sabato 9 marzo 2013

LA VIA DEI BORGHI.11: La quinta fase dei borghi rurali siciliani. BORGO GIACOMO SCHIRO'



Borgo Schirò: chi ben comincia è a metà dell’Opera

Ispirato ad alti sentimenti di patriottismo e di civismo, tenne testa risolutamente a una turba di sovversivi, che vilmente lo avevano aggredito, proferendo parole di vilipendio al Re e alla patria. Dopo essersi difeso accanitamente con la baionetta, colpendo anche uno degli avversari, sopraffatto dal numero e respinto dentro la sala di un circolo, cadde crivellato da ben cinquantatré ferite. Abbandonato a terra morente, ebbe la forza suprema di trascinarsi per la sala e di raccogliere una bandiera nazionale, strappata e buttata a terra da quei forsennati, e di avvolgersi in essa. Fulgido esempio del più puro eroismo emise l'ultimo respiro stretto ancora tra le pieghe del glorioso simbolo, riconsacrato dal suo sangue generoso
Come avevo scritto sopra, gli otto borghi iniziali dell’ECLS furono intitolati alla memoria di medaglie d’oro al valor militare, o a “due o tre martiri fascisti”. Il motivo dell’indeterminatezza (“due o tre”) è proprio Giacomo Schirò. La motivazione addotta per il conferimento della medaglia sarebbe stata perfetta per un “martire fascista”; ma Giacomo Schirò non era un militante fascista. D’altra parte, non era neanche un militare; faceva parte di una formazione premilitare dei bersaglieri.

A voler essere sinceri, dalla storia narrata con toni enfatici nella motivazione per il conferimento della medaglia, l’impressione è che la vicenda sia consistita in una ragazzata finita in tragedia, come diverse volte accade. Probabilmente, in altre situazioni, e se gli assalitori fossero stati presi (aspetto che sconosco), tutto si sarebbe risolto con un processo per omicidio con l’aggravante dei futili motivi. Nella situazione dell’epoca invece rimane a Giacomo Schirò il (poco invidiabile) primato di essere l’unico civile al quale sia mai stata concessa una medaglia d’oro al valor militare; ma è difficile scorgere, in ciò che viene riportato, una forma di eroismo assimilabile a quella che fece assegnare un analogo riconoscimento a, ad esempio, Livio Bassi, tanto per citare un altro borgo ECLS.

Resta il fatto che se Giacomo Schirò fosse stato una camicia nera, avrebbe avuto un ruolo perfetto per il Regime nella doppia veste di martire e decorato al valor militare; perfetto per dare il nome ad un borgo che appare come il fulcro di una situazione altrettanto perfetta.

Sebbene i lavori relativi alla realizzazione delle “città rurali” siano iniziati contemporaneamente nelle otto province, il 21 ottobre del 1939, essi non si identificano con l’edificazione dei borghi, quanto piuttosto con l’inizio dei lavori per la delimitazione dei poderi e la costruzione delle case coloniche; ne verranno costruite in un anno circa metà di quante l’Opera Nazionale Combattenti ne abbia costruite durante l’intero periodo della bonifica dell’Agro Pontino. Tuttavia, ciò non avvenne senza soluzione di continuità a partire dalla data del 21 ottobre, nella quale tutto ciò che si verificò fu una cerimonia inaugurale a puro scopo propagandistico; è riportato anche nella citata monografia del prof. Sapienza come all’indomani della manifestazione i lavori cessarono completamente. Un comportamento sicuramente scandaloso per i tempi, tanto da essere ritenuto degno di essere riportato; invece, nessuna cronaca contemporanea si sofferma, ad esempio, sulle sette (!) inaugurazioni che il complesso ospedaliero di Villa delle Ginestre, a Palermo, ha vissuto dagli anni Settanta al 2012.

I lavori comunque ripresero, anche se, ovviamente, non con la perfetta contemporaneità che aveva contraddistinto le cerimonie inaugurali; la costruzione di alcuni borghi fu iniziata prima, quella di altri poco tempo dopo.

Pare che Borgo Schirò sia stato il primo degli otto, ed anche in questo sarebbe stato un ottimo inizio. Così come ottima era l’ubicazione, per più di un motivo.



Borgo Schirò, sebbene ricadente nello sterminato (vedi il post sulle case cantoniere) territorio del comune di Monreale  sorge su un’altura del corleonese, su terreno espropriato a proprietari tra i quali figurano cognomi “illustri”.




Ma a prescindere da ciò, si trova comunque in uno tra i più bei paesaggi di campagna, in assoluto, che la Sicilia sia in grado di regalare.




E l’ubicazione, oltre ad essere amena e a risultare perfettamente aderente all’immagine che si voleva dare del borgo



era felice anche relativamente alle vie di comunicazione, cosa non comune. Littoria, ad esempio, era stata (intenzionalmente, a quanto pare) costruita lontano da strade e ferrovie. Borgo Schirò, invece, è attraversato dalla provinciale 99 (altra condizione non comune, come esplicitamente afferma il prof. Sapienza),  che permette di raggiungere Roccamena dalla SP4 (quella lungo la quale sorgono le cantoniere di Pietralunga), e si trova, in linea d’aria, a 8 km dalla SS118 (quella lungo la quale, cento km più a Sud, si trova Grotta Murata). Inoltre, sempre in linea d’aria, a 4,5 km di distanza si trovava la fermata di Donna Beatrice (puoi trovare qui, Lettore, ulteriori notizie sulla fermata e, più in generale, sulla linea Palermo-Corleone-Burgio).

E tutto questo, rispettando il limite d’influenza del borgo; questo, infatti, si trova a più di nove km da Corleone e a più di sette da Roccamena, i centri abitati più vicini.



Alcuni borghi di tipo “C” avrebbero esteso il raggio d’influenza del borgo, cinque compresi all’interno del raggio stesso, e tre posti subito al di fuori di esso, la cui presenza era volta a colmare le lacune tra il raggio d’influenza di Borgo Schirò e quelli dei borghi viciniori di tipo “A”. Sulla carta è riportato il piano previsto alla data del 1 gennaio 1956; nessuno dei sottoborghi venne mai realizzato.



Furono invece realizzate diverse case coloniche nel territorio individuato dal raggio d’influenza. Alle falde di Cozzo di Monnello, la collinetta sulla quale sorge Borgo Schirò, ve ne sono alcune 




che recano la lapide dell’ECLS sulla facciata 



ma, come accennato nella fase introduttiva, la loro pianta non è immediatamente riconducibile a nessuna tra quelle mostrate nei progetti-tipo. Alcune, come questa ad esempio



sembrano ricalcare lo stile della casa annessa al podere sperimentale


ma le dimensioni e le piante non sono compatibili neanche con tale progetto



considerando la pianta, potrebbero invece essere una variante di progetto del “tipo 3”, in cui lo spazio protetto da tettoia tra cucina e stalla venne chiuso e trasformato in un vano


Altre invece potrebbero derivare dal progetto del “tipo 1” mostrato prima, nel post introduttivo



Un’altra tipologia progettuale utilizzata è rappresentata dal “tipo C”, le cui realizzazioni sono visibili lungo la SP 99, nel tratto che si dirige verso Roccamena



Attualmente lo stato delle case coloniche appare variabile; mentre alcune sono state ristrutturate e sono abitate, altre sono ridotte a rudere. Molte sono utilizzate saltuariamente, come magazzino. In alcuni casi, la lapide ECLS è stata asportata


L’incarico della progettazione fu affidato all’ing. Girolamo Manetti-Cusa, che a Palermo realizzò altre opere, ed è noto anche per essere stato il segretario del Rotary Club nel periodo compreso tra il suo scioglimento, durante il periodo della dittatura fascista, e la ricostituzione, nel 1943. Il fatto sarebbe degno di nota, in quanto la progettazione venne affidata ad un professionista membro di un’associazione con la quale il regime era in aperto contrasto; ma la spiegazione più probabile è che l'ECLS abbia "ereditato" un incarico già conferito a Manetti-Cusa dal Consorzio dell'Alto e Medio Belice, analogamente a quanto accadde per Borgo Lupo




 Il borgo, costruito dall’Impresa Mario Odorisio, fu inaugurato nel dicembre del 1940, ed è equivalente (la classificazione in tipi è successiva) ad un borgo di tipo “A”.
Come già accennato, il borgo è attraversato, in direzione Nord-Sud, dalla SP99. L’accesso considerato “principale” sarebbe quello da Nord, provenendo dalla SP4. E’ infatti proprio in corrispondenza del punto in cui la SP99 si dirama dalla SP4 che si trova l’abbeveratoio che veniva posto all’ingresso dei borghi.


Il progetto originale si sviluppa prevalentemente intorno ad una piazza ad impianto rettangolare, con gli assi delle strade di accesso sfalsati. Intorno ad essa sorgono la scuola, la sede del PNF e la chiesa con annessa canonica; poi, sempre intorno alla piazza, il salone, l’ambulatorio medico, la rivendita, la trattoria con locanda, e la caserma dei carabinieri,oltre la strada di accesso da Sud.


L’edificio posto più a Nord è la scuola, posta lungo la strada di accesso, sulla destra. Sul lato Ovest di questa è presente la torre littoria, che presenta una scarsa rilevanza sul piano estetico


L’accesso principale alla scuola avveniva dalla piazza, attraversando un piccolo porticato ad archi, sul quale si trova l’insegna “SCUOLA” ancora perfettamente visibile. Attualmente, l’ingresso è murato, ma il porticato è accessibile


Antonio Pennacchi afferma che la torre annessa alla scuola avrebbe contenuto il serbatoio dell’acqua potabile, ma probabilmente, lo scrittore ha confuso Borgo Schirò con Borgo Cascino, oppure è stato ingannato dalla presenza dell’apertura circolare nella parte alta della facciata Sud, simile a quella presente su serbatoi di altri borghi. La torre contiene unicamente degli alloggi; l’apertura circolare è in realtà la finestra della cucina di uno di essi


Al bordo Ovest della piazza si trova la fontana. E’ un abbeveratoio, dall’apparenza forse ancora più metafisica delle fontane delle “Piazze d’Italia”, sormontato da una struttura ad archi, in mattoni rossi, simile a quella visibile all’ingresso del borgo, ma che qui è ricurva, e mostra l’iscrizione “LAUDATO SÍ MI SIGNORE PER SÓRA ACQUA"


Oltre di esso vi è il municipio; su questo edificio è apposta l’insegna lapidea dell’ECLS. Una stretta scalinata, che termina con un balcone In funzione di arengario), consentiva di raggiungere dall’esterno il piano superiore, dove si sarebbe trovata la sede locale del PNF.


L’edificio è raccordato alla chiesa tramite un porticato ad archi con pianta ad “L”


anche la chiesa e la canonica esibiscono un porticato ad archi in corrispondenza del lato che dà sulla piazza


L’insieme costituisce la quinta Sud di questa; ad esso, e soprattutto al campanile, è affidato l’impatto visivo accedendo da Nord, e cioè provenendo dalla SP4


Lungo la strada si trova, poco prima dell’ingresso, una stele che riporta il nome del borgo ed un’altra iscrizione sottostante, cancellata, che non sono riuscito a decifrare


La stele sembra non avere corrispondenze negli altri borghi ECLS, ove si eccettui il cippo posto a Borgo Bonsignore, e forse ha avuto un ruolo nel fallimento del tentativo, eseguito nel dopoguerra, di rinominare il borgo come “borgo Giacomo Matteotti”.

Il campanile, che è dotato di un tetto a padiglione con rivestimento esterno giallo dorato, è a pianta rettangolare, di superficie insolitamente grande; le generose dimensioni sono da attribuire anche al fatto che serve da alloggiamento per il serbatoio dell’acqua potabile



Questo è a sezione quadrata, addossato alla parete Nord; nell’immagine è visibile il basamento di esso



mentre la sommità costituisce il pavimento della cella campanaria


Dopo la chiesa vi è la strada di ingresso dal lato Sud. Lungo di essa, sul bordo Est, si trovano le botteghe e le abitazioni degli artigiani del borgo: sulla prima, la bottega del barbiere, vi è ancora l’insegna “SALONE”


Sul limite Est della piazza, uniti da un porticato a due archi, vi sono l’ambulatorio medico e la rivendita di alimentari; nello stesso edificio di quest’ultima si trova la trattoria. Sulle pareti dell’ambulatorio vi sono le insegne “AMBULATORIO MEDICO” e “LABORATORIO ANTIMALARICO”



mentre sull’ingresso della rivendita vi si trova scritto “ALIMENTARI”



Sul lato Nord della piazza vi è l’ufficio postale


in un edificio che comprende anche la caserma dei carabinieri


che viene a trovarsi così di fronte la scuola, lungo il bordo Est della SP 99.

Originariamente, risultava molto più stretto  l’accostamento estetico tra il borgo e le “Piazze d’Italia” di De Chirico, soprattutto per il notevole utilizzo di portici ed arcate al fine “di stringere i vari elementi architettonici fra loro”, come dice la prof. Accascina. Ai lati dell’ingresso della chiesa sono infatti presenti porticati ad arco, e procedendo verso il centro della piazza si rendevano visibili altri portici ad arco a tutto sesto, che raccordavano diversi edifici


ed il motivo dell’arco è ripreso anche nella fontana della piazza ed in corrispondenza degli ingressi della trattoria e della scuola


Ancora archi sono presenti nell’abbeveratoio posto all’ingresso del borgo, tra la SP4 e la SP99. Forse il colore degli archi, così come la cornice delle aperture, anch’esse in mattoni rossi, attenuano leggermente l’effetto globale; ma il colore è meno contrastato in alcune riprese in bianco/nero, nelle quali l’accostamento risulta maggiormente evidente. La compresenza di elementi stilistici di tipo razionalista, evidenti ad esempio nella trattoria, contribuisce invece ad accentuare l’atmosfera.


Attualmente, l’originale effetto “metafisico” è andato completamente perso a causa del deterioramento subito dagli edifici, e degli interventi conseguenti. Infatti, gran parte delle aperture  sono state murate, e questo ha anche parzialmente mascherato le arcate


e comunque variato pesantemente il risultato estetico


Inoltre, nel 1997 alcuni studenti dell'Accademia delle Belle Arti di Palermo hanno riempito di murales le pareti esterne dei fabbricati. Sicuramente, la presenza delle pitture murali ha contribuito ad aggravare il degrado subito dal borgo, alterandone ulteriormente l’aspetto originario; accedendo da Sud, si viene molto più colpiti dall’immagine di un “Diabolik” dall’atteggiamento effeminato sulla parete Sud dell’ufficio postale che dalla torre della scuola.. E’ un peccato che delle persone che fanno dell’arte il loro oggetto di studio utilizzino le loro abilità per rovinare le espressioni artistiche altrui, per buone o cattive che siano.

Gli edifici sono realizzati in muratura portante con solai in laterizi e cemento armato


I tramezzi sono costituiti da laterizi forati, le bucature di porte e finestre sono rivestite di mattoni rossi


La struttura della chiesa, ancora in condizioni relativamente buone, non consente di verificarne direttamente la tecnica costruttiva. Il prof. Sapienza riferisce come la struttura di essa sia analoga a quella degli altri edifici, mentre informazioni differenti sono riportate nella scheda dell’ESA, dove si legge che sarebbe in cemento armato. Il campanile è sicuramente in muratura, come si può vedere dalle immagini dell’interno.


Il borgo è stato oggetto di diversi interventi di manutenzione straordinaria per la riparazione dei danni bellici e del degrado naturale. Tutti gli interventi sono anteriori al 1968, anno nel quale gli edifici subirono notevoli danni sismici.

Ogni edificio, con l’eccezione della chiesa, manifesta evidenti dissesti che hanno messo a nudo la struttura dei muri esterni, ed insieme ad essa una situazione interessante.  E’ infatti possibile  verificare come coesistano tre diversi tipi di muratura: un tipo che si avvale di pietrame informe, di tipo calcareo


un secondo tipo costituito da conci di ciò che sembra un’arenaria


ed un terzo tipo realizzato con mattoni pieni


tale situazione (con l’eccezione dei mattoni pieni) è presente anche nelle strutture murarie del campanile.

E’ improbabile che le tre tecniche siano state usate contemporaneamente nell’ambito della realizzazione originaria. Come si è detto sopra, il borgo fu sottoposto a diversi interventi di manutenzione straordinaria, uno dei quali eseguito tra il 1953 ed il 1954 dall’Impresa Marco D’Alia. Tra i lavori eseguiti si legge tra l’altro


Muratura di pietrame calcareo
Muratura retta e curva di mattoni pieni
Muratura retta e curva di mattoni pieni per pilastri, archi, etc.

Demolizione di muratura

Muratura di pietrame con materiale dell’Impresa


a dedurre
Mattoni pieni forniti dall’Amministrazione
Pietrame calcareo proveniente dalle demolizioni


Questi sembrano essere stati gli interventi più radicali eseguiti sul borgo. Resta da stabilire quale tipo di muratura possa identificarsi con quella originale, e quale sia invece da attribuire agli interventi successivi.
La tecnica maggiormente rappresentata in atto sembra essere quella che si avvale di pietre in arenaria; ma la zoccolatura di tutti gli edifici appare realizzata in pietrame calcareo informe


Da più parti viene riportato come per la muratura sarebbe stata utilizzata una particolare pietra, ricavata da una collina vicina, e detta “pietra longa”. Credo che questa denominazione nasca da un equivoco. L’equivoco fu probabilmente generato da una virgola di troppo in un periodo dell’articolo della prof. Accascina, più volte citato. Testualmente, a proposito di Borgo Schirò, la Accascina dice infatti: “Anche per questo borgo si è fatto largo uso della pietra locale tratta da una vicinissima collina, chiamata pietra longa”; la virgola di troppo sarebbe quella dopo le parole “vicinissima collina”. La denominazione di pietra longa non riguarderebbe la qualità della pietra, ma il luogo dal quale venne estratta, la “vicinissima collina” citata nell’articolo. Questa è Pietralunga (“petra longa” nel dialetto locale), lo sperone roccioso cui si fa riferimento nel post sulle cantoniere (appunto, le “Cantoniere Pietralunga”). Pietralunga è l’unica elevazione rocciosa della zona, una sorta di isola non solo dal punto di vista orografico, ma anche da quello geologico. Su un terreno di composizione affatto diversa è presente infatti tale formazione calcarea, la cui costituzione è indicata come PUN sulla Carta Geologica d’Italia


Non essendovi alternative nelle immediate vicinanze, dalla rupe veniva ricavato, fino a qualche tempo addietro, il materiale da costruzione per strade o opere murarie. La pietra veniva anche lavorata o macinata; la macchina per quest’ultima operazione veniva collocata in corrispondenza di una roccia descritta da diverse persone come “a forma di poltrona”, ma che non sono stato in grado di individuare.

La roccia rossastra che costituisce la tecnica alternativa sembra invece un’arenaria, probabilmente una calciarenite quarzosa di tipo analogo a quella che venne utilizzata per la costruzione della Real Casina di Caccia di Ficuzza


E’ un tipo di roccia relativamente comune nei dintorni di Corleone; è indicata con la sigla CCR sulla Carta Geologica d’Italia


Queste ipotesi sono attualmente poco più che illazioni, ancora da confermare.
Ma se così è, Lettore, Borgo Schirò venne ricostruito quasi completamente tra il 1953 ed il 1954.

Un progetto del 1942 prevedeva l’ampliamento del borgo, modificando l’ambulatorio medico esistente per adattarlo a sede dell’ECLS


e realizzando una serie di edifici nelle zone retrostanti la caserma dei carabinieri e la chiesa. Essi avrebbero compreso il mulino, l’ambulatorio veterinario con case per alloggi, l’officina larvicidi, una palazzina per alloggi popolari, un’officina ed una grande casa sanitaria.


I nuovi edifici avrebbero ovviamente condiviso i medesimi elementi stilistici di quelli preesistenti, primi tra tutti i porticati ad archi, che avrebbero connesso la casa sanitaria con  l’alloggio del fattore  e con la caserma dei carabinieri. E la sede dell’officina elettrica del mulino avrebbe richiamato l’ampia vetrata della trattoria, disposta su un analogo volume semicilindrico.


Nella planimetria, quelle che sarebbero state le nuove realizzazioni sono segnate con un tratteggio rosso.

E’ interessante notare la costruzione indicata come “alloggi popolari” alle spalle della chiesa



 che avrebbero attribuito al borgo anche una funzione residenziale



 Questo richiama ancora una volta l’esistenza delle “due anime” all’interno dell’ECLS, una che esecrava il concetto di borgo residenziale, l’altra che lo consacrava.

La casa sanitaria, raccordata alla caserma dei carabinieri da un porticato a tre archi, sarebbe stata di dimensioni ragguardevoli


e la casa del fattore prevista dall’ampliamento avrebbe comunicato con la trattoria tramite una tettoia su pilastri. Questa non è segnata in tratteggio rosso, ed i pilastri sono effettivamente presenti; ma anche tra scuola e casa per alloggi la planimetria mostra qualcosa che sembra un sedile semicircolare con pilastri, anch’esso non segnato con tratteggio rosso, del quale invece non vi è traccia né sul luogo, né sul disegno assonometrico. Una situazione analoga si riscontrerà a Borgo Bassi.



Questa sarebbe stata l’immagine che il borgo, ampliato, avrebbe presentato accedendo da Nord


Nella realtà la visione d’insieme non sarebbe stata così ariosa; il disegno, sebbene prospetticamente corretto, fornisce una visione riferibile ad un campo visivo ben più ampio di quello dell’occhio umano.

Nessuno degli edifici previsti fu comunque realizzato, alloggi popolari compresi. Lo spazio retrostante la chiesa non presenta traccia di costruzioni


Sembra che il borgo abbia conosciuto un periodo di “quasi prosperità” durato una ventina d’anni, dalla costruzione sino agli anni Sessanta. I servizi funzionavano, e così la scuola; vi era persino una piccola biblioteca dalla quale potevano essere temporaneamente prelevati libri da leggere in casa.

Successivamente iniziò uno spopolamento progressivo delle campagne, dovuto all’emigrazione; le dimensioni dei poderi assegnati nel dopoguerra erano insufficienti a garantire quel minimo di produzione agricola compatibile con la sussistenza. Allo spopolamento delle campagne corrispose quello del borgo. La scuola venne chiusa in seguito ai danni subiti dal sisma che interessò la Valle del Belice. Gli ultimi abitanti del borgo furono la famiglia del gestore della rivendita di alimentari (e tabacchi), che si trasferì a Corleone all’inizio degli anni Novanta, ed il parroco, che riuscì a resistere per un’ulteriore decina d’anni. L’isolamento del borgo e la scarsissima densità abitativa, oltre a rendere poco conveniente il mantenimento di esercizi commerciali al suo interno, lo rese facile oggetto di ogni sorta di comportamento delinquenziale, dal vandalismo alla rapina; pertanto, il suo abbandono rappresenta l’ovvio epilogo della palese direzione verso la quale si dirigeva la sua evoluzione.

Sebbene esistano diversi progetti  (ESA, comune di Monreale, privati) per il recupero del borgo, dubito che tale recupero possa essere realizzabile in pratica. Attualmente, l’unica costruzione agibile sembra essere la chiesa.

La scuola ha subito danni strutturali non indifferenti


e gli ingressi sono stati murati.


L’interno è però stato reso nuovamente accessibile tramite la parziale demolizione di uno dei muri. In teoria, l’ingresso sarebbe possibile anche attraverso uno dei varchi che si sono creati nei muri perimetrali.
 
Anche la torre è liberamente accessibile, ed è forse, oltre a chiesa e canonica, una delle costruzioni in migliori condizioni, anche all'interno    

La caserma e la collettoria postale risultano altresì accessibili con facilità

 
anche per quest’ultima qualcuno ha provveduto a demolire parzialmente uno dei muri di sbarramento. La parte dell’edificio adibita a caserma è ancora in condizioni relativamente buone, mentre non altrettanto può dirsi dell’ufficio postale  La variazione nell’aspetto complessivo degli edifici risultante dalla chiusura degli ingressi non è comunque eclatante, ed essi forniscono ancora un’immagine relativamente vicina a quella originaria
 
 
Lo stesso può dirsi per chiesa e canonica. Queste sono evidentemente state sottoposte a ristrutturazione, in seguito alla quale sono state rese poco visibili le cornici intorno alle aperture sul prospetto, ed installati degli avvolgibili al primo piano
 

E’ stata però preservata l’integrità dei porticati, e ciò è risultato determinante nel conservarne un aspetto vicino a quello originale


La chiesa dovrebbe essere rimasta aperta fino a poco più di dieci anni addietro, ma l’isolamento del luogo e la conseguente vulnerabilità a furti ed atti vandalici non ha consentito di perseverare in tale determinazione. All’interno ormai manca qualunque arredo o ornamento sacro; l’unica cosa visibile sono le immancabili scritte con la vernice spray
 

Ancora una volta si è qui provveduto a chiudere gli ingressi principali, ma è rimasta la possibilità di entrare dalla porta laterale della canonica, raggiungendo l’interno della chiesa e addirittura il campanile. E ciò senza dubbio avviene, considerato che i resti dell’unico banco residuo vengono continuamente spostati.

Anche la struttura del campanile presenta le differenze nella muratura precedentemente sottolineate. Il serbatoio dell’acqua è ancora completo del relativo impianto

 
sembra che sia stata aggiunta una tubazione esterna per garantirne il riempimento
 

Molto diversa risulta invece la condizione della casa comunale. Anch’essa ha subito danni strutturali rilevanti che hanno fatto sì che tutte le aperture venissero sigillate. La costruzione appare pericolante, con lunghe linee di frattura che percorrono i muri esterni, mentre le strutture murarie al vertice SudOvest dell’edificio sono mancanti

 
Gli sbarramenti della scalinata e degli ingressi a piano terra dal lato Est  sono stati realizzati con muretti in calcestruzzo, che, unitamente alla chiusura dell’ingresso a Nord, non consentono più di cogliere quello che era lo stile originale della realizzazione. Inoltre, l’edificio ha subito un’appariscente modifica nel corso delle ultime ristrutturazioni
 
 
Forse però l’edificio che maggiormente ha risentito dell’erezione degli sbarramenti è la trattoria. L’ingresso dalla piazza avveniva infatti attraverso una breve scalinata che conduceva ad un porticato ad archi
   
 
 mentre l'altro porticato di piccole dimensioni univa la rivendita al laboratorio antimalarico



Ambedue le strutture sono state murate nascondendo la prima alla vista, e riempiendo le luci del porticato per la seconda. Anche le aperture di quella che una volta era l’ampia vetrata curva della trattoria, ed analoga a quello che sarebbe stata realizzata per l’officina, sono state sigillate
 

L’aspetto esteriore degli edifici risulta adesso profondamente difforme dall’originale. La parte posteriore della trattoria, che dovrebbe essere quello che fungeva da locanda, mostra danni notevoli, con vaste linee di frattura che hanno recentemente condotto al crollo di parte dell’edificio

 
Ai locali della trattoria si potrebbe accedere dalla parte posteriore, ma, viste le condizioni, ciò non appare consigliabile.

L’ambulatorio medico, visto dalla piazza, è uno degli edifici che appare in condizioni migliori, sia dal punto di vista estetico sia da quello strutturale, all’esterno come all’interno    


Ma già addentrandosi nelle stanze la condizione appare diversa

 
E dalla parte opposta della piazza il quadro è completamente ribaltato. Uno dei muri perimetrali è rovinato all’improvviso, completamente  


Le botteghe artigiane sono anch’esse in cattive condizioni. Queste sono quelle che sembrano aver conservato quasi interamente la muratura originaria. Con l’eccezione di una piccola parte in mattoni, infatti, tutte le strutture visibili sembrano interamente costituite da pietra calcarea


Nonostante le condizioni, non sono mancate negli anni le iniziative volte ad un’utilizzazione dell’insediamento, che variano dalla richiesta di concessione in uso (ve ne è ad esempio una per la realizzazione di azienda agrituristica, risalente al 1989)
 

al tentativo di occupazione senza preventiva autorizzazione (come sarebbe recentemente avvenuto da parte di una falsa comunità religiosa)

 
passando per i tentativi di riutilizzo a fini di pubblica utilità, come quelli progettati dal comune di Monreale o dall’ESA. Rimane aperta la questione della proprietà dell’insediamento, parte del quale, come prima accennato, sarebbe dovuta passare al comune di Monreale ex lege; ma tale passaggio pare non sia mai stato formalizzato, sebbene il comune di Monreale ne avesse fatto richiesta nel 1993.
 

Resta il fatto che chiunque abbia la proprietà del sito dovrà fronteggiare eventualità davvero difficili nel caso in cui decidesse di riutilizzarlo in qualche modo.

Il dissesto della struttura procede infatti a ritmo notevole e vi è il pericolo di crolli. Prima sono state mostrate le condizioni dell’ambulatorio e della locanda, come si presentavano nel novembre del 2012. Come è possibile vedere in quest’immagine del maggio dello stesso anno, i danni non erano rilevabili sei mesi prima.
 

Così, è verosimile che il recupero che oggi appare già estremamente difficoltoso in assenza di radicali interventi ricostruttivi, tra qualche mese potrebbe essere divenuto già impossibile. Se il programma ESA della “via dei borghi” dovesse tardare ancora a realizzarsi, e Tu, Lettore, tra qualche anno dovessi trovarti a percorrerla, è probabile che il Borgo Schirò al quale ti troverai di fronte possa essere nulla di più che una riproduzione, una copia, come quelle di monumenti celebri che si trovano a Las Vegas.