sabato 6 agosto 2022

Il Mostro di Firenze 1: Prologo



it is not true that we select only such facts as confirm the theory and, as it were, repeat it ; the method of science is rather to look out for facts which may refute the theory.

Karl Popper




Bene, Lettore, avevo affermato che non avrei più scritto nulla sul "Mostro di Firenze", ed invece sto dando inizio ad una nuova serie.

Potrei dirTi, parafrasando lievemente James Russell Lowell che solo i cretini non cambiano mai idea, ma Tu potresti ribattere come io sia la prova vivente che a volte anche i cretini cambiano idea, quindi lasciamo perdere questa argomentazione.

La vera motivazione é che, anche senza scrivere più nulla, avevo pensato di affrontare il problema "Mostro di Firenze" come fosse un "indovinello regressivo", ma di farlo proprio come si fa di solito con gli indovinelli regressivi, e cioè in forma di gioco.

Ed avevo cominciato a "giocare" nei commenti in calce ai video di uno youtuber, Carlo Palego, che avevo scelto essenzialmente per due motivi.

Il primo é che Carlo Palego mi appare come una persona educata e perbene, e non animata da fini di lucro; non una condizione frequentissima nella "Moderna Mostrologia"

Il secondo é che Carlo Palego ha un'idea della vicenda che per certi versi può accostarsi alla mia, e per altri se ne discosta; quindi sarebbe stato più facile iniziare il "gioco" sulle analogie, argomentando poi sulle differenze.

Ed in effetti, iniziare non é stato difficile; é continuare che si é rivelato quasi impossibile. Forse si sarebbe potuto giocare in sessioni LIVE di YouTube; ma certamente non avvalendosi dei commenti, che non consentono un'interlocuzione in tempo reale, ed una dialettica efficace e tempesiva.



FALSIFICABILITA' DELLE TEORIE SUL MOSTRO DI FIRENZE

Il gioco che ho tentato sul canale di Carlo Palego é però servito a sviluppare anche il concetto di "falsificabilità" applicato alle teorie sul Mostro di Firenze; avevo già accennato qui all'importanza della falsificabilità nella ricerca della verità scientifica, ma riprendo l'argomento un po' più in dettaglio.

Se vogliamo tentare un approccio al Mostro di Firenze "con i metodi della scienza", per dirla come Massimo Polidoro, dobbiamo fare i conti con il "principio di falsicabilità".

Una teoria scientifica, per essere considerata tale secondo un principio epistemologico formulato da Karl Popper nei primi anni Trenta del XX secolo, ed ampiamente condiviso, deve essere falsificabile, cioè deve esistere qualche forma di verifica che possa dimostrarne la non veridicità; altrimenti é un dogma: occorre accettarlo per fede. L'accettazione di una teoria scientifica come "vera" invece, si fonda proprio sulla base della sua falsificabilità: se essa può essere dimostrata falsa, ma ancora ciò non é avvenuto, si assume che sia vera.

Alcuni scambi di battute tra me e Carlo Palego, in calce ad uno dei suoi video, chiarificheranno ciò che voglio dire, anche se riferiti ad aspetti molto settoriali della vicenda (mi perdonerà, spero, il buon Carlo se prendo a prestito una parte, piccola ma esplicativa, dei nostri dialoghi)

Il primo riguarda un'eventuale manipolazione (staging) della scena del crimine di Signa. In rosso Carlo Palego, in blu io

Noi sappiamo come è stata trovata la scena del crimine, cioè post staging. Per capire cosa non si doveva far vedere, che avrebbe cozzato con la tesi Mele unico colpevole ed è stato quindi occultato/manipolato, dovremmo avere una pur vaga idea di come andarono veramente le cose quella notte

Carlo, questo, nella pratica, é una sorta di ragionamento circolare:

Non puoi sapere come andarono le cose perché per saperlo dovresti sapere se ci fu staging.

Non puoi sapere se ci fu staging perché per saperlo dovresti sapere come andarono le cose.


Ecco, un ragionamento circolare é un ragionamento che non può essere falsificato. E' autoreferenziante, cosicché trova la sua verifica in sé stesso. Non può costituire quindi un'argomentazione sulla quale si regga una verità scientifica.

Consideriamo un altro scambio di battute

Avevo affermato che la decisione che Barbara Locci ed Antonio Lo Bianco sarebbero usciti insieme la sera fu presa lo stesso pomeriggio; ed ho citato una serie di testimonianze che indicherebbero ciò


però come puoi dire con certezza che la Locci non sapeva ancora se sarebbe uscita con l’Antonio quella sera?

Perché, tu puoi dire con certezza il contrario?


In linea di principio, la mia avrebbe costituito un'affermazione falsificabile.
Non ho modo di dire con "assoluta certezza" se la mia deduzione che discenda dalle testimonianze sia vera; ma in realtà non ne avrei bisogno. Se si trova una testimonianza, o qualunque altra evidenza, che non sia così, allora la mia deduzione viene falsificata. Fino a quel momento, però, poiché resta la più plausibile, andrebbe assunta come vera. Non devo essere io a provare la veridicità della mia affermazione assolutamente verosimile, o in altri termini, la falsificazione non può consistere nel fatto che essa sia "granitica" ; semmai, deve essere smentita da qualcos'altro che così falsifichi l'ipotesi.
In pratica, la confutazione, e la falsificazione dell'ipotesi, non possono poggiare su un'argomentazione come "Perché, tu puoi dire con certezza il contrario?", ma devono avvalersi di una motivazione del tipo "Ecco qui delle testimonianze che negherebbero tale possibilità".

Questa questione é quella che ormai affligge ogni teoria sul Mostro di Firenze: a distanza di oltre mezzo secolo dal primo evento, é estremamente improbabile che possa emergere qualcosa che consenta la falsificabilità di una teoria corrente piuttosto che di un'altra, considerato che esse sono tutte dogmatiche; i reperti fisici validi non esistono più (e forse non sono mai esistiti), mentre le testimonianze non sono suscettibili di cambiamento in quanto, in pratica, tutti i soggetti coinvolti, con l'eccezione di Natalino Mele, sono deceduti.
Tutte le teorie pertanto essendo non falsificabili, sono equivalenti; solo Natalino Mele potrebbe fare la differenza, se volesse. Ma non lo vuole. Così come non lo vogliono tutti i "mostrologi" che organizzano convegni e vendono libri. Che, propinando teorie non falsificabili, "dimostrano" inequivocabilmente come la loro sia vera. Tutte teorie vere, dunque. Giancarlo Lotti e Pierluigi Vigna sarebbero sullo stesso piano; ed in buona compagnia, insieme a Pietro Pacciani, Francesco Narducci, Giampiero Vigilanti, un ex carabiniere, un pastore...

Ma anche se qualche mostrologo impazzito volesse escogitare una teoria scientifica, da dove potrebbe venire qualche novità in grado di fare la differenza, e renderla falsificabile? Forse solo dal "rosso del Mugello", prima che sia troppo tardi anche per quello; ma verrebbe da pensare che proprio perché la cosa potrebbe fare la differenza é stato negato l'accesso agli atti; e, seguendo Andreotti, che di intrighi se ne intendeva, "a pensar male si commette peccato, ma a volte ci si azzecca". Anche l'avvocato Vieri Adriani ha fatto suo un tale principio.

Ed é per questo che ho cambiato approccio; imparare a memoria ogni virgola delle testimonianze, come hanno fatto gli altri, non sarebbe servito a nulla; i contenuti di perizie, i verbali o rapporti, resteranno sempre uguali e sé stessi sia che vengano letti mille volte, sia un milione di volte. Continuare a pestare l'acqua nel mortaio non serve; se non puoi cambiare i dati, l'unica strada che rimane é cambiare la metodologia con la quale li elabori. Ne discende che l'unica cosa che potrebbe servire é una teoria che non introduca alcuna ipotesi arbitraria, alcun ragionamento circolare, cosicché in qualche modo la teoria possa risultare falsificabile. Ma una tale teoria non può venire fuori da un approccio, per così dire, "tradizionale", non lo può più; mezzo secolo di tentativi in tal senso hanno abbondantemente dimostrato come insistere sull'uso della metodica tradizionale non porti ad alcuna conclusione.

Ma devo ammetere che anche cambiando metodica neanche a me, Lettore, é riuscito di non introdurre ipotesi arbitrarie. Però, Lettore, la mia teoria identifica anche "qualcuno" al quale si potrebbe dare un nome ed un cognome, e potrebbe ancora esser possibile verificare se le ipotesi arbitrarie si applichino al quel qualcuno o meno. Se non fosse verificato che al qualcuno identificabile alla fine della storia siano applicabili le ipotesi arbitrarie, la teoria ne verrebbe falsificata. Pertanto, il fatto che la mia ipotesi identifichi qualcuno in qualche modo la renderebbe falsificabile.

E' per questo che ho deciso di impersonare uno dei pochi cretini esistenti che cambiano opinione, ed iniziare questa serie sul "Mostro di Frenze"; ma dovrò giocare da solo.

In altri termini, mi proporrò da solo l'indovinello regressivo e cercherò di risolverlo mentre Tu, Lettore, potrai, se lo vorrai, esercitare solo l'azione che il tuo ruolo prevede: leggere. Senza interattività.

Però qualora Tu stia realmente considerando la possilità di voler imbarcarti nell'impresa della lettura delle stupidaggini che io scrivo, mi é d'obbligo darti preventivamente una notizia che suonerà probabilmente come un caveat: il Mostro di Firenze non esiste. E' un'illusione.

Sia che tu, come la maggior parte dei "Mostrologi" declama a gran voce, ritenga che il "Mostro di Firenze" sia un'entità singola e dotata di superpoteri, sia che tu lo ritenga un'entità plurima composta da più persone, esso, inteso come entità costante nel tempo per intenti e composizione, non avrebbe akcuna corrispondenza nella realtà.

Così, se una tale idea non dovesse piacerti. se Tu dovessi essere uno di coloro che vogliono sentire o vedere scritto che il Mostro é (stato) un uomo alto, atletico, che ha fatto il pastore ma facendolo ha conseguito un diploma di scuola superiore, che ha un'auto vecchia che però cambia spesso, che con essa copre delle distanze inimmaginabili, che é un ex carabiniere ma ha una lunga storia criminale con periodi trascorsi in istituti o in carceri, che fa un lavoro da artigiano ma ha a che fare con autopsie di piccoli animali, che ha denunce per piccoli reati contro la persona ma non ne ha mai commessi, che non é sposato ma ha una moglie e dei figli, che ha volontariamente smesso di uccidere nel 1985 ma continua a farlo fin quando non viene arrestato, che sceglie la tipologia delle vittime e forse anche le vittime in particolare ma colpisce quando si presenta l'occasione (scusa se ho fatto confusione, ma ho tentato di sintetizzare i profili stilati dall'FBI, da Santandrea e da qualche altro), allora puoi semplicemente chiudere questa pagina Web, ed aprirne un'altra, qualunque, di mostrologia.

Se invece dovessi avere la curiosità di leggere una possibile spiegazione di come mai, in cinquant'anni, non si sia trovato ciò che non é mai stato cercato, puoi continuare a leggere le idiozie che scrivo io; alla fine, forse Ti indicherò anch'io delle caratteristiche di Qualcuno da identificare, ma non sarà affatto né come pensi, né ciò che pensi; la soluzione aprirà una porta su un secondo mistero, molto più "sgradevole" del primo. Ma se Tu dovessi avere la voglia di toglierti questa curiosità. non ti resta che continuare.

Potresti obiettare che la prima delle idiozie l'avrei già scritta: il fatto che non venga trovato ciò che non viene cercato. Forse più che un'idiozia sarebbe una banalità, un concetto lapalissiano; ma, se sei giunto fin qui, vedremo insieme come le cose non stiano esattamente in questo modo.

E' sicuramente possibile trovare ciò che non viene cercato; a tale situazione é stato dato il nome di "serendipità", ma non ha attinenza con la faccenda in questione, e voglio evitare di divagare.

D'altra parte accade raramente di non trovare ciò che viene cercato, se la ricerca avviene con impegno, dedizione e seguendo una metodologia corretta. Di solito, quando ciò avviene, é perché l'oggetto della ricerca non esiste. Che poi é ciò che io ho scritto sopra.

Infatti, come abbiamo visto, sono state condotte, in mezzo secolo, migliaia di ricerche, che hanno condotto a migliaia di teorie, ognuna delle quali viene falsificata dall'esistenza delle altre e pertanto, nessuna delle conclusioni può dirsi veramente tale; mentre l'applicazione pratica di ciò é quella che si estrinseca nella sintesi dei profili criminologici che ho espresso sopra: un guazzabuglio di affermazioni contraddittorie.

Bisogna prendere atto però, di come sedici persone siano state barbaramente uccise, e da almeno una ventina d'anni, diverse persone campino lucrando su ciò; quindi, se non esiste il "Mostro di Firenze" come entità, se é un'illusione , esiste certamente "il fenomeno Mostro di Firenze" che un'illusione non é, avendo generato cadaveri e denaro.

L'illusione, Lettore, é, in psichiatria una distorsione dell'interpretazione di afferenze sensoriali corrette, contrapposta all'allucinazione, dove invece ad essere alterata é la percezione sensoriale stessa. Se io ho una vertigine, per cui ad un tratto vedo muovere l'ambiente circostante da sinistra a destra, ho un'allucinazione. Se mi trovo su un battello che comincia a muoversi verso sinistra, e vedo l'ambiente circostante muoversi verso destra, é un'llusione. Nel primo caso é il mio apparato sensoriale a soffrire di un"guasto", trasmettendo delle sensazioni che non hanno alcuna corrispondenza con ciò che accade nel mondo esterno al mio cervello, mentre nel secondo i miei occhi mi trasmettono esattamente ciò che si vede riguardo a ciò che sta realmente accadendo, ma sarebbe la mia mente ad interpretare il segnale in maniera erronea. L'allucinazione é un fenomeno soggettivo. mentre l'illusione é un fenomeno oggettivo; di conseguenza, se un gruppo di persone si trovano nello stesso luogo e nello stesso tempo, un'allucinazione potrà interessare un singolo ( o alcuni di loro - é documentata l'esistenza di "allucinazioni collettive"), l'illusione invece interessa tutti.

Ed i fenomeni che creano un'illusione, Lettore, vanno indagati come l'illusionismo. L'illusione pertanto resta comunque conseguenza di un fenomeno "oggettivo" che può essere finalizzato alla creazione di un''illusione (come nell'illusionismo) o meno (come nel caso del battello). Comunque sia, trovandoci nelle condizioni di dover interpretare la percezione che deriva da un'illusione, l'approccio da usare deve essere diverso da quello usuale. Come ebbe a dimostrare James Randi (in qualche modo, una delle radici del CICAP, deceduto nel 2022)




nell'ambito del c.d. "Alpha Project" dell'università di Washington, indagare l'illusionismo con gli stessi metodi con cui si eseguono indagini scientifiche é una strada che facilmente porta all'insuccesso; forse é per questo che il "Mostro di Firenze" di Polidoro indagato con "i metodi della scienza" si é risolto in una serie come tante altre.

Un modo per trattare le situazioni in cui siano operanti le illusioni può essere quello di far uso del c.d. "pensiero laterale" che poi é il metodo di risoluzione degli "indovinelli regressivi".

Avrei già accennato in precedenza, Lettore, ai concetti di "pensiero laterale" ed "indovinello regressivo", pertanto non tornerò qui sull'argomento; potrai leggerli nel relativo post, se lo riterrai.

Da qui, semplicemente, inizieremo a percorrere insieme la strada del pensiero laterale; e vedremo insieme dove essa ci condurrà.


Post Scriptum 8 giugno 2023:

A distanza di quasi un anno dalla scrittura del presente post, però, ho dovuto prendere atto di come la condizione del Lettore che accede a queste pagine non sia dicotomica: o desidera veder descritto il "Mostro di Firenze" come alto, bello e con superpoteri, oppure preferisce giungere ad una conclusione alternativa attraverso un processo logico costituito dal "pensiero laterale", e nel quale sia parte attiva.

Vi é una schiera di Lettori, (purtroppo?) ben nutrita, che preferirebbe la seconda soluzione, ma da ottenere con le modalità della prima.
Desidera veder raccontata una storia alternativa al Mostro alto, ricco, bello ed intelligente, ma non intende sobbarcarsi l'onere del ragionamento.

C'é chi vuole leggere una storia diversa, ma senza essere particolarmente interessati a come a tale storia si arrivi, e perché.

Così, mi somo visto costretto a scrivere un
ulteriore post, rivolto esplicitamente a coloro che non hanno voglia di eseguire personalmente ricerche o verifiche, che non intendono impegnare il loro tempo e la loro mente nel produrre autonomamente un ragionamento articolato, che conduca alla conclusioni per logica deduzione.

Se Tu dovessi riconoscerti in quest'ultima tipologia di Lettori, puoi sempre saltare alle
conclusioni, ma che dovrai accettare per fede.

SITUAZIONI INCONGRUENTI VS. SITUAZIONI INUSUALI

Il principio su cui ogni "indovinello regressivo" si basa (che é poi un principio che condivide con l'illusionismo) é quello che una situazione appaia strana, incomprensibile, misteriosa o enigmatica non perché lo sia in assoluto, ma perché é l'antefatto ad esserlo. Nell'indovinello regressivo l'antefatto viene tenuto nascosto, in quanto starebbe proprio in quello l'oggetto da indovinare, e per figurarsi il quale occorre uscire dagli schemi delle situazioni usuali, ed usare il pensiero laterale per entrare in quelli delle situazioni inusuali. In fondo, la stessa cosa avviene nell'illusionismo, ove però si spera che gli spettatori non riescano, anche usando il pensiero laterale, a figurarsi quale sia realmente l'antefatto, e cioè la preparazione che sta dietro all'illusione del gioco.

L'analogia tra la vicenda del "Mostro di Firenze" e gli "indovinelli regressivi" sta nel fatto che nel caso del "Mostro di Firenze" una serie di eventi per fortuna poco frequenti (omicidi) ma usuali nel loro genere, divengono inusuali per la presenza nel loro contesto di singole situazioni difficilmente spiegabili, di incongruenze logiche. Forse, nell'ambito del singolo omicidio, trovare una spiegazione che renda congruenti le incongruenze non é impossibile; é stato fatto tante volte. Il problema sembra risiedere nel fatto che una spiegazione plausibile e dirimente per il singolo omicidio sembra accentuare le difficoltà nello spiegare i rimanenti; in altri termini, segurndo un modo dire abbastanza comune, "la coperta é corta".

La difficoltà allora, e la necessità di ricorrere al pensiero laterale, sta nell'immaginare un preambolo, una radice del tutto, che possa rendere coerenti tutti gli eventi omicidiari della vicenda, e risolva tutte le incongruenze in essa presenti. E nel caso del "Mostro di Firenze" le incongruenze ed i fatti apparentemente inspiegabili sembrano davvero tanti. Ne accennerò alcuni di seguito; i punti non toccati qui verrano menzionati più avanti, quando, come in ogni indovinello regressivo che si rispetti, troveranno una possibile soluzione nella soluzione dell'indovinello stesso

Come ebbi a (di)mostrare qui, esiste un legame praticamente certo tra l'omicidio di Signa, ed il resto della "saga" del "Mostro di Firenze", ma il legame é sempre stato difficile da definire. L'omicidio di Signa ha un reo confesso, ma tanti aspetti considerati "inspiegabili". Il primo é proprio il fatto che mentre il reo confesso era in galera prima, ed in una casa per ex detenuti a Ronco dell'Adige poi, il cosiddetto "Mostro" continuava a colpire; pertanto, o il reo confesso era innocente, o esiste più di una persona che abbia impersonato il "mostro".

Con ogni probabilità ambedue i concetti sono veri (cioè, il reo confesso é in realtà innocente, ma chi uccise a Castelletti di Signa é comunque persona diversa da chi eseguè gli omicidi successivi), ma assumere ciò non é sufficiente a risolvere l'enigma.

Infatti, l'enigma del delitto di Signa continua ad avere dei risvolti che lo rendono tale; vi sono degli altri fatti apparentemente "inspiegabili" che non sono comunque risolti assumendo valida l'idea delle persone diverse.

Il primo è il fatto che l'assassino avrebbe lasciato in vita un testimone, per quanto poco più che infante, e per di più accompagnandolo ad una casa lungo una strada impervia percorrendo più di due chilometri, quando invece avrebbe potuto lasciarlo presso un'altra casa a cento metri.

Il secondo é il movente dell'assassino: qualunque movente escogitato appare logicamente assurdo

Il terzo é il fatto che il "reo confesso" si sarebbe creato un "alibi", simulando una malattia al lavoro.

Il quarto é che é evidente dalle testimonianze indirette (ed anche da quelle dirette, del piccolo testimone) che la notte del delitto erano presenti sulla scena più persone, ed almeno alcune di queste avrebbero fatto parte del nucleo familiare del reo confesso, abbondantemente indagate, ma mai provate colpevoli o corree.

Il quinto é che, pur nell'evidenza di una sua innocenza (se non per altro, per incapacità ed assenza di movente) il reo confesso descrisse una serie di particolari che dimostravano inequivocabilmente la sua presenza sulla scena del crimine al momento del delitto, o almeno nelle immediate vicinanze temporali di esso.

Il sesto é che pur essendo evidente come l'intero gruppo familiare, nonché il gruppo "parallelo" (i Vinci) sospettato, dovesse conoscere i dettagli di ciò che successe quella notte, non abbia mai parlato, anche se posto in regime di carcerazione.

Il settimo é il fatto che l'arma usata per il delitto non si sia mai trovata.

Ma queste non sono le uniche incongruenze che emergono dall'intera vicenda; né queste sono limitate al solo evento di Castelletti di Signa.

Una delle maggiori incongruenze di questa storia é costituita dalla successione dell'azione omicidiaria.

Il primo duplice omicidio avviene nel 1968, e consiste nell'uccisione di due persone, due amanti non più giovanissimi (e ciò é ancor più vero se riferito al 1968, quando l'età media era molto minore di quella di adesso), a colpi di arma da fuoco.

Il secondo sei anni più tardi, e consiste nell'uccisione di una coppia di ragazzini, nella cui azione omicidiaria il ruolo principale é svolto dall'uso dell'arma bianca (sarà solo in sede autoptica che ci si accorgerà del fatto che i due vennero inizialmente aggrediti a colpi di pistola). L'arma bianca viene usata non solo per finire la vittima femminile (l'autopsia dimostra come furono le coltellate ad uccidere Stefania Pettini), ma anche per ricercare un effetto scenico eclatante, ulteriormente amplificato dall'introduzione di un tralcio di vite nella vagina della povera piccola. Il fatto che si tratti di un effetto scenico é corroborato dalla constatazione che in realtà non vi fu "penetrazione"; l'inserimento del tralcio di vite non andò oltre la vulva.

Il terzo avviene dopo altri sette anni, e l'arma bianca, come nel precedente, viene usata sia come arma vera e propria, sia come strumento di vilipendio di cadavere; ma tale vilipendio ha caratteristiche totalmente differenti, che non presentano alcun punto di contatto con l'omicidio precedente.

Non solo; ma la serie omicidiaria da qui in poi ha carattersitiche assolutamente difformi dalle precedenti. Si hanno infatti quattro omicidi nel volgere di un anno e mezzo, nei quali:

- nel primo viene eseguito uno scuoiamento della regione pubica

- nel secondo l'asportazione della vulva, con escissione, fino in profondità, dell'intera parte anatomica

- nel terzo l'arma bianca non viene usata, nemmeno per finire le vittime di cui una rimane in vita

- nel quarto non solo l'arma bianca non viene usata, ma vengono uccisi addirittura due uomini

Gli omicidi successivi, gli ultimi due, verranno commessi con "cadenza annuale", e caratterizzate dalla stessa forma di vilipendio di cadavere (asportazione di pube e mammella della vittima femminile ) a carico di coppie, ma di cui solo la prima é costituita da una coppietta appartata in auto; il secondo omicidio é a danno di una coppia che faceva campeggio libero, e di cui la vittima maschile verrà uccisa a coltellate.

Sono otto duplici omicidi tutti diversi tra loro, in cui l'unico punto di contatto é il reperto degli stessi bossoli sul luogo del delitto. L'unico punto di contatto é costituito dal postulato dell'esistenza stessa del "Mostro di Firenze".

Si é tentato di spacciare questa incoerente ed inusuale cronologia per "evoluzione" dell'opera di un maniaco psicopatico; ma riconoscere una reale "evoluzione" in questo guazzabuglio di eventi differenti risulta davvero difficile. Ciò ha condotto alcuni a lasciar perdere l'idea che possa essersi trattato di una forma di malattia mentale, e ci si é rivolti verso esecutori più razionali. Ma perché qualcuno dotato di mente normalmente funzionante dovrebbe mettersi a fare 'ste cose? Questo é uno degli innumerevoli esempi in cui la coperta risulta corta.

Un ulteriore atteggiamento inspiegabile sarebbe ravvisabile nel comportamento dei sardi tra il 1982 ed il 1984, quando, alla riapertura delle indagini, sarà ancora una volta chiaro che qualcosa (anche più di qualcosa) essi debbano sapere, ma resterà oscuro il motivo per il quale non parlano. Ed il fatto che qualcosa debbano sapere viene fuori non solo dalle dichiarazioni e dalle intercettazioni telefoniche, ma anche dall'esistenza del famoso biglietto dello "Zio Pieto", al quale il giudice Rotella, dopo aver chiesto delucidazioni a chi lo aveva scritto, diede un'intepretazione personale, arbitraria. Invece, come vedremo a tempo debito, l'interpretazione del biglietto dello "Zio Pieto" é chiara ed inequivocabile, persino ovvia.

Le spiegazioni che sono state date, inoltre, difettano ampiamente nel cercare di spiegare gli innumerevoli indizi che indicano come chi abbia compiuto queste azione fosse in grado, in qualche modo, di tenere conto delle iniziative degli inquiremti, ad avesse accesso ai luoghi nei quali si amministra la giustizia.

Così, non resta che l'uso del pensiero laterale per cercare di rendere congruenti le incongruenze, risolvere gli enigmi, e svelare i misteri; a questo dovrebbe conseguire necessariamente la demistificazione della vicenda, che proprio come negli indovinelli regressivi, difficilmente ammetterebbe più di una soluzione.

La presenza di un conduttore, il "narratore", nel gioco del'indovinello regressivo presenta però il vantaggio della verifica in tempo reale, passo dopo passo, delle ipotesi formulate; é sempre possibile fare al conduttore del gioco una domanda sulla fondatezza di una congettura, anche quando essa faccia riferimento all'antefatto, la ricostruzione del quale rappresenta la soluzione dell'indovinello.

Qui invece, Lettore, siamo costretti ad introdurre anticipatamente alcuni concetti generici attinenti alla situazione che costituisce l'antefatto; e questo perché tali concetti non a tutti sono noti, ed esprimerli "in corsa" potrebbe rendere poco comprensibile e poco efficace l'esposizione.

Mi é quindi apparso imprescindibile il premetterli. Ovviamente questa non é, né potrebbe mai esserlo, la strada che ho seguito io, che ho trattato la vicenda esattamente come un indovinello regressivo; ma, come già detto sopra, riproporre la ricerca della soluzione in maniera interattiva non mi é stato possibile. Da qui, pertanto, la necessità di introdurre anzitempo alcuni concetti


PREAMBOLO/PREMESSA/PREFAZIONE PREquellochevuoiTu

Nei romanzi di Ian Fleming, James Bond (la cui figura é ispirata a Duško Popov, agente dell'MI6 deceduto nel 1981, anche se Giannuli vi vede la figura di Porfirio Rubirosa)




ha come nome in codice la sigla"007", dove il doppio zero iniziale indicherebbe quegli agenti cui é stata data "licenza di uccidere", cioè che nel corso delle loro missioni, nell'ambito dei doveri istituzionali, sono autorizzati, se richiesto, a compiere degli omicidi.

Anche l'Italia, come tutte le nazioni, ha i propri servizi di intelligence; ma nell'Italia repubblicana non é ammesso ufficialmente che gli agenti possano eseguire degli omicidi (al di fuori, ovviamente, di scontri a fuoco o di situazioni in cui, minacciati, debbano reagire). Ma ciò non vuol dire che non sia mai accaduto; e le stragi operate nel corso della c.d "strategia della tensione" lo dimostrano ampiamente. L'impossibilità di operare istituzionalmente in tal senso fece sì che i Servizi, allo scopo di portare a compimento certe operazioni, si avvalessero di esecutori materiali, reclutati tra le organizzazioni politiche estremiste o la malavita organizzata. Una tale forma di "collaborazione" non può che nascere da stretti contatti tra le organizzazioni, quella statale e quella clandestina, condizione che essendo illegale e posta in essere per fini illeciti ha prodotto il concetto di "servizi segreti deviati", che, cioè, non perseguissero fini ed interessi dello Stato, dal quale dipendevano.

Tuttavia, al di là di tali situazioni, molte delle quali ben conosciute in quanto oggetto di procedimenti giudiziari ed inchieste parlamentari, esistono degli altri aspetti, mai emersi chiaramente, ma spesso solo intravisti, per cui altre organizzazioni, segrete allo stesso Stato, sono state create ed hanno vissuto nella clandestinità proprio per aggirare le limitazioni istituzionali quando non addirittura l'impossibilità di ottenere una "Licenza di uccidere". Tali organizzazioni parallele, la cui esistenza ha notevolmente contribuito, insieme alle sirtuazioni sopra citate, alla creazione del concetto di "servizio deviato", hanno affiancato servizi le cui azioni già erano, di per sé, sconosciute come tipologia allo Stato (come ad esempio le "squadrette" dell'Ufficio Affari Riservati), o vivevano ed agivano nella più totale clandestinità, e la scoperta della loro esistenza é avvenuta in maniera del tutto casuale (come fu per il cosiddetto "Noto Servizio" o "Anello", ambedue denominazioni giornalistiche per designare una squadra "fluida" che in realtà non aveva un nome, né componenti fissi).

Simili squadre condividevano (condividono ancor oggi?) un denominatore comune, che é quello di non possedere riferimenti, né lasciare tracce di tipo documentale. L'esistenza del "Noto Servizio", ad esempio, venne "scoperta" per caso da Aldo Giannuli in quanto egli venne in possesso di un fascicolo, rinvenuto nel 1996, che con ogni probabilità sarebbe dovuto andare distrutto, ed in maniera assolutamente casuale scampò alla distruzione. Ma per un solo fascicolo salvatosi miracolosamente, migliaia ne sono stati distrutti; così, alla fine, gran parte delle scarne informazioni che abbiamo su tali attività provengono da testimonianze da parte di collaboratori di giustizia che spesso parlano "per sentito dire", senza alcuna garanzia sull'affidabilità delle fonti, oppure da inquisiti appartenenti all'apparato statale i quali, un pò mostrando reticenza ed un po' trincerandosi dietro il "Segreto di Stato", si sono espressi con allusioni più che con vere testimonianze, lasciando tale situazioni in un ambito fumoso, nei quali i contorni di personaggi ed azioni si distinguono appena.

A ciò, in Italia si aggiunse anche una condizione affatto peculiare, derivante dal fatto che lo Stato Italiano visse prima una monarchia, poi una dittatura avallata dal regime monarchico vigente, ed infine una forma di guerra civile, condotta con l'appoggio determinante di stati esteri, al termine della quale il popolo italiano, lo stesso popolo italiano che aveva inneggiato alla monarchia ed alla dittatura, visse la "Liberazione" rovesciando il regime e "liberandosi" quindi da sé stesso. Quindi così come prima della "Liberazione" due anime (gli assenzienti ed i dissidenti) dovevano convivere, la medesima situazione a parti invertite si é ripropose dopo tale liberazione; e ciò perché, eliminati gli esponenti "indifendibili" del precedente regime, gli altri dovettero adeguarsi per continuare a vivere, dissenzienti ma indisturbati, nel regime repubblicano.

A ciò si aggiunse un'ulteriore complicazione. In generale, ogni servizio di intelligence ha dei target prioritari. In teoria, il servizio dovrebbe contribuire a difendere la nazione tutta, in pace ed in guerra, da qualsivoglia condizione che possa mettere in pericolo lo Stato ed il suo governo. Ma, nella pratica, vi sono stati sempre dei pericoli percepiti come maggiori, degli obiettivi principali per colpire i quali i servizi di intelligence sono strutturati; vengono resi funzionali innanzitutto alla lotta contro tali pericoli, per colpire più efficacemente il target. Questa condizione non é solo italiana. Ad esempio, in tempi di Guerra Fredda la CIA aveva guadagnato competenze straordinarie nel progettare e realizzare qualunque azione finalizzata ad introdursi o infiltrarsi nei paesi dell'URSS. All'infuori di ciò, e dell'organizzazione di qualche "golpe", praticamente non si faceva altro. Alla dissoluzione dell'URSS, venuta meno l'esigenza di avere una gran quantità di personale abilissimo nel saper fare questo, ma solo questo, conseguì fatalmente un ridimensionamento notevole dell'Agenzia. Cambiato il target, l'Agenzia doveva essere rinnovata; così alcuni vennero mandati via, mentre altri furono costretti a riciclarsi, acquisendo nuove capacità.

In Italia invece, il riciclaggio dovette avvenire con modalità affatto diverse; cosa che in realtà non sorprende, considerata l'evidente differenza negli accadimenti. In particolare. poiché il cambiamento di target avvenne per motivi interni (la liberazione) e non esterni come nel caso della CIA (l'autoeliminazione del nemico), e poiché in tale processo di cambiamento era comunque implicato il mantenimento, a parti invertite, del dualismo assenziente/dissenziente, il processo fu ben più complesso. E la complessità venne accentuata dall'esistenza, direttamente discendente dal concetto di "Liberazione da sé stessi", di una forma di paradosso insanabile: chi era il "patriota"? L'assenziente o il dissenziente? L'oppressore o il liberatore? Chi aveva difeso l'Italia, e contro chi? Ma, soprattutto, quale Italia?

Il paradosso fu risolto da coloro che costituivano la struttura portante della "Liberazione": gli americani. Mentre durante il Fascismo il criterio che consentiva di individuare il nemico era chiaro, così non era nella nebulosa situazione che si era venuta a determinare con la Liberazione; così, per trovare la strada nella nebbia, il nuovo nemico degli italiani lo indicarono gli stessi americani: il Comunismo. Tanto più che era il loro stesso nemico.

Però mentre teorizzare sul nemico é facile, mettere in pratica le indicazioni si rivelò più complesso. Vediamo, in grandi linee, il perché.

Individuare i nemici del regime fascista era immediato: gli antifascisti. Questo é un concetto semplicissimo da comprendere: se io sono io, e qualcuno é anti-me, quel qualcuno é mio nemico. Ed il regime fascista aveva risolto questo problema creando, nell'ambito delle "leggi fascistissime" la Polizia Politica (che, con titanico sforzo di fantasia aveva chiamato PolPol), e quindi l'ispettorato che l'avrebbe controllata, l'OVRA (che, anche ricorrendo ad un titanico sforzo di fantasia non é mai stato chiaro cosa volesse dire di preciso). L'OVRA si affiancava così ad un Servizio Segreto militare ufficiale, già esistente il SIM, la cui genesi affondava le sue radici nel 1900.

L'OVRA nel corso degli anni avrebbe creato un metodo di lavoro sostenuto da una fitta rete di informatori; e metodo ed informatori vennero trasferiti integralmente (o quasi) alla Repubblica di Salò.

Gli informatori, o meglio alcuni di essi stavano su un "libro paga", venivano cioè retribuiti; dopo la Liberazione, però, venne chiesto di rendere pubblici i loro nomi. Così, venne pubblicato come "supplemento ordinario" alla Gazzetta Ufficale nr 145 del 2 luglio 1946 un elenco di 622 nomi che avevano "avuto rapporti con l'OVRA" (elenco peraltro criticato perché ritenuto troppo parziale); come é possibile vedere




gran parte dei nomi sono identificati anche da uno pseudonimo, o alias, o soprannome (oggi si direbbe "nickname", ma la sostanza non cambia) e dal lavoro svolto. Lo pseudonimo serviva essenzialmente per individuarli all'interno dei documenti, ma senza identificarli; ciò avveniva anche nell'ambito dei libri paga, ed esattamente lo stesso sarebbe continuato ad avvenire nell'Italia republicana. Qui, ad esempio:




vi é un elenco, per così dire, "ufficiale" di fiduciari indicati da uno pseudonimo, con le cifre corrisposte. I nominativi riportati in questi elenco sono, come é possibile vedere, fiduciari delle Forze dell'Ordine; i fiduciari dei Servizi sarebbero in numero minore (L'U.A.R tra il 1948 ed il 1974, anno del suo scioglimento, ne contava circa 130); ma esisteva una rete, ben più vasta, di Sub-fiduciari, reclutati dai fiduciari stessi. Ciò di fatto rende la rete molto più ampia di quanto non desumibile da documenti.

Una volta liberata l'Italia, istituita la Repubblica, disciolta l'OVRA e mantunuto il servizio del vecchio regime, e cioè il SIM (nonché una Divisione affari generali e riservati del Ministero dell'Interno), si pose il problema di come continuare a far funzionare questi apparati.

Chi infatti veniva chiamato a rivestire posizioni di rilievo, anticipando quella che sarebbe divenuta prassi comune nell'Italia Repubblicana, veniva scelto in base a criteri che poco avevano a che vedere con le competenze. Nel caso del SIM, poi, essendo un Servizio Militare, era gestito fondamentalmente da militari, i quali forse avranno anche saputo fare la guerra (cosa della quale non sarei tanto sicuro), ma poco sapevano di intelligence (cosa della quale invece sarei molto più sicuro).

Così, per fare il lavoro fu necessario rivolgersi a coloro che il lavoro lo sapevano già fare, e cioè chi aveva lavorato nell'OVRA.

Tale scelta di "continuità" per così dire, non fu infrequente nel secondo dopoguerra, in quasi tutti gli Enti deputati ad attività e servizi istituzionali; in fondo, fu ciò che successe con ECLS ed ERAS, la cui storia puoi leggere nei post sui borghi rurali. Ma qui, a causa della peculiarità del tipo di servizio implicato, la questione non fu altrettanto lineare; una cosa é occuparsi di agricoltura, ed un'altra di politica.

Così, personaggi e metodi dell'OVRA transitarono integralmente nei Servizi repubblicani, continuando ad avvalersi di quei fiduciari i cui nomi, per fortuna, non comparivano nella G.U. del 2 luglio 1946.

Non appena molti esponenti ex-OVRA ebbero popolato i nuovi servizi, portandosi dietro la loro rete, e gli americani ebbero indicato il nuovo nemico da combattere (cioè, i comunisti, cosa che i fascisti facevano già da prima senza la necessità di suggerimenti) si venne a creare una ben strana situazione: i "liberatori" del popolo oppresso dai nemici della democrazia, e cioè i fascisti, e che li avevano combattuti a fianco dei comunisti, indicavano adesso proprio i comunisti come nemici della democrazia, e non rimaneva quindi che chiamare i fascisti a combatterli. Una ben strana "liberazione".

Come risolvere il dilemma? Sempre, seguendo i dettami dell'italico costume, avvalendosi di quel mirabile strumento nell'uso del quale gli italiani sono maestri: il compromesso.

Così, avrebbero avuto accesso ai posti di comando (e sottocomando) nei Servizi coloro che erano sì stati fascisti, ma non troppo; i troppo fascisti sarebbero stati lasciati fuori, da questo e consequenzialmente anche da altro. Ovviamente non esistevano parametri rigorosi per distinguere chi fosse "troppo" fascista da chi invece lo fosse "poco"; ognuno raccontava la sua storia. E veniva creduto sulla parola; fin quando, almeno, non fosse intervenuto qualcun altro a smentirlo. Cioè, il criterio era "poco fascista, fascista pentito o addirittura quasi comunista, fino a prova contraria"; invece "comunista a tutti gli effetti" certamento no, considerato che il Comunismo era il nemico.

Ma cosa avrebbe potuto definire inequivocabilmente un "quasi comunista", un "Liberatore non comunista"? Evidentemente, un partigiano non comunista, un "partigiano bianco". Essere "partigiano bianco ex-fascista" era perfetto per questo ruolo, una garanzia; ancor meglio "partigiano bianco ex OVRA", anche se questa era merce molto difficile da reperire. Ma, d'altra parte, "essere ex OVRA" era qualcosa funzionale a far parte solo dei Servizi; a che servivano le competenze dell'OVRA se si aveva in mente di fare altro? Ma se questo "altro" da fare significava scalare il potere, l'essere "partigiano bianco" o almeno "fascista pentito" era imprescindibile.

Ma occorre considerare che chi aveva rivestito posizioni di rilievo al tempo del regime fascista, di tipo politico, economico, burocratico, anche se non aveva competenza da OVRA, ne aveva altre che sarebbero risultate altrettanto indispensabili in altri campi. Per altre scalate. Cioè, la condizione di competenze acquisite, con i relativi agganci, applicabile agli ex OVRA per i Servizi, si applicava anche ad altri "ex" in altri campi; come, per l'appunto, nell'esempio portato prima degli Enti per la gestione delle riforme agrarie

Così, i portoni e le parte dei palazzi del potere tornarono a rivedere le stesse facce che avevano visto nei decenni precedenti, solo che al di sotto della faccia anziché una camicia nera, si potevano vedere camicie di qualsiasi altro colore; l'importante era che non fossero rosse. Certo, se si fosse scoperto che un fascista pentito, partigiano bianco, quasi comunista fosse stato in realtà un criminale di guerra nazifascista, il sedicente quasi comunista si sarebbe trovato a degustare quelli che eufemisticamente si chiamano "cavoli amari"; ciò infatti sarebbe stato considerato intollerabile da tutto l'establishment, americani in primis.

Questo pertanto, era il panorama generale della condizione istituzionale nel periodo del tardo, secondo dopoguerra. Né più né meno che il periodo nel quale avvenne il delitto di Castelletti di Signa.