mercoledì 11 marzo 2015

LA VIA DEI BORGHI.37: La settima fase dei borghi rurali siciliani. L'EREDITA' DELL'ECLS: i borghi misti



I borghi misti

Una volta caduto il veto sulla organizzazione degli agricoltori in comunità non direttamente controllate, e di conseguenza venuta meno la necessità di attenersi al modello della “Città Rurale”, iniziarono le realizzazioni di centri misti, veri e propri villaggi dotati di residenze e servizi. Anzi, considerando il numero di borghi misti progettati o almeno pianificati, questa era proprio la direzione in cui si muoveva l’ERAS. In linea strettamente teorica, sarebbero solo questi villaggi a rappresentare delle vere “città di fondazione”; i borghi ECLS non prevedevano “cittadini” che non fossero i soggetti materialmente demandati ad erogare i servizi, e di conseguenza, come puntualizzato dall’ECLS, per deliberata scelta strategica, non erano destinati ad espandersi, a venire popolati:”Finalità di tali Centri, è quella di costituire i servizi civili per la popolazione rurale di un determinato territorio circostante ai Centri stessi; eppertanto essi dovranno essere concepiti come modesti Borghi rurali, non destinati –in linea generale – ad ampliamenti per incrementi demografici che li porterebbero fatalmente a costituire il nucleo iniziale di future città di contadini…”. Era pertanto esplicitamente escluso che essi potessero costituire i nuclei di fondazione di città nuove, ed infatti così è stato, per tutti i borghi ECLS. Nessuno di essi è mai divenuto una “città nuova”.

Tra le due soluzioni (vero villaggio, o agglomerato residenziale con relativo borgo di servizio), la seconda, quella che risente dell’eredità dell’ECLS, sarà la più frequente. La carta di pianificazione dei borghi aggiornata al primo gennaio del 1956 non rispecchia, comunque, fedelmente tale scelta. I “borghi residenziali” segnati come tali sulla mappa, sono in effetti meno di quelli realmente esistenti; molti di essi sono marcati come “borghi di servizio”. Invece, in molti casi, si verificò la situazione esattamente opposta: i nuclei di case coloniche vennero costruiti, ma i relativi borghi di servizio non vennero mai realizzati



Gli esempi paradigmatici di quanto brevemente descritto sopra sono costituiti dai borghi oggetto del presente post.

Nella prima metà degli anni Cinquanta vi furono infatti due interventi dell’ERAS volti a realizzare nuovi villaggi. Per ambedue il nucleo dei servizi era costituito da un borgo di tipo “A”, ma soltanto uno dei due poté costituire l’embrione di una “città di fondazione”; o, almeno, a qualcosa che tale era nelle intenzioni, e tale sarebbe potuta divenire nella pratica se non fosse precocemente abortito. Di contro, l’altro operò su una città di fondazione che esisteva già, e di cui si è già parlato, e cioè Libertinia. Anzi, Libertinia sia dal punto da vista storico sia da quello urbanistico, era una città di fondazione a tutti gli effetti, un “borgo misto” nel senso più stretto dell’accezione, considerato che racchiudeva nel perimetro urbano le abitazioni ed i servizi. Eppure, sulla carta di pianificazione dei borghi è segnata come “borgo di servizio”



l’altro centro che, pur essendo composto da un effettivo borgo di servizio, posto nei pressi di agglomerati residenziali, veri borghi costituiti unicamente da unità abitative, è invece segnalato come “borgo residenziale”




Intendo riferirmi, Lettore, all’unico borgo di tipo “A” la cui esecuzione sia stata pianificata, progettata e condotta a termine interamente e solo dall’ERAS: il villaggio Enrico La Loggia.


Villaggio Enrico La Loggia

Il Villaggio La Loggia è incluso nell’elenco di Wikipedia tra le città fondate nel 1941-43, come i borghi oggetto del post precedente. A prescindere da ogni altra considerazione, è improbabile che il regime fascista decidesse di intitolare un borgo rurale proprio ad Enrico La Loggia, che di certo non era un “martire fascista” . E questo non soltanto perché nel 1943 Enrico La Loggia fosse vivo e vegeto; ma anche in considerazione del fatto che i rapporti tra l’ex deputato ed il regime erano tutt’altro che idilliaci, tanto che egli era stato sottoposto a misure restrittive, e sorvegliato da agenti governativi. Quindi, sebbene nulla sia totalmente impossibile, resterebbe comunque estremamente improbabile il fatto che il regime potesse aver dato il suo nome ad un borgo rurale.




Prescindendo da ciò, Borgo La Loggia rappresenterebbe comunque il terzo tentativo di costruzione di un borgo rurale nella zona, dopo borgo Burrainiti e Borgo Africa, trovandosi esso a meno di quattro chilometri in linea d’aria dalla zona in cui avrebbero dovuto vedere la luce i primi due.

Vero è che sarebbe anche stato possibile che il borgo fosse nato con altro nome, e dedicato successivamente a La Loggia seguendo, anche se attraverso due diversi regimi di governo, un iter per certi versi simile a quello di Borgo Bassi; ma in effetti così non è, anche se in un certo senso, vi sono delle analogie. Così come accadde per borgo Bassi, per il quale la denominazione di progetto era originariamente quella della località prevista (“Borgo Ummari”) e ne venne cambiata l’ubicazione, lo stesso avvenne per il Villaggio La Loggia.

In effetti, la denominazione del borgo negli archivi ERAS è precisamente “Borgo Rurale di tipo A in contrada Grancifone”, e solo successivamente verrà dedicato a Enrico La Loggia; ma il progetto resta comunque del 1953




E sempre come per Borgo Bassi, vi deve essere stato anche un cambio di ubicazione che avrebbe portato a modifiche del progetto originario; anche se esso non viene esplicitamente menzionato, questo sembrerebbe desumibile da quanto riportato nella relazione tecnica di progetto:

Il borgo dovrà sorgere in una zona […] della collinetta denominata Grancifone sulla corografia dello Stato Maggiore. Il borgo è sistemato […] tra la quota 241 e la quota 255. Così il borgo è circondato dalla rotabile dal lato di levante e colla rotabile ha accesso quindi sia dal basso che dall’alto. La pendice sulla quale è impiantato il borgo ha una pendenza media del 13% e guarda presso a poco il Nord”.

In realtà la pendice sulla quale si trova il borgo guarda il Sud, ha una pendenza del 18%, il borgo si trova sotto quota 240 e la rotabile circonda il borgo a ponente. Risulta chiaro dalla descrizione che l’ubicazione originariamente prevista fosse diversa, e questa è inequivocabilmente identificabile con il versante Sud della vallata del torrente Grancifone, a monte dell’agglomerato denominato Falca 2 sulle carte IGM.




Identificazione che peraltro trova conferma nella corografia acclusa alla stesura originale




Il borgo venne progettato a servizio delle abitazioni realizzate nell’ambito del piano di ripartizione nr 13, i cui terreni furono conferiti dalla ditta Maria Grazia Giudici, per un’estensione complessiva di Ha 300.32.54. L’area, escludendo la superficie destinata a borgo ed abitazioni, fu suddivisa in 73 lotti, per i quali furono realizzate 72 case; il lotto residuo (nr 7) venne destinato alla realizzazione di parte delle abitazioni.

Le settantadue case furono infatti realizzate solo in parte lungo la strada di accesso all’area del piano di ripartizione




per la parte rimanente, vennero raggruppate in due agglomerati in contrada Falca, individuati dai toponimi Falca 1 e Falca 2 sulle carte IGM.

Le abitazioni consistevano in una cucina-soggiorno, due camere da letto, servizi igienici, stalla, porcile, pollaio e tettoia, per un totale di circa 100 mq; ad ognuna di esse era annessa un estensione di terreno di 900 mq circa da adibire ad orto. La struttura è in muratura portante costituita da conci di tufo, con architravi in calcestruzzo armato per porte e finestre e solai in laterocemento.




Sul lotto 7, nel raggruppamento Falca2 venne prevista anche una scuola distaccata




Una tale soluzione nell’organizzazione dei servizi apparirebbe quantomeno strana, sebbene, in un certo modo, giustificata con la distanza eccessiva interposta tra il lotto 7 ed il borgo, e che gli alunni sarebbero stati costretti a percorrere; i villaggi Falca1 e Falca2 infatti rientrerebbero pienamente nel raggio d’influenza previsto per un borgo di tipo “A”. Nel 1960 venne pianificata anche la costruzione di una chiesa, sempre sul lotto 7, accanto alla scuola




e che quindi si sarebbe trovata, in linea d’aria a soli 1100 m da quella del borgo. Sebbene il progetto di questa sia stato redatto




essa, contrariamente alla scuola, non verrà mai edificata




La presenza di un “vero” sottoborgo misto, residenziale e di servizio, all’interno del raggio di influenza di un borgo di servizio in senso stretto, realizza la condizione di cui si tratta nel post, e cioè quella di un borgo misto progettato non come villaggio ab inizio, ma ricercando un compromesso tra l’originaria organizzazione della città rurale e la realizzazione di un vero agglomerato urbano.

Sulla mappa dei borghi aggiornata al 1 gennaio del 1956, il borgo residenziale appare in costruzione, così come è in costruzione anche un borgo di tipo “C” all’interno del raggio di influenza, che evidentemente si riferisce a scuola e chiesa sul lotto numero 7. E’interessante notare che nel luogo in cui si sarebbe dovuto realizzare Borgo Africa risulta pianificata la realizzazione di un altro borgo di tipo “C”, sempre all’interno del raggio di influenza di borgo La Loggia; per quasi un ventennio si è comunque insistito nel tentare di costruire in quel luogo senza riuscirvi.




E come risulta evidente, mentre il borgo di servizio è segnato come “borgo residenziale”, il borgo di tipo “C” all’interno del raggio, che invece sarebbe stato un vero borgo misto, viene riportato con la simbologia dei borghi di servizio.

L’incarico della progettazione venne affidato a Salvatore Caronia Roberti, all’epoca professore di Architettura Tecnica dell’Università di Palermo. Caronia Roberti, molto attivo nella prima metà del XX secolo, soprattutto a Palermo, era il padre di Giuseppe Caronia, progettista di Borgo Borzellino.

Caronia Roberti così descrive l’impianto del Borgo: “L’asse principale della composizione urbanistica ha la direzione di poco discosta dal Nord-Sud, gli edifici sono distribuiti a proscenio sul fronte a nord, con il criterio di un crescendo volumetrico dal basso verso l’alto e coll’insieme dominato dalla Chiesa. L’altro criterio nella distribuzione è stato quello di una convergenza degli edifici procedendo dal basso all’alto in modo che questi formino delle quinte scenografiche al fondale costituito dalla Chiesa”. Una particolare attenzione nella disposizione dei fabbricati sarebbe inoltre stata finalizzata a mettere “in evidenza anche da lontano tutti gli edifici del borgo con qualche gradevole effetto di insieme paesistico”.




L’impianto in realtà è stato pensato per evitare il più possibile i (costosi) movimenti di terra che sarebbero stati necessari per realizzare una disposizione più classica, con fabbricati disposti ai margini di una piazza dotata di una o più strade d’accesso. La strada d’accesso invece si biforca in corrispondenza dell’accesso Est del borgo, ed i due rami della biforcazione sono congiunti ad Ovest da un tornante; i fabbricati sono disposti tra quest’ultimo e la biforcazione, lungo i versanti NordEst dei suoi rami, a circoscrivere “due spiazzi, uno carraio in prossimità della strada e l’altro pedonale alla quota media dei servizi pubblici




Il ramo più a monte in realtà consta di due assi viari paralleli che decorrono a quote diverse, sfalsati




Il primo edificio posto all’ingresso del borgo sul ramo più a Nord della biforcazione è l’ambulatorio medico




La relazione tecnica di progetto ne fornisce una descrizione difforme da quella ricavabile dagli elaborati grafici (poi messa in pratica nella realizzazione) includendolo nel medesimo corpo di fabbrica destinato a delegazione municipale ed uffici dell’Ente




Nella realizzazione, ed in accordo con quanto riportato in planimetria, ambulatorio medico e delegazione municipale, con uffici dell’Ente




occupano due fabbricati distinti, contigui, ambedue su due elevazioni fuori terra. Sul medesimo versante della strada si trova la chiesa




con annessa canonica




A navata unica




con campanile a vela, richiama in qualche modo quella di borgo Baccarato




Nella determinazione della capienza, circa 200 posti in totale, furono forse sottostimate le ipotetiche necessità (settantadue gruppi familiari, più i residenti all’interno del borgo stesso); questa potrebbe essere una delle motivazioni che condussero alla formulazione del progetto di una seconda chiesa.

L’ultimo edificio posto sul versante Nord della strada è la palazzina degli alloggi degli addetti al borgo, anch’essa su due elevazioni




e che si trova all’imbocco del tornante che congiunge i due rami della strada d’accesso




L’unica costruzione che si sviluppa su singola elevazione è il magazzino con stalla




si trova nella concavità della curva descritta dal tornante, poco più a monte delle restanti costruzioni che sorgono lungo il margine del ramo Sud della biforcazione.

Qui sorgono due edifici, quello più ad Ovest destinato a trattoria e locanda




e quello più ad Est sede della caserma dei carabinieri e dell’ufficio postale




Quest’ultimo è separato dalla scuola da uno dei “due spiazzi”quello “pedonale alla quota media dei servizi pubblici




Qui si trova la fontana-bevaio, la cui ubicazione era originariamente prevista tra trattoria e stazione dei carabinieri, e che nella relazione tecnica è menzionato come “in progetto”, ma il cui progetto alla fine risulterà identico a quello utilizzato per Borgo Lupo e Borgo Manganaro, e che si sarebbe dovuto usare per Borgo Africa




così come sempre sul medesimo progetto sarebbe stato basato l'abbeveratoio nei pressi di Mongialino, posto alla confluenza tra SP 182 e SP 179, la cui costruzione fu iniziata ma mai portata a termine.  Il progetto in realtà non è altro che quello di uno degli "abbeveratoi tipo" dell'ECLS




Oltre l’abbeveratoio, posto in corrispondenza del ramo inferiore della biforcazione, si trova la scuola




Anch’essa su due elevazioni, comprende due aule e due alloggi per gli insegnanti, oltre ai locali di servizio




L’accesso alla scuola ed all’area circostante, così come per altri edifici e più in generale per gli spostamenti all’interno del borgo, si avvale di scalinate, necessarie per superare le pendenze. La loro presenza era già stata preventivata in fase di progetto (“Soltanto lungo l’asse principale della composizione […] si sono progettati muri di sostegno, cordonate e scale […]”) ma la variazione dell’ubicazione e conseguentemente delle pendenze ha evidentemente reso necessario un ulteriore sviluppo di tali strutture




Le costruzioni sono realizzate in muratura portante di pietrame calcareo, con scale in cemento armato, e solai in laterocemento.

Sia gli edifici,sia scale, muri e cordonate sono caratterizzati dalla presenza di struttura in pietra a faccia vista, per deliberata scelta progettuale, “in modo da evitare intonaci in prossimità del terreno”.

L’approvvigionamento idrico è stato garantito dalla captazione di due sorgenti sul fianco del Monte Narbone; queste alimentano un serbatoio posto a quota 260 circa, a NordOvest del borgo




Le stesse sorgenti dovrebbero servire le unità abitative




La scuola distaccata costruita sul lotto 7 è strutturalmente in buone condizioni; sembra attualmente occupata da privati, probabilmente usata come residenza estiva




Le case risultano in gran parte occupate, ma i servizi del borgo sono inesistenti; gli edifici sono dati in uso a comunità, nonostante la cessione al comune di Agrigento non sia mai stata formalizzata. Ciò, se da una parte è servito a mantenere integre le costruzioni, dall’altra ha di fatto bloccato l’evoluzione verso un reale centro abitato di uno dei pochi progetti di ciò che avrebbe potuto definirsi, a tutti gli effetti, una “città di fondazione”.

Tuttavia, il solo mantenimento dei servizi non è sufficiente a garantire una tale evoluzione quando sorgono ostacoli di diversa natura. Ed un esempio di ciò è costituito da Libertinia


Libertinia


La fondazione di Libertinia è stata sommariamente descritta in un post precedente. Le origini sono state inquadrate nell’ambito di ciò che avevo definito “fase parallela”, che accomunerebbe tutte le “città di fondazione” della prima metà del ventesimo secolo che possano definirsi tali in senso stretto, cioè quelle il cui nucleo, oltre alla presenza di servizi, prevedeva anche quella di “cittadini”, di residenti. E ciò nonostante già a partire almeno dalla seconda metà degli anni Venti, una tale organizzazione urbanistica venisse fortemente avversata in Sicilia.

Come brevemente esposto nel post precedente, l’ambizioso esperimento di trasformazione fondiaria di Pasquale Libertini avrebbe stimolato la migrazione interna di contadini, soprattutto dalle province di Ragusa e Siracusa, prevedendo la costruzione, oltre che della casa padronale, di 60 case, di una scuola, una chiesa, un ufficio postale, uno spaccio, diversi forni, una caserma, un ambulatorio, un acquedotto che avrebbe captato l'acqua dalle sorgenti di Mandre Bianche, di una grande stalla con caseificio, di un mulino, ed inoltre di magazzini nei pressi della stazione ferroviaria Saraceni nonchè di strade poderali per Km 19 circa.

Nel 1930, Libertinia divenne frazione di Ramacca, e così vi fu istituita una delegazione podestarile. La vicina stazione ferroviaria “Saraceni” divenne “Libertinia”, e Pasquale Libertini si impegnò a realizzare un cimitero, l’illuminazione pubblica, e a completare il sistema di viabilità interno nonché quello di accesso. I lavori per per collegare la stazione di Libertinia con l’abitato iniziarono nel 1935, l’anno dopo la pubblicazione della monografia, di Gesualdo Libertini e Nunzio Prestianni, che descriveva il progetto.

Come visto nel post precedente, il progetto urbanistico non giunse mai alla fine; Pasquale Libertini morì nel 1940, e gli eredi non avevano né probabilmente le capacità né sicuramente l’interesse a portarlo definitivamente a termine. Cedettero così al comune di Ramacca le strutture del villaggio con il relativo terreno, più otto ettari di terreno circostante.

Ma l’evoluzione dei tempi aveva precocemente reso “preistorico” (usando la stessa espressione dell’allora parroco di Libertinia) ciò che appena due decenni prima era ritenuto innovativo. Per gli agricoltori che alla fine degli anni Venti si erano trasferiti da pagghiari o ingrottati in case in muratura, il salto di qualità era stato notevole. Ma negli anni Cinquanta, le case costituite, in pratica, da un singolo vano, l’assenza dell’acqua corrente, della corrente elettrica, di servizi realmente efficienti, ed anche del cimitero, erano anacronistici.

Fu in tale contesto che si inserì l’incarico dato all’ERAS di completare il villaggio realizzando o sostituendo le strutture carenti; nella relazione tecnica, datata 11.7.1952, la condizione di Libertinia viene così descritta:

Può affermarsi che la popolazione di Libertinia vive in uno stato di arretratezza che mortifica chiunque ha motivo di visitare il villaggio e pertanto appare quanto mai giustificato, urgente e necessario, l’intervento dello Stato per realizzare quel minimo di attrezzatura civile che risponda alle esigenze di vita sociale del contadino”. L’ERAS aveva già costruito nel comprensorio (Piano di Ripartizione nr118) 170 abitazioni, 47 delle quali in corrispondenza del limite Ovest del villaggio




La realizzazione dei servizi avrebbe quindi configurato la costruzione di un borgo di tipo “A” a servizio degli assegnatari dei lotti previsti dal piano di ripartizione.

Il progetto, redatto dai Servizi Ingegneristici dell’Ente, prevedeva la realizzazione di un asilo con abitazione per l’insegnante




di una scuola elementare




di un ambulatorio medico




e di un grande edificio che avrebbe ospitato ufficio postale, delegazione municipale e caserma dei carabinieri




La chiesa, danneggiata durante il conflitto mondiale, sarebbe stata in parte demolita e ricostruita, ed integrata da canonica




In giallo sono marcati gli edifici costruiti da Pasquale Libertini, in azzurro quelli costruiti dall’ERAS; i rimanenti fabbricati sono le case coloniche costruite dall’ERAS, di cui alcune hanno subito profondi rimaneggiamenti




Erano inoltre previsti la sistemazione dell’accesso al borgo e della viabilità interna, il rifacimento dell’acquedotto, con la costruzione di un serbatoio




e la realizzazione di fontanelle lungo le strade




e dell’impianto elettrico. Le uniche strutture non comprese nel progetto ERAS, necessarie per il totale completamento di Borgo Libertinia, erano l’impianto fognante ed il cimitero.

La ricostruzione della chiesa




parziale, segue il progetto originario




la canonica è collegata ad essa. Asilo infantile




e scuole elementari




si trovano lungo la via Sebastiano Tusa allineate con la chiesa




La funzione degli edifici è marcata da scritte in rilievo, che ricordano quelle presenti a Borgo Schirò. E’ possibile che questo, unitamente al lungo portico ad archi che caratterizza la scuola




abbia contribuito a generare l’Errore, per cui diverse persone hanno ritenuto che gli edifici fossero stati realizzati durante il ventennio fascista. Abbastanza curiosamente, lo stile del porticato non è quello del progetto originale, in quanto era previsto che il portico fosse formato da piattabande




Gli altri edifici costruiti dall’ERAS si trovano dalla parte opposta dell’abitato, lungo l’attuale via Mario Rapisardi. Ad Est vi è l’unica, grande, costruzione che ospita ufficio postale




delegazione municipale




e caserma dei carabinieri




Più ad ovest, sul versante opposto della via, di fronte la caserma, si trova l’ambulatorio




Tutti gli edifici, con l’eccezione della canonica si sviluppano su due elevazioni. La struttura è in muratura portante, con solai in laterocemento.

L’acquedotto, oltre le opere di captazione (sempre della medesima sorgente in località Mandrebianche) e le condutture, comprende un serbatoio




ed alcune fontanelle




Il serbatoio si trova più ad Ovest della chiesa, con una piezometrica relativamente ridotta




Il progetto fu approvato dal CTA in data 6.8.1952, per un importo di £ 171 700 000; la concessione da parte dell’Assessorato avvenne come realizzazione ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) e riporta la data dell’otto novembre 1952.

I lavori vennero eseguiti dall’impresa Goffredo Ziino e l’inaugurazione avvenne nel giugno del 1955; questa:




è la planimetria risultante al termine dei lavori.

Essa è ormai abbastanza diversa dalla planimetria dell'originario progetto di Pasquale Libertini; ed, abbastanza ovviamente, anche la toponomastica è stata radicalmente cambiata, se non altro per cancellare ogni riferimento al deprecato Ventennio.

In questo, sarebbe rimasto un solo legame con il progetto originario: il riferimento al nome del fondatore. Ma neanche tale legame si è, alla fine, potuto mantenere. Superdavidone© (persona poliedrica e molto attiva, sia nel mondo virtuale sia in quello reale) mi ha fatto notare qualcosa di cui non mi ero accorto, e che invece lui ha prontamente colto e documentato (l'immagine è sua)




Così, a rigore, l'intervento ERAS, oltre a sconvolgere planimetria e toponomastica, avrebbe anche dovuto rendere "Libetinia" l'originale Libertinia; ma per fortuna, almeno questo trauma ci è stato risparmiato.

Libertinia fu “ceduta” al comune di Ramacca, seguendo la discutibile interpretazione della legge nr 890, il 19 febbraio 1956 pur essendo comunque di proprietà di questo, e nonstante, come specificato prima, la costruzione del borgo sia stata inquadrata nell’ambito dell’Edilizia Residenziale Pubblica; ma proprio questo sarebbe stato l’unico caso in cui una cessione formale avrebbe avuto un senso; anche se non quello delle legge 890.

Sebbene Libertinia sia stata una vera città di fondazione, comprendente abitazioni e servizi, e popolata incentivando gli agricoltori a trasferirvisi (persino Roma fu fondata e popolata basandosi sugli stessi principi) il numero degli abitanti impiegò mezzo secolo a raddoppiare, per poi decrescere nuovamente. Un contenzioso tra il comune di Ramacca ed residenti, nato nella seconda metà degli anni Sessanta, portò al sequestro di beni di questi ultimi, seguito dalla loro riacquisizione. Anche se la seconda metà del ventesimo secolo assistette, complice proprio la Riforma Agraria del 1950, al progressivo spopolamento dei centri rurali, il contenzioso non favorì certo lo sviluppo di Libertinia; nel 2001 il numero dei residenti era inferiore a quello del 1927. E ciò nonostante l’ampliamento del borgo ad opera dell’ERAS, con il quale le intenzioni di Pasquale Libertini potevano dirsi realizzate. Solo fognature e cimitero mancavano al completamento; l’onere della realizzazione di questi fu allora assunto direttamente dal comune di Ramacca, nel 1954.


DECOMPOSIZIONE DI UN CIMITERO

Un cimitero è un’entità inusuale per un borgo rurale. Non dovrebbe esserlo in generale, ma è ovvio che lo sia nel caso particolare dei borghi rurali siciliani: in considerazione dell’assoluto divieto ai contadini di abitarvi, non era previsto che qualcuno “morisse” in un borgo ECLS. Gli unici residenti nel borgo erano coloro che erano deputati ad erogare i servizi; raggiunta l’età della pensione, sarebbero andati a morire in un altro luogo. Escludendo, forse, il parroco, un decesso in un borgo ECLS avrebbe costituito un’inaspettata eccezione, improvvisa e accidentale; ed infatti, quando venne resa pubblica la classificazione della tipologia dei borghi, “A”, “B” o “C”, per nessuno di essi era previsto un cimitero tra i servizi. Con la nascita dell’ERAS la situazione non cambiò; sebbene fossero variati i criteri, consentendo la realizzazione di borghi residenziali o misti, la classificazione dei borghi di servizio fu acriticamente mutuata dall’Ente predecessore, e con essa l’assenza di cimiteri.

Il fatto più strano è che un cimitero non venne neanche previsto per le altre due città di fondazione nel senso più stretto della definizione di cui si è parlato qui: Pergusa e Santa Rita. Così, l’esplicita menzione di un cimitero nel progetto originale rende Libertinia ancor più peculiare nel panorama dei borghi rurali del Ventesimo secolo. E tale peculiarità avrebbe dovuto rendersi evidente alla mente, e meritare se non una trattazione, almeno una considerazione.

Ma se non si rende evidente alla mente, si rende evidente all’occhio, specialmente se un “occhio clinico”. E Diego Perez, essendo un (quasi) architetto, l’occhio clinico ce l’ha eccome, ed ha subito individuato la struttura realizzata dal comune di Ramacca, segnalandola prontamente.

Si trova a 500 m in linea d’aria dall’abitato, a sud di esso, e può essere raggiunta dalla strada che fiancheggia la chiesa, e lungo la quale si trova il serbatoio. La strada conserva ancora le tracce dell’originaria pavimentazione in pietra




ma è ormai perlopiù uno sterrato. Il quale dopo 700 m giunge ad un piazzale dove si erge una costruzione che si continua in una cinta muraria




che delimita un’area di 25x40 m. La costruzione, con portico all’ingresso




avrebbe ospitato i servizi (uffici, camera mortuaria, servizi igienici)




mentre l’area interna è divisa in due livelli da un gradone




Sul lato opposto a quello dell’ingresso vi è una minuscola cappella; null’altro




Le strutture sembrano finite, ma la costruzione sembra si sia fermata prima di realizzare decorazioni ed arredi; sicuramente, mai nessuno ha trovato sepoltura lì. E nessuno la troverà mai. La cinta muraria ha ceduto a SudEst tra il 2010 ed il 2013




La struttura, pensata per accogliere i defunti, sta invece morendo essa stessa, decomponendosi nella più assoluta solitudine




Non può avere un diverso utilizzo, e quindi non è concepibile pensare ad alcuna forma di recupero. Adesso che il disfacimento è iniziato, procederà inesorabilmente ed irreversibilmente verso la totale distruzione. Ergendosi a perfetto simbolo della storia dell’agricoltura siciliana.

Riguardo alla quale, nulla sarà mai più come prima.