrea Pettini, e con modalità così crudeli, rappresenti una minaccia, ancora da attuare, per altri.

Se é alla sua vita da ex-partigiano che dobbiamo rifarci, ed a ciò che può aver visto o appreso allora, agli eventi di cui é stato protagonista e testimone, in questo non sarà stato solo; altri, ormai ex, partigiani sapranno ciò che lui sa, e saranno stati coprotagonisti di tutti gli eventi vissuti insieme, nonché testimoni di essi. Ma come testimoni, dopo una tale dimostrazione di ferocia, di certo saranno stati tacitati per sempre.

Ogni operazione sulla coppia, e sulla ragazza in particolare, venne condotta, evidentemente, ad arte in modo da causare il maggior impatto possibile; ed é plausibile che gli esecutori abbiano "tratto ispirazione" da una pubblicazione per soli uomini, un giornaletto porno che descriveva un delitto condotto con modalità molto simili, compresa l'uso del tralcio di vite. Allora "Il Giornale d'Italia" titolò "il "rito" copiato da una porno-rivista?"; ma adesso nessuno sembra ricordare più la vicenda, eccetto che De Gothia. Il quale tentò pure di procurarsi la pubblicazione, ma senza successo. Nondimeno, una simile "fonte d'ispirazione" verrà probabilmente usata ancora dal "Mostro di Firenze", come vedremo più tardi.

Ma comunque sia nata l'idea, l'effetto sarebbe risultato comunque efficace nell'ingenerare una grandissima impressione, tanto che solo dall'autopsia si sarebbe appreso che i due erano stati vittima di colpi di arma da fuoco prima che di arma bianca. Così, i reperti dei bossoli sul luogo del delitto furono tardivi, ed il perito incaricato della ricostruzione dinamica, che per coincidenza era il medesimo che effettuò la perizia balistica di Signa, ebbe grosse difficoltà ad effettuarla. Non ebbe però, la benché minima difficoltà ad identificare l'arma che aveva esploso i colpi; l'impronta del percussore era infatti tipica di quello appartenente ad una Beretta Serie 70. Non così facile era stato invece per Signa, dove nonostante le prove di poligono condotte su trentacinque tipi di pistola diversa, l'impronta del percussore era rimasta non identificabile.

Di quale tipo di evento potrebbe essere stato testimone Andrea Pettini? La Toscana (così come peraltro l’Emilia-Romagna) é stata una regione attraversata dalla “Linea Gotica”, e nella quale la presenza partigiana, e gli scontri con i nazisti e/o i fascisti che li appoggiavano, furono particolarmente numerosi e particolarmente cruenti.




Soprattutto frequenti e cruenti furono le rappresaglie, che avvennero sia da parte degli uni, sia degli altri, ma che nel caso delle ritorsioni naziste furono spesso più pesanti; veri e propri crimini di guerra vi furono da ambedue le parti, ma, abbastanza ovviamente, le valutazioni si avvalgono di due pesi e due misure.

E poiché “peso e misura” di ciò che venne fatto dai nazifascisti é sempre stato considerato, per ovvi motivi, ben più grave, solo le azioni di quella parte sono state considerate “crimini di guerra”. Gli esempi sarebbero innumerevoli; potremmo citare il tristemente celebre episodio di Campo di Marte, del 12 marzo del 1944, che seguì l’uccisione di fascisti avvenuta dopo l’occupazione di Vicchio da parte dei partigiani, sei giorni prima.




E proprio di Vicchio era Andrea Pettini. E per rimanere nell’area ci sarebbe ad esempio l’ episodio di Ponte a Vicchio e strada Padulivo-Vicchio.




Chi dovesse avere partecipato a qualcuno di questi episodi (o anche ad altri, in altre regioni o addirittura in altre nazioni) non sarebbe mai stato “presentabile” se avesse tentato di riciclarsi, se fosse poi passato nelle file della Resistenza, se avesse voluto spacciarsi per “non troppo fascista”; in pratica, la sua presenza, a qualunque titolo, negli ambienti istituzionali non sarebbe mai stata tollerata. E chi, in tali condizioni, avesse tentato di costruirsi una carriera avrebbe avuto sempre una spada di Damocle pendente sul capo, costituita da chi avrebbe potuto rivelare il suo passato.




Se vogliamo ricollegare tutto questo a ciò che accadde a Signa, la conclusione più plausibile a cui possiamo giungere é che stiamo avendo a che fare con eventi avvenuti durante la Resistenza, in Toscana e magari anche altrove, consistenti in episodi forse etichettabili come crimini di guerra, ma di sicuro da tenere ben nascosti. La divulgazione di essi sarebbe “compromettente” nel senso più letterale del termine, nel senso che sarebbe in grado di compromettere dei piani, su larga scala, che Qualcuno sta realizzando. Riguardo a tali eventi, i documenti che avrebbero comprovato il ruolo attivo di Qualcuno in essi, sarebbero stati recuperati nel 1968, mentre nel 1974 qualcosa sarebbe tornato a galla, e doveva assolutamente essere tacitata.

Se quindi dobbiamo dare un valore agli aspetti inusuali, un valore tale da consentirci una ricostruzione logica, tale ricostruzione ci porta ad ipotizzare che Andrea Pettini sapesse qualcosa riguardo a Qualcuno e che questo qualcosa non fosse saputo solo da lui, ma anche da altre persone, in contatto con lui, e nella stessa area locoregionale. Suoi compagni durante la Resistenza. Andrea Pettini, che forse aveva parlato troppo o semplicemente promesso di farlo, avrebbe allora fatto le spese dell'attuazione della minaccia, mentre l'avvertimento sarebbe arrivato agli altri, per i quali la minaccia sarebbe rimasta operante. Chi vive un evento del genere vuole vendetta; ma la sua vendetta probabilmente si sarebbe dovuta scontrare contro il silenzio degli altri, ormai timorosi di una reazione da parte del "Mostro" che si sarebbe rivalso sui loro figli. E che così erano stati definitivamente tacitati.

Così, Andrea Pettini si consumerò nell'alcool ancora per un quarto di secolo (morirà ventitrè anni più tardi), mentre la moglie sgobberà in silenzio; ambedue con un dolore nel cuore che non potrà trovare sollievo, mai.




Forse, l’unico tentativo di esternare qualcosa da parte di Bruna Bonini, può essere visto in ciò che dichiarò riguardo al processo Pacciani, affermando di non credere che in quel modo venisse fatta giustizia. Perché l’assassino non poteva aver fatto tutto da sé.

Abbiamo costruito un framework coerente con i dati a nostra disposizione, che non presenta incongruenze e che offre una spiegazione plausibile e logicamente accettabile di tutti gli aspetti inspiegabili di questa vicenda: il perché dell'omicidio di Signa, la salvezza di Natalino, le (apparentemente) illogiche modalità con le quali il bimbo venne "consegnato" al De Felice, cosa abbia spinto i sardi a tacere e Stefano Mele ad autoaccusarsi, il perché siano trascorsi tanti anni tra Signa e Rabatta, perché l'omicidio di Rabatta sia stato così diverso dagli altri....

Fin qui, Lettore, é stato in qualche modo lineare; ma é adesso che viene la parte più tricky ed al contempo più inquietante

Volendo sintetizzare in maniera organica la successione dei fatti dall'inizio, potremmo ipotizzare che Qualcuno abbia eseguito delle operazioni al limite (o comprendenti) dei crimini di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale; sia poi passato nelle fila della Resistenza nascondendo il suo passato. Un falso "partigiano bianco", insomma. Nel periodo della guerra avrebbe inoltre stretto rapporti con qualcuno che nel dopoguerra sarebbe stato in grado di garantire "servizi" a certi apparati dello Stato.

Il Qualcuno avrebbe cominciato nella seconda metà degli anni Sessanta la realizzazione di un progetto estremamente importante riguardante un piano su vasta scala, ma qualche documento, di cui il Lo Bianco era entrato in possesso, lo avrebbe messo in pericolo. Il Qualcuno si sarebbe rivolto allora a chi aveva conosciuto durante la guerra, o ad un suo diretto successore, per recuperarlo, avvalendosi, a titolo personale, dati i precedenti, dell'organizzazione del "servizio".

Il problema si sarebbe però ripresentato sei anni dopo, e stavolta non in forma di documento da recuperare, ma di possibilità di testimonianze dirette. Ci si sarebbe rivolti allora allo stesso "servizio" la cui squadra però, non potendo fare una strage, avrebbe tacitato tutti con un'azione esemplare.

Ciò vorrebbe dire che anche il 1974 avrebbe rappresentato una data o un periodo cruciale per il Qualcuno, sicuramente per lo sviluppo del suo progetto; ma forse non solo per questo.

Perché potrei anche aggiungere, Lettore, come il Qualcuno fosse stato già accusato coram populo, tre anni prima, di qualcosa di simile; ma le accuse ("era stato condannato a morte per collaborazionismo e per spietate attivita’ antipartigiane") non erano state puntualmente documentate; pertanto, il Qualcuno, semplicemente, potè permettersi di ignorarle senza conseguenze.

Nel 1974 la situazione sembra essere diversa, sia perché probabilmente stavolta le accuse sarebbero documentabili, tramite testimoni; sia e soprattutto perché, come già accennato, il 1974 rappresenterebbe una pietra miliare, un anno cruciale per il Qualcuno, un anno nel quale si sta preparando qualcosa, per dirla con Lucio Dalla, “di importante, di unico e di grande”. Qualcosa che avrà uno sviluppo progressivo ed apparentemente inarrestabile.

Fino al 1981