domenica 10 maggio 2015

Ricostruzione del tracciato della ferrovia Burgio-Castelvetrano: Introduzione



Non so, Lettore, come tu sia approdato su queste pagine, né se tu abbia letto i miei precedenti post che riguardano altre linee dismesse o mai ultimate. E, qualora Tu lo abbia già fatto, non so nemmeno se abbia letto la storiella dell’Ipotetico Ciclista ; ma ciò che, soprattutto, non so è se io sia riuscito a trasmetterti il tipo di emozione che si prova nella ricostruzione, la curiosità nel sapere cosa si veda “più avanti”, l’appagamento di questa nel procedere lungo il tracciato, e la soddisfazione finale per aver rimesso insieme tutti i pezzi del puzzle. Ed espletare una simile attività mentre si percorrono lande deserte o poco frequentate, a contatto con la natura, aggiunge fascino al fascino, sebbene anche la parte “domestica” del lavoro, tra mappe e fotografie in bianco e nero di qualche tempo fa, abbia la sua attrattiva; specialmente nei periodi dell’anno in cui il lavoro sul campo sarebbe reso meno piacevole e più difficoltoso dalle condizioni climatiche o meteorologiche.

Ma è proprio in conseguenza di tale emozione che nei titoli dei post cito la linea con la denominazione di “Burgio-Castelvetrano”, e non di “Castelvetrano-Burgio”. La denominazione “Castelvetrano-Burgio” sarebbe infatti più corretta, se non altro, per motivi cronologici; il tratto della linea Castelvetrano-Partanna fu il primo ad essere realizzato, ed aperto al traffico nel 1910, mentre gli altri tratti furono successivi, anche se non con la sistematica progressione che ci si aspetterebbe da una linea ferroviaria singola; quattro anni più tardi fu il turno del tratto Partanna-Santa Ninfa, e occorsero altri tre anni per giungere a Gibellina, mentre ulteriori cinque anni si resero necessari per collegare Gibellina a Salaparuta. Sei anni più tardi (uno in meno di quanti ne vennero impiegati per realizzare i 64 km della Palermo-Camporeale) vennero completati i venticinque chilometri che separavano San Carlo dalla stazione in contrada Gulfa, che avrebbe preteso di servire Santa Margherita Belice. Ma fu solo nel 1931, contemporaneamente alla realizzazione del tratto San Carlo-Burgio, che la Gulfa venne collegata a Salaparuta; quest’ultimo tratto di linea fu l’ultimo ad essere realizzato ed il primo a venire dismesso. Così la Burgio-Castelvetrano sarebbe quella, tra le ferrovie siciliane a scartamento ridotto, la cui realizzazione durò più a lungo, e comprende tratti il cui intervallo temporale di esercizio, tra ultimazione e dismissione, fu il più breve. E queste non sono le uniche peculiarità della linea; essa è infatti anche quella che conserva il minor numero di edifici. Sebbene la chiusura di parte di essa, infatti, sia ufficialmente avvenuta ben dopo la Palermo-San Carlo, ben (quasi) sette stazioni su dieci non sono più esistenti, e quasi tutte le case cantoniere lungo un percorso di 30 km sono andate completamente perdute.

Non sarebbe però completamente corretto parlare di “linea ferroviaria singola” per quel che riguarda la Burgio-Castelvetrano; essa avrebbe costituito la “spina dorsale” di una vera rete ferroviaria. Si sono già infatti menzionati i collegamenti con le linee oggetto degli altri post, la Salemi-Kaggera, la Palermo-San Carlo e, potenzialmente, la Palermo-Camporeale, che nelle intenzioni iniziali si sarebbe dovuta prolungare fino a ricongiungersi con la stazione di Salaparuta. Ed ho menzionato tali collegamenti negli altri post anche a proposito dell’Ipotetico Ciclista il quale, se ancor più ipoteticamente avesse deciso, una volta a San Carlo, di percorrere i 57 km che lo separavano da Santa Ninfa Campagna, si sarebbe trovato sulla Salemi-Kaggera.

Così, quando per la ricostruzione della Palermo San Carlo mi trovai davanti l’evidente confluenza delle due linee, la curiosità di cui parlo all’inizio del post si ravvivò improvvisamente: cosa avrebbe visto “più avanti” l’Ipotetico Ciclista, se avesse imboccato l’altro percorso? E quando mi trovai a Santa Ninfa Campagna, guardando il tracciato che proveniva da Est




la stessa curiosità tornò a farsi viva: cosa avrebbe già visto, “più indietro” l’Ipotetico Ciclista una volta giunto qui? Il tratto San Carlo-Santa Ninfa Campagna rappresentava nel contempo “il prima” e “il dopo”. Non potevo non appagare la mia curiosità, così come non potevo resistere al fascino del “dopo assoluto”, da Santa Ninfa Campagna a Castelvetrano.

Per questi motivi (ed anche per altri, molto più personali), finita la Salemi Kaggera ritornai alla confluenza ed iniziai questo nuovo percorso. Lungo di esso, l’impatto con ciò che la Natura è in grado di fare, nel bene e nel male, è stato notevole. Mi sono immerso in paesaggi splendidi; ma ho anche potuto constatare gli effetti del sisma che nel 1968 interessò la Valle del Belice. Tenterò di fornirti una breve descrizione, Lettore, delle intersezioni tra le manifestazioni della Natura e la strada ferrata.

E sempre se dovessi aver letto altri post su questo blog, Lettore, avrai probabilmente avuto modo di renderti conto come le vie lungo le quali i trenini hanno sbuffato e faticato per anni non abbiano avuto modo di incrociarsi soltanto con le vie della Natura, come accaduto nel gennaio del 1968; altre intersezioni con altre vie, altrettanto “umane”, esistono. Intendo qui riferirmi alla serie di post che ho chiamato, mutuando la denominazione dal programma ESA, “la via dei borghi”. Le piccole ferrovie a scartamento ridotto che per anni hanno costituito la principale rete di comunicazione all’interno della Sicilia, infatti, sarebbero state pensate anche, o forse soprattutto, per consentire spostamenti dalle aree rurali verso i centri urbani e viceversa. Poiché il maggior sviluppo di tale rete, così come quello relativo all’incentivo dell’agricoltura, si ebbe durante il ventennio fascista, qualcuno ha voluto vedere un aspetto negativo (anche) in questo, assimilando tipo e qualità di attenzioni che il governo centrale aveva per la Sicilia a quelle manifestate per le “colonie” nordafricane, dove gli interventi del’Italia ed il progresso che essi portavano erano costituiti da villaggi agricoli e ferrovie a scartamento ridotto.

Personalmente non condivido appieno tale visione, della quale ho parlato in un precedente post, se non altro perché sia le prime ferrovie a scartamento ridotto, sia le condizioni dei rurali siciliani risalgono ad un periodo antecedente al regime. Ciò che invece mi è sempre sembrato di intravedere è una sorta di disconnessione, di mancato coordinamento, tra la pianificazione delle linee e quella dell’urbanesimo rurale, disconnessione essa sì ancora più evidente durante il ventennio. E’ quello il periodo, infatti,in cui si cercò di “sfollare le città” in tutta Italia, e tale precetto venne attuato, in Sicilia, sfollando anche i piccoli centri, e tentando di disperdere i contadini sul territorio; tuttavia le stazioni principali delle linee erano comunque presso i grossi centri abitati, mentre le fermate di campagna rimanevano relativamente poche, e spesso, comunque, difficili da raggiungere. L’impressione è che nella pianificazione non sia stata posta particolare attenzione nel determinare i luoghi più idonei a rendere meno disagevoli gli spostamenti; e questo sia nel periodo che ha preceduto il ventennio, sia durante questo, ed anche nel periodo successivo. Vi sono casi relativi al ventennio nei quali sembrerebbe che, nella scelta dell’ubicazione di un borgo rurale, si sia tenuto conto anche della relativa vicinanza ad una fermata ferroviaria; ma, poiché solitamente nei centri rurali non potevano dimorare i contadini, una tale attenzione avrebbe avuto un’importanza pratica nulla, volta più a fornire motivazioni apparentemente razionali riguardo alla scelta, che a perseguire una reale finalità.

Nondimeno, vi sono dei casi nei quali l’intersezione tra le vie ferrate e quelle dei borghi sono avvenute. E’ difficile dire quanto esse siano state volute e quanto casuali; comunque inevitabili, considerate le dimensioni dell’isola. Nel caso della Burgio-Castelvetrano, ciò avvenne in un'occasione, ed essa verrà in qualche modo sottolineata . Qualunque ne sia stata la causa.

Come per le altre linee, tracciato e strutture sono stati segnati su foto satellitari tratte da GoogleEarth

Si è adottata la codifica di colori riportata nella legenda per indicare le varie strutture. I fabbricati (stazioni, cantoniere, rimesse, etc.) quando presenti ed in buone condizioni sono stati colorati sovrapponendovi un rettngolo verde parzialmente trasparente, che avrebbe dovuto lasciar intraveder l'immagine del relativo edificicio. Purtroppo, data la scala ridotta che si è dovuto adottare allo scopo di limitare il numero delle immagini satellitari, il risultato non è certo ottimale; tutte le strutture sono però perfettamente rintracciabili sulle immagini di GoogleEarth ad ingrndimento maggiore, e dovrebbero consentire perfettamente di identificare luoghi e modalità di accesso.

Qualora, nelle Tue intenzioni, Lettore, ci fosse la pianificazione di un'escursione per vivere di persona l'atmosfera che le immagini fotografiche non sono in grado di restituire.


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