martedì 6 agosto 2013

LA VIA DEI BORGHI.19: La quinta fase dei borghi rurali siciliani. BORGO EMANUELE GUTTADAURO.


Borgo Guttadauro: guerra senza fine

"Durante un’aspra avanzata, con l’esempio trascinava la sua compagnia, cui era affidato l’incarico di affrontare per prima il nemico. Raggiunti tutti gli obiettivi, il giorno successivo, avendo appreso che si sarebbe dovuto attaccare una serie di quote nemiche, ben munite, si offriva volontario col suo reparto. Dopo avere attraversata una zona battuta con fuoco micidiale, nella quale erano caduti uno dopo l’altro i suoi ufficiali, assaltava con pochi animosi una quota dalla quale il nemico reagiva con rabbia. A pochi passi dalla trincea rossa il supremo suo ansito veniva spezzato da una pallottola che gli attraversava il ventre per poi perforargli un braccio. Caduto, ma non domo, persisteva nell’incitare i suoi uomini sino a quando il suo stesso sangue non gli strozzava in gola l’incitamento. 
Barracas - Rio Palancia, 19- 21 luglio 1938."

Nell’ambito di quella che ho definito “quinta fase” della mia pretenziosa classificazione, gli otto borghi fin qui descritti vengono considerati un sottoinsieme ben definito. In maniera più o meno esplicita, tutti coloro che hanno scritto sui borghi ECLS convergono su questo punto, dove il punto di convergenza è rappresentato dal fatto che essi sarebbero stati realizzati tutti nel 1940, ed inaugurati nel dicembre dello stesso anno. In realtà, come abbiamo visto a proposito di Borgo Lupo, le cose non andarono esattamente in questo modo, tuttavia, esiste comunque una caratteristica che accomuna gli otto borghi di questa fase: essi furono tutti grossomodo completati prima della fine della guerra. E considerato anche il principio che si ritenne di applicare (“uno per provincia”), esistono comunque dei criteri che li accomunano e che giustificano quindi una descrizione congiunta.


  Allo stesso modo viene descritto un altro sottoinsieme nel gruppo dei borghi ECLS, che individuerebbe i borghi la costruzione dei quali fu iniziata prima della fine della seconda guerra mondiale, ma che esclude gli otto menzionati sopra. Diversamente da quanto accade per i primi, non vi è accordo unanime riguardo a quali borghi debbano essere compresi in tale sottogruppo, e ciò perché da parte di alcuni vengono compresi solo quelli la cui realizzazione sia stata intrapresa, mentre altri vi includono anche progetti programmati ma non realizzati, o progetti esistenti ma che non ebbero seguito.


Adotterò il criterio dei primi, considerando i borghi la cui realizzazione sia stata effettivamente iniziata; tratterò più avanti, a parte, quelli la cui esistenza venne solo programmata. Coloro che seguono tale criterio, definiscono i sette borghi che fanno parte del sottogruppo come “borghi successivi al 1940”. 
Come accade per il primo gruppo, in realtà le cose non andarono esattamente in questo modo, ma esiste comunque un criterio che ne giustifica il raggruppamento: nessuno di essi verrà completato prima della fine della guerra.

Borgo Guttadauro è uno dei sette borghi di questa serie; la costruzione venne iniziata nel 1941, l’anno successivo a quello delle pompose manifestazioni inaugurali. Qualche cosa era cambiato nel giro di un anno. Sembravano leggermente diversi i criteri per i nomi, non più prevalentemente scelti tra i caduti in guerra d'Africa. Sembravano cambiati i toni, senza lapidi con l'intestazione del nome del borgo e senza inaugurazioni congiunte. Ma erano cambiate soprattutto le condizioni, La guerra imperversava, e questo si rifletteva sulle modalità di realizzazione. Si rifletteva, sui tempi di programmazione, su quelli di realizzazione, sui materiali utilizzati.
Ed i riflessi si prolungarono oltre la vita del regime, oltre la guerra ed oltre la vita dell'ECLS stesso. Questo avvenne praticamente per tutti i borghi la cui costruzione fu intrapresa dopo il 1940, ma Borgo Guttadauro fu tra quelli che, alla fine, maggiormente risentirono di questo stato di cose.

L’ubicazione scelta per Borgo Guttadauro è lungo la SS 190, in località “Case Cammarata”, poco prima del km 61, dove si trova l’abbeveratoio del borgo e dove vi è la diramazione della SP 190. Il terreno su cui sorge venne espropriato ai Camerata, Fulvio e Francesco.

  Ciò che colpisce percorrendo la statale è la completa assenza di case coloniche visibili, stilisticamente riconducibili in qualche modo alle riforme agrarie. Lo stesso accade guardando nei dintorni della SP 81, che attraversa una delle aree di bonifica comprese nel raggio di influenza del borgo.



Così. quando compare,  Borgo Guttadauro appare surreale. Ma non per motivi estetici, architettonici, stilistici come, per un motivo o per un altro, accade ai primi otto borghi ECLS. No, Borgo Guttadauro sembra semplicemente fuori posto. Contrariamente a Borgo Borzellino, Borgo Guttadauro è per me lontano da casa, molto lontano, in una zona che attraversai per la prima volta proprio nell’ambito di questa ricerca sui borghi. Ma se io fossi passato spesso e per caso da quelle parti, mi avrebbe ispirato la stessa curiosità che mi ispirò Borgo Borzellino: cos’è, a che serve, perché è qui?

Nella corografia originale, le aree interessate dalla bonifica all'interno del raggio di influenza hanno un'estensione non indifferente

Nelle carte successive le aree di riforma agraria appaiono di estensione notevolmente minore. Nonostante questo, al 1 gennaio del 1956 la pianificazione prevedeva che Borgo Guttadauro sovrapponesse parzialmente l’area individuata dal suo raggio di influenza con quella di altri tre borghi di tipo “A”, con uno di tipo “C”, e che sfiorasse la circonferenza relativa ad un quarto borgo di tipo “A”. Nessuno di essi verrà mai costruito

 Del progetto  fu incaricato l’ing. arch. Gaetano Averna. Non conosco la data esatta del progetto, ne a quando risalga il conferimento dell’incarico; ma considerato che Borgo Guttadauro compare nel riepilogo degli espropri insieme agli altri borghi della prima serie, è verosimile che il progetto sia stato redatto tra il 1939 ed il 1940.



Averna pare fosse assistente di Caracciolo, e Borgo Guttadauro condivide con Borgo Gattuso/Petilia  la presenza di una chiesa a pianta centrale; sebbene Guttadauro e Gattuso siano gli unici borghi ECLS esistenti con chiesa a pianta centrale, ciò è però probabilmente solo una coincidenza. Un altro dei borghi ECLS, mai costruito, avrebbe avuto una caratteristica simile, e d’altra parte Averna progetterà anche una chiesa a pianta centrale per Caltanissetta per rimpiazzare quella di Santa Lucia distrutta dai bombardamenti nel 1943.

Per chi come me non ha cognizioni tecniche, è difficile descrivere il borgo che, sia per la planimetria, sia per alcune caratteristiche architettoniche risulta notevolmente diverso dagli altri; se tali caratteristiche fossero ancora presenti, senza dubbio il borgo risulterebbe esteticamente molto più gradevole di quanto, purtroppo, non appaia adesso. Il progetto dei borghi ECLS venne commissionato ad ingegneri o architetti diversi affinchè ognuno di essi producesse "una qualche cosa di così unico ed inconfondibile", per citare Mazzocchi Alemanni. Ciò consentì alla Accascina di scrivere “Senza pervenire ad un livellamento unitario di espressioni artistiche […]  gli otto borghi sono riuscite individualità architettoniche”. Mentre, sempre proposito dell’architettura dei borghi siciliani, la Dufour scrive: “In quasi tutti i borghi si è evitato il ricorso sistematico alla simmetria nella composizione degli spazi e degli edifici, per tendere verso una soluzione che potesse apparire “naturale”, quasi da insediamento spontaneo”. Nel caso di Borgo Guttadauro, l’evidente dissimmetria e la profonda difformità tra i vari edifici sembrano sintetizzare nel borgo quella differenziazione che si era voluta ricercare tra i borghi, affidandone i progetti a professionisti diversi. Essi ebbero cura (o avrebbero dovuto farlo) di evitare di riprendere in ogni edificio strette e ripetitive analogie stilistiche che avrebbero generato l’immediata impressione di un complesso edilizio progettato e realizzato in blocco (come in effetti era) piuttosto che quella di un centro sorto quasi spontaneamente come dice la Dufour. L’applicazione di tale criterio fu più o meno efficace tra i primi otto borghi (sicuramente meno nel caso di Borgo Schirò), ma forse nel caso di Borgo Guttadauro l’efficacia è massima



 Borgo Guttadauro, come gli altri, si svolge intorno ad una piazza; e non potrebbe essere diversamente da così anche perché, come dice la Accascina, “un borgo senza piazza non avrebbe suggerito al rurale siciliano l’idea del paese”. La piazza però, a causa della disposizione degli edifici che la delimitano ed all’assenza di allineamenti, ha la forma di una “Y”; qualcuno vede invece, in questo spazio articolato, tre piazze interconesse.



L’unico asse viario carrabile, che è poi la prosecuzione della strada che conduce alla diga Disueri dopo l’intersezione con la SS 190, risulta tangente alla piazza in corrispondenza del braccio inferiore della “Y”


L’altro accesso al borgo è invece unicamente pedonale; una vialetto in salita si dirama ad angolo retto dalla SS 190 per raggiungere il piazzale del borgo, situato meno di dieci metri più in alto




Tale accesso non è stato riprodotto sul plastico e sul disegno assonometrico da esso derivato, ma è presente nella planimetria, che riporta anche una breve scalinata poco prima dell’accesso al piazzale. Attualmente la scalinata non è visibile, ricoperta da detriti e fogliame, ed il percorso del vialetto è appena intuibile; ma è ben evidente la discontinuità nel muro che delimita il piazzale

 Oltre di esso, il vialetto incrocia ortogonalmente la strada carrabile che proviene dalla diga, e si continua direttamente nella piazza




 La prima costruzione posta sul margine Nord della piazza è la sede della caserma dei carabinieri e della collettoria postale. E’ a pianta irregolare, e si sviluppa su due elevazioni





L’asse maggiore dell’edificio è ortogonale al vialetto d’accesso, ed il prospetto si trova lungo la carrabile, così da essere rivolto verso la statale. Presenta un portico ad archi a sesto ribassato a piano terra, ed un loggiato soprastante

 Ai lati del portico vi sono gli ingressi per le scale che conducono al piano superiore. Nel plastico tridimensionale l’edificio appare leggermente diverso; il portico è costituito da piedritti terminati da una piattabanda, ed il loggiato al piano superiore è sostituito da una balconata. Il retro prospetto della caserma si affronta con il fianco della Casa del Fascio. Anche qui vi è una discrepanza tra rappresentazioni e situazione reale, in quanto lo spazio tra caserma e Casa del fascio è attualmente occupato da una costruzione






La Casa del Fascio, che sul plastico sembra svilupparsi su una sola elevazione, in realtà presenta anche un piano superiore. Niente torri, né arengari, ne altri elementi che possano costituire più o meno espliciti riferimenti propagandistici. La pianta è irregolare, con un avancorpo che si protende verso il centro della piazza

 Oltre la Casa del Fascio, quello che costituirebbe il braccio Nord della “Y” stilizzata è delimitato dalla scuola



 L’ala Est si sviluppa su due elevazioni





quella Ovest, che contiene le aule, consiste del solo piano terreno



 La costruzione che ospita le aule sarebbe unita alla Chiesa da un portico, dietro il quale si trova la canonica



portico e canonica chiuderebbero la piazza a Nord in corrispondenza del ramo Est della Y



Sul prospetto, la canonica presenta un portico con archi a tutto sesto, che si prolunga fino a congiungersi con il corpo di fabbrica delle aule


La chiesa avrebbe occupato il vertice dato dal congiungimento delle due branche oblique della “Y”




Essa, in pratica, non è più esistente; rimane in piedi solo lo spigolo nord del fabbricato, contornato da un cumulo di macerie





Così, si può solo cercare di immaginare quale sarebbe stato l’impatto visivo del prospetto della chiesa in fondo alla piazza risalendo a piedi il vialetto d’accesso alla piazza. E risulta ancora più difficile in quanto la zona Ovest della piazza viene letteralmente sbarrata dalla vegetazione, alberi ed arbusti che impediscono totalmente la vista dell’area di sedime, ricolma di macerie, della chiesa, e che avrebbero impedito di vederne l’ingresso se questa fosse stata ancora in piedi





La chiesa era a pianta centrale, quadrata, circondata da un portico con un arco per lato.

L’unica fotografia di Borgo Guttadauro che sono stato in grado di trovare è questa, vista da Nord, dalla collinetta sulla quale si trova il serbatoio. La chiesa è visibile solo parzialmente, ma è possibile verificare come già la vegetazione davanti il prospetto di questa crescesse rigogliosa





L’altro braccio della “Y” è chiuso ad Ovest dalla cabina di trasformazione





e delimitato a Sud dalla  Casa dell’Ente, piccola costruzione su singola elevazione




 Il margine Sud della piazza è costituito da dispensario medico e trattoria; ambedue le costruzioni presentano un portico, che si prolunga congiungendole





Nelle raffigurazioni tridimensionali, esso, nel tratto tra i due edifici, appare aperto superiormente, mentre attualmente è chiuso da una seconda elevazione in muratura





Al di fuori dell’area della piazza sorgono botteghe ed abitazioni degli artigiani, in due costruzioni  su singola elevazione, una più grande a Nord





ed una più piccola a Sud





con gli assi maggiori allineati, e paralleli a quello della carrabile.

L’approvvigionamento idrico era garantito da un serbatoio posto su una collinetta a Nord del borgo




una piccola costruzione anonima che nulla ha a che vedere con la monumentalità dei serbatoi disegnati dall’ing. Marino





Dovrebbero esservi delle vasche all’ingresso carrabile del borgo, a Nord delle botteghe artigiane




L’unica opera d’arte di cui sono a conoscenza è una “Madonna di Borgo Guttadauro” di Michele Dixit, verosimilmente andata perduta con la chiesa.

Come già accennato sopra, i vari edifici condividono pochi elementi stilistici, come se i progettisti fossero stati diversi, e l’insediamento fosse sorto spontaneamente.  Anche i portici appaiono diversi tra loro. Gli archi che li compongono sono stati definiti catenarie, ma almeno visivamente sembrerebbero  piuttosto archi a tutto sesto. l’impressione che siano catenarie può essere ingenerata, in quello che congiunge trattoria e dispensario, dall’estrema brevità dei piedritti.
E’ difficile capire dalle immagini fotografiche se in effetti sia così, ma quando le fotografie vengono corrette per la prospettiva le curve su cui si basa la struttura sembrerebbero riferibili ad archi di circonferenza e non a catenarie


La sensazione di insediamento spontaneo suscitata da Borgo Guttadauro è ben evidente nella raffigurazione prospettica, e probabilmente lo sarà stato ancor di più nella realtà




Non so quando siano state apportate agli edifici le modifiche che li rendono differenti da quelli raffigurati in assonometria; di sicuro, il portico tra dispensario e trattoria venne chiuso successivamente alla realizzazione secondo progetto, nel 1943, dall’Aeronautica Militare.

La richiesta di concessione per la costruzione è del 6 maggio 1940, approvata nella seduta del 20 giugno 1940.

La licitazione, indetta per il 5 novembre dello stesso anno, fu vinta, con un ribasso del 6,25% sull’importo iniziale di £ 1 435 126,34, dall’ubiquitaria ed immarcescibile SAI Ferrobeton.  Ma se l’attributo di immarcescibile può sicuramente applicarsi all’impresa, che ritroveremo ancora in futuro, non altrettanto sicuramente può riferirsi alla sua produzione, come vedremo più avanti.

Il decreto di concessione reca la data del  10 dicembre 1941, così i lavori furono consegnati all’ Impresa Ferrobeton il 25 gennaio 1941, e quattro giorni dopo venne formalizzato il contratto d’appalto. La direzione dei lavori non fu affidata al progettista, ma fu l’Ente stesso a curarsene.

E mentre progrediva la costruzione di Borgo Guttadauro, progrediva anche il conflitto mondiale, che si spostava sempre più all’interno dei confini nazionali. Le precedenti raccomandazioni sull’uso del ferro e del cemento divenivano ordini tassativi; così, Lettore, quell’introduzione preconfezionata, sull’uso di travi di legno in luogo del cemento armato che abbiamo visto ripetere in ogni relazione nel dopoguerra, per i borghi di questo periodo diviene la descrizione della realtà. Non si fu in grado di rispettare le specifiche di progetto per Borgo Guttadauro; in luogo dei solai in laterocemento agganciati ai cordoli di calcestruzzo armato, si usarono travi in “pino silano”. La decisione fu presa di comune accordo da Direzione dei lavori ed Impresa, posto che l’alternativa sarebbe stata la sospensione dei lavori.

I lavori invece non furono sospesi, conducendo alla fine alla redazione  di un verbale di ultimazione datatol 2 gennaio 1943; solo il portone e l'altare della chiesa non erano stati completati, per "mancanza di materiali adatti"

Ma questo non venne considerato un problema. Infatti la consegna del borgo dall’Impresa all’Ente avvenne il 26 gennaio 1943 e, contestualmente, l’Ente consegnò il borgo al Demanio Aeronautico affinché vi alloggiasse personale militare (principalmente, i piloti d’alta quota) afferente all’aeroporto di Gela. Pertanto, il mancato completamento della chiesa non poteva rivestire alcuna importanza, visto l’uso che veniva fatto della struttura. Al momento della consegna, le autorità militari avevano già provveduto alla chiusura del portico tra trattoria e dispensario. Inoltre, in effetti la formale consegna dell’Impresa all’Ente non riguardò tutti gli edifici, ma rimasero escluse chiesa e l’edificio Nord delle  botteghe artigiane.

Nel luglio dell 1943, il borgo venne occupato dalle truppe americane, che lo riconsegnarono all’ECLS nel 1944.

L’anno successivo si manifestarono i primi dissesti. L’ECLS si premurò di avvertire la SAI Ferrobeton, che riconobbe, di fatto, la propria responsabilità in ciò che accadeva, provvedendo ad eseguire delle riparazioni, alcune delle quali anche di una certa entità, come ad esempio il rafforzamento del solaio della Casa del fascio con travi in ferro. Nello stesso anno vennero condotte le riparazioni dei danni bellici, lavori di lievi entità sia sul piano pratico, sia su quello economico.

Nel 1946, il borgo fu consegnato dall’ECLS all’Impresa Girola, che stava costruendo la diga Disueri sul Gela. Il possesso degli edifici da parte dell’Impresa si protrasse almeno fino al 1950, come è possibile dedurre dal fatto che in una memoria inviata dall’Ente al Collaudatore e datata 1950, si fa riferimento all’occupazione del borgo da parte dell’Impresa Girola come di un fatto attuale.
Durante il periodo in cui il borgo restò in possesso dell’Impresa Girola, molti edifici subirono diversi danni. Alcuni dipesero da fatti nuovi, intercorsi, come ad esempio l’incendio del dispensario medico. Altri invece consistettero essenzialmente in dissesti statici manifestatisi spontaneamente, e soprattutto, nel cedimento dei solai.

Nel 1948 l’ECLS, dopo un sopralluogo congiunto con Ferrobeton, decise di farne carico ancora una volta a quest’ultima, che però stavolta tentò di sottrarsi ai suoi obblighi; i rapporti tra Ente ed Impresa si fecero tesi e conflittuali.
 Nello stesso anno venne dato incarico all’ing. Granone di eseguire il collaudo dei lavori e redigere le relative certificazioni. Il conflitto si estese anche a tale situazione, assumendo toni aspri, a volte ironici, comunque inusuali negli scambi epistolari di più di mezzo secolo addietro.

L’ing. Granone tentò di mediare, ma sottoscrisse la non collaudabilità dei lavori. Questa era una situazione eccezionale, senza precedenti. Di solito, qualunque fosse lo stato delle opere, il risultato finale del collaudo era comunque positivo; carenze, manchevolezze o malfunzionamenti venivano attribuiti a danni bellici, o ritenuti conseguenze inevitabili del periodo nel quale i lavori erano stati eseguiti. Persino l’acquedotto di Borgo Giuliano, praticamente quasi inesistente al momento della verifica , fu collaudato.

La non collaudabilità dei lavori faceva sorgere ulteriori problemi sia nel rapporto Ente-Stato/Regione, sia in quello Ente-Impresa. L’Ente avrebbe voluto risolverli scaricando sull’Impresa la responsabilità del risultato; l’Impresa, dal canto suo, avrebbe cercato di risolvere i propri sottraendosi alla responsabilità che l’Ente avrebbe voluto addossarle.
Granone, come si è detto, aveva cercato di mediare ripartendo la responsabilità tra le due parti, ma questo non risolveva il problema. Borgo Guttadauro, dopo aver sofferto le conseguenze del conflitto bellico, subiva anche quelle del conflitto burocratico.

E’ difficile stabilire, dalla lettura della documentazione, da che parte stesse la ragione. Da un lato, pare che Ferrobeton, nel tentativo di recuperare le somme residue, a qualsiasi titolo gli potessero venire corrisposte, abbia fatto ricorso ad ogni genere di espedienti, inventando una mai avvenuta occupazione tedesca del borgo, invocando danni strutturali a causa di bombe che in realtà erano cadute a centinaia di metri di distanza, richiedendo il risarcimento di spese per una inesistente guardianìa. Dal canto suo, l’Ente controbatté punto per punto ogni scusante addotta da Ferrobeton, fin quando non sembrò giungersi al nocciolo della questione: il crollo dei solai. 
Le travi di pino silano erano tarlate e marcite. 
L’infradiciamento fu messo in relazione con un’insufficiente stagionatura, che avrebbe richiesto una modifica alla struttura dei solai, per consentire un’adeguata areazione delle travi. La modifica non ebbe luogo, ed anche di ciò l’Ente volle fare carico alla SAI Ferrobeton, che però rifiutò ogni addebito sostenendo che la modifica avrebbe dovuto venire progettata e richiesta dalla direzione dei lavori,e cioè dall’ECLS. L’Ente replicò affermando che, di fronte a direttive tecnicamente carenti o errate, l’Impresa di fatto si sarebbe dovuta sostituire alla Direzione dei lavori, operando nella maniera obiettivamente più corretta. E definì il comportamento di Ferrobeton “abulica, inconcepibile condiscendenza nell’ accettazione di qualsiasi disposizione impartita dalla Direzione dei lavori”, posizione chiaramente insostenibile, che scaricava sull’Impresa la responsabilità di decisioni che invece sarebbero state preciso compito della Direzione.

La diatriba, dopo più di quindici anni, si risolvette in una composizione bonaria della vertenza, una transazione che non accontentò nessuno. Non accontentò la SAI Ferrobeton, che  a distanza di venti anni dall’inizio dei lavori si vide corrispondere una cifra a saldo con la quale ormai, vista la svalutazione, si sarebbe potuta acquistare un’utilitaria. Non accontentò l’Ente, che dovette comunque provvedere di tasca propria all’esecuzione dei lavori che si erano resi necessari. “Tasca propria” resta ovviamente un modo di dire; venne seguita l’iter burocratico solito, con richiesta di concessione, appalto dei lavori e rimborso.
Tale procedura venne eseguita dapprima per la sola caserma dei carabinieri, la cui ristrutturazione si iniziò nel 1953, e nel 1956 venne consegnata al rappresentante del Ministero dell’Interno; è probabilmente durante i relativi lavori che venne attuata la variazione di portico e balconata che la rende attualmente diversa dalle originali riproduzioni tridimensionali. Il risultato, oltre che nella presenza di strutture in calcestruzzo armato, è evidente nella tessitura della muratura



La manutenzione straordinaria del borgo iniziò invece nel 1955, affidata all’Impresa Greco Salvatore; essa interessò tutti gli altri fabbricati, con ricostruzione della muratura, sostituzione degli architravi e, ovviamente, realizzazione dei cordoli e sostituzione dei solai in legno con quelli in laterocemento. I lavori ebbero termine nel maggio del 1959, ed il costo fu di poco più di trentaquattro milioni di lire, ai quali vanno sommati i quattro milioni e mezzo della caserma.

Ferrobeton riuscì finalmente ad incassare le sue settecento ottantaquattro mila lire in seguito al decreto assessoriale nr 1901 del 5 settembre 1966, mentre i Camerata non riuscirono ad incassare l’indennità di espropriazione se non alla fine del 1958



Ma tra tutti questi conflitti, per quanto tempo Borgo Guttadauro riuscì a svolgere la funzione per la quale era nato? Attualmente, Lettore, non sono in grado di dirlo con precisione. In una relazione allegata ad una richiesta di proroga avanzata all’ERAS dall’Impresa Greco Salvatore, e datata 28 agosto 1957, si legge testualmente: “Poichè i lavori da eseguire interessano tutte le strutture, […], la loro esecuzione, se iniziato contemporaneamente in tutti gli edifici, avrebbe richiesto la piena disponibilità degli edifici medesimi e quindi l’allontanamento di tutti coloro che lo occupavano, con la conseguenza, fra l’altro della sospensione di tutti i servizi di interesse pubblico”.
E’ chiaro quindi che nella seconda metà degli anni Cinquanta il borgo era sicuramente funzionante; non saprei dire per quanto lo rimase. Sicuramente per più di dieci anni, se il 9 febbraio del 1965 avveniva, con il Decreto del Presidente della Repubblica nr 161, il “Riconoscimento, agli effetti civili, della erezione  della Parrocchia Regina Pacis, in borgo Guttadauro in contrada Disueri del comune di Butera (Caltanissetta)”. E l’ERAS aveva in progetto anche un ampliamento, essenzialmente consistente nell’edificazione di una Casa Sanitaria


La cessione al comune di Butera avvenne in data 14 gennaio 1971; non saprei però se in seguito alla cessione i servizi siano stati sospesi, come spesso è avvenuto per altri borghi. So che per qualche tempo la struttura ospitò una comunità per il recupero delle tossicodipendenze; è sicuramente a quel periodo che deve risalire la lampadina ancora avvitata al soffitto di uno dei locali della scuola.
Ma il borgo doveva già essere abbandonato da un pezzo quando, in periodo imprecisato tra il febbraio 2004 ed il dicembre 2005 la chiesa crollò, sbriciolandosi letteralmente. Sebbene non  sia mai stata sottolineata la presenza condizioni geologiche particolarmente sfavorevoli, e neanche sia stata rilevata la presenza di evidenti difetti nella realizzazione, nemmeno i radicali interventi di manutenzione straordinaria sono serviti a salvaguardare Borgo Guttadauro; a giudicare dallo stato dei muri perimetrali della canonica, questa potrebbe seguire senza preavviso le sorti della chiesa



Borgo Guttadauro è nato ed è rimasto cagionevole, vittima della guerra tra nazioni prima, e tra aziende dopo.

Sono stati redatti dei progetti di recupero, ma non hanno avuto applicazione. Le idee hanno spaziato dal centro vinicolo alla sede distaccata ospedaliera. Nel 2012 il comune di Butera ha promulgato un avviso pubblico per verificare la disponibilità di soggetti eventualmente interessati ad una concessione venti-cinquennale per la realizzazione di un “Centro Vacanze” nel borgo. Non ho notizie riguardo ai risultati; nella tarda primavera del 2013 Borgo Guttadauro continuava, silenziosamente ed inesorabilmente, ad andare incontro al suo destino. Dopo aver ripetutamente subito le conseguenze di conflitti bellici, burocratici ed amministrativi, pare che questo sia l’unico modo che consenta a Borgo Guttadauro, finalmente, di trovare un po’ di pace. Di non vedere più guerre di alcun tipo. O quasi.

La prima volta in cui vidi Borgo Guttadauro, vi  giunsi per caso. Non avevo preparato in alcun modo l’escursione, né verificato quali fossero le vie d’accesso al sito. Dovendo raggiungere Borgo Ventimiglia, il navigatore satellitare mi condusse lungo la SS 190, e Borgo Guttadauro era lì. Non comparve tanto improvvisamente alla vista, quanto piuttosto inaspettatamente, come accennato all’inizio del post. E nel breve tempo che il mio cervello impiegò per porsi  le domande summenzionate (“cos’è, a che serve, perché è qui?”), ed identificare successivamente  Borgo Guttadauro, l’auto aveva oltrepassato la carrabile d’accesso e la relativa, arrugginita, tabella segnaletica



Guardavo il piazzale del borgo dalla statale, sette metri più in basso, e lo vedevo completamente recintato.  Poco più avanti la recinzione sembrava interrotta; parcheggiai così l’auto accanto all’abbeveratoio, ed iniziai a risalire la collinetta da Sud, tra l’erba, attraverso i campi senza un sentiero da seguire



Nulla di impegnativo, ovviamente; è solo che non avevo avuto la possibilità di verificare come in effetti esistesse una  strada d’accesso, aperta e percorribile.

Dopo aver ripreso qualche immagine degli edifici più a Sud, mi spostai ad Ovest; sebbene non avessi preparato specificamente l’escursione, sapevo bene del crollo della chiesa, e mi incuriosiva il vederla da vicino. 
Ero quindi lontano dal margine Ovest del piazzale, quando iniziai a sentire voci e rumori. 
Attraversai la piazza per vedere, non senza sorpresa, diverse autovetture parcheggiate all’imbocco di essa. Alle voci ed ai rumori corrispondevano figure in tuta mimetica, ed armi automatiche.

Mi avvicinai per parlar loro, gli onnipresenti appassionati di soft air gun. Si scusarono di arrecare disturbo, e si fecero da parte, pregandomi di avvisarli quando avessi finito di riprendere le mie fotografie. Il contrasto tra l’abbigliamento e le armi da un lato, ed il comportamento estremamente educato, rispettoso e gentile dall’altro era tanto marcato da rasentare l’umorismo. Cercai di essere più rapido possibile, per ricambiare la loro cortesia. Ero salito in auto sotto casa, in pieno centro cittadino, in piena bolgia infernale, ed uscendo dall’auto trovavo calma, pace, cortesia ed educazione. 

Alcune persone trovano ridicoli gli appassionati di soft air gun; trovano ridicolo il fatto che loro ritengano piacevole e divertente un’attività che consiste nello spararsi a vicenda. Personalmente, li apprezzo moltissimo; a loro va la mia massima stima. 
Nel corso della mia non breve vita, ho praticato diverse attività sportive all’aria aperta ed in luoghi isolati; e spesso mi è capitato di imbattermi in altri personaggi, con tuta mimetica ed armi, che ritenevano di fare qualcosa di piacevole e divertente. Alla fine della giornata, molti di loro tenevano per le zampe gruppi di poveri, piccoli animali, che prima di morire ammazzati avranno provato dolore e paura. 
Non c’è nulla di piacevole  nel dolore, se non sei masochista. Non c’è nulla di divertente nella paura, se non stai guardando un film, o se non sei al luna park. 
Quello che per alcuni esseri viventi è piacere e divertimento, per altri esseri viventi è sofferenza e morte. I primi la chiamano “caccia”, e la ritengono un’attività sportiva. Mi piacerebbe tanto che si trovassero invece al posto dei secondi, e, per coerenza, continuassero a sostenere la loro posizione. Mi piacerebbe che, feriti e braccati, continuassero ad affermare con fermezza il loro pensiero: “è un’attività sportiva, piacevole e divertente”. 
E’ lapalissiano, Lettore, che se entri in auto nella bolgia infernale del centro città, e ne esci accanto a personaggi di questo genere, tu non ti possa accorgere della differenza. Inferno è uno, ed inferno è l’altro. Inciviltà è una, ed inciviltà è l’altra.
Ed a me pare altrettanto lapalissiano che chi invece ha fatto scelte diverse, sia anch’egli diverso. Che chi ha scelto di fare qualcosa di piacevole e divertente senza fare del male a nessuno, rischiando, semmai, la propria incolumità e non quella di altri esseri viventi che non hanno scelto di partecipare a quel gioco di morte, sia educato e gentile. L’educazione sa essere piacevole; la gentilezza può essere divertente.

Mi affrettai ad avvertire quello che sembrava l’organizzatore che avevo finito, e che potevano cominciare. Mi ringraziò stringendomi calorosamente la mano; subito dopo gli voltai le spalle avviandomi lungo l’accesso carrabile di Borgo Guttadauro, che ormai conoscevo. Dopo pochi metri udii un fischio; mi girai, e lo vidi entrare rapidissimamente in uno degli ingressi della caserma. Pochi istanti dopo, il rumore di sventagliate di mitra. Sorridevo, compiaciuto e divertito, mentre ripensavo
"Durante un’aspra avanzata, con l’esempio trascinava la sua compagnia, cui era affidato l’incarico di affrontare per prima il nemico…"