mercoledì 8 giugno 2011

Revisioni e correzioni


Ho parlato più sopra di cosa abbia generato la necessità della revisione, e quali siano state le basi sulle quali è stata condotta.
Ho accennato a come questa sia sorta in primo luogo dalle incongruenze presenti nel tratto di Camporeale; poiché però questo costituirebbe la parte terminale del tracciato, le correzioni relative verranno descritte in ultimo, seguendo la stessa direzione spaziale (da Palermo a Camporeale), che coincide con la direzione temporale (la realizzazione partì da Palermo nel 1924), usate per la ricostruzione.
Utilizzerò anche la medesima suddivisione in otto parti. Inoltre, occorre precisare che, sebbene le incongruenze relative a Camporeale furono le prime ad evidenziarsi, sono state anche le ultime ad essere risolte; pertanto, la loro trattazione alla fine appare giustificata.

Desidero precisare come gli aggiustamenti e le conclusioni siano stati portati a termine quasi un anno addietro, ma pubblicati qui solo adesso.

Il fatto di avere concluso le correzioni già da tempo è stata una fortuna; infatti, come si è detto, ci si è avvalsi delle possibilità offerte dal Portale Cartografico Nazionale. E lo Stato, almeno qui in Italia, raramente dà, e quando dà, spesso se ne pente.

L’interfaccia dell’intero sito, adesso rinominato Geoportale Nazionale (www.pcn.minambiente.it/GN/), è infatti stata rivista, con particolare riguardo alla visualizzazione delle mappe, che adesso funziona in maniera pessima.

Mentre prima l’interfaccia era intuitiva a ben funzionante, adesso è praticamente inusabile; effettuare le verifiche avvalendosi del PCN oggi, semplicemente, non sarebbe stato possibile.

Ma lo è stato; quindi, Lettore, procediamo con ordine

DERUBATI? Sì, ma legalmente


Uno dei motivi per cui ritengo possa esserne valsa la pena è il progressivo deterioramento cui sono sottoposte le strutture della linea. Questo non è dovuto soltanto all’azione impietosa del tempo e degli agenti atmosferici ed all’assenza di manutenzione; il livello costruttivo appare infatti notevolissimo, di gran lunga migliore di quello della Palermo-Burgio, e le strutture, specialmente quelle realizzate nei primi anni, sarebbero in grado di resistere ancora per molto tempo. Inoltre, sembra che particolare cura sia stata posta nella realizzazione di opere volte ad evitare possibili danni da scolo di acque reflue, con una gran quantità di muri di contenimento, sottovia, canali, etc.

E’ invece soprattutto l’azione umana che tende a cancellare le tracce della linea, e con una velocità spaventosa. Le strutture fruibili dalla collettività (essenzialmente, segmenti della strada ferrata utilizzati per la viabilità), vengono progressivamente “ammodernati” (a titolo di esempio, ecco un paragone tra come si presentava il segmento della linea, subito prima dello sbocco a Pianetto, alla fine degli anni Ottanta, e come è adesso



e questo processo, così come le conseguenti operazioni di manutenzione, cancella dapprima le strutture della linea (come nelle foto precedenti), e poi, a volte, anche le tracce residue relative a percorsi ed allineamenti (come è accaduto, ad esempio nei tratti cittadini, nei pressi di Altofonte dove un intero muro è stato cancellato, a Piana degli Albanesi, a San Cipirello o a Camporeale).

Gli effetti dell’azione umana sono ancora più evidenti sulle opere d’arte, specialmente quando essi sono condotti da privati. Basti vedere come sono state ripetutamente modificate le cantoniere a Pianetto o a San Cipirello




oppure la stazione di Santa Cristina Gela



Come si è più volte sottolineato, una buona parte degli immobili (sia edifici, sia terreno sul quale insistevano le strutture della strada ferrata) sono attualmente in mano a privati, e questa condizione era stata equiparata ad un furto subito dalla collettività. Questa interpretazione dei fatti era condivisa anche in altri ambiti; ad esempio Legambiente nel 2006 aveva inoltrato una richiesta al Sindaco di Palermo per variazioni urbanistiche, nel contesto della quale veniva tra l’altro chiesto di adibire a parco pubblico le pertinenze della ferrovia site all’interno di Villa Turrisi (per intenderci, la stazione di Uditore con i terreni annessi, da dove sono stato maleducatamente sbattuto fuori). Ed ancora il DA del 6 giugno 2005 relativo alle “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica”, menziona la Palermo Salaparuta come possibile “8° itineriario” della provincia di Palermo, citando la possibilità del ripristino dei tratti compresi tra viale della Regione Siciliana e Boccadifalco, ma sottolineando le difficoltà che sorgerebbero, in pratica, per recuperare il tratto compreso tra lo sbocco della seconda galleria e l’imbocco della quarta. In quest’ultimo caso le difficoltà sarebbero relate al fatto che il tracciato passa su Poggio Ridente, e che prima della Fontana del Drago è interrotto da costruzioni private; non viene nemmeno considerato, invece, che analoghe difficoltà sarebbero presenti lungo l’intero tratto compreso tra la Circonvallazione e Boccadifalco, fatto che denota con quale approssimazione abbia lavorato il “tavolo tecnico” che si pretende abbia redatto gran parte dei contenuti del decreto (a proposito, Lettore, sapevi che la parola “tavolo” non esiste nella lingua italiana? L’unico vocabolo ammesso sarebbe “tavola”…). Approssimazione che è chiaramente desumibile anche da altri segnali (ad esempio la descrizione del tracciato della Palermo-Burgio è maldestramente scopiazzata da Wikipedia), ma che appare essere una connotazione indispensabile per entrare a far parte del mondo politico, di quello siciliano almeno (forse, in futuro racconterò qualcosa di più significativo in questo senso).

C’è però un fondamento nel ritenere difficoltoso il recupero del tracciato tra Boccadifalco e la Fontana del Drago; il fatto è che tale fondamento è tale anche per gli altri segmenti che il DA vorrebbe recuperare. Vediamo di analizzare la cosa un po’ più in dettaglio.

Una citata legge del 1971 cederebbe ai Comuni tutti gli immobili (terreni, edifici ed altre opere d’arte) di pertinenza della ferrovia per essere adibiti al pubblico utilizzo; come si è visto, alcuni comuni sembra abbiano in un certo modo abusato della normativa rivendendo il terreno a privati. Sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo, in quanto ho solo evidenze indirette di ciò) che però la cessione dal demanio dello Stato ai comuni non sia automatica ma vada formalizzata, cosa che, almeno in alcuni casi, pare sia avvenuta in tempi ben più recenti del 1971; ad esempio, il verbale di consegna al Comune di Monreale sarebbe datato 22 giugno 1992, e quindi sarebbe successivo di ben 21 anni alla promulgazione della legge.

Ciò che sembrerebbe dire Legambiente è: “sia che il terreno venga considerato demanio, sia che venga considerato proprietà comunale, chi ne usufruisce è abusivo. Sbattiamolo fuori!”, mentre il DA sembrerebbe dire: “si sono abusivi, ma non avere riguardi per Poggio Ridente non è una buona idea” (testuale: “Più complesso risulta invece ripristinare il tracciato subito dopo Boccadifalco, trovandoci in presenza di una lottizzazione di ville residenziali, e nella zona sottostante Monreale per alcune interruzioni.”).

Ora, io non comprendo bene questo riguardo particolare. Non so se e quando la cessione sia avvenuta per Poggio Ridente; ciò che so con certezza è che alcuni residenti, ancorché completamente all’oscuro del fatto che la collinetta fosse stata attraversata da una linea ferroviaria (così come dell’esistenza degli sbocchi delle gallerie) sono ben consapevoli dell’esistenza di una zona demaniale all’interno di Poggio Ridente. O meglio, di una zona che sarebbe demaniale, ma di fatto non lo è; o almeno, non più.

Sebbene non abbia assolutamente le competenze per farlo, cercherò di rendere esplicito questo concetto.

Ciò che sta alla base delle implicite richieste di Legambiente, o anche del DA, è il concetto che il demanio non è alienabile, e quindi non è usucapibile; poiché la consegna delle pertinenze dal demanio dello stato ai comuni è avvenuto in tempi relativamente recenti, chi occupa immobili di pertinenza della linea è abusivo e deve sloggiare.

Ma la dottrina attualmente distingue un demanio “naturale” ed un demanio “artificiale”. Il primo comprende tutti quei luoghi che costituiscono il c.d. “demanio necessario”; essi, per situazione e condizione (coste, foreste…) si prestano “naturalmente” all’utilizzo collettivo (tra di essi rientrano, sebbene non comprese nel demanio naturale, le installazioni militari). Nel demanio artificiale invece rientrano i luoghi che, per caratteristiche naturali, non presenterebbero nulla di peculiare rispetto agli altri, ma che sono stati individuati come tali per la destinazione d’uso.

Il terreno su cui passa la strada ferrata non differisce in nulla rispetto ai terreni adiacenti, se non nel fatto che vi passa la strada ferrata. E’ questa l’unica cosa che lo rende demanio. Ne consegue che se la strada ferrata non vi risiede, o anche se vi risiede, ma il treno non la ha mai effettivamente percorsa, la natura demaniale dell’area cessa di essere. Poiché la Palermo-Camporeale non è mai stata percorsa dal treno, essa non è mai stata demanio, e quindi è usucapibile. Lo è sempre stata. E poiché chi ha occupato abusivamente terreni e fabbricati di pertinenza della linea lo ha fatto, nella grande maggioranza dei casi, da più di venti anni, gli occupanti non sono abusivi, ma legittimi proprietari. Chi mi ha sbattuto fuori dalla stazione di Uditore, è solo stato maleducato, ma non ha derubato la collettività. Non secondo la normativa vigente, almeno.

Tutto questo, Lettore, non è farina del mio sacco; è contenuto nella sentenza del 13-03-2007, n. 5867 della Corte di Cassazione, con la quale viene definitivamente sancita la proprietà per usucapione di terreni di pertinenza della Palermo-Salaparuta, e ricadenti nel comune di Monreale (il quale comune di Monreale ha perso in primo grado, in appello ed in fine nel ricorso in Cassazione); la sentenza si trova sul Web, e sono stati tolti i riferimenti sia ai nominativi, sia alle particelle catastali, ma è probabile che essa si riferisca al terreno compreso tra l’Ospedale di San Ciro e la Fontana del Drago.

Ma allo stesso modo, il medesimo principio varrà per il resto del tracciato.
Pertanto, è probabile che il comune di Santa Cristina Gela abbia venduto le aree di Pianetto pertinenti al tracciato a coloro che in realtà ne erano i legittimi proprietari già da un pezzo.

Aggiornamenti, rettifiche e correzione d’errore – Non era un’altra storia


E’ giunto il tempo di consuntivi, Lettore. Di rendere definitivo il lavoro compiuto; di porre la parola “fine” in fondo a questa ricostruzione con la ragionevole sicurezza che non vi sia davvero più nulla da dire.

L’ultima parte della descrizione del tracciato si concludeva, quasi due anni orsono, “ma questa è un’altra storia”. La frase poteva suonare sibillina, così adesso la renderò in maniera più esplicita.
La ricostruzione del percorso era stata eseguita basandosi sulle tracce residue della linea presenti sul territorio, rilevate su fotografie satellitari (essenzialmente GoogleEarth, ma non solo) e tramite verifica sul luogo. Le tracce osservabili consistono negli allineamenti delle strutture, in ciò che rimane del rilevato ferroviario e nelle opere d’arte; l’opera di ricostruzione è stata eseguita essenzialmente effettuando l’unione dei punti in cui vi erano dei riferimenti certi, e verificando la coerenza di quanto dedotto tramite la ricerca di tracce ulteriori che confermassero quello che doveva essere il percorso della linea, o la presenza di evidenze che indicassero come la ricostruzione fosse errata.

Un esempio del primo caso può essere rappresentato dal percorso che segue quella alla quale mi riferii come “diciottesima cantoniera” a Piana degli Albanesi, dove la presenza di una trincea a distanza di qualche centinaio di metri conferma la correttezza della ricostruzione



Un esempio del secondo tipo è il viadotto stradale tra Pianetto e Santa Cristina Gela, che indica chiaramente come il tracciato dovesse chiaramente percorrere una curva ad “S” dopo il sottovia, per poter allinearsi con l’arco sotto il viadotto


Un altro esempio di questo tipo può essere costituito dal ponte tra il primo ed il secondo viadotto dopo San Cipirello: la presenza di un brusco dislivello

lungo la traiettoria che passava sotto l’arco del ponte avrebbe indicato che il tracciato sarebbe passato lateralmente ad esso




Ovviamente nei tratti in cui sono presenti resti del rilevato ferroviario, la ricostruzione è più agevole e più esatta. In questo le fotografie satellitari o aeree sono state un aiuto insostituibile. Le osservazioni sulle foto ad alta risoluzione presentano diversi vantaggi rispetto ai sopralluoghi:

  1. possono venire osservate anche zone recintate, alle quali non si ha accesso diretto
  2. dipendentemente dalle condizioni di illuminazione, il rilevato può essere visibile più chiaramente che all’osservazione dal terreno; infatti in moltissimi tratti il rilevato, se non è andato distrutto, si è “appiattito” a causa dell’azione del tempo della gravità e degli agenti atmosferici, ma ripreso dall’alto con illuminazione obliqua può risultare ancora ben evidente
  3. possono essere osservate foto prese in epoche diverse ed avere così la conferma della presenza di certe strutture e della loro involuzione

Per quel che riguarda la parte della linea prima di Camporeale, le tracce del rilevato sembrano interrompersi bruscamente; a partire dal 62esimo chilometro, già prima del tratto della provinciale che sale verso Camporeale, non è più possibile vedere sul luogo alcun residuo di rilevato


Sono presenti due cantoniere, due viadotti, dei sottovia, ma nessuna traccia di una struttura che li colleghi. O di una stazione. Nel punto in cui le tracce cessano di essere visibili, il tracciato avrebbe dovuto attraversare una collinetta per raccordarsi dalla parte opposta di essa con un sottovia, per passare poi davanti alla penultima cantoniera, raccordarsi con i viadotti (ponte Quattro Luci e ponte Cinque Luci) ed arrivare all’ultima cantoniera. Per attraversare la collinetta sarebbero state necessarie gallerie o livellette; ma non vi era traccia di nessuna delle due.

L’impressione (o l’idea, assolutamente personale) era che i costruttori avessero realizzato prima le opere d’arte (case cantoniere, viadotti, e sottovia), e poi avessero cominciato a raccordare le strutture con il rilevato ferroviario. Ma giunti in prossimità della collinetta, un evento improvviso avesse troncato bruscamente le attività, impedendo il completamento della strada ferrata e l’edificazione della stazione terminale, della quale mi era stata confermata l’inesistenza. Su quale potesse essere stato l’evento non avevo idea, ma poiché qualcuno mi aveva promesso di interessarsi presso l’Ufficio Lavori delle FS, speravo in questo. Speravo di scoprire il motivo dell’arresto dei lavori, e di poter raccontarlo.

Era questo il senso della frase “Ma questa è un’altra storia”.

Nel settembre del 2009, due mesi dopo aver terminato la ricostruzione, mi imbattei, girovagando per il Web in un filmato realizzato nell’agosto del 1999 (e cioè esattamente dieci anni prima la mia ricostruzione) in cui due persone ripercorsero il tracciato dal ponte prima dell’arco posto dietro la Fontana del Drago fino a Camporeale. Il breve tratto dal ponte all’imboccatura della quarta galleria venne percorso (almeno così pare potersi desumere dalle riprese) in mountain-bike, mentre dalla sbocco della quarta galleria fino a Camporeale il tracciato fu seguito con una Panda.

I tratti non percorribili o ai quali non era possibile avere accesso vennero documentati filmando da una certa distanza, dalla strada o dal sentiero percorribile più vicino.
Alla fine, dopo le riprese dell’ultima cantoniera, si vedono le riprese del magazzino merci di una stazione, abbastanza simile a quello di Monreale, di Piana degli Albanesi o di San Cipirello.


Nella ricostruzione del percorso vennero commessi alcuni errori, identificando il tracciato con sentieri sterrati che ne seguono la traiettoria relativamente da vicino, ma che non possono comunque essere identificati con la linea ferrata. In alcuni casi il percorso dei sentieri non è nemmeno poi tanto vicino al tracciato, come ad esempio nel caso della parte che va dalla stazione di San Cipirello al viadotto, in cui il sentiero seguito non ha nulla a che vedere con il tracciato ferroviario, e giunge a ridosso del viadotto con un dislivello di una trentina di metri. O il sentiero che dalla già citata collinetta in prossimità di Camporeale sbocca sulla provinciale: nessun treno avrebbe potuto seguire quei dislivelli (l’inquadratura della collinetta fa supporre che vi sia stata un’intuizione corretta, ma poi viene filmato il percorso sul sentiero che sbocca sulla provinciale).


Nel filmato sono comunque documentate condizioni che adesso non esistono più: la stazione di Monreale prima del restauro, o la parte tra il quarto viadotto e la fermata Balletto prima che venisse asfaltato. La cosa che mi colpì maggiormente fu però la ripresa finale della stazione. Ero assolutamente consapevole che le riprese fossero un falso: in qualche inquadratura si vedeva in lontananza il mare, ed erano presenti delle strutture mobili (ad esempio quella per rifornire d’acqua le locomtive a vapore) che non avrebbero mai potuto essere state realizzate su una ferrovia non entrata in funzione e non armata. Fu facile capire che le inquadrature erano quelle della stazione di Sciacca; ma perché erano state inserite?

La visione del filmato, e degli errori ivi presenti, servì comunque da stimolo per prendere in considerazione una revisione del lavoro svolto nel tentativo di individuare i miei, di errori, e rendere così maggiormente attendibile la ricostruzione.

Più o meno nello stesso periodo venni a conoscenza dell’esistenza del Portale Cartografico Nazionale. Il PCN è (era) una delle (pochissime) risorse che lo Stato ci mette graziosamente a disposizione. Contiene una serie di mappe che coprono l’intero territorio nazionale, liberamente consultabili, alcune delle quali rese in grafica vettoriale; è anche presente un efficiente motore di ricerca interno. Sono presenti, tra le altre, le carte IGM in scala 1:25000 e ortofoto aeree riprese in diversi periodi (1988 - 1994 – 2000 – 2006). Ma la cosa più inte-ressante è che le mappe sono georiferite, ed un applet consente la perfetta sovrapposizione di più mappe tramite i georiferimenti, con la possibilità di variare le trasparenze; così è possibile, ad esempio, vedere, per sovrapposizione, su una foto aerea quali siano le strutture indicate sulla carta IGM.

Non sono stato in grado di capire a quale epoca si riferiscano esattamente le carte IGM. Su di esse è comunque riportato gran parte del tracciato, ma non tutto, come ferrovia dismessa; mi resi conto di avere a disposizione un insostituibile strumento per verificare la correttezza del mio lavoro. Una rapida occhiata mi fu sufficiente per constatare che avevo commesso diversi errori. Ma per correggerli tutti, e fino in fondo, avrei comunque avuto bisogno di integrare i dati presenti sul PCN con altri dati desumibili da documentazione sicuramente più antica. Così, fui costretto a prendere contatti con l’IGM, per ottenere riproduzioni di carte d’epoca e foto aeree; ciò ha consentito una revisione totale della ricostruzione del tracciato, da Palermo a Camporeale.

I contatti con l’IGM si rivelarono relativamente “costosi”; giudicherai tu, Lettore, se ne sia valsa la pena.