giovedì 14 maggio 2015

Ricostruzione del tracciato della ferrovia Burgio-Castelvetrano: Parte Quarta: dalla Stazione Belice a Salaparuta



La stazione Belice si trovava a poco meno di 34 chilometri da San Carlo, esattamente in corrispondenza del piazzale ANAS al di sotto dello svincolo per contrada Cavallaro




Anzi, non sarebbe totalmente errato affermare che si trova ancora esattamente in corrispondenza del piazzale ANAS. Infatti, la stazione Belice, sebbene sia segnata sull’orario con gli stessi caratteri usati per le stazioni principali, in realtà era soltanto una cantoniera doppia, come è visibile in questa foto aerea. Sebbene la risoluzione non sia elevata, si distingue anche il forno esterno




La casa cantoniera dell’ANAS attualmente presente sul piazzale altro non è che una cantoniera della linea ferrata, privata del piano superiore, e cioè la stazione




La sua parziale preservazione




è probabilmente frutto di un “ripensamento” in fase di demolizione, considerato che nella foto aerea, che risale ad un periodo di pochissimo antecedente alla realizzazione dello svincolo, essa appare integra.

EDIT: dopo otto mesi ho finalmente potuto dare corso alla modifica che la preziosa testimonianza di Annibale Cerrati (vedi commenti alla fine della pagina) imponeva, rettificando la mia ricotruzione. Grazie Annibale!

L'edifico esistente ed attualmente adibito a cantoniera ANAS è in effetti ciò che resta di una casa cantoniera, ma la cantoniera non si identifica con la stazione. L'errore nasce dal fatto di aver utilizzato una foto aerea del 1975, nella quale ormai non vi è più traccia della stazione; in realtà, la stazione Belice sorgeva cento metri prima della cantoniera. Quest'ultima, oltre a rappresentare uno dei servizi della stazione, fungeva probabilmente anche da casello per il passaggio a livello con quella che ora è la SP 83.




Purtroppo, nella foto aerea non si distinguono con nitidezza le strutture del fabbricato viaggiatori. Non è possibile quindi avere conferma dei ricordi della nonna di Annibale, con particolare riguardo alle due finestre sul lato breve del fabbricato viaggiatori. I fabbricati viaggiatori in tutte le stazioni della linea infatti sembrano costruiti conformemente ad un "modulo 3 x 3" con tre finestre sul prospetto e tre sul fianco; un fabbricato realizzato con "modulo 3 x 2" sarebbe stato unico su questa linea, ma come d'altra parte lo erano gli edifici delle fermate San Giacomo, Cusimano e Rampinzeri. Inoltre, nella foto non sembra potersi scorgere alcun magazzino merci, che dovrebbe invece essere ciò che Annibale descrive come "corpo praticamente attaccato alla stazione che era sprovvisto di piano superiore".

Il piazzale ANAS coincide pertanto con quello della cantoniera; al di là di esso vi è una strada, in corrispondenza della quale vi era un passaggio a livello, oltre la quale ricompare il tracciato, il cui accesso è chiuso da una catena




La prima parte di esso presenta un fondo eccezionalmente buono che sarebbe percorribile con facilità da qualunque automobile




ma circa 500 m più avanti comincia a deteriorarsi




Lungo di esso sono ancora visibili tutte le opere d’arte, come sottovia




o ponticelli,




della linea, fino alla galleria, a 1,62 km dalla stazione Belice




L’accesso alla galleria è impedito da una vegetazione straordinariamente fitta che occupa l’intera trincea di ingresso




rendendone addirittura visibile con difficoltà il portale




Essa è comunque probabilmente pervia per l’intera lunghezza. Lo è sicuramente per un tratto all’estremità opposta




raggiungibile seguendo quella che una volta era la strada di manutenzione dell’acquedotto. Anche il portale dell’imbocco lato Castelvetrano appare in ottime condizioni; questo, distante 1,93 km dalla stazione Belice, si apre sul fianco di una collina che delimita il versante SudEst della valle del Belice, poco dopo la confluenza dei rami destro e sinistro




ad una quota di 126 m, mentre il piano di campagna medio a livello del letto del fiume, che viene attraversato con un viadotto, si trova a meno di 110m sul livello del mare. Il raccordo della galleria al viadotto è realizzato con una livelletta lunga circa 300 m ed alta, all’uscita della galleria, circa 15 m




Una sorta di gigantesco rilevato in discesa, completo di sistemi di drenaggio




alto come una palazzina di tre piani, che è stato sezionato, dopo la dismissione della linea, per consentire il passaggio dell’acquedotto




A livello della sezione è possibile vedere quale fosse la struttura interna della livelletta




Il viadotto con il quale quest’ultima si raccorda è a 8 luci, lungo circa 135m. Il viadotto è interrotto per una lunghezza di circa 9 m da un crollo avvenuto la notte del 15 gennaio 1968 durante il terremoto che devastò la valle del Belice




Questo tratto di linea era già stata dismessa più di otto anni prima, pertanto nessun disastro ferroviario sarebbe comunque potuto accadere; nondimeno, la visione diretta del crollo desta una certa impressione




L’interruzione della livelletta a Sud e quella del viadotto a Nord isolano di fatto questo segmento, per cui il tratto del viadotto raccordato con la livelletta può essere raggiunto solo salendo sul raccordo dal piano di campagna.




Oltre il viadotto, a due chilometri e mezzo dalla stazione Belice, il tracciato è ancora visibile solo per poco più di 200 m




cancellato quasi totalmente dalla nuova Salaparuta.

Dopo la distruzione del 1968, infatti, venne scelta proprio la contrada Cusumano per costruirvi la nuova cittadina, su un’altura a NordOvest della valle. La contrada identificava un’altura sulla quale il tracciato si inerpicava con un tornante, per giungere, appunto, alla fermata che dalla contrada prendeva il nome, prima di descrivere una seconda curva di 180°.

La prof. Gentileschi, in un suo lavoro per l'IGM, esordisce così: "Mancano in Italia, autentiche «città nuove», le new towns così importanti e diffuse soprattutto in Inghilterra..."; ma perchè mai una simile affermazione, mi sono chiesto?

Il terremoto del Belice, infatti, oltre a produrre direttamente la distruzione di città vecchie, e con essa quasi quattrocento morti, produsse indirettamente anche città nuove, autentiche "città di fondazione" (progettate "in funzione di dare al territorio un'impronta forte di potere", sempre seguendo la Gentileschi) che avrebbero rimpiazzato i centri distrutti. Non esiste nulla di più vicino ad una città di fondazione, nella quale tutto è già pianificato e preordinato, ai centri costruiti dopo il terremoto del 1968. Per esse, tutto è stato progettato prima: ubicazione, piano regolatore, edifici… ed inoltre, a differenza delle altre città di fondazione che avrebbero dovuto venire popolate, anche i cittadini erano già bell’e pronti. Non aspettavano altro. Almeno in teoria. Nella pratica si è verificato che i residenti nei paesi terremotati, abituati ad impianti urbanistici completamente diversi, non abbiano gradito le nuove impostazioni, in termini di dimensione delle strade e caratteristiche delle abitazioni.

Su tali caratteristiche io non posso sindacare; ciò che personalmente non trovo gradevole è l’impianto che è stato dato a questi centri. Essi sono ben riconoscibili dall'alto, sorvolando la Sicilia Occidentale in quanto non caratterizzati da una pianta regolare, quanto piuttosto dai contorni circolari di diversi quartieri.

Non saprei, Lettore, quanto nelle idee dell'avanguardistico Fabbri possa aver giocato un ruolo il tentativo di mimare assetti urbanistici da insediamento spontaneo, evitando come la peste il ricorso a linee dritte ed ortogonalità, con la volontà di rifuggire ciò che Zeri d'altra parte definiva "stile geometra". Ma se l'intento di Marcello Fabbri, è stato (anche) questo, direi che l'ISES partiva con il piede sbagliato: non esiste nulla di meno spontaneo di una curva a raggio costante. E' infinitamente più probabile che la disposizione spontanea della abitazioni segua una retta perfetta, che non un arco di cerchio perfetto.

Anche Gibellina, il cui impianto urbanistico è spesso definito "a farfalla", be ha avuto le ali funestate dalla furia del curvilineo.

L’unico centro abitato compreso nel triangolo Camporeale-Vita-Partanna a sfuggire completamente all'applicazione delle regole, al contempo rigide e sinuose, dell'architetto Fabbri, fu Montevago. Infatti, è l'unico che conserva l'aspetto di un posto normale




mentre gli altri appaiono più o meno simili ad un vol au vent smozzicato. Persino Santa Margherita di Belice, il cui sindaco aveva preso una ferma posizione contro i progetti che prevedevano l'abbandono del vecchio abitato e la ricostruzione in altro luogo, non riuscì a sottrarsi del tutto alle tortuosità di Fabbri, che Dio l'abbia in gloria.

La mia opinione non vale nulla, beninteso; resta però il fatto che questi centri, primo tra tutti Gibellina, si sono progressivamente spopolati. Gli abitanti, pur sopravvissuti ad un disastro di tipo tellurico, non sono stati in grado di superare anche quello di tipo urbanistico.

Ma anche tra i policicli di Fabbri è presente una gradualità nelle valenze estetiche.

Il quartiere Sud di Camporeale




mi richiama una parte comprensorio Pisani di Palermo, l’ospedale psichiatrico progettato da Francesco Palazzotto e voluto dal barone Pisani; unico vanto della Sicilia borbonica insieme alla scoperta di Cerere da parte dell’abate Piazzi.

Salemi sarebbe il centro nel quale gli inanellamenti dell’architetto Fabbri incontrano più da vicino il mio (irrilevante) gusto estetico




Salaparuta invece, secondo il mio inutile parere, sarebbe la più brutta, bruttezza peraltro evidente già in fase di realizzazione




ma presenta l'indubbio (ai miei occhi) pregio di mantenere, nelle sue rotondità, il percorso del primo dei due tornanti che il tracciato descriveva; e con questa affermazione finalmente ritorno in tema, facendo appello alla Tua indulgenza, Lettore, riguardo alle mie stupide digressioni.

L’impianto semicircolare del quartiere SudOvest di Salaparuta Nuova coincide infatti con una delle curve descritte dal tracciato, come peraltro ben visibile nell’aerofoto, dopo la quale si sarebbe trovata appunto la fermata Cusumano, a poco meno di quattro chilometri e mezzo da Belice, e quasi esattamente all’angolo tra le attuali vie Piemonte e Leonardo da Vinci




Non so che aspetto avesse l’edificio della fermata, ma se la stazione Belice era in realtà solo una casa cantoniera, posso presumere che anche la fermata Cusumano lo fosse. Ciò che resterebbe da stabilire sarebbe solo su che tipo di progetto sarebbe stata esattamente realizzata la cantoniera; in quanto, ovviamente nulla resta di essa, così come delle altre strutture della linea, con l’eccezione di un sottovia sul versante SudOvest della collinetta




e dei resti di una trincea sul fianco Ovest




oltreché il già citato allineamento relativo alla curva




Ad essere sinceri, un minuscolo frammento di rilevato sarebbe ancora presente all'interno del nucleo urbano della nuova Sapalaruta




E' lungo una cinquantina di metri, e decorre in prossimità del prospetto di un edificio.




Non so spiegarmi perché esso sia stato preservato, ma le immagini della realizzazione del nuovo centro, nonché la sovrapposizione georitferite di mappe e foto satellitari dimostrano inequivocabilmente come esso sia un segmento di tracciato.




Comunque sia, il tracciato ricompare alla periferia Nord dell’abitato, sotto forma di strada asfaltata




può essere così seguito agevolmente anche in automobile




L’unico elemento di collegamento con la linea è il percorso seguito dalla strada; nessun manufatto è più presente




Dopo poco più di due chilometri, la strada termina a “T” contro la SP 10




il tracciato invece prosegue dritto, con un passaggio in trincea poco adatto a mezzi stradali




e che infatti integrato in percorsi fuoristradistici (prevalentemente mountain bike) Lungo il tracciato è presente anche una casa cantoniera, a 3,67 km da Cusumano; è in cattive condizioni, ma è l’unico edificio ancora visibile nel raggio di decine di chilometri




Il dubbio cui accennavo prima riguarda il progetto sul quale sembra basato l’edificio; questo è diverso da quello delle altre case cantoniere sulla linea, che presentano una singola finestra, di piccole dimensioni, sui fianchi. La cantoniera ha invece due luci sui fianchi, ed è di dimensioni maggiori




Come accennato precedentemente, il tratto di linea compreso tra la Gulfa e Salaparuta fu l’ultimo ad essere realizzato, a distanza di venti anni dal tratto meno recente; è senz’altro plausibile che i progetti “standard”, unificati, sui quali si basavano gli edifici ferroviari fossero cambiati nel tempo.

Se, però, così fosse, questo cambiamento si sarebbe dovuto riflettere su tutte le case cantoniere presenti lungo il tratto le quali, come abbiamo visto, sono andate distrutte. Le uniche immagini che ho a disposizione delle cantoniere comprese tra la Gulfa e Salaparuta sono quella della cantoniera che precedeva la stazione di Salaparuta e quella della cantoniera dopo la stazione della Gulfa. Sebbene la risoluzione della prima sia molto bassa, sembra comunque potersi escludere che essa presentasse due luci per piano sui fianchi




e questo è sicuramente evidente nella cantoniera, ancora esistente, subito dopo la stazione della Gulfa




Queste erano però case cantoniere che facevano parte dei servizi della stazione, pertanto è verosimile che esse siano state costruite contestualmente alle rispettive stazioni, pur essendo materialmente poste nel tratto intermedio tra esse.

Da ciò che rimane della cantoniera presso la stazione Belice, però, è inequivocabile come anch’essa presentasse finestre singole, di piccole dimensioni su ambedue i fianchi




Pertanto, l’edificio non doveva essere dissimile dagli altri ancora visibili lungo la linea, con un’unica eccezione, costituita dalla cantoniera che si trova dopo la stazione di Burgio; questa sembra appunto identica a quella dopo Cusumano, a meno delle modifiche estetiche introdotte successivamente. Ma nel tratto Burgio-San Carlo, coevo di quello Gulfa-Salaparuta, le rimanenti cantoniere sono assolutamente analoghe alle altre. Non mi è chiaro se le cantoniere doppie che seguivano questo progetto fossero quelle per lo scartamento ordinario o per le linee a doppio binario, ma, di sicuro, sono diverse; così come non mi è chiaro quale criterio sia stato applicato nell’adottare un progetto piuttosto che un altro.

Tali dubbi potrebbero essere dissipati da chi possiede un’approfondita conoscenza dell’edilizia ferroviaria e dei relativi progetti; il dubbio che però è probabilmente destinato a rimanere un piccolo enigma irrisolto è quello relativo all’aspetto delle cantoniere che sono andate distrutte, e della fermata Cusumano.

Edit 30 settembre 2015: il dilemma è stato brillantemente risolto da Marco Ingrassia, che ringrazio davvero sentitamente, il quale mi ha inviato un'immagine della fermata, ormai dismessa. Da essa si arguisce in modo inequivocabile come sia l'edificio della fermata, sia la cantoniera che lo precedeva, fossero basati sul progetto che prevedeva due luci sui fianchi, come il rudere a 3670 metri dalla fermata




Oltre la cantoniera, il tracciato, intercettato ancora dalla SP 10, è divenuto uno sterrato parte della viabilità locale




E’ usato come strada di accesso a molte abitazioni, ma il fondo è cattivo, e peggiora progressivamente




Lungo il percorso sono presenti ancora le opere necessarie al mantenimento dell’integrità della strada (sottovia di drenaggio, muri di contenimento)




ma dopo circa un km il tracciato è interrotto da un cedimento del piano stradale




il punto del crollo potrebbe comunque essere oltrepassato a piedi o con una moto. Dopo 250 m ancora, il tracciato torna ad “impersonare” una strada asfaltata




sempre usata per la viabilità locale nelle campagne a SudEst del luogo in cui originariamente sorgeva Salaparuta prima che fosse distrutta dal sisma




Torna ad essere uno sterrato, ma con un fondo discreto, avvicinandosi al piazzale della stazione di Salaparuta




Poco prima dell’ingresso nel piazzale vi era una casa cantoniera; di essa non vi è più traccia, così come pochissime sono le strutture della stazione sopravvissute all’evento sismico, nonchè agli eventi successivi ad esso correlati




Vi sono diversi possibili accessi a quest’ultimo segmento di tracciato, uno dei quali consente di aggirare il tratto che ha ceduto. Tutte le vie di accesso si dipartono dalla SP 10, come segnato sulla mappa. In corrispondenza di uno di essi vi era una casa cantoniera; non mi è però stato possibile determinarne l’esatta sede. In corrispondenza di una delle possibili posizioni si trova una costruzione recente, che comunque nulla ha a che fare con la cantoniera. Un’altra cantoniera si trovava più avanti, a circa 130 metri dalla stazione di Salaparuta

EDIT: le informazioni ed una fotografia gentilmente fornite dall'amico John Copsey hanno consentito di determinare inequivocabilmente la posizione della cantoniera, che è quella più a Nord, indicata dalla freccia gialla


4 commenti:

  1. Ciao Vox, ho accanto a me mia nonna, testimone diretta della stazione Belice. Mio nonno, morto oltre 10 anni fa, è stato capostazione di Belice tra il 1953 ed il 1956 circa. Loro vivevano in stazione al 1° piano, con mia mamma che allora aveva tra i 4 e i 6 anni.
    La casa al 1° piano era dotata di 3 finestre sul lato lungo, 2 sul lato breve.
    Mia nonna riconosce le.finestre rimaste in essere, e che appartenevano ad un magazzino della stazione, un corpo praticamente attaccato alla stazione che era sprovvisto di piano superiore.
    Su Google Maps si nota una fontana all'ingresso del punto Anas, ai tempi era un pozzo fornito di carrucola per tirare su l'acqua.
    Mia mamma riconosce la breve galleria in direzione Castelvetrano, di tanto in tanto la raggiungeva a piedi con mio nonno. Ricorda che intorno insistevano diversi campi di cotone.
    Entrambe ricordano che sia la ferrovia, quanto i campi, erano quotidianamente frequentati da diverse persone, il treno era un'utilità importante.
    Saluti

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  2. Ciao Annibale, grazie infinite per il tuo commento, che è un preziosissimo contributo. Rimarrà qui comunque e, se me lo consenti, editerò il post in modo da includervi le informazioni. Grazie ancora, di cuore, davvero!

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    1. E' stato un piacere. Sono stato legato sempre al mondo delle ferrovie, se ce ne sarà occasione potremmo parlare di tante altre cose, anche del fischio di partenza che mio nonno ha dato all'ultimo Castelvetrano-Agrigento a scartamento ridotto. Di Gallitello, di Partanna, e di tante stazioni dove ha servito il mondo delle rotaie. 'U zu Pippinu era una specie di "princeps" delle ferrovie nella Sicilia occidentale.
      Trovi i miei recapiti su Facebook.
      Buon lavoro, il tuo blog è una meraviglia.

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  3. Grazie ancora, anche per i complimenti. Spero che l'occasione si verifichi. E se non si verificherà la creeremo

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