domenica 7 agosto 2022

Il Mostro di Firenze 2: Castelletti di Signa



"Anything you want me for, sir?"
"As a matter of fact there is," said M. He frowned at Bond.
"But it's really got nothing to do with the Service. Almost a personal matter. Thought you might give me a hand."
"Of course, sir,"

Ian Fleming




Nel precedente post, introduttivo, é stato brevemente descritto un possibile metodo di risoluzione dell'enigma, nonché una situazione generale, relativa al secondo dopoguerra .

Per quel che riguarda quest'ultima, qualche elemento di essa può essere riconosciuto nel microcosmo costituito da Lastra a SIgna, in provincia di Firenze.


La caduta del fascismo da un lato aveva consentito di riscrivere le leggi sulle "migrazioni interne", che il regime tentava di limitare, mentre dall'altro aveva penalizzato profondamente l'agricoltura; così era frequente che diverse persone si spostassero, ormai, dalle regioni a prevalente economia agricola, a quelle più economicamicamente evolute del Centro-Nord, per impiegarsi come operai. Alcuni riuscivano anche ad evolversi ulteriormente creando una piccola impresa. Poiché le regioni a prevalente economia agricola erano, per forza di cose, anche quelle in cui la "mafia rurale" (intendendo con il termine "mafia" la delinquenza organizzata, ma ognuna con le regole proprie della regione di appartenenza) era più rappresentata, insieme agli individui migrarono anche le rispettive mentalità; ma questo aspetto, contrariamente a quanto sia stato più volte prospettato, riveste un aspetto molto marginale in questa storia. Come cercherò di illustrarTi, Lettore, sarebbero più gli accadimenti locali che non quelli siculi o sardi che l'avrebbero diretta.

A Lastra a Signa erano così presenti diversi gruppi provenienti da altre regioni. In particolare, nel caso che ci interessa, vi erano due gruppi di sardi, di cui uno, i Vinci, proveniente da Villacidro, mentre l'altro, i Mele, da Fondongianus. Ambedue i centri abitati allora, si trovavano in provincia di Cagliari; attualmente, Villacidro fa parte della "Provincia Sud Sardegna", mentre Fondongianus é in provincia di Oristano. In particolare, Fondongianus é un minuscolo comune, il cui centro abitato sorse su quello che era il "Forum Traiani" (essenzialmente, un centro di mercato con stabilimento termale), mentre il comune più popoloso e più vicino, nel quale il cognome "Mele" é molto rappresentato sarebbe Busachi, posto poco più di otto chilomentri a NordEst di Fondongianus.

Vi era anche un gruppo di siciliani, abbastanza eterogeneo ma meglio strutturato dal punto di vista lavorativo. I siciliani provenivano dal palermitano; i loro cognomi, Casamento, Barranca, Cutrona, Lo Bianco, denotano tutti la provenienza dalla Sicilia, ed in particolare dalla provincia di Palermo. Per la verità, vi sarebbe un cognome non tipico del palermitano, essendo notevolmente presente anche nel catanese, ed é "Cutrona"; ma proprio di Carmelo Cutrona sappiamo che era originario di Marineo, in provincia di Palermo. La stranezza é però che é anche l'unica cosa che sappiamo di esso; non é disponibile alcun riferimento anagrafico preciso, né alcuna fotografia, nonostante esso sia stato chiamato in causa nella vicenda direttamente all'epoca dei fatti di Signa, ed anche quattordici anni dopo; un'altra stranezza, forse ancora maggiore, é che esso sia stato noto a Stefano Mele con uno pseudonimo, "Virgilio".

Così come con uno pseudonimo, "Enrico", era noto un altro siciliano, Antonio Lo Bianco, operaio, tre figli. Di "Enrico" si sa che le condizioni economiche "non sono molto più agiate di quelle dei Mele, che vivono in condizioni precarie" (sentenza Rotella, par. 1.5); ma nonostante questo, "Enrico" compra un'automobile che paga con trattenute sullo stipendio; é evidente che per campare la famiglia deve avere qualche altra entrata.Infatti la moglie, Rosalia Barranca, nella testimonianza resa il 24 agosto del 1968, oltre che confermare la rateizzazione per l'acquisto dell'automobile, affermerà come egli non le abbia mai fatto mancare niente.

Già Lettore, il fatto che siano presenti due conterranei, noti con uno pseudonimo a qualcuno dei sardi di cui uno non si é mai saputo che faccia avesse, mentre l'altro sembra ostentare un benessere che la sua posizione economica non consentirebbe, costituirebbe una stranezza che non potrebbe essere resa congruente ricorrendo a spiegazioni immediate ed usuali.

L'individuazione di incongruenze e stranezze, se si vuole "giocare" all'indovinello regressivo, costituisce una fase fondamentale del gioco.

Uno dei metodi pratici per applicare agli indovinelli regressivi il pensiero laterale é infatti quello di iniziare a considerare ciò che appare come un'incongruenza o una stranezza, e cercare di risolverla; trovata una possibile spiegazione logica, si sviluppa il concetto che sta alla base della spiegazione, fino a ricostruire, se ci si imbatte in paradossi o contraddizioni, l'intera storia.

Quando si "gioca" con un indovinello regressivo, un indubbio vantaggio é costitutito dalla presenza del conduttore del gioco, che ho chiamato "narratore", al quale può essere chiesto di confermare la validità di un'ipotesi o supposizione prima di sviluppare l'intera storia, scartandola se egli dovesse negare tale validità.

In assenza della possibilità di tali verifiche in corso d'opera, cercherò di sostituire le conferme del "narratore" con riscontri nelle testimonianze o nei fatti, evitando il più possibile di introdurre forzatamente ipotesi arbitrarie e poco verosimili solo per cercare di dare alla mia tesi una forza che in realtà altrimenti non avrebbe.

Tratterò quindi l'enigma di Signa come fosse un "indovinello regressivo" facendo uso del "pensiero laterale". Non ripeterò ancora cosa si intenda per "indovinello regressivo" e "pensiero laterale". Qualora tu non sapessi, e desiderassi saperlo, puoi sempre leggerlo qui; se la cosa non ti interessa affatto, puoi continuare a leggere.

IL MOVENTE
Ma la "stranezza" che adopererò per fare il mio ingresso nel gioco non sarà quella relativa ai due siciliani; applicherò invece il "pensiero laterale" ad un'altra incongruenza: perché Natalino venne accompagnato fino a casa De Felice, ad oltre due chilometri di distanza, e non alla casa più vicina, a meno di duecento metri?

Per la verità, avrei già compiuto tale operazione su questo apparentemente inspiegabile evento, e lo avrei sempre fatto qui, dove é anche riportato come si giunga alla conclusione; pertanto, non reitererò l'intero ragionamento, e salterò direttamente alle conclusioni, che poi sono di una banalità disarmante: chi commise il delitto di Signa aveva la necessità di permanere qualche tempo sul luogo del delitto. Non voleva nascondere il delitto, ritardare la scoperta dei cadaveri, o eseguire chissà quali manipolazioni; aveva solo bisogno di quell'oretta in più che il ritardo nella segnalazione di Natalino gli avrebbe garantito.

Quindi la domanda diviene: a cosa avrebbe potuto servirgli questo ritardo, cosa aveva da fare in questo intervallo di tempo?

Se fosse stato un "Mostro di Firenze", gli sarebbe servito per eseguire delle "escissioni" in modo da procurarsi dei "feticci"; ma la realtà dei fatti ci mostra che così non é.

Per stabilire quello che é (in luogo di ciò che non é) avremmo diversi approcci al problema, ne ho scelto uno che mi appare il più semplice e lineare; per esso dobbiamo sottolineare l'esistenza di un'altra incrongruenza, un altro piccolo problema, che nessuno, abbastanza stranamente, ha mai evidenziato, ma che appare connesso con il precedente.

Quando Barbara Locci ed Antonio Lo Bianco si appartarono per avere un rapporto sessuale, scesero dall'automobile e cambiarono di posto; in particolare, Antonio Lo Bianco si sedette sul sedile passeggero, e reclinò il sedile. Ciò venne testimoniato anche nel corso di due interrogatori diversi dallo stesso Natalino.

21 aprile 1969 Interrogatorio di Natalino Mele
Vide che la mamma scese dalla macchina e cambiò posto con lo “Zio” che si mise a sedere e tirò giù il sedile.


Senza voler entrare in particolari morbosi che attengono alla sfera sessuale (cosa che in questa vicenda é stato fatto oltre misura, portando Nunziato Torrisi a scrivere qualcosa che somiglia di più ad un romanzetto pornografico che ad un rapporto di polizia giudiziaria) siamo però costretti a prendere atto del fatto che, per motivi strettamente "tecnici", dipendenti dall'anatomia umana, un rapporto sessuale condotto in quella posizione prevede necessariamente che l'uomo resti con le gambe pressoché unite, per consentire alla donna di stargli sopra con le gambe divaricate

Anche il Mele, che pur essendo materialmente incapace di essere l'assassino doveva trovarsi sul luogo, affermò di aver visto sua moglie portarsi sopra il Lo Bianco.

23 Agosto 1968 Interrogatorio di Stefano Mele
mia moglie era in atteggiamento intimo con Enrico; preciso: Enrico era sdraiato sul sedile anteriore destro, che aveva la spalliera abbassata e mia moglie si trovava sopra di lui


E persino nella "simulazione" riportata nel rapporto Matassino Stefano Mele chiede ai carabinieri che impersonavno le vittime di assumere tale posizione

Rapporto giudiziario Matassino
Senza alcuna esitazione il Mele chiede che venga abbassato il sedile anteriore destro e vi fa sdraiare il primo uomo, quindi invita il secondo a sdraiarsi sul corpo del primo.



D'altra parte, anche i carabinieri che giunsero sul posto trovarono, effettivamente, il Lo Bianco in quella posizione, con le gambe leggermente divaricate proprio perché aveva i piedi molto vicini, uniti; e di ciò esiste persino la documentazione fotografica.




Eppure, Lettore, sempre il Mele ha riferito nella maggior parte degli interrogatori cui é stato sottoposto é che la scarpa sinistra si sfilò dal piede del Lo Bianco nel corso dell'azione necessaria per portare l'arto da una posizione abdotta, posto praticamente in corrispondenza dei pedali dell'auto, a quella in cui sarebbe stato trovato.

24 Agosto 1968 Interrogatorio Stefano Mele
indi egli sistemò il corpo dell’uomo mettendogli a posto i pantaloni e la gamba sinistra, dalla quale si sfilò la scarpa che andò a finire vicino allo sportello sinistro.



il che vuol dire che c'é stato un intervallo di tempo dopo l'omicidio, in cui il Lo Bianco si sarebbe trovato con le gambe divaricate, non unite, e queste sarebbero state successivamente ricomposte nella posizione a gambe unite, in cui venne trovato dai carabinieri.

Rapporto giudiziario Matassino
Inizia quindi l’opera di ricomposizione dei due corpi. Rimessa quindi la donna quasi seduta, le aggiusta appena le vesti, afferma anche di averle tirato su le mutandine, quindi richiude lo sportello, aggira la macchina ed arrivato all’altezza dello sportello anteriore destro lo apre e poichè la gamba dell’uomo, quella sinistra, si trova nello spazio riservato per chi guida, al di sotto della gamba della donna, tira con forza l’arto che nell’effettuare il passaggio si libera della scarpa che finisce verso lo sportello sinistro.



Il Mele riporta questo particolare, e cioè dello spostamento della gamba del Lo Bianco con conseguente sfilamento della scarpa, innumerevoli volte; in alcune confessioni é stato lui a farlo

12 giugno 1985 Interrogatorio Stefano Mele
Mentre metto a posto le gambe di Lo Bianco, si avvicina anche Piero.


in altre é stato Francesco Vinci mentre lui si limitava a guardare...

17 Marzo 1970 deposizioni processo Stefano Mele
Quando il Vinci tirò la gamba dell’uomo per aggiustarla, io vidi che gli cadde una scarpa


ma questo evento é una costante.

Così come é una costante l'episodio dell'azionamento dell'indicatore di direzione

Rapporto giudiziario Matassino
Il Mele apre lo sportello anteriore sinistro della macchina, allunga la mano destra verso il corpo della moglie e poggia quella sinistra sul cruscotto, così facendo però urta la leva della freccia di direzione, che automaticamente si accende. Il Mele a questo punto vedendo la luce esclama: “ANCHE LA NOTTE E’ CAPITATO COSI. HO MESSO LA MANO SU QUESTO POSTO E SI E’ ACCESA LA LUCE.”.


lo ha sempre detto

23 Agosto 1968 Interrogatorio di Stefano Mele
Dopo avere aperto lo sportello, nel poggiare la mano sul volante ebbi a toccare qualche cosa perché si accese una luce che poi rimase accesa.


e questo ha un riscontro nel fatto che esso in effetti venne trovato lampeggiante.

Rapporto giudiziario Matassino
-la freccia destra dell’autovettura è in funzione


Che significato possono avere tali azioni? Perché il Lo Bianco, o meglio il suo cadavere, si trovò ad un tratto con le gambe divaricate?

Il vano portaoggetti sulla plancia della Giulietta aveva uno sportellino di grandi dimensioni ed angolato




era pertanto disagevole ispezionarlo a fondo se le ginocchia di chi sedeva dul sedile passeggero fossero state vicine alla plancia




anche chi si fosse trovato seduto avrebbe dovuto allargare le gambe per accedervi con facilità. E, tra l'altro, che qualcuno vi frugasse dentro lo dice anche Natalino (che lo identifica con Piero Mucciarini) nell'interrogatorio del 23 aprile 1969.

Natalino Mele Interrogatorio 23 aprile 1969
Il bambino aggiunge di ricordare che la mamma aveva messo i denari, anzi il borsellino, sotto il sedile della macchina e che lo zio Pietro frugò nel cassetto del cruscotto e andò via.


Sempre il maresciallo Ferrero riporta come si sia dovuto identificare il Lo Bianco da un certificato di "situazione di famiglia" ritrovato nel cruscotto, in quanto il Lo Bianco sembrava privo di documenti

Verbale Maresciallo Ferrero 25 agosto 1968
- infine il cadavere veniva identificato da una "situazione di famiglia", rilasciata dal comune di Lastra a Signa intestata a LO BIANCO Antonio rinvenuta nel cruscotto


i documenti, a quanto dichiarerà successivamente il maresciallo Funari, verranno trovati sul cadavere della Locci, e consistevano in una carta d'identità, che si trovava in un portatessera insieme ad una fotografia ed un calendarietto con le donnine, come quelli che una volta regalavano i barbieri.

20 marzo 1970 Deposizione Maresciallo Funari
viene esibita altresì un porta patente con patente intestata a LO Bianco una carta d’identità intestata allo stesso, la foto di un militare in tuta mimetica e un calendarietto omaggio di un barbiere con foto di donne in abiti succinti.

Detti documenti si trovavano indosso al cadavere e non nel borsellino della Locci.



Questo rende chiaro cosa si doveva fare nell'oretta di tempo che gli esecutori del crimine si erano ritagliati inviando Natalino dal De Felice: dovevano frugare l'automobile ed i cadaveri. A pensarci bene, Lettore, non é che fosse così difficile; anche questa é un'azione banale, e comune a molti omicidi.

Allora la domanda successiva, quella vera, é: cosa cercavano? Togliamo subito di mezzo l'idea che cercassero "soldi". Sempre nella deposizione del maresciallo Funari si legge

20 marzo 1970 Deposizione Maresciallo Funari
Si da atto che si tratta di un borsellino con un pettinino e un fazzolettino, oltre al denaro che è stato restituito al Mele che ha rilasciato ricevuta per L 24.625,"


ma, cosa più importante di tutti, nel seguito si dice

"Il M.llo Funari esibisce una polizza di assicurazione sulla vita di Barbara Locci stipulata il 30.12.61 e per la durata di a. 19 m. 6, beneficiario il marito"


Ora, Lettore, ti riporto quanto dice l'articolo 1922 del Codice Civile

La designazione del beneficiario, anche se irrevocabile, non ha effetto qualora il beneficiario attenti alla vita dell'assicurato

ne discende come assicurazione non paghi il beneficiario se questi uccide l'assicurato; il che, tra l'altro, é un principio di buon senso prima ancora che legale.

Per cui, se erano dei soldi che si cercavano, uccidere Barbara Locci e far riconoscere Stefano Mele come responsabile, sarebbe stata un'idiozia imperdonabile, proprio l'ultima delle cose da fare. Togliamo di mezzo questa cretinata dei soldi; se Barbara Locci é stata uccisa, e Stefano Mele incolpato, ciò significa che ciò che era in ballo doveva essere ben più importante dei soldi. Come già sottolineato qui, l'omicidio e la successiva confessione di Stefano Mele avvennero non per interessi economici, ma nonostante gli interessi economici

Detto ciò, cosa cercava chi ha ucciso i due? Qualcosa che deve essere cercato addosso a delle persone, in una borsetta, nel vano portaoggetti di una plancia, nelle tasche delle portiere, cosa può essere? Un bazooka, un pianoforte a coda, una mucca...




be', anche qui é banale: deve essere un documento.

Chi poteva essere il possessore del documento? Continua ad essere banale: a prescindere da ogni altra considerazione, se lo si cerca all'interno dell'automobile del Lo Bianco, il documento non poteva che essere nelle mani del Lo Bianco.

Ecco Lettore, si inizia a delineare non solo una situazione che di "misterioso" comincia ad avere ben poco, ma anche un movente, che finora era mancato.

Nondimeno, permangono ancora numerose zone d'ombra. Che cosa poteva contenere di così importante quel documento, da autorizzare il barbaro assassinio di due persone? E non si sarebbe potuto recuperare in altro modo, risparmiando la Locci? E come mai di questo si autoaccusa Stefano Mele? E perché gli altri, che pur devono essere coinvolti, tacciono e taceranno per sempre?

Anche queste domande hanno una risposta, e trovarla é più semplice di ciò che ci si aspetta; purché si continui a mantenere la posizione "laterale" che abbiamo assunto nei nostri ragionamenti, anzichè incaponirci, tanto testardamente quanto stupidamente, nella convinzione che la vittima designata fosse la Locci, e che il Lo Bianco fosse un poveretto che passava di là... già, ma chi poteva essere in realtà il Lo Bianco?

L'OBIETTIVO
Se hai letto la parte introduttiva, Lettore, in cui si parla dei fiduciari o degli informatori dei Servizi, ti ricorderai come sia gli informatori dell'OVRA, sia i loro tardi successori sui libri paga di SISDe e SISMi erano identificati da uno pseudonimo, e percepivano delle cifre per il loro lavoro (lo potremmo chiamare "onorario"?).

Anche il Lo Bianco é noto, almeno al Mele, con uno pseudonimo, "Enrico", ed anche lui percepisce, evidentemente, delle cifre "extra", che gli consentono di andare in giro con la Giulietta pur avendo tre figli da mantenere.

Aldo Giannuli, in "Come funzionano i servizi segreti" (Ponte alle Grazie, 2009) scrive: "L'operatore del servizio deve evitare di farsi notare: non cercare di essere al centro della conversazione, non essere troppo brillante, ma saper intervenire al momento opportuno, perché anche uno troppo taciturno attira l'attenzione".
"Enrico" invece assume il comportamento esattamente opposto; sembra avere la maturità di un dodicenne esibizionista, che gioca a fare l'agente speciale d'azione. E lo fa maggiormente con chi, per piccolezza mentale, é più incline a farsi impressionare dalle sue "imprese". Così si presenta con uno pseudonimo a Stefano Mele, e gli dice di "praticare la boxe" (fosse stato adesso, gli avrebbe detto Krav Maga).

23 agosto 1968 Interrogatorio Stefano Mele
Io risposi: come faccio senza nulla in mano? Sapendo che Enrico aveva praticato la boxe.


Mostra una pistola alla moglie ed alla cognata solo per esibirla

10 novembre 1982 Testimonianza Rosalia Barranca
mio marito LO BIANCO Antonio, ucciso il giorno 22.8.1968, in Signa, prese un fagotto, non ricordo da dove, dal quale tirò fuori una pistola, mi sembrava a tamburo, con la canna lunga. Io, alla vista della pistola, brontolai mio marito in quanto avevo paura. Mio marito mi disse subito che non era sua ma gli era stata data dal suo amico Pietro Burgio, allora abitante, in Lastra a Signa, calzolaio. Ricordo che mio marito mi disse “sei una fifona”. In quel frangente arrivò mia sorella COLOMBO Grazia, alla quale mio marito disse: “Guarda Grazia, tua sorella ha paura, è una gran fifona”


Cerca di attaccare briga con Francesco Vinci già la prima volta che lo incontra a casa dei Mele.

18 Marzo 1970 Testimonianza Francesco Vinci
Vedendo il Lo Bianco a casa del Mele gli chiesi cosa vi facesse ed egli disse che era stato invitato per delle riparazioni al tetto e poi scherzosamente aggiunse, non temere che non te la levo la tua ragazza.


Si pavoneggia in giro con la Giulietta. E porta a conoscenza di Stefano Mele anche lo pseudonimo di un altro, "Virgilio", che con ogni probabilità (visto che non vi sono altri personaggi simili) é stato quello ad introdurlo in questo ambiente (ricordi, Lettore, l'accenno alla rete di sub-fiduciari del post precedente?) , nonché a rendersi conto successivamente di quanto miope fosse stata tale scelta, di quale errore madornale avesse commesso. Perché anche "Virgilio" compra automobili, e probabilmente ha anche lui qualche altra entrata; ma lui molto più avvedutamente, evita di mettersi eccessivamente in luce, e dichiara che si tratta di un regalo del padre.

26 agosto 1968 Confronto Mele-Cutrona
Io ti ho detto che mi aveva fatto male la testa e dovevo andare all’agenzia per fare le volture. Sì, è vero che ti parlai della macchina che mi aveva comprato mio padre.


Stefano Mele, che dal canto suo ha anche lui, costituzionalmente, un cervello da bambino, continua ad identificare i due come "Enrico" e "Virgilio" senza nemmeno aver capito bene il perché.

Ma fin qui non sarebbe successo nulla di particolarmente irreparabile, se non la possibilità di "Enrico"di essere allontanato con gran calcio nel sedere, magari da "Virgilio" stesso. L'irreparabile avviene quando "Enrico" ritiene di poter fare il salto di qualità, facendo sapere ai suoi referenti di possedere informazioni importanti relative a qualcuno che ha pianificato e sta preparando qualcosa di grosso, e di pretendere del denaro in cambio del silenzio.

Probabilmente ti starai chiedendo, Lettore: ma c'é un minimo di evidenza di ciò? Si, in realtà ci sarebbe, anche se non é qualcosa che ne dia sicurezza assoluta; ma é abbastanza verosimile, anzi, la cosa più verosimile. E questo qualcosa é il racconto della moglie del Lo Bianco, Rosalia Barranca, nel contesto della testimonianza resa il 10 novembre 1982

10 novembre 1982 Testimonianza di Rosalia Barranca
Ora che mi trovo in questi Uffici, voglio riferire, un episodio che si verificò due giorni prima che venisse ucciso mio marito. Lo stesso infatti, quella sera, verso l’ora di cena, mi disse: “Ti piacerebbe avere una bella casa e io una bella macchina, il giorno a dormire e la sera a stare fuori?” Al chè io lo minacciai, dicendo che io sarei andata dal Maresciallo a raccontargli che lui andava a fare il magnaccio e lo avrei lasciato. Lui rispose: “Basta, basta non ti dico più nulla” Io aggiunsi che lo volevo a letto con me la notte e che il giorno doveva andare a lavorare onestamente. Lui mi rispose “va bene”.


Vedi Lettore, se sei venuto in possesso di un documento di importanza vitale, e pensi di poter farci tanti soldi da "avere una bella casa e io una bella macchina, il giorno a dormire e la sera a stare fuori", cioè, sistemarti per la vita, questo può essere riassunto in una sola parola: ricatto. E se un ricatto ti sistema per la vita, significa che stai ricattando qualcuno di veramente importante; un Qualcuno, che però se si trova in quella posizione, deve essere un Qualcuno che non va tanto per il sottile; non c'é andato in passato (e se hai un documento da usare come arma di ricatto é proprio per questo) e non vi andrà neanche per il futuro.

Se poi questo Qualcuno dovesse avuto rapporti diretti con chi poi avrebbe formato e gestito uno dei servizi "Segreto agli stessi Servizi" ed adoperato per le azioni più sporche, quelle con il "doppio zero" davanti, al servizio dei Servizi (scusa, lettore, il gioco di parole) ufficiali, stai in pratica richiedendo a gran voce di essere ammazzato

A voler essere pignoli, il diretto interlocutore, l'aggancio stretto del nostro Qualcuno con i servizi occulti sarebbe già passato a miglior vita, per cause naturali, qualche mese prima dei fatti di Signa; ma chi ha raccolto il suo testimone é necessariamente rimasto sensibile a certi rapporti. Egli sarebbe inoltre specializzato nel far apparire tali operazioni come "incidenti". Potrei aggiungere che avrebbe una tenuta non troppo distante da lì, con un factotum che di cognome fa Mele, e che é nato a Busachi, ma questa potrebbe essere una coincidenza. Pertanto, Lettore, considera questa mia ultima affermazione come una "nota di colore", e andiamo avanti.

Con ogni probabilità, il “Basta, basta non ti dico più nulla” con il quale il Lo Bianco avrebbe ribattuto alla moglie (che dimostrava di essere ben più saggia e matura di lui) voleva solo essere un modo di tagliar corto, e non di recedere dai suoi propositi; che verosimilmente aveva gà messo in atto.

L'AZIONE
Anche il Qualcuno si è evidentemente già attivato. Chi é alla direzione del servizio occulto magari avrebbe preferito un incidente stradale, ma forse ciò avrebbe potuto impedire il recupero del documento. Questa é un'illazione; ma, comunque stiano le cose, il contatto in zona non può che essere Virgilio.

Se guardiamo ai fatti, Lettore, Virgilio, una volta appreso quale sarebbe stato il giorno dell'operazione, si rivela abbastanza diligente anche nel prendere tutte le precauzioni per limitare al minimo i danni. Avendo subodorato la possibilità che la Locci avesse iniziato una relazione con "Enrico", supposizione verosimile se non altro perché la iniziava con chiunque, e quindi decidessero di vedersi, cerca in qualche modo di non fare incontrare i due la sera per la quale é stato pianificato l'omicidio.

Coinvolge, giocoforza, qualcuno, creando un "malessere" di Stefano Mele. Barbara era stata fatta sposare con Stefano Mele fondamentalmente per accudirlo; a maggior ragione avrebbe dovuto farlo se stava male.

Nel primissimo pomeriggio "Virgilio" incontra "Enrico" a casa Mele; si sincera che in effetti Stefano stia male, e va via.

23 Agosto 1968 Interrogatorio di Stefano Mele
Verso le ore 15:30 dello stesso giorno venne a casa mia a tale Lo Bianco Antonio a me noto come Enrico e mentre questi si trovava nella mia abitazione giunse anche tale Cutrona Carmelo a me noto con il nome di Virgilio. Costoro si incontrarono. Però verso le ore 16:30 il Lo Bianco se ne andò e dopo circa un’ora se ne andò anche il Virgilio. Mia moglie Barbara nell’orario in cui avvennero le visite era presente in casa.


L'IMPREVISTO
Purtroppo, però, qualche ora dopo avviene un imprevisto: uno stupido diverbio, generato dall'immaturità di Antonio Lo Bianco, esita in una scommessa tra i due.

18 Agosto 1982 Testimonianza di Rosa Lo Bianco
Lo stesso giorno dell’omicidio nel bar “La Posta” di Lastra a Signa ci fu una certa discussione tra mio fratello ed il Vinci, la quale ebbe fine con una scommessa,mio fratello disse al Vinci, che non lo riteneva capace, che sarebbe uscito con Barbara e che l’avrebbe posseduta. Difatti la sera stessa andarono prima al cinema e poi si appartarono nel luogo dell’omicidio


che implica la necesssità che Antonio Lo Bianco e Barbara Locci escano insieme.

23 Agosto 1968 Interrogatorio di Stefano Mele
Poco dopo mia moglie scese per strada ed io rimasi a osservare alla finestra, quando essa ritornò in casa mi fece presente che sarebbe andata a fare una passeggiata con Enrico a bordo dellasua macchina. Avrebbe portato seco anche nostro figlio. Anzi mi precisò che il bambino era in strada a giocare con altri coetanei ed era già salito sulla vettura enon voleva discendere.


Virgilio a casa Mele si rende conto di non poter evitare che i due escano insieme; forse Stefano Mele, non comprendendo bene cosa dovesse recitare, non era stato abbastanza convincente. O forse Barbara, come molte badanti, accudisce in casa, dove "accudire" é da intendersi anche dal punto di vista sessuale, ma i suoi svaghi sessuali li cerca fuori; e lo farà anche quella sera, essendosi resa conto che il malessere di Stefano Mele non sia poi così grave.

Comunque sia, Virgilio al momento non può far altro che prenderne atto; il suo malessere ed il suo stato confusionale sono così evidenti che persino Stefano Mele se ne rende conto

Sentenza Rotella
Quanto al Cutrona, che sarebbe andato in casa sua quel pomeriggio, incontrandovi il rivale 'Enrico', gli attribuisce (a cagione dell'incontro con il rivale) un turbamento grave, che avrebbe mascherato simulando di 'star male' per il caldo, e di aver detto che sarebbe tornato a fargli visita la sera stessa. Ma non lo aveva più fatto.



Non é chiaro, dalle dichiarazioni confusionarie e contraddittorie del Mele se "Virgilio" sia davvero tornato a casa sua o meno quella sera; Stefano Mele lo ripete più volte, sia nella perizia psichiatrica

5 febbraio 1969 Perizia psichiatrica Stefano Mele
La sera verso le 21 la moglie gli comunicò di essersi accordata col Lo Bianco per andare al cinema e, dopo aver preso la borsetta con i soldi, uscì col figlio. Non molto tempo dopo sarebbe tornato il Cutrona il quale, venuto a sapere che la Locci era uscita con il Lo Bianco...


sia ancora durante il confronto diretto con Virgilio

26 agosto 1968 Confronto Mele-Cutrona
Mele: A che ora sei ripassato la sera?

Cutrona: Io non sono ripassato. Tu sei ubriaco. Io quando sono tornato sono andato a Lastra Signa con mio zio. Poi sono andato al cinema, poi al bar e poi a casa.



ma comunque sia,  Virgilio si ritrova nella necessità di un cambiamento estemporaneo del piano.

Possiamo anche supporre, se vogliamo, che il Lo Bianco avesse già invitato Barbara nel corso della prima visita in casa Mele, e che abbia fatto il gradasso (come era solito fare??) con il Vinci al bar già con una "mezza sicurezza" (non sapeva se sarebbe riuscito a possedere la Locci, ma almeno sapeva già che sarebbero usciti)

Sia che "Virgilio" sia davvero ritornato a casa Mele, sia che non l'abbia fatto, é comunque indubbio come dopo le 21:00 risulti chiaro che non solo i due sono usciti insieme, ma abbiano anche portato con loro il bambino.; anche se Virgilio ha magari iniziato a porre in atto le contromisure già nel pomeriggio.


L'UNICA POSSIBILE ALTERNATIVA
Al Qualcuno che ci sia più o meno un bambino coinvolto non gliene potrebbe fregare di meno, e così a chi entrerà in azione; l'unica cosa che "Virgilio" riesce a fare é allora quella di barattare la salvezza di Natalino per l'autoaccusa di Stefano Mele. Il delitto così passerà per delitto d'onore, senza sollevare alcun polverone, e Stefano Mele verrà accudito in carcere, considerato che la sua "badante" dovrà sparire; ciò darà alla famiglia Mele il vantaggio di lasciare in vita Natalino e di non dover occuparsi di Stefano, ed al Qualcuno di stare tranquillo riguardo all'esito delle indagini che inevitabilmente verranno svolte. Posto che Barbara morirà comunque, é la soluzione meno svantaggiosa perr chi resta.

Per tentare di ottenere un tale accordo cerca la collaborazione di Piero Mucciarini, che accondiscende; a chi gestisce l'operazione la salvezza del bambino verrà posta come condizione imprescindibile per rendere plausibile Stefano Mele come autore del delitto: quale padre ucciderebbe il suo bambino a causa della moglie fedifraga? Se poi dovrà confessare, il fatto di aver voluto eliminare un testimone è un'iniziativa assurda, se il "testimone" é suo figlio. Così, della salvezza del bambino si fa carico, facendo anche da mediatore, Piero Mucciarini, che tale ruolo avrebbe ancora svolto in futuro.

18 marzo 1970 Deposizione del Maresciallo Ferrero al processo Mele
alla confessione si giunse attraverso l’opera di persuasione fatta da un cognato del Mele, Piero Mucciarini


Il fatto che un argomento convincente per il baratto possa essere consistito nell'argomentazione per cui se fosse stato ucciso Natalino, far credere che l'autore dell'omicidio fosse stato Stefano Mele sarebbe davvero stato difficile, lo accennerà anche lo stesso Mele, il 6 settembre del 1982:

Sentenza Rotella
Fornisce il suo alibi, accusa indirettamente Francesco Vinci, attraverso il racconto del figlio a lui, la notte dopo il delitto, e spiega perché non avrebbe ucciso anche Natalino. In un primo momento afferma: "se era stato ammazzato il bambino io ero ancora dentro. Ci sarebbe stata un'aggravante". Allora, il p.m. gli chiede che attinenza la cosa abbia con il Vinci e Mele corregge il tiro: risparmiandolo, l'assassino faceva cadere i sospetti su suo padre.


E d'altra parte, che a Stefano Mele, e non solo a lui, fosse prospettato che se non avesse accettato, il primo a farne le spese sarebbe stato proprio Natalino può evincersi anche da altre testimonianze

26 Agosto 1982 Interrogatorio di Piero Mucciarini
Interrogato sul giorno in cui partecipò all’interrogatorio di suo cognato Stefano Mele il Mucciarini dichiara: “Li nella caserma scambiai poi qualche discorso in privato con lo Stefano e lo invitavo ancora a dire la verità e lui se ne usci con questa frase “mi ammazzano il figlio”. Chi? gli chiesi e lui rimase zitto.


Anche se a volte Mele incolpa di ciò il Vinci:

Sentenza Rotella
Il giorno 22 agosto, dopo essere stato interrogato ed aver passato tutta la giornata in caserma, sono stato rilasciato e con il bambino tornai a casa… quella sera stessa il bambino, prima di addormentarsi, mi disse che ad uccidere la madre ed a portarlo in braccio dopo era stato il Vinci Francesco… che… aveva minacciato di uccidere sia lui che me se avesse parlato…


né potrebbe essere altrimenti. Se Stefano Mele ha ricevuto minacce di tale consistenza, ed incolpa qualcuno del delitto, é chiaro che non può che riferire le minacce a quel qualcuno.


L'ACCORDO
La salvezza di Natalino é quindi una carta che può essere giocata su ambedue i tavoli, più importante del denaro, e più importante della vita di Stefano Mele da uomo libero; conviene agli esecutori per conto del Qualcuno, e "conviene" anche ai clan familiari, posto che non avrebbero modo di opporsi.

Tutti gli altri soggetti coinvolti, o che in qualche modo sanno, sono consapevoli di come l'organizzazione che si trovavano di fronte da un lato non ha scrupoli, e dall'altro ha anche, in qualche modo, l'appoggio delle istituzioni.
Erano loro malgrado divenuti conniventi, se non complici; trovandosi nelle condizioni o di poter venire uccisi da un lato, o condannati dall'altro, tacere a qualunque costo rimane l'unica possibilità ragionevole.

Così, i "basisti" dell'operazione seguono i tre fin quando non si appartano, indi chi deve chi deve eseguire materialmente la missione entra in azione.

Per portarla a termine viene usata un'arma di recupero, una vecchia semiautomatica da tiro a segno, un'arma come quella che un poveraccio come Stefano Mele avrebbe potuto, forse, procurarsi. Una comunque verosimile per il personaggio; se fosse stata utilizzata una Colt Python sarebbe stato davvero difficile attribuirne il possesso a Stefano Mele; l'unico accorgimento particolare adottato é l'utilizzo di cartucce "Superspeed", il cui uso in una vecchia arma semiautomatica da tiro a segno provocherà il rigonfiamento nei bossoli che il perito balistico poi descriverà nei dettagli.

Chi esegue materialmente l'azione di fuoco é però un professionista; anche la vecchia pistola da tiro a segno, nelle sue mani é micidiale; così mentre qualcuno apre all'improvviso la portiera posteriore dove Natalino dorme, il professionista fa il suo lavoro. Poiché da una pistola si può risalire all'assassino, l'arma viene distrutta; non che da essa si fosse potuto individuare il professionista, certo, ma si sarebbe potuto arguire come il colpevole non fosse Stefano Mele.

Il fatto che Natalino venga verosimilmente estratto ancora dormiente dall'automobile si può desumere non tanto da ciò che racconta, quanto da ciò che non racconta. Non é materialmente possibile che Natalino non si sia svegliato di soprassalto, gridando, al primo colpo, perché il livello di pressione sonora (Sound Pressure Level, SPL) di un singolo colpo di 22 LR supera la soglia del dolore, ed a maggior ragione ciò avviene se i colpi vengono esplosi in uno spazio estremamente ristretto (come può essere l'abitacolo di un'automobile) o all'imboccatura di esso. Anche l'uso di un silenziatore, di cui Stefano Mele parlerà il 7 settembre del 1982 nell'interrogatorio subìto a Borgo Ognissanti sparando in un ambiente minuscolo, non aggira tale problema. Questa




é una tabella compilata da un'azienda produttrice di silenziatori per armi da fuoco. L'intensità di sparo di un calibro 22 LR silenziato é indicato come non inferiore a 113 dB, SPL superiore a quello di un avvisatore acustico per auto (trombe) e di un concerto rock dal vivo. Hai un idea, Lettore, di come potrebbero udirsi rumori di una tale intensità all'interno di un abitacolo?


L'AZIONE
Pertanto, subito prima che qualcuno iniziasse l'azione di fuoco, Natalino deve necessariamente essere stato estratto dall'abitacolo da qualche altro; poi, come accade a tutti i bimbi richiamati improvvisamente alla veglia dal sonno profondo, impiega decine di secondi a riconnettersi con l'ambiente. E svegliato improvvisamente, al buio, sentendo comunque un gran rumore ma vedendosi attorniato da persone che in parte conosce ed in parte non conosce, che rimanga assolutamente confuso (per la vita) é ciò che ci si aspetta.

Stefano Mele viene messo a parte di ciò che stava accadendo la notte stessa, ma senza capire bene cosa gli si stesse chiedendo, quale sarebbero stati il suo ruolo ed il suo destino; viene portato sul posto, vede "la sua signora morta" ma Natalino vivo, e gli viene spiegato che anche Natalino aveva corso il rischio di morire. E che lo avrebbe corso ancora. Probabilmente gli fu viene anche sparare un colpo di pistola per renderlo positivo al guanto di paraffina.

Così, al mattino, non si rivela sorpreso di apprendere che la moglie é stata uccisa, e che il bambino é in salvo; lo sa già.

Rapporto giudiziario Matassino
Si comunica al Mele che la moglie, unitamente all’amico “Enrico”, identificato poi per Lo Bianco Antonio, è stata uccisa durante la notte, in località “Castelletti” di Signa, mentre trovavasi a convegno amoroso. La reazione dell’uomo è relativa e poco genuina, non si preoccupa di sapere come è successo, bensì immediatamente precisa che lui per tutta la notte non si è mosso da casa

Chiede infine notizie del figlio, ma con tale fare che lascia chiaramente intendere che ne conosce di già le sorti.



Con ogni probabilità, Stefano Mele ne già conosce le sorti perché é stato proprio lui ad estrarre Natalino Mele dall'auto, ed accompagnarlo dal De Felice. Questo, da un lato gli avrebbe dato la certezza di essere stato coinvolto davvero per salvare Natalino; e dall'altro gli avrà consentito di sapere come si siano effettivamente svolti i fatti quella notte, tanto da descriverli poi ai Carabinieri neii particolari, compresi quelli relativi alla scarpa del Lo Bianco o all'indicatore di direzione.

Ciò che invece non ha ancora pienamente realizzato, é cosa lo attenda in futuro. E' mancato il tempo materiale per far entrare nella sua testa cosa, esattamente, avrebbe dovuto fare, e perché. E' per questo che Piero Mucciarini avrebbe avuto parecchio da fare nei giorni successivi

Pertanto, all'inizio, Stefano si proclama innocente, come in effetti era. Accusa un po' chi lo aveva sottoposto ad angherie e soprusi, e cioè i Vinci, un po' chi sapeva essere realmente tra gli organizzatori del crimine, e cioè "Virgilio". Ma alla fine l'opera di convincimento di Piero Mucciarini dà i suoi frutti.


NATO E MORTO SENZA AVERE MAI VISSUTO
Senza ormai più nessuno che lo avrebbe accudito, Stefano Mele avrebbe avuto chi gli faceva da mangiare in carcere. Avrebbe trascorso il resto della sua vita sempre con la convinzione di essere stato incastrato, ma di aver almeno salvato la vita di Natalino. Vedi Lettore, ogni tanto nascono individui destinati ad una vita grama, senza possibilità di riscatto. Che vengono sfruttati da bambini, poi da adulti, poi finiscono in carcere (magari é una liberazione), e muoiono soli e dimenticati. Il povero Stefano Mele é uno di essi.

Ed i suoi familiari, i suoi vicini si dovettero piegare allo strapotere di Qualcuno, che non avrebbe esitato a stritolare chiunque si potesse frapporre tra sé ed i propri interessi. Schiacciati tra uno Stato istituzionale che minacciava di incriminarli, ed uno Stato occulto che minacciava di ucciderli, l'unica cosa che desideravano era quella di staccarsi da questa triste vicenda.

Alla fine della quale, il Qualcuno lascia due morti, un orfano, due gruppi familiari distrutti, ed una serie di poveracci resi, contro la loro volontà, complici di un potere più grande di loro. Mentre "Virgilio", invece, sparisce, e nessuno saprà mai che faccia avesse.

Ecco, Lettore, ogni fatto, ogni testimonianza contraddittoria, ogni apparente incongruenza, ogni "mistero" si é dissolto; resta solo un interrogativo: ma cosa poteva mai contenere di così importante quel documento da giustificare un simile disastro?

Per avere una traccia di ciò, il mondo dovrà attendere sei anni, e cioè l'omicidio delle Fontanine di Rabatta. A Te, invece, Lettore, basterà attendere solo il relativo post. Sempreché Tu voglia leggerlo, beninteso.