venerdì 8 novembre 2013

LA VIA DEI BORGHI.22: La quinta fase dei borghi rurali siciliani. BORGO ANTONIO CALLEA.


Borgo Callea: i primi saranno gli ultimi

Comandante interinale di bandiera già brillantemente distintosi per capacità e valore in precedenti combattimenti, portava varie volte all’assalto i propri reparti con indomito coraggio. Ferito una prima volta, rifiutava di abbandonare il combattimento e quasi accerchiato continuava a rincuorare i superstiti. Nuovamente ferito e gravemente, veniva tratto prigioniero ed internato negli ospedali nemici. Nel doloroso, lungo periodo della sua cattività dimostrava carattere forte e magnifiche qualità di italiano e di soldato. Nel suo corpo straziato dalle ferite e dalle sofferenze, non si affievoliva il palpito del suo cuore forte; nel presentimento della futura tragica fine, sapeva dettare un virile testamento morale. Durante la grande vittoria, che poneva termine alla guerra di Spagna, l’ira nemica si sfogava rabbiosa sopra il suo corpo e veniva barbaramente trucidato dai rossi nei pressi di Ponte de Molins il 17 febbraio 1939. Brihuega, 18 marzo 1937 -Ponte de Molins, 17 febbraio 1939

In un articolo comparso su una rivista online e datato 23 dicembre 2011 si legge “[…] è stato concesso un finanziamento di circa un milione di euro da parte dell’Assessorato Agricoltura e Foreste, per il restauro degli edifici della frazione del Borgo Callea. […] Il Borgo rurale denominato Borgo Callea, venne iniziato dall’Ente di Colonizzazione Fascista nel 1938, ma dopo varie interruzioni i lavori ripresero nel 1948 per concludersi negli anni  ’60 a cura dell’ERAS.” Se quello che vi si legge è corretto, Antonio Callea sarebbe stato ancora vivo all’epoca dell’inizio della costruzione del borgo.

D’altra parte, fonti diverse ne collocano la realizzazione in epoca posteriore. Liliane Dufour dice semplicemente che “Nel successivo anno 1940 furono messi in cantiere altri sette borghi […] , borgo A. Callea (Cammarata in provincia di Agrigento) a cura di Pietro Ajroldi ed Ugo Fuxa […]”. Joshua Samuels si spinge più in là: “Borgo Callea (sometimes referred to as Borgo Tumarrano), designed by Pietro Ajroldi e Ugo Fuxa and begun in 1942”, anche se nel sito della Stanford, adesso non più esistente, lo aveva classificato tra i “Late-Fascist borghi 1941-1948
Antonio Pennacchi lo classifica tra le “Città nuove (1940-1943)" ma nel testo restringe leggermente l’intervallo temporale “[…] tra il ’41 e il ’43, come Borgo Màrgana, Borgo Tumarrano già Callea, Borgo Manganaro, Borgo Borzellino […]”.
Vincenzo Sapienza, nella sua monografia, non ne considera nemmeno l’esistenza.
Il fantasioso elenco di Wikipedia, basato su un’altrettanto fantasiosa datazione lo colloca, come Pennacchi, tra il 1941 ed il 1943, ma lo elenca due volte: una volta come Borgo Callea, ed un’altra volta come Borgo Tumarrano.

Perché, Lettore, Borgo Callea, viene chiamato in diversi modi. Come sottolinea Samuels, è noto anche come “Borgo Tumarrano”; ma sempre Samuels, sul sito della Stanford scriveva: “ […] but on maps it is usually labeled Borgo Gallea.” Sulle carte, compreso quelle IGM, l’ho sempre trovato “Borgo Callea”; su GoogleEarth è invece etichettato come “Gallea”. Ed ancora, vi sono diversi riferimenti sul Web (e non solo) in cui è chiamato “Borgo Gallea”. Ma soprattutto, anche Mazzocchi Alemanni, nella richiesta di approvazione del progetto si riferisce ad un borgo “Gallea”





La qual cosa è comprensibile. Sebbene Antonio Callea sia stato decorato anche da vivo, è morto, da prigioniero, in Spagna; è più probabile che lo conoscessero di più gli spagnoli, i quali, anche loro, gli assegnarono una medaglia alla memoria




 La richiesta di Mazzocchi Alemanni porta la data del 5 maggio del 1942, e ciò fornirebbe una risposta all’interrogativo della data; ma le cose non stanno esattamente in questo modo.
Borgo Callea si trova nella valle del Tumarrano, che è un luogo fondamentale per tutto ciò che riguarda i borghi rurali, e per più di un motivo.
Uno di essi è che nella valle del Tumarrano vi è l’azienda Sparacia, che venne acquisita dall’Istituto Vittorio Emanuele III per la bonifica della Sicilia a scopo sperimentale e dimostrativo. L’azienda è tuttora esistente, sebbene la sede attuale sia differente da quella originaria. Gli edifici originali, ormai parzialmente in rovina


dovrebbero identificarsi con quelli indicati tra i toponimi IGM come “Case Sparacia” e restano di proprietà ESA


tra di essi vi è anche una chiesetta, ma la realizzazione di questa appare molto più recente



Ed i progetti iniziali del borgo furono redatti dall’ arch. Ajroldi proprio per l’Istituto VEIII, ed in particolare per l’azienda Sparacia, tanto che la denominazione iniziale del borgo sarebbe stata proprio quella di “Borgo Sparacia”


Il progetto venne verosimilmente redatto dopo l’edizione del volume “Centri rurali” di Guido Mangano del 1937




ma prima dell’istituzione dell’ECLS, avvenuta formalmente nel 1940 ma sostanzialmente nel 1939. Quindi, l’idea di far risalire al 1938 l’origine di Borgo Callea può essere considerata esatta, se non dal punto di vista della realizzazione, almeno da quello progettuale.
Il progetto di borgo Sparacia non sarebbe dovuto essere dissimile dall’impianto originale di borgo Callea; le variazioni attualmente visibili vennero prevalentemente apportate in corso d’opera, sulla base di situazioni contingenti. La principale differenza sembra consistere nella presenza di due edifici speculari, in posizione simmetrica rispetto alla strada di accesso, e che avrebbero dovuto venire adibiti, probabilmente, a botteghe




più ulteriori due edifici adibiti a "negozi abbinati" ed "alloggi; l'ubicazione si sarebbe trovata circa un chilometro e mezzo più a NordEst, rispetto all'attuale borgo Callea, probabilmente qui




per l'appunto, in contrada Sparacia; per il resto, il progetto di borgo Sparacia e quello di Borgo Callea sono praticamente sovrapponibili.

Il progetto definitivo reca la data del 28 dicembre 1941. La concessione fu richiesta da Nallo Mazzocchi Alemanni il 5 maggio del 1942, per un preventivo di spesa di £ 4 055 956,70. La richiesta venne discussa dal Comitato Tecnico Amministrativo nell’adunata del 10 luglio 1942, quando il progetto fu giudicato meritevole di approvazione ma in subordine ad alcune modifiche.

Nelle more, i lavori vennero commissionati all’Impresa La Spina; il contratto fu stipulato il 1 dicembre del 1942, quindi in pieno conflitto mondiale.

Borgo Callea è un borgo di tipo “A”. Il progetto finale prevedeva la realizzazione di dieci edifici: scuola, poste e caserma dei carabinieri, casa sanitaria, chiesa e canonica, uffici dell’Ente, botteghe, alloggio del delegato podestarile, sala delle adunate, sede del PNF e trattoria e rivendita.

L’impianto del borgo si basa su due piazze interconnesse da un viale lungo il quale si trovano diversi edifici. Anche Borgo Lupo e, come vedremo, Borgo Caracciolo fondano la loro struttura su due piazze interconnesse, ma mentre in questi la separazione è prettamente funzionale (burocratico-commerciale a Borgo Lupo, piazza principale e piazzetta rurale a Borgo Caracciolo), Ajroldi sembra voler sottolineare la separazione del potere politico da quello religioso, tematica più volte trattata nell’ambito dell’architettura del Ventennio. Ognuna delle due piazze ha un accesso separato dalla strada di bonifica, mentre un altro asse viario, parallelo al viale principale, decorre lungo il limite Sud del borgo.

L’ingresso più a Ovest immette nella piazza maggiore; lungo la strada di accesso si sarebbero trovati i due edifici simmetrici che non vennero realizzati. A destra vi sono le scuole, che consistono in un edificio a pianta rettangolare, con l’asse maggiore perpendicolare all’asse della strada di accesso




La parte della costruzione che delimita la piazza a NordOvest si sviluppa su due elevazioni, e presenta un portico a piano terra




Oltre la piazza vi è l’ala che ospita le aule e si sviluppa su singola elevazione


La quinta Ovest della piazza è costituita dall’edificio adibito a trattoria e rivendita




Ha uno sviluppo articolato, a pianta rettangolare e su due elevazioni la parte che dà sulla piazza, con un ala con pianta ad “L” che si stacca dal retroprospetto e che avrebbe ospitato cucina, forno e scuderia




Il margine Sud della piazza è interamente occupato dalla “casa comunale”




che originariamente avrebbe compreso Casa del Fascio, delegazione podestarile, torre littoria e salone delle adunate. L’edificio, a pianta ad “L” appena accennata, è interamente ad un piano, con l’asse maggiore parallelo al margine della piazza




all’estremità Est sorge la torre littoria, che si sviluppa su tre elevazioni




Collegato a quest’ultima da un arco vi sarebbe stato il salone delle adunate, anch’esso a pianta rettangolare, ma con asse maggiore ortogonale a quello della casa comunale



L’imbocco del viale che conduce alla seconda piazza si trova sul bordo Est della piazza. Lungo il viale, a Sud di esso, sono allineati l’ambulatorio medico, le botteghe e gli uffici dell’Ente




Tutti gli edifici che sorgono lungo il viale si sviluppano su due elevazioni. L’ambulatorio medico




è a pianta rettangolare, con i due assi che differiscono poco in lunghezza. Originariamente l’edificio avrebbe dovuto ospitare l’alloggio del delegato podestarile; la destinazione d’uso fu cambiata in seguito.

Il fabbricato adibito a botteghe




è anch’esso a pianta rettangolare, ma più allungata




L’edificio sede degli uffici dell’Ente, con tetto a terrazza




ha una pianta a “T” asimmetrica, appena accennata




La branca orizzontale della “T” contribuisce a delimitare la seconda piazza, costituita essenzialmente dal sagrato della chiesa




e che si allarga a NordEst verso il prospetto della canonica




La chiesa, a singola navata ha un’abside a pianta rettangolare, in corrispondenza del quale è in comunicazione con la canonica


I muri esterni sono in pietra a faccia vista. Il campanile è a vela, posto lateralmente,  sulla sommità  del battistero.
Ancora più a Nord vi è un abbeveratoio che costituiva l’ingresso dell’impianto idrico del borgo




All’angolo NordOvest della piazza avrebbe dovuto trovarsi il fianco della Casa Sanitaria, edificio con pianta ad “U” il cui prospetto avrebbe delimitato il margine Nord del viale che congiunge le due piazze




Sempre lungo il margine Nord del viale si trova infine l’edificio adibito a caserma dei carabinieri ed ufficio postale




anche questa con pianta ad “L”, e che si sviluppa prevalentemente su due elevazioni




la branca corta della “L” è su singola elevazione


L’approvvigionamento idrico del borgo sarebbe stato assicurato da un serbatoio posto sulla collinetta a nordEst, a quota 426, con una piezometrica di 40m circa




Il serbatoio è di grandi dimensioni; lo stile è simile a quello del serbatoio di Borgo Guttadauro




Come  già specificato, la conduttura che proviene dal serbatoio giunge al borgo in corrispondenza dell’abbeveratoio.

La planimetria originaria del borgo sarebbe allora risultata questa


La struttura degli edifici sarebbe stata sempre in muratura di pietrame, con solai in laterocemento. In alcune zone (spigoli degli edifici, archi, parapetti) la muratura è stata realizzata con mattoni pieni. I tetti sarebbero stati realizzati con strutture in legno e manto in tegole, o, come per la scuola o gli uffici dell’Ente, costituiti da solai in laterizio.
Il rivestimento esterno sarebbe stato in pietra a faccia vista per la chiesa; anche per torre littoria, salone delle adunate e sede del PNF era prevista la pietra in vista su muri perimetrali e portico




La caserma dei carabinieri e l’alloggio del delegato podestarile avrebbero esibito una zoccolatura realizzata in modo simile fino ad un metro circa da terra, mentre la parte restante della muratura sarebbe stata intonacata, come quella degli altri edifici




Una caratteristica che si riscontra in più di un edificio è la presenza di scala esterna su arco rampante


Una simile soluzione era già stata vista per borgo Guttadauro; sebbene pare che tale elemento fosse ricorrente nelle progettazioni di Ajroldi, è probabile che sia stato adottato nelle realizzazioni di questo periodo anche per evitare quando possibile il ricorso al calcestruzzo armato.

Come si è detto, il contratto fu stipulato in pieno conflitto mondiale. Pertanto, i lavori rallentarono progressivamente sino alla sospensione, nel giugno del 1943, e quindi poco prima che fosse proclamato lo stato di emergenza in Sicilia. Alla sospensione dei lavori, l’unico edificio la cui realizzazione si era spinta oltre la prima elevazione era l’alloggio del delegato podestarile. La muratura di Scuola, Poste e carabinieri, uffici dell’Ente, e Casa del Fascio era stata realizzata fino a livello del piano d’imposta del cordolo sul quale sarebbe stato agganciato il solaio. La muratura della chiesa era stata elevata fino al livello del portone d’ingresso, e quella della sala delle adunate per due metri circa. Della Casa Sanitaria non erano state realizzate nemmeno le fondazioni
Nel 1945, le Autorità Alleate chiesero all’Ente di poter impiantare nel borgo una stazione antimalarica sperimentale per praticare il metodo di cura “Ascoli”. L’Ente aderì alla proposta


ma poiché della Casa Sanitaria non esisteva praticamente nulla, decise di adattare il fabbricato i cui lavori fossero nello stato più avanzato, e cioè l’alloggio del delegato del sindaco


Il costo dei lavori fu di circa un milione di lire.
I lavori di adattamento dell’alloggio podestarile a stazione antimalarica vennero ultimati nel 1948, ma durante la loro esecuzione furono redatte una serie di perizie sul completamento del borgo. L’ultima di esse, quella sulla base della quale il completamento venne realizzato, reca la data del 29 dicembre 1948 e prevedeva una spesa di £ 64 167 123. Poiché nel corso degli esercizi degli anni precedenti erano rimasti inutilizzati altri stanziamenti, e la somma totale a disposizione ammontava a £ 91 000 000, si decise di utilizzare i quasi ventisette milioni restanti per l’approvvigionamento idrico.

Le modifiche introdotte al progetto originario dalla perizia del dicembre del 1948 non erano eccessivamente rilevanti. La più evidente è la mancata realizzazione della Casa Sanitaria, la cui costruzione si decise di tralasciare, considerato che esisteva già la stazione antimalarica. In luogo della Casa Sanitaria venne realizzata un’area verde.

Le rimanenti opere di competenza statale sarebbero state completate come da progetto, con delle differenze minori per ciò che riguardava la Casa del Fascio. Per quest’ultima si decise di eliminare l’arengario, e di modificare leggermente la pianta dell’edificio in modo da ricavare un alloggio con ingresso indipendente, anche in considerazione del fatto che l’alloggio del delegato podestarile era stato eliminato per far posto alla stazione antimalarica. Si stabilì però di mantenere la sala delle adunate, che si sarebbe potuta utilizzare come sala riunioni.

I lavori vennero affidati, nel 1954, all’impresa Goffredo Fabrizi di l'Aquila, che li sospese arbitrariamente prima della loro ultimazione, avendo anzi già percepito una cifra superiore a quella corrispondente alla stima dei lavori svolti. All’impresa erano stati affidati i lavori relativi all’intera Valle del Tumarrano, con finanziamenti dalla Cassa per il Mezzogiorno; Borgo Callea fu il sito che meno di tutti patì la scorrettezza dell’Impresa. Non vennero completati i fabbricati di chiesa e canonica, lasciati a rustico ma realizzati fino alla copertura. Probabilmente è in tale circostanza che venne modificato leggermente il progetto della chiesa variando l’inclinazione del tetto.
Tale modifica non è esplicitamente prevista nella perizia, ma risulta dai disegni esecutivi di progetto sui quali è presente anche il calcolo eseguito riguardo alla lunghezza da dare al monaco delle capriate per ottenere un’inclinazione degli spioventi di 15°




Sempre da quanto si legge sul disegno ciò avrebbe avuto lo scopo di uniformare le pendenze del tetto dei vari fabbricati; dall’osservazione di riprese d’insieme non sembra però che tale uniformità sia stata realmente ottenuta




La torre littoria, oltre a perdere il balcone arengario, perse anche il rivestimento esterno in pietra. Ed è probabilmente sempre all’arresto dei lavori che si deve la mancata realizzazione della sala delle adunate; nel verbale di collaudo del 1959 non si fa il benché minimo cenno alla sua esistenza. Evidentemente, le strutture già realizzate vennero semplicemente rimosse, allargando la piazza; ma non sono stato in grado di stabilire se ciò sia avvenuto in seguito ad accordi con il redattore della perizia intercorsi successivamente, o se sia stata un’iniziativa dell’Impresa non rilevata nelle fasi successive.
Alla fine degli anni Cinquanta la chiesa non era ancora stata ultimata, e le funzioni religiose venivano svolte nell’ufficio postale. Parte dei locali dell’ex casa del fascio venivano usati come aule scolastiche. Il resto dei locali era occupato a vario titolo, ed a volte senza titolo. Nel novembre del 1958 si provvide a sgomberare le aule della scuola per restituirle alla funzione originaria, e ad effettuare un primo riordino dell’utilizzo dei locali del borgo; l’Università chiese la disponibilità anche dei locali lasciati liberi dalla scuola.
A metà degli anni Sessanta la planimetria definitiva del borgo era la seguente




Il completamento della chiesa è della fine degli anni Sessanta; la relativa perizia, comprendente la manutenzione straordinaria degli altri edifici, è datata 12 luglio 1968. I lavori vennero affidati all’Impresa Lupo Giovanni; il contratto venne sottoscritto nel dicembre del 1969.
 L’arch. D.ssa Maria Ajroldi, figlia dell’Autore del progetto, mi ha gentilmente fornito delle informazioni aggiuntive riguardo alle decorazioni della chiesa. Il progetto dell'architetto Ajroldi prevedeva, tra l’altro, la presenza di due altorilievi eseguiti dallo scultore Giovanni Rosone; un altro altorilievo avrebbe trovato posto nella Casa del Fascio (sul fianco della torre littoria, arguisco dai disegni)




ma quest’ultimo andò distrutto durante un bombardamento, prima che potesse venire trasportato al borgo. Riguardo agli altorilievi della chiesa, non so invece cosa sia esattamente accaduto; all’esterno ve ne è uno nella posizione prevista dai disegni, ma non sono stato in grado di determinare se fosse quello originale o meno 




Non ho avuto modo di accedere all’interno dove, tra l’altro, avrebbero dovuto essere presenti tre dipinti commissionati nel 1955 alla pittrice Sofia La Duca. Poiché non vi è alcun documento relativo all’esecuzione di nuovi altorilievi posso supporre che almeno quello esterno sia originale,e che, alla sospensione dei lavori, fosse rimasto in deposito nel borgo insieme al materiale non utilizzato. Detto materiale, custodito in una baracca costruita dall’Impresa La Spina doveva venire trasferito nel 1947 nei locali a piano terra della stazione antimalarica, e per tale trasferimento iniziò un contenzioso tra l’Ente e l’Impresa. Il materiale venne utilizzato poi dall’Impresa Fabrizi, ma non ho avuto ancora modo (e probabilmente non lo avrò) di prendere visione dell’elenco dettagliato di ciò che l’Impresa riconsegnò all’Ente.
In corso d’opera si rese necessario introdurre delle varianti; la perizia venne così integrata nel dicembre 1971 da una perizia suppletiva. Le modifiche riguardarono principalmente il rifacimento di solai e coperture, ed il sistema di viabilità e la pavimentazione stradale. Poiché erano state realizzate nel borgo una stazione consorziale di distribuzione carburanti agricoli ed un’officina di riparazione di macchine agricole, si rese necessario allargare le strade esistenti e rinforzarne la struttura. Ciò comportò l’abolizione delle aiuole, visibili in planimetria, antistanti gli uffici dell’Ente, le botteghe e l’ambulatorio per allargare la carreggiata; anche la struttura della pavimentazione dovette essere irrobustita per reggere alle sollecitazioni derivanti dal transito dei mezzi pesanti. Fu inoltre ampliato l’asse viario che si trova al margine Sud del borgo, lungo il quale si trovavano il distributore carburanti e l’officina




Quest’ultima, ancora esistente, ha il suo ingresso dalla piazza principale in corrispondenza dell’area in cui avrebbe dovuto trovarsi il salone delle adunate




Dubito però fortemente che la costruzione o il suo abbozzo siano stati eliminati durante le realizzazioni degli anni Settanta in quanto, come già sottolineato prima, dell’esistenza del salone delle adunate non si fa più parola già nel verbale di collaudo del 1959; probabilmente, una risposta potrebbe venire solo dall’attento esame dei documenti di archivio che descrivono gli stati di avanzamento dei lavori dell’Impresa Fabrizi prima della sospensione.
il borgo assunse così l’assetto attuale, comprendente tutte le modifiche rispetto al progetto originario di Borgo Sparacia




 Il 24 marzo del 1976 venne formalizzata la cessione al comune di Cammarata. All’atto della consegna, la trattoria-rivendita era occupata dall’esercente, l’ex Casa del Fascio era in possesso dell’Istituto di Agronomia dell’Università di Palermo, i locali della scuola ospitavano tre classi della scuola elementare ed uno dei due appartamenti annessi risultava occupato da un privato. Il piano terreno della caserma dei carabinieri era adibito a circolo ricreativo, mentre il primo piano era abitato. Il due piani dell’ambulatorio erano usati come abitazione; il piano terreno era occupato da un privato, il primo piano dal veterinario. Delle abitazioni per artigiani, una era occupata dall’Associazione Siciliana dei Consorzi ed Enti di Bonifica e di Miglioramento Fondiario, le altre tre da privati.

Ancora diversi anni dopo la cessione continuavano a giungere all’E.S.A. le comunicazioni relative ai contenziosi per canoni d’affitto che alcuni occupanti avrebbero dovuto versare per il possesso dei locali.

L’area verde prevista in luogo della Casa sanitaria venne pavimentata con asfalto tra il 2006 ed il 2007.

Attualmente, la chiesa non sembra essere sede parrocchiale, mentre il bar è funzionante. L’ufficio postale venne spostato nella torre littoria, e chiuso definitivamente nella prima metà del 2010. Nel 2012, la scuola appariva chiusa, ma la presenza degli arredi scolastici, ed addirittura di alcuni elaborati prodotti dagli alunni ed ancora adesi ai vetri delle finestre mostrava come l’istituto dovesse essere stato in funzione fino a poco tempo addietro. La casa del comune è utilizzata, almeno parzialmente, dall’U.O. Specializzata n. 79, Zootecnia e Sviluppo Rurale del Dipartimento Interventi Infrastrutturali dell’Assessorato.

Quella appena descritta è la situazione attuale di un agglomerato ancora attivo. Ma ripercorrendo la storia a ritroso nel tempo per cercare di scorgere le origini di Borgo Callea, queste si vedono lentamente sfumare nelle recondite attività dell’Istituto Vittorio Emanuele III per la Bonifica della Sicilia. E questo fa di Borgo Callea, o di Borgo Sparacia se preferisci, Lettore, l’unico borgo rurale progettato nell’ambito dell’Istituto VE III che sia mai stato realizzato. E rende nel contempo Borgo Callea, almeno dal punto di vista progettuale, il più antico dei borghi ECLS. Ed appare quantomeno singolare che il borgo che nasce dal progetto più antico,  sia stato terminato per ultimo.

Sempre nel 2012, venne finanziato l’intervento di manutenzione citato in apertura del post, pretenziosamente definito “restauro”, e consistente nel rifacimento di rivestimenti esterni, coperture, infissi ed impiantistica. I lavori, recentemente conclusisi hanno in un certo modo stravolto l’estetica del Borgo. Così, questa adesso è la scuola




questa la caserma




e questo l’ambulatorio




Il "restauro" di cui parlava l'articolo parzialmente riportato all'inizio del post è stato iniziato nel 2012 e portato a termine alla fine dell'estate del 2013. Ha interessato tutti gli edifici fuorché municipio, chiesa e trattoria. Adesso, gran parte della muratura esterna esibisce la pietra a faccia vista o i mattoni pieni da cui è costituita. La torre littoria, invece, continua a mostrare il suo rivestimento intonacato.

Così come trovo singolare che Borgo Callea, pur essendo stato il primo tra i borghi ECLS a venire progettato sia stato anche l’ultimo a venire terminato, trovo singolare anche il fatto che l’unico edificio oltre la chiesa che originariamente presentava un rivestimento esterno in pietra, sia anche l’unico ad aver attualmente un’intonacatura esterna. E vorrei trarre lo spunto da ciò per una breve (quanto inutile) digressione, per esprimere qualche idea personale su particolari aspetti della differenza che intercorre tra il concetto di "creatività" e quello di "attività creativa".

La creatività, secondo Poincarè, è la capacità di unire elementi preesistenti in combinazioni nuove, che siano utili. In questo senso, è un processo mentale che conduce ad ideare e progettare nei dettagli delle varianti, originali, innovative o comunque diverse in qualche aspetto, di ciò che esiste. Si differenzierebbe dall'inventiva, che invece riguarderebbe ciò che è totalmente nuovo, proprio perché la creatività è in qualche modo riferita a qualcosa di già esistente.

Per quanto forse storcerai il naso, Lettore, il processo mentale che si esprime come creatività è fisicamente sostenuto da una serie di reazioni elettrochimiche che avvengono nell'encefalo dell'individuo che è dotato di creatività. L'attività creativa consiste invece in una serie di azioni che hanno come scopo quello di stimolare in altri individui reazioni elettrochimiche analoghe a quelle avvenute spontaneamente nella mente dell'individuo creativo. Cerco di spiegarmi meglio con un esempio.

La composizione musicale è un'attività creativa, ed il compositore è dotato di creatività. Lo era sicuramente Beethoven mentre nella sua mente prendeva corpo l’”inno alla Gioia” della nona sinfonia. 
L'attività creativa consistette nella messa a punto e nella trascrizione delle partiture. L'esecuzione di queste da parte di un'orchestra si risolve, alla fine, nel far provare a chi ascolta ciò che spontaneamente era nato nella mente di Beethoven. Chi assiste ad un concerto in cui venga eseguita la nona, avrà alla fine nella propria mente ciò che originariamente nacque in quella del compositore. Una certa quantità di informazione è giunta dal compositore a noi, provocando nel nostro encefalo reazioni elettrochimiche analoghe a quelle spontaneamente avvenute nell'encefalo di Beethoven; e davvero si può considerare la cosa in termini di rappresentazione encefalica, considerato che il compositore era già divenuto sordo quando scrisse l’inno alla Gioia. 

L'informazione, nata come reazione elettrochimica, ha assunto le forme più disparate prima di tornare alla sua forma originaria. E' divenuta contrazione muscolare per scrivere le note sullo spartito. E' divenuta inchiostro, con il quale sono state scritte le singole note sulla carta da musica. E' tornata ad essere reazione elettrochimica quando il concertista ha letto lo spartito, ed ancora contrazione muscolare quando ha suonato il suo strumento. E da lì è stata vibrazione meccanica, dello strumento prima, dell'aria poi: e se il concerto è stato registrato ha assunto le forme di impulsi elettrici, magnetici, elettromagnetici, poi, alla fine, nell'orecchio degli ascoltatori, ancora di vibrazioni meccaniche del timpano e della catena degli ossicini che hanno provocato le reazioni elettrochimiche encefaliche analoghe a quelle originarie. Così, tramite l'attività creativa, l'informazione è giunta dalla mente di Beethoven alla nostra. 

Questo processo a pensarci bene è formidabile e meraviglioso. E' il fondamento della cultura umana e della sua trasmissione  inter- e intra- generazionale. L'informazione è qualcosa di incorporeo, un oggetto sine materia che pur assumendo le forme più disparate riesce a riprodursi in ogni cervello conservando il medesimo significato. Ma soprattutto è la massima espressione della mente del suo autore e quindi una rappresentazione di quella mente. Beethoven è morto da più di centoottanta anni, ma l'informazione da lui creata è rimasta tra noi. Come il più straordinario dei simulatori biologici a più di centoottanta anni di distanza le menti di altre persone continuano riprodurre i processi mentali di Beethoven. Egli è morto, ma una rappresentazione incorporea della sua mente vive ancora.

Anche l’architettura è un attività creativa, se l‘architetto è dotato di creatività. E l'attività creativa prevede che l'idea dell'architetto assuma diverse forme prima di trovare la realizzazione finale, quella che darà a chi guarda l'idea precisa di quale fosse l'idea originaria. La trasposizione dell'informazione prende di volta in volta le sembianze di schizzo, rappresentazione assonometrica, disegno esecutivo, relazione di progetto... e basta un'occhiata ai disegni di Borgo Sparacia\Callea per comprendere quale fosse l'idea estetica dell'architetto Ajroldi. Questa prevedeva, chiaramente ed inequivocabilmente, una intonacatura esterna per gli edifici, con l'eccezione di chiesa, torre littoria e salone delle adunate. Ciò era parte integrante dell'idea originale, e la creazione di un’idea originale era l'esatto motivo per il quale si era ritenuto di dover affidare la progettazione ad un architetto. Ed anche l'esatto motivo per il quale nella realizzazione originaria si erano seguite le direttive del progettista. "Restaurare" significherebbe riportare qualcosa allo stato originale, che non è altro che la rappresentazione dell’idea originale. E l'idea originale era diversa. Nulla è stato "restaurato" a Borgo Callea. Si è solo "ristrutturato".

Ed è anche questo che trovo singolare, Lettore: l’idea del progettista, che in un restauro avrebbe dovuto essere la prima da prendere in considerazione, è evidentemente stata l’ultima delle preoccupazioni di chi si è occupato della ristrutturazione.

E qui desidero per una volta riagganciarmi a vicende personali. L’accesso agli archivi storici che per me fin’ora è stato eccezionalmente facile, adesso sembra divenuto eccezionalmente difficile. Nel mio piccolo, forse sono stato il primo a pormi il problema della fine che abbiano fatto le strutture già realizzate del salone delle adunate, Ma, considerate le difficoltà che sto incontrando, sarò probabilmente l’ultimo a conoscerne la soluzione. In linea con quello che sembra essere il destino di ciò che ha ruotato intorno a Borgo Callea.