Con la fine della guerra (25 aprile 1945) l’attività dell’ECLS subì un rallentamento notevole. Alla proclamazione dello stato di emergenza in Sicilia era conseguita la sospensione dei lavori di costruzione dei borghi; ma anche la pianificazione degli appoderamenti si era arrestata. Al termine del conflitto, le attività dell’Ente rimasero confinate agli sforzi per ottenere i finanziamenti necessari al completamento di quanto già intrapreso. Le ragioni di ciò sono in parte chiare e documentate; l’Ente versava in gravi difficoltà finanziarie a causa del mancato introito dei crediti vantati nei confronti dei consorzi di bonifica, e dell’inflazione galoppante con una repentina riduzione del potere di acquisto della lira.
Per la parte rimanente le motivazioni della stasi, sebbene non documentate altrettanto chiaramente, sono facilmente immaginabili. L’ECLS era stato fortemente voluto dal regime, ed il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, dal quale l’Ente dipendeva, aderiva strettamente alle summenzionate volontà. L’impulso, pertanto, ebbe a cessare con la caduta del regime (25 luglio 1943) e con la destituzione, l’anno successivo, di Nallo Mazzocchi Alemanni , destituzione avvenuta probabilmente per motivi prevalentemente politici, considerato che nei fatti egli rimaneva un punto di riferimento per ciò che concerneva le politiche agrarie.
Il Ministero, comunque consapevole della situazione che si era determinata, e dello stato nel quale versavano agricoltura ed agricoltori, fece fronte ad ambedue le condizioni con una serie di decreti. Di questi fanno parte i noti “decreti Gullo” (concessione ai contadini delle terre incolte), che riguardarono l’Italia intera; un altro decreto (PL nr 123 del 19 febbraio 1946), anch’esso a firma Gullo, concesse all’ECLS un ulteriore apporto finanziario da parte dello Stato.
In questa fase la funzione dell’Ente si limitò al tentativo di ultimare i borghi iniziati, mentre la realizzazione di quelli ancora allo stato di progetto (essenzialmente, borgo Bonanno ed il borgo di Quattro Finaite Giardo) non venne nemmeno intrapresa. Anche le iniziative relative alle progettazioni postbelliche non ebbero seguito (Borgo Africa).
Nel 1946, con l’approvazione del Regio Decreto Legislativo del 15 maggio, n. 455, le politiche agrarie passarono sotto il controllo dell’assessorato regionale, seguendo il disposto dell’art. 14 dello statuto della Regione Siciliana. Venne allora pianificata una riforma agraria dalla Sicilia, e per la Sicilia, che si concretizzò nella legge regionale nr 104 del 27 dicembre 1950.
L’articolo 2 della legge 104 riguardava proprio l’ECLS, decretandone la morte e facendo nascere dalle sue ceneri l’ERAS, così come dall’Istituto VEIII per la Bonifica della Sicilia era nato l’ECLS. Con la legge 104 l’ERAS, però, non era più un ente statale, alle dipendenze del ministero, ma diveniva un ente regionale, dipendente dall’assessorato.
Apparentemente questo consentì all’Ente di proseguire nell’opera intrapresa, ma il cambiamento operato fu evidente. Fu evidente nei criteri adottati per espropri, suddivisioni, assegnazioni, così come lo fu per quel che riguarda i borghi.
Chi vive in Sicilia, e soprattutto chi ci ha vissuto negli ultimi decenni del ventesimo secolo, sa bene cosa l’espressione “ente regionale” voglia significare. E sa bene quali siano stati, e siano tuttora, i criteri adottati dai governi regionali per la gestione di progetti e di denaro pubblico.
Lo storico Francesco Renda afferma che “La legge di colonizzazione del latifondo siciliano, utilizzata dalla propaganda fascista come risolutiva del problema agrario isolano, certamente fu tutto meno che un provvedimento riformatore, almeno nel senso come lo intendiamo adesso. La terra restava in mano di chi la possedeva, e solo gli si faceva obbligo di introdurvi l'appoderamento, cioé l'insediamento stabile di alcuni gruppi di famiglie contadine.”.
Questa affermazione può essere condivisibile, ma a mio parere, Lettore, è resa tale dalla presenza della frase “almeno nel senso come lo intendiamo adesso”. Infatti, nel contesto dell’epoca, espropriare improvvisamente migliaia di ettari a coloro che ne detenevano un millenario possesso sarebbe stato un atto rivoluzionario più che riformatore.
La riforma agraria introdotta con la legge 104 faceva seguito, e riferimento, alle leggi del 1933 e del 1940, ed è per questo che ha potuto avere delle implicazioni più incisive. Di fatto, i tanto osannati decreti Gullo e Segni sono assimilabili alle leggi di riforma del 1940, non a quelle del 1950; l’affermazione dello storico, pertanto suona più come una presa di posizione di tipo politico che come un’obiettiva valutazione dei fatti.
Oltretutto, vi sono delle evidenze indirette riguardo al fatto che il governo fascista intendesse rivedere alcuni concetti relativi alle politiche agrarie siciliane, intenzione che si manifestava anche con una revisione dei ruoli che i borghi avrebbero avuto in queste. Una di esse è la già citata dichiarazione di Mazzocchi Alemanni nella quale sottolineava come la realizzazioni di borghi destinati unicamente ai servizi fosse stato un errore. Un'altra, e più forte, evidenza è costituita dalla legge 890 dell'8 giugno del 1942, con la quale lo Stato trasferiva gratuitamente in proprietà ai comuni "edifici ed impianti destinati a servizi di competenza comunale" con il "vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità". Questa norma sembra andare al di là di intenti "neofederalisti", nel senso che non sembra fosse intenzione dello Stato lasciare semplicemente agli Enti Locali la gestione dei servizi nei borghi; se così fosse stato, il vincolo riguardo alla destinazione d'uso sarebbe stato più stretto, e legato alla destinazione d'uso originaria (cioè, gli edifici scolastici si sarebbero dovuti usare per l'istruzione, gli ambulatori a fini sanitari, e così via). Invece, la legge parla genericamente di "uso di pubblica utilità", qualunque esso fosse; i comuni avrebbero cioè potuto sovvertire la struttura dei servizi del borgo, segno inequivocabile del fatto che esso non avrebbe più dovuto necessariamente servire all'uso per il quale era stato pensato.
Inoltre, in conformità all'articolo 1, il provvedimento di legge avrebbe riguardato soltanto le opere di competenza statale ubicate nei borghi già costruiti dall'ECLS ("Gli edifici ed impianti destinati a servizi di competenza comunale, costruiti a spese dello Stato nei centri rurali sorti nelle zone del latifondo siciliano, colonizzate in attuazione della legge 2 gennaio 1940-XVIII, n. 1, saranno trasferiti gratuitamente in proprietà ai Comuni col vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità."). Sembrerebbe arbitraria l'estensione del concetto agli edifici costruiti successivamente ed in attuazione di una legge diversa; ma soprattutto sembrerebbe insensato realizzare delle opere già sapendo che esse verranno cedute, forse senza aver mai svolto la funzione per la quale sarebbero state progettate.
D’altra parte, i contenuti della legge 104 del 1950 davvero configurerebbero una riforma “almeno nel senso come lo intendiamo adesso” , nel senso più stretto e più negativo del termine. Se infatti formalmente la legge avrebbe lasciato ai proprietari solo un’estensione di terreno dai 150 ai 300 ettari, di fatto eccezioni e deroghe erano tali e tante da consentire non solo l’aggiramento della regola, ma soprattutto la possibilità di cessione di terreni poco fruttiferi, scarsamente coltivabili ed in alcuni casi inutilizzabili a fini agricoli. E questo si sarebbe rivelato particolarmente vero per una delle zone servite da borgo Schisina, il quale per tale motivo sarà solo menzionato qui, ma oggetto di un post successivo. E vi sono altre zone dell’isola in cui ciò accadde, ad esempio in tutta la zona a NordOvest di Borgo Bassi, dove vennero realizzati diversi borghi tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta.
Per avere un’idea del risultato prodotto dalla riforma, basta paragonare le aree interessate dalla riforma agraria con le zone di appoderamento individuate dall’ECLS relative agli stessi borghi.
Per la parte rimanente le motivazioni della stasi, sebbene non documentate altrettanto chiaramente, sono facilmente immaginabili. L’ECLS era stato fortemente voluto dal regime, ed il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, dal quale l’Ente dipendeva, aderiva strettamente alle summenzionate volontà. L’impulso, pertanto, ebbe a cessare con la caduta del regime (25 luglio 1943) e con la destituzione, l’anno successivo, di Nallo Mazzocchi Alemanni , destituzione avvenuta probabilmente per motivi prevalentemente politici, considerato che nei fatti egli rimaneva un punto di riferimento per ciò che concerneva le politiche agrarie.
Il Ministero, comunque consapevole della situazione che si era determinata, e dello stato nel quale versavano agricoltura ed agricoltori, fece fronte ad ambedue le condizioni con una serie di decreti. Di questi fanno parte i noti “decreti Gullo” (concessione ai contadini delle terre incolte), che riguardarono l’Italia intera; un altro decreto (PL nr 123 del 19 febbraio 1946), anch’esso a firma Gullo, concesse all’ECLS un ulteriore apporto finanziario da parte dello Stato.
In questa fase la funzione dell’Ente si limitò al tentativo di ultimare i borghi iniziati, mentre la realizzazione di quelli ancora allo stato di progetto (essenzialmente, borgo Bonanno ed il borgo di Quattro Finaite Giardo) non venne nemmeno intrapresa. Anche le iniziative relative alle progettazioni postbelliche non ebbero seguito (Borgo Africa).
Nel 1946, con l’approvazione del Regio Decreto Legislativo del 15 maggio, n. 455, le politiche agrarie passarono sotto il controllo dell’assessorato regionale, seguendo il disposto dell’art. 14 dello statuto della Regione Siciliana. Venne allora pianificata una riforma agraria dalla Sicilia, e per la Sicilia, che si concretizzò nella legge regionale nr 104 del 27 dicembre 1950.
L’articolo 2 della legge 104 riguardava proprio l’ECLS, decretandone la morte e facendo nascere dalle sue ceneri l’ERAS, così come dall’Istituto VEIII per la Bonifica della Sicilia era nato l’ECLS. Con la legge 104 l’ERAS, però, non era più un ente statale, alle dipendenze del ministero, ma diveniva un ente regionale, dipendente dall’assessorato.
Apparentemente questo consentì all’Ente di proseguire nell’opera intrapresa, ma il cambiamento operato fu evidente. Fu evidente nei criteri adottati per espropri, suddivisioni, assegnazioni, così come lo fu per quel che riguarda i borghi.
Chi vive in Sicilia, e soprattutto chi ci ha vissuto negli ultimi decenni del ventesimo secolo, sa bene cosa l’espressione “ente regionale” voglia significare. E sa bene quali siano stati, e siano tuttora, i criteri adottati dai governi regionali per la gestione di progetti e di denaro pubblico.
Lo storico Francesco Renda afferma che “La legge di colonizzazione del latifondo siciliano, utilizzata dalla propaganda fascista come risolutiva del problema agrario isolano, certamente fu tutto meno che un provvedimento riformatore, almeno nel senso come lo intendiamo adesso. La terra restava in mano di chi la possedeva, e solo gli si faceva obbligo di introdurvi l'appoderamento, cioé l'insediamento stabile di alcuni gruppi di famiglie contadine.”.
Questa affermazione può essere condivisibile, ma a mio parere, Lettore, è resa tale dalla presenza della frase “almeno nel senso come lo intendiamo adesso”. Infatti, nel contesto dell’epoca, espropriare improvvisamente migliaia di ettari a coloro che ne detenevano un millenario possesso sarebbe stato un atto rivoluzionario più che riformatore.
La riforma agraria introdotta con la legge 104 faceva seguito, e riferimento, alle leggi del 1933 e del 1940, ed è per questo che ha potuto avere delle implicazioni più incisive. Di fatto, i tanto osannati decreti Gullo e Segni sono assimilabili alle leggi di riforma del 1940, non a quelle del 1950; l’affermazione dello storico, pertanto suona più come una presa di posizione di tipo politico che come un’obiettiva valutazione dei fatti.
Oltretutto, vi sono delle evidenze indirette riguardo al fatto che il governo fascista intendesse rivedere alcuni concetti relativi alle politiche agrarie siciliane, intenzione che si manifestava anche con una revisione dei ruoli che i borghi avrebbero avuto in queste. Una di esse è la già citata dichiarazione di Mazzocchi Alemanni nella quale sottolineava come la realizzazioni di borghi destinati unicamente ai servizi fosse stato un errore. Un'altra, e più forte, evidenza è costituita dalla legge 890 dell'8 giugno del 1942, con la quale lo Stato trasferiva gratuitamente in proprietà ai comuni "edifici ed impianti destinati a servizi di competenza comunale" con il "vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità". Questa norma sembra andare al di là di intenti "neofederalisti", nel senso che non sembra fosse intenzione dello Stato lasciare semplicemente agli Enti Locali la gestione dei servizi nei borghi; se così fosse stato, il vincolo riguardo alla destinazione d'uso sarebbe stato più stretto, e legato alla destinazione d'uso originaria (cioè, gli edifici scolastici si sarebbero dovuti usare per l'istruzione, gli ambulatori a fini sanitari, e così via). Invece, la legge parla genericamente di "uso di pubblica utilità", qualunque esso fosse; i comuni avrebbero cioè potuto sovvertire la struttura dei servizi del borgo, segno inequivocabile del fatto che esso non avrebbe più dovuto necessariamente servire all'uso per il quale era stato pensato.
Inoltre, in conformità all'articolo 1, il provvedimento di legge avrebbe riguardato soltanto le opere di competenza statale ubicate nei borghi già costruiti dall'ECLS ("Gli edifici ed impianti destinati a servizi di competenza comunale, costruiti a spese dello Stato nei centri rurali sorti nelle zone del latifondo siciliano, colonizzate in attuazione della legge 2 gennaio 1940-XVIII, n. 1, saranno trasferiti gratuitamente in proprietà ai Comuni col vincolo della destinazione perpetua ad uso di pubblica utilità."). Sembrerebbe arbitraria l'estensione del concetto agli edifici costruiti successivamente ed in attuazione di una legge diversa; ma soprattutto sembrerebbe insensato realizzare delle opere già sapendo che esse verranno cedute, forse senza aver mai svolto la funzione per la quale sarebbero state progettate.
D’altra parte, i contenuti della legge 104 del 1950 davvero configurerebbero una riforma “almeno nel senso come lo intendiamo adesso” , nel senso più stretto e più negativo del termine. Se infatti formalmente la legge avrebbe lasciato ai proprietari solo un’estensione di terreno dai 150 ai 300 ettari, di fatto eccezioni e deroghe erano tali e tante da consentire non solo l’aggiramento della regola, ma soprattutto la possibilità di cessione di terreni poco fruttiferi, scarsamente coltivabili ed in alcuni casi inutilizzabili a fini agricoli. E questo si sarebbe rivelato particolarmente vero per una delle zone servite da borgo Schisina, il quale per tale motivo sarà solo menzionato qui, ma oggetto di un post successivo. E vi sono altre zone dell’isola in cui ciò accadde, ad esempio in tutta la zona a NordOvest di Borgo Bassi, dove vennero realizzati diversi borghi tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta.
Per avere un’idea del risultato prodotto dalla riforma, basta paragonare le aree interessate dalla riforma agraria con le zone di appoderamento individuate dall’ECLS relative agli stessi borghi.
Vero è che gli assegnatari dei terreni, contrariamente a quanto previsto dalle leggi degli anni ‘40 sarebbero divenuti proprietari; ma i poderi avrebbero comunque dovuto venire pagati. La qual cosa presentava delle difficoltà, in considerazione della ridotta estensione dei terreni assegnati, che non poteva comunque essere superiore a sei ettari, ed in caso di colture di pregio poteva essere inferiore a tre ettari. In un periodo in cui la meccanizzazione cominciava a consentire la possibilità di coltivare aree sempre più vaste con il medesimo sforzo, una riduzione delle estensioni significava ridurre la produttività ed incrementare l’incidenza dei costi fissi; come avrebbero mai potuto gli agricoltori divenire competitivi sui mercati? La riforma agraria pertanto segnò la fine dell’agricoltura in Sicilia, favorì l’emigrazione, ma soprattutto favorì, legalmente, la cessione dei terreni acquisiti a coloro che avrebbero di fatto ricostruito il latifondo, con l’articolo 3 della legge nr 33 del 6 dicembre del 1968.
In questo senso, sicuramente la riforma fu “almeno nel senso come lo intendiamo adesso”.
E sempre nel senso come lo intendiamo adesso agirono gli enti regionali, formalmente continuando l’opera dell’ECLS, ma sostanzialmente adeguandosi all’andazzo generale, che prevedeva, e prevede tuttora, per tutto ciò che interessa tutti i settori a gestione pubblica, una serie di spese inutili ed afinalistiche, e pertanto improduttive. Nel caso dell’ERAS vi furono comprese quelle per la costruzione di borghi e soprattutto per la progettazione di quelli mai realizzati.
Il D.A. nr 295 del 1 aprile 1953 ridefiniva le caratteristiche della tipologia dei borghi “A”, “B” e “C”, ampliandole notevolmente e stabilendone la tipologia “in relazione con la presumibile densità demografica dei singoli settori della colonizzazione”. Sebbene sulla mappa di pianificazione dei borghi al 1 gennaio 1956 compaiano ancora i raggi di influenza dei singoli centri, l’attributo “presumibile” mostra come tale pianificazione fosse approssimativa. In generale la politica fallimentare perseguita si risolveva solo in una lievitazione di costi, e condusse in breve tempo l’Ente ad un deficit di bilancio che ne avrebbe richiesto il commissariamento; commissariamento che, sempre in linea con la politica descritta, avrebbe avuto come unico risultato quello di accelerare l’incremento del deficit.
La condizione viene efficacemente riassunta al punto 3) delle conclusioni della relazione della Corte dei Conti relativa all’esercizio ERAS 1960-1961:
“I borghi interi abbandonati o non mai abitati, le case per abitazione adibite a ricovero stagionale stanno a testimoniare che – non ostante gli ingenti mezzi finanziari impiegati – i fini della riforma agraria in Sicilia, almeno in parte, non sono stati raggiunti”
Nella pianificazione del defunto ECLS, oltre ai borghi menzionati nel post “I fantasmi dell’ECLS” pare fossero compresi anche due altri borghi : uno in contrada Manganaro, nei pressi di Vicari, ed il già citato Borgo Schisina.
In questo senso, sicuramente la riforma fu “almeno nel senso come lo intendiamo adesso”.
E sempre nel senso come lo intendiamo adesso agirono gli enti regionali, formalmente continuando l’opera dell’ECLS, ma sostanzialmente adeguandosi all’andazzo generale, che prevedeva, e prevede tuttora, per tutto ciò che interessa tutti i settori a gestione pubblica, una serie di spese inutili ed afinalistiche, e pertanto improduttive. Nel caso dell’ERAS vi furono comprese quelle per la costruzione di borghi e soprattutto per la progettazione di quelli mai realizzati.
Il D.A. nr 295 del 1 aprile 1953 ridefiniva le caratteristiche della tipologia dei borghi “A”, “B” e “C”, ampliandole notevolmente e stabilendone la tipologia “in relazione con la presumibile densità demografica dei singoli settori della colonizzazione”. Sebbene sulla mappa di pianificazione dei borghi al 1 gennaio 1956 compaiano ancora i raggi di influenza dei singoli centri, l’attributo “presumibile” mostra come tale pianificazione fosse approssimativa. In generale la politica fallimentare perseguita si risolveva solo in una lievitazione di costi, e condusse in breve tempo l’Ente ad un deficit di bilancio che ne avrebbe richiesto il commissariamento; commissariamento che, sempre in linea con la politica descritta, avrebbe avuto come unico risultato quello di accelerare l’incremento del deficit.
La condizione viene efficacemente riassunta al punto 3) delle conclusioni della relazione della Corte dei Conti relativa all’esercizio ERAS 1960-1961:
“I borghi interi abbandonati o non mai abitati, le case per abitazione adibite a ricovero stagionale stanno a testimoniare che – non ostante gli ingenti mezzi finanziari impiegati – i fini della riforma agraria in Sicilia, almeno in parte, non sono stati raggiunti”
Nella pianificazione del defunto ECLS, oltre ai borghi menzionati nel post “I fantasmi dell’ECLS” pare fossero compresi anche due altri borghi : uno in contrada Manganaro, nei pressi di Vicari, ed il già citato Borgo Schisina.
Parte di queste ultime volontà furono raccolte dal neonato ERAS , progettando e realizzando gli ultimi due borghi di tipo “A” della storia dei borghi di Sicilia, con l'eccezione di Borgo La Loggia. In effetti, più tardi l’ERAS pianificherà e progetterà altri borghi di tipo “A” oltre Borgo La Loggia; ma nessuno di essi verrà mai realizzato. L’unico altro borgo “A” costruito in epoca post-bellica, e cioè Libertinia, si avvarrà di strutture già esistenti e risalenti a più di venti anni prima.
Il primo dei due ad essere realizzato fu Borgo Manganaro, che, come già sottolineato, è l’unico di cui si parlerà qui; Borgo Schisina, realizzato più tardi, verrà brevemente descritto in un post successivo per i motivi precedentemente accennati.
Il primo dei due ad essere realizzato fu Borgo Manganaro, che, come già sottolineato, è l’unico di cui si parlerà qui; Borgo Schisina, realizzato più tardi, verrà brevemente descritto in un post successivo per i motivi precedentemente accennati.
Borgo Manganaro
Sia Antonio Pennacchi nel suo “Viaggio tra le città del Duce”, sia Joshua Samuels nel sito non più esistente della Stanford (per non parlare di Wikipedia, che fondamentalmente scopiazza da Antonio Pennacchi) classificano Borgo Manganaro tra i borghi ECLS dell’ultimo periodo.
Pennacchi data Borgo Manganaro tra il 1941 ed il 1943, mentre Samuels è un po’ più elastico nella datazione (“All of the borghi on the map above appear in archival documents from before 1942, even though they were not completed until between 1943 and 1948, well after Fascism’s fall.”).
Un’altra manifestazione dell’Errore, dunque? Si, certo, ma nel caso di Borgo Manganaro l’Errore è più comprensibile. Borgo Manganaro infatti, non solo era già compreso nei piani dell’ECLS (“appear in archival documents from before 1942”)
Pennacchi data Borgo Manganaro tra il 1941 ed il 1943, mentre Samuels è un po’ più elastico nella datazione (“All of the borghi on the map above appear in archival documents from before 1942, even though they were not completed until between 1943 and 1948, well after Fascism’s fall.”).
Un’altra manifestazione dell’Errore, dunque? Si, certo, ma nel caso di Borgo Manganaro l’Errore è più comprensibile. Borgo Manganaro infatti, non solo era già compreso nei piani dell’ECLS (“appear in archival documents from before 1942”)
ma fu progettato dall’ERAS rispettando le ultime volontà dell’ECLS anche nello “spirito”, traendo notevoli spunti dai primordi dell’attività ECLS (l’Istituto VEIII per la bonifica ella Sicilia) così come dal periodo finale (Borgo Africa).
Ed anche la realizzazione fu condotta, almeno inizialmente allo stesso modo; tanto che la sua costruzione venne immortalata, insieme al completamento della chiesa di Borgo Callea e ad alcune scene di vita quotidiana a Borgo Schirò, in un cortometraggio realizzato dalla presidenza del consiglio dei ministri, “Panorami di Sicilia”, per la regia di Vittorio Solito.
Nella pubblicazione “PER IMMAGINI” il cortometraggio è brevemente descritto con la frase “I borghi rurali realizzati in Sicilia dalla Cassa per il Mezzogiorno”. Eppure, Lettore, non ho notizie di finanziamenti ricevuti dalla Cassa per il Mezzogiorno per la costruzione di Borgo Manganaro. Così come non vi potrebbero mai essere per Borgo Schirò, costruito prima che la Cassa per il Mezzogiorno venisse fondata. Solo il completamento di Borgo Callea ha usufruito di tali fondi. Se la datazione di Pennacchi e Samuels è affetta dall’Errore, qui si assisterebbe invece ad una sorta di inversione dell’Errore.
Ma nel documentario di Solito l’inversione dell’Errore è conseguente all’inversione dell’intera sequenza temporale relativa alla realizzazione dei borghi. Il significato di tale inversione è chiaro; viene trasmesso un messaggio tanto palese quanto elementare.
I primi minuti del documentario riguardano Palermo; le inquadrature passano dalla vita cittadina (vengono inquadrati il porto, alcuni giardini, ed in seguito strade ed auto) agli edifici simbolici come il teatro Massimo e poi la Cattedrale. Quest’ultima è usata per introdurre l’aspetto religioso, usato come trait d’union tra città e campagna; viene prima inquadrato l’interno di un chiostro con un frate in preghiera, e subito dopo un altro frate che, a dorso di mulo, percorre una strada dell’interno (è la SS121), fermandosi ad osservare i lavori della costruzione di un borgo.
Questo è appunto Borgo Manganaro, nel cui cantiere lavorano maestranze che, abbigliate in modo improbabile, eseguono movimenti ripetitivi; verosimilmente comparse, almeno per la maggior parte, attori il cui ruolo è quello di sottolineare l’aspetto totalmente manuale del lavoro. Nessun tipo di macchina compare infatti nelle scene; l’unico mezzo di trasporto è un tipico carretto a trazione animale, ed il materiale di costruzione viene trasportato in cima alle impalcature rigorosamente a spalla, da operai che camminano su piani inclinati.
Tale aspetto è invece diverso nelle inquadrature successive, quelle relative a Borgo Callea; dopo una panoramica con dissolvenza, che dal vallone Manganaro si continua nella valle del Tumarrano, viene ripreso il completamento della chiesa, i cui lavori si avvalgono di verricelli meccanici, betoniere a motore e camion. Ad osservare non vi è più il frate, ma alcuni bambini che sembrano attendere il completamento della scuola. Ed un’ulteriore panoramica finisce per inquadrare Cozzo di Monnello. Borgo Schirò è lì, già realizzato ed in piena attività; niente più operai quindi, ma giovani donne con abitini rossi, automobili nella piazza del borgo, bambini che escono dalla scuola e l’ingresso in chiesa per un battesimo.
Il simbolismo è chiaro: il mondo rurale ha seguito un percorso che dalla retrograda condizione in cui versavano le campagne, ha condotto ad una forma di benessere simile a quello cittadino, in cui i rurali godono degli stessi servizi presenti in città, e sono coinvolti in ugual misura dal progresso; ed il merito di ciò va attribuito alla vigente forma di governo. Per ottenere questo effetto si è invertita la sequenza temporale per cui la costruzione del borgo ERAS (Manganaro), presentata come lavoro esclusivamente manuale
Ed anche la realizzazione fu condotta, almeno inizialmente allo stesso modo; tanto che la sua costruzione venne immortalata, insieme al completamento della chiesa di Borgo Callea e ad alcune scene di vita quotidiana a Borgo Schirò, in un cortometraggio realizzato dalla presidenza del consiglio dei ministri, “Panorami di Sicilia”, per la regia di Vittorio Solito.
Nella pubblicazione “PER IMMAGINI” il cortometraggio è brevemente descritto con la frase “I borghi rurali realizzati in Sicilia dalla Cassa per il Mezzogiorno”. Eppure, Lettore, non ho notizie di finanziamenti ricevuti dalla Cassa per il Mezzogiorno per la costruzione di Borgo Manganaro. Così come non vi potrebbero mai essere per Borgo Schirò, costruito prima che la Cassa per il Mezzogiorno venisse fondata. Solo il completamento di Borgo Callea ha usufruito di tali fondi. Se la datazione di Pennacchi e Samuels è affetta dall’Errore, qui si assisterebbe invece ad una sorta di inversione dell’Errore.
Ma nel documentario di Solito l’inversione dell’Errore è conseguente all’inversione dell’intera sequenza temporale relativa alla realizzazione dei borghi. Il significato di tale inversione è chiaro; viene trasmesso un messaggio tanto palese quanto elementare.
I primi minuti del documentario riguardano Palermo; le inquadrature passano dalla vita cittadina (vengono inquadrati il porto, alcuni giardini, ed in seguito strade ed auto) agli edifici simbolici come il teatro Massimo e poi la Cattedrale. Quest’ultima è usata per introdurre l’aspetto religioso, usato come trait d’union tra città e campagna; viene prima inquadrato l’interno di un chiostro con un frate in preghiera, e subito dopo un altro frate che, a dorso di mulo, percorre una strada dell’interno (è la SS121), fermandosi ad osservare i lavori della costruzione di un borgo.
Questo è appunto Borgo Manganaro, nel cui cantiere lavorano maestranze che, abbigliate in modo improbabile, eseguono movimenti ripetitivi; verosimilmente comparse, almeno per la maggior parte, attori il cui ruolo è quello di sottolineare l’aspetto totalmente manuale del lavoro. Nessun tipo di macchina compare infatti nelle scene; l’unico mezzo di trasporto è un tipico carretto a trazione animale, ed il materiale di costruzione viene trasportato in cima alle impalcature rigorosamente a spalla, da operai che camminano su piani inclinati.
Tale aspetto è invece diverso nelle inquadrature successive, quelle relative a Borgo Callea; dopo una panoramica con dissolvenza, che dal vallone Manganaro si continua nella valle del Tumarrano, viene ripreso il completamento della chiesa, i cui lavori si avvalgono di verricelli meccanici, betoniere a motore e camion. Ad osservare non vi è più il frate, ma alcuni bambini che sembrano attendere il completamento della scuola. Ed un’ulteriore panoramica finisce per inquadrare Cozzo di Monnello. Borgo Schirò è lì, già realizzato ed in piena attività; niente più operai quindi, ma giovani donne con abitini rossi, automobili nella piazza del borgo, bambini che escono dalla scuola e l’ingresso in chiesa per un battesimo.
Il simbolismo è chiaro: il mondo rurale ha seguito un percorso che dalla retrograda condizione in cui versavano le campagne, ha condotto ad una forma di benessere simile a quello cittadino, in cui i rurali godono degli stessi servizi presenti in città, e sono coinvolti in ugual misura dal progresso; ed il merito di ciò va attribuito alla vigente forma di governo. Per ottenere questo effetto si è invertita la sequenza temporale per cui la costruzione del borgo ERAS (Manganaro), presentata come lavoro esclusivamente manuale
raffigura gli inizi, mentre, ironia della sorte, è proprio il primo dei borghi ECLS a simboleggiare il punto di arrivo.
Quando utilizziamo il termine “regime” per indicare una forma di governo, lo usiamo in senso spregiativo, riferendoci più spesso ai “regimi dittatoriali”, che in Italia si identificano con il fascismo. Ma in realtà “regime” significa “forma di governo”, ed in senso lato “insieme di regole”. Ogni forma di governo è quindi caratterizzato da un proprio regime, ed ogni regime, non solo quello fascista, si avvale della propaganda; e mai come adesso tale affermazione risulta aderente alla realtà, con un presidente del consiglio che riveste la carica di segretario di un partito che esibisce l’aggettivo “democratico” all’interno della propria denominazione, ma subordina ogni azione di governo a finalità propagandistiche.
Il regime nel quale si muoveva l’ERAS non fa eccezione; il documentario di Solito è un filmato di propaganda, propaganda da repubblica post-fascista, nel quale l’inversione temporale è utilizzata come strumento.
D’altra parte, Borgo Manganaro era perfetto per il ruolo che gli è stato assegnato nel cortometraggio. Perché Borgo Manganaro sembra a tutti gli effetti un borgo ECLS; ma non solo perché esprime le ultime volontà dell’Ente.
Borgo Manganaro è uguale nell’impianto, nella struttura, nello stile e nella funzione, con sole tre differenze: una formale, una stilistica ed una realizzativa. Se le firme apposte su richiesta e progetto fossero state, rispettivamente, di Mazzocchi Alemanni e di un architetto, se fosse stato previsto un balcone arengario e se la costruzione fosse stata appaltata alla SAI Ferrobeton, le differenze sarebbero state nulle.
Invece, il direttore dell’ERAS, anzi il commissario straordinario, che firmò le richieste era Rosario Corona. Ed il progetto è redatto dai Servizi di Ingegneria dell’Ente e firmato dal capo del Settore Ingegneristico, l’ing. Martorana.
Il regime nel quale si muoveva l’ERAS non fa eccezione; il documentario di Solito è un filmato di propaganda, propaganda da repubblica post-fascista, nel quale l’inversione temporale è utilizzata come strumento.
D’altra parte, Borgo Manganaro era perfetto per il ruolo che gli è stato assegnato nel cortometraggio. Perché Borgo Manganaro sembra a tutti gli effetti un borgo ECLS; ma non solo perché esprime le ultime volontà dell’Ente.
Borgo Manganaro è uguale nell’impianto, nella struttura, nello stile e nella funzione, con sole tre differenze: una formale, una stilistica ed una realizzativa. Se le firme apposte su richiesta e progetto fossero state, rispettivamente, di Mazzocchi Alemanni e di un architetto, se fosse stato previsto un balcone arengario e se la costruzione fosse stata appaltata alla SAI Ferrobeton, le differenze sarebbero state nulle.
Invece, il direttore dell’ERAS, anzi il commissario straordinario, che firmò le richieste era Rosario Corona. Ed il progetto è redatto dai Servizi di Ingegneria dell’Ente e firmato dal capo del Settore Ingegneristico, l’ing. Martorana.
L’impianto del borgo non è incentrato sulla piazza con assi sfalsati, soluzione più frequente tra i borghi ECLS; è per certi versi più simile a quello di Borgo Guttadauro, con l’accesso principale alla piazza unicamente pedonale, costituito da una scalinata, ed una carrabile ortogonale a questo; soluzione, quest’ultima, adottata anche a Borgo Fazio. Una terza strada consente invece l’accesso al belvedere, all’estremità Sud del piazzale del borgo
La scalinata
e l’accesso al belvedere si dipartono dalla SS121 così come la carrabile, prima della quale si trovano l’abbeveratoio e la cabina di trasformazione
L’abbeveratoio è la copia di quello che sarebbe stato realizzato a Borgo Africa, di quello che verrà realizzato al Villaggio La Loggia, nonchè di quello presente a Borgo Lupo
analogamente a quest’ultimo, presenta delle maioliche sui lati della struttura ad arco
E l’arco è la struttura che caratterizza marcatamente gli edifici del borgo (o almeno che li caratterizzava) comparendo anche nella cabina di trasformazione
riproponendo quindi un elemento stilistico particolarmente frequente nell’architettonica dei borghi ECLS.
L’abbeveratoio avrebbe contrassegnato il limite Sud dell’imbocco della carrabile, anche se poi venne in realtà realizzato circa 50 metri più a Nord
mentre lungo il bordo Nord la strada è delimitata da un basso muro di controripa, al termine del quale si trovano le botteghe artigiane
Queste sono due originariamente unite da una tettoia, ognuna composta da tre camere, cucina, servizi igienici e bottega
La loro planimetria è chiaramente basata sul progetto delle officine presente nel “Centro rurale di tipo grande” dell’Istituto VEIII per la bonifica della Sicilia, anche se la divisione dei locali appare leggermente diversa
Il piazzale successivo è progettato per ospitare due costruzioni, una adibita a scuderia, lavanderia e forno
l’altra a trattoria e locanda
La prima consta di un piccolo edificio su singola elevazione, tre vani separati con un portico
La seconda presenta locale trattoria ed abitazione del conduttore al piano inferiore, ed una piccola locanda (tre camere da letto) al piano superiore, con il solaio calpestabile del piano inferiore come terrazza
Un piccolo portico ad archi è presente in corrispondenza del lato sinistro del prospetto
Oltre la trattoria, e prima della piazza, si trova la scuola, anch’essa dotata di piccolo portico ad archi
e che si sviluppa interamente su un’elevazione
Comprende l’abitazione dell’insegnante ed un’aula singola
Essa contribuisce a delimitare il lato Nord della piazza
insieme agli uffici dell’Ente
che, posti al vertice NordOvest, sono costituiti da un edificio su due elevazioni più scantinato
Poiché l’edificio si trova sul margine Ovest del terrapieno sul quale insiste il piazzale che ospita il borgo, gli scantinati sono in realtà un seminterrato, essendo costruiti a ridosso del fianco del terrapieno
Essi ospitano un alloggio
così come la seconda elevazione
Gli uffici, invece sono previsti a piano terra,con un portico prospiciente la piazza
Sul lato Ovest di questa si trova la scalinata di accesso
che risale il fianco del terrapieno, mentre al vertice SudOvest, in posizione simmetrica agli uffici dell’ente, si trova la caserma con ufficio postale
Analogamente a quanto previsto per gli uffici dell’ente, seminterrato
e primo piano
sono adibiti ad alloggi, mentre a piano terra si trovano gli uffici
Sul prospetto e sul fianco Est vi è un portico ad archi, ad angolo, in corrispondenza del quale si aprono gli ingressi al pubblico. Il prospetto è quindi prospiciente la piazza
mentre il fianco Est contribuisce a delimitare il breve tronco che consente l’accesso dalla piazza al belvedere. Questo, delimitato da parapetti per 270°
è occupato nella zona Est dall’ambulatorio medico
piccola costruzione su singola elevazione, con due stanze, cucina, servizi, ed il vano destinato alle visite
Il progetto su cui è basato è identico a quello di Borgo Africa
L’accesso al belvedere dalla SS121 separa l’ambulatorio dal retro prospetto della delegazione municipale
il cui prospetto costituisce la quinta SudEst della piazza
Si sviluppa su due elevazioni, con gli uffici al piano inferiore ed un alloggio al piano superiore. Sul prospetto è ripreso il tema dell’arco mentre il retro prospetto è parzialmente decorato da un bugnato, analogo a quello che riveste i muri esterni dei seminterrati della casa dell’Ente e della caserma
Lungo il margine Est della piazza si trova la scalinata che conduce alla chiesa, in posizione elevata rispetto agli altri edifici del borgo e che quindi ripropone una soluzione analoga a quelle adottate a Borgo Rizza, Borgo Gattuso e Borgo Borzellino
Ancora una volta, la chiesa è basata su un progetto analogo a quello della chiesa di Borgo Africa
che ne costituisce l’immagine speculare
l’esistenza di molti elementi comuni non sorprende, considerato che Borgo Africa è stato l’unico borgo progettato dall’ECLS nel periodo post-fascista, nonchè l’ultimo borgo progettato dall’ECLS come tale. Al progetto di Borgo Africa è stata qui aggiunta la canonica, unita all’edificio ecclesiastico da un portico costituito da piattabande
Il tema dell’arco è ripreso sul prospetto dal disegno delle aperture
Il progetto appare singolare, con un’articolazione di più volumi che sottolineano la separazione dell’aula dalle restanti parti dell’edificio
La canonica consta di un piccolo edificio, tre vani su singola elevazione.
Sul lato Ovest della piazza è possibile vedere una statua bronzea che raffigura un contadino nell’atto della semina, posta su un alto piedistallo in muratura
L’opera è del prof. Nino Geraci; il suo costo ammontò a £ 1 633 332
una bella differenza con le cifre liquidate agli artisti che decorarono i borghi ECLS.
Gli edifici sono realizzati in un’anacronistica muratura portante, con solai in laterocemento; sebbene le coperture dei tetti prevedessero lastre di ardesia, anche nella tecnica costruttiva Borgo Manganaro rispecchia un classico borgo ECLS. Tutti gli edifici esibiscono una zoccolatura in pietra che si continua in un bugnato nei seminterrati della caserma
Gli edifici sono realizzati in un’anacronistica muratura portante, con solai in laterocemento; sebbene le coperture dei tetti prevedessero lastre di ardesia, anche nella tecnica costruttiva Borgo Manganaro rispecchia un classico borgo ECLS. Tutti gli edifici esibiscono una zoccolatura in pietra che si continua in un bugnato nei seminterrati della caserma
e della casa dell’Ente, seguendo uno stile analogo a quello di Borgo Borzellino, e nel retroprospetto del municipio; un bugnato analogo riveste il basamento della statua bronzea del seminatore
Il serbatoio di Borgo Manganaro si trova sull’altura a NordEst del sito
con una piezometrica di circa quattro atmosfere. Il locale di manovra è aperta ed accessibile
non so se esso sia ancora in funzione. L’aspetto esterno è simile a quello del serbatoio di Borgo Callea.
La costruzione di Borgo Manganaro venne appaltata alla S.I.R (Società Immobiliare Romana) che, dopo due gare andate deserte ed il successivo aggiornamento dei prezzi, fu l’unica a partecipare alla terza, ottenendo l’appalto con un ribasso dell’ 1,67% sulla cifra totale di £ 102 470 000.
Il relativo decreto di concessione dell’Assessorato AA FF reca la data del 12 dicembre 1952, per un totale di £ 147 253 241,12.
Il contratto con la S.I.R. fu firmato il 18 novembre del 1952; la consegna dei lavori avvenne il 6 febbraio del 1953. La direzione dei lavori fu assunta dall’ERAS ed affidata all’ing. Di Pisa.
L’andamento dei lavori fu funestato da una serie di episodi spiacevoli che crearono una sorta di antagonismo tra il direttore dei lavori e la S.I.R. da un lato, ed il capo dell’Ufficio Gestione Lavori e l’Ente dall’altro. Tali episodi, oltre a provocare scontri “epistolari”tra le parti, anche con toni accesi, esitarono in un ritardo nella consegna dei lavori, ma soprattutto nella corresponsione di somme, in pratica, non dovute, per il recupero delle quali l’Assessorato si rivalse sull’Ente.
I lavori vennero ultimati il 4 dicembre del 1954, e collaudati dopo più di tre anni (15 marzo del 1958), per una cifra inferiore a quella appaltata; ciò in ragione delle irregolarità commesse. La posa della statua in bronzo di Geraci avvenne verosimilmente circa due mesi più tardi.
Questa immagine del borgo appena ultimato, con la statua già sul piedistallo, mi è stata gentilmente fornita da Dario Di Bella
Il relativo decreto di concessione dell’Assessorato AA FF reca la data del 12 dicembre 1952, per un totale di £ 147 253 241,12.
Il contratto con la S.I.R. fu firmato il 18 novembre del 1952; la consegna dei lavori avvenne il 6 febbraio del 1953. La direzione dei lavori fu assunta dall’ERAS ed affidata all’ing. Di Pisa.
L’andamento dei lavori fu funestato da una serie di episodi spiacevoli che crearono una sorta di antagonismo tra il direttore dei lavori e la S.I.R. da un lato, ed il capo dell’Ufficio Gestione Lavori e l’Ente dall’altro. Tali episodi, oltre a provocare scontri “epistolari”tra le parti, anche con toni accesi, esitarono in un ritardo nella consegna dei lavori, ma soprattutto nella corresponsione di somme, in pratica, non dovute, per il recupero delle quali l’Assessorato si rivalse sull’Ente.
I lavori vennero ultimati il 4 dicembre del 1954, e collaudati dopo più di tre anni (15 marzo del 1958), per una cifra inferiore a quella appaltata; ciò in ragione delle irregolarità commesse. La posa della statua in bronzo di Geraci avvenne verosimilmente circa due mesi più tardi.
Questa immagine del borgo appena ultimato, con la statua già sul piedistallo, mi è stata gentilmente fornita da Dario Di Bella
La stazione di monta
venne realizzata nell’ambito di un ampliamento del borgo
Il progetto venne redatto subito prima dell’ultimazione dei lavori. E’ possibile che esso si sia reso necessario per adeguare Borgo Manganaro alle caratteristiche stabilite dal D.A. nr 295 del 1 aprile 1953
Sebbene Borgo Manganaro per progettazione e realizzazione manifesti ancora l’impostazione dell’ECLS, la storia del suo utilizzo riflette già le concezioni repubblicane; sfugge infatti il senso della presenza di un borgo di tipo “A” in quella posizione, vista la ridotta estensione delle aree interessate dalla R.A.
In pratica, erano solo quattro le aree di R.A. comprese all’interno del raggio di influenza, di cui tre nelle immediate adiacenze di Roccapalumba (molto più vicino di quanto non sarebbe risultato Borgo Manganaro), ed una quarta a tre chilometri e mezzo da Vicari.
Così, nonostante sia stato completato ed ampliato, non vi è mai stata la necessità di svolgere la funzione per la quale sarebbe stato concepito; conseguentemente, una distorsione della funzione del borgo ha cominciato a manifestarsi già precocemente.
Già nel luglio del 1955 infatti, prima ancora che fosse stilato il certificato di collaudo, parte degli edifici venivano concessi, per il periodo estivo, alla Colonia Arcivescovile di Assistenza, non svolgendo quindi la funzione alla quale sarebbero stati destinati. E negli anni successivi, furono diverse le richieste che vennero avanzate.
Nel 1961 però, dopo tre anni dal collaudo, venne redatta una perizia di manutenzione; ancora, tre anni più tardi, la relativa relazione sottolineava la necessità dei lavori definendoli “strettamente indispensabili per rendere funzionanti i fabbricati del Borgo”, testimonianza del fatto che funzionanti non lo erano stati mai. Nell’ambito dei lavori di manutenzione avrebbero dovuto venire realizzati fonte battesimale
Così, nonostante sia stato completato ed ampliato, non vi è mai stata la necessità di svolgere la funzione per la quale sarebbe stato concepito; conseguentemente, una distorsione della funzione del borgo ha cominciato a manifestarsi già precocemente.
Già nel luglio del 1955 infatti, prima ancora che fosse stilato il certificato di collaudo, parte degli edifici venivano concessi, per il periodo estivo, alla Colonia Arcivescovile di Assistenza, non svolgendo quindi la funzione alla quale sarebbero stati destinati. E negli anni successivi, furono diverse le richieste che vennero avanzate.
Nel 1961 però, dopo tre anni dal collaudo, venne redatta una perizia di manutenzione; ancora, tre anni più tardi, la relativa relazione sottolineava la necessità dei lavori definendoli “strettamente indispensabili per rendere funzionanti i fabbricati del Borgo”, testimonianza del fatto che funzionanti non lo erano stati mai. Nell’ambito dei lavori di manutenzione avrebbero dovuto venire realizzati fonte battesimale
ed altare della chiesa
segno che quest’ultima era ancora incompleta.
Nel 1962 l’ex proprietario del terreno sul quale era stata realizzata la stazione di monta, chiese ed ottenne in uso le stalle dell’edificio, che nella sua richiesta vengono descritte come “chiuse e non utilizzate”.
Cinque anni più tardi, i fabbricati risultavano tutti occupati con eccezione del piano terra della caserma, ma solo per due di essi l’uso corrispondeva alla relativa destinazione: il primo piano della caserma, occupato dai carabinieri, e la trattoria e rivendita. Delle case artigiane una ospitava il custode del borgo, l’altra era sede di un esercizio commerciale. I rimanenti edifici erano utilizzati come colonia estiva dell’ERAS.
E’ verosimile che nello stesso anno il conduttore della trattoria abbia lasciato l’esercizio, considerato che la concessione dei locali viene richiesta sempre nel 1967 per usarli come trattoria, e due anni più tardi per impiantarvi una ditta produttrice di bevande gassate.
In quegli anni, altre richieste di concessione furono avanzate all’ERAS, sia relative ai locali sia relative ai terreni circostanti. Ma la richiesta forse più “ardita” venne avanzata nel 1976, quando il borgo era già stato ceduto al comune di Vicari. Il borgo infatti, ai sensi dell’art. 1 della legge 890 del 1942, venne consegnato al comune di Vicari il 27 gennaio del 1971 con il vincolo della destinazione ad usi di pubblica utilità; già risulta poco chiaro il senso della realizzazione del borgo: perché costruirlo se si sa che verrà ceduto?
Quattro mesi più tardi, il Comune di Vicari cedeva i locali della stazione di monta e parte dei terreni circostanti alla ditta Ferrara per impiantarvi un pastificio (“Pasta Ferrara”), e quest’ultima si impegnava ad utilizzare prevalentemente mano d’opera locale. La ditta Ferrara, però, nel 1976 avanzava la richiesta di abolire il vincolo della destinazione d’uso a pubblica utilità degli edifici del borgo per procedere ad un ampliamento dell’impianto.
Il Comune di Vicari, probabilmente nel tentativo di venire sollevato dalla responsabilità di una decisione, pensava bene di chiedere all’Ente (nel frattempo divenuto E.S.A.) un nulla osta per l’aggiramento del vincolo, richiesta alla quale l’E.S.A., abbastanza ovviamente, rispondeva semplicemente di non detenere alcun diritto sul borgo.
Non so bene, Lettore, quali siano stati i passi successivi intrapresi dalla ditta e dal comune di Vicari; sta di fatto che il pastificio è lì, ed è anche chiuso da tempo. Credo, ma non ne sono affatto certo, che in tempi recenti sia stato utilizzato dalla “CENTRO SUPERMERCATI SICILIA OCCIDENTALE S.P.A.”.
Gli interventi subiti da Borgo Manganaro ne hanno notevolmente alterato l’architettonica originaria, analogamente a quanto accaduto per diversi borghi ECLS (soprattutto Gattuso e Fazio, ma anche Bonsignore e, recentemente, Callea). L’aspetto di molti edifici ne è risultato totalmente sovvertito, ed alcune strutture sono scomparse.
La tettoia tra le botteghe artigiane è stata trasformata in locale chiuso, ed un’operazione analoga è stata svolta sulla maggior parte dei porticati ad archi. Sono così praticamente scomparsi i portici che originariamente facevano parte della trattoria, della scuola
Nel 1962 l’ex proprietario del terreno sul quale era stata realizzata la stazione di monta, chiese ed ottenne in uso le stalle dell’edificio, che nella sua richiesta vengono descritte come “chiuse e non utilizzate”.
Cinque anni più tardi, i fabbricati risultavano tutti occupati con eccezione del piano terra della caserma, ma solo per due di essi l’uso corrispondeva alla relativa destinazione: il primo piano della caserma, occupato dai carabinieri, e la trattoria e rivendita. Delle case artigiane una ospitava il custode del borgo, l’altra era sede di un esercizio commerciale. I rimanenti edifici erano utilizzati come colonia estiva dell’ERAS.
E’ verosimile che nello stesso anno il conduttore della trattoria abbia lasciato l’esercizio, considerato che la concessione dei locali viene richiesta sempre nel 1967 per usarli come trattoria, e due anni più tardi per impiantarvi una ditta produttrice di bevande gassate.
In quegli anni, altre richieste di concessione furono avanzate all’ERAS, sia relative ai locali sia relative ai terreni circostanti. Ma la richiesta forse più “ardita” venne avanzata nel 1976, quando il borgo era già stato ceduto al comune di Vicari. Il borgo infatti, ai sensi dell’art. 1 della legge 890 del 1942, venne consegnato al comune di Vicari il 27 gennaio del 1971 con il vincolo della destinazione ad usi di pubblica utilità; già risulta poco chiaro il senso della realizzazione del borgo: perché costruirlo se si sa che verrà ceduto?
Quattro mesi più tardi, il Comune di Vicari cedeva i locali della stazione di monta e parte dei terreni circostanti alla ditta Ferrara per impiantarvi un pastificio (“Pasta Ferrara”), e quest’ultima si impegnava ad utilizzare prevalentemente mano d’opera locale. La ditta Ferrara, però, nel 1976 avanzava la richiesta di abolire il vincolo della destinazione d’uso a pubblica utilità degli edifici del borgo per procedere ad un ampliamento dell’impianto.
Il Comune di Vicari, probabilmente nel tentativo di venire sollevato dalla responsabilità di una decisione, pensava bene di chiedere all’Ente (nel frattempo divenuto E.S.A.) un nulla osta per l’aggiramento del vincolo, richiesta alla quale l’E.S.A., abbastanza ovviamente, rispondeva semplicemente di non detenere alcun diritto sul borgo.
Non so bene, Lettore, quali siano stati i passi successivi intrapresi dalla ditta e dal comune di Vicari; sta di fatto che il pastificio è lì, ed è anche chiuso da tempo. Credo, ma non ne sono affatto certo, che in tempi recenti sia stato utilizzato dalla “CENTRO SUPERMERCATI SICILIA OCCIDENTALE S.P.A.”.
Gli interventi subiti da Borgo Manganaro ne hanno notevolmente alterato l’architettonica originaria, analogamente a quanto accaduto per diversi borghi ECLS (soprattutto Gattuso e Fazio, ma anche Bonsignore e, recentemente, Callea). L’aspetto di molti edifici ne è risultato totalmente sovvertito, ed alcune strutture sono scomparse.
La tettoia tra le botteghe artigiane è stata trasformata in locale chiuso, ed un’operazione analoga è stata svolta sulla maggior parte dei porticati ad archi. Sono così praticamente scomparsi i portici che originariamente facevano parte della trattoria, della scuola
e dell’ufficio dell’Ente
Anche la parte Est del portico della caserma è stata chiusa
Alcune arcate, occluse dai setti di tamponamento, sono ancora facilmente riconoscibili
ma quelle della casa dell’Ente si intuiscono appena
La scuderia/forno/lavanderia è totalmente scomparsa, inglobata da strutture murarie più recenti, come si può rilevare dalle fotografie satellitari
Anche la struttura della stazione di monta è stata notevolmente alterata
tanto che si fa fatica a riconoscervi i disegni del progetto esecutivo
Il vincolo della destinazione ad uso pubblico deve comunque essere stato, in qualche modo, superato. Attualmente infatti, parte delle case artigiani, e la trattoria sono sede di esercizi commerciali. La caserma è, dal gennaio 2014, sede locale della Sezione Operativa Assistenza Tecnica del Dipartimento Regionale dell'Agricoltura, anche se in parte è ancora usata come abitazione, così come lo stesso uso hanno Casa dell’Ente, Municipio ed Ambulatorio Medico. La chiesa è utilizzata come canile. La stazione di monta è stata per diversi anni sede dell’IP.OSAS, un’officina meccanica di precisione parte dell’indotto dell’impianto FIAT di Termini Imerese, dichiarata fallita nel 2007.
Questo, unitamente alle marcate modifiche subite dagli edifici, rende difficile riconoscere le ultime volontà dell’ECLS in Borgo Manganaro; sui lati opposti della piazza, solo la chiesa e la statua del seminatore ne ricordano, al visitatore occasionale, le vere origini.
Pagine meravigliose! Sei grande!
RispondiEliminaGrazie del tuo commento! E per aver letto le mie pagine; la loro lettura ed i relativi commenti sono per me la migliore delle gratificazioni
RispondiEliminaHo provato a lasciare un commento o meglio i miei complimenti per avere saputo interpretare con equilibrio la "rivoluzione" in Sicilia determinata dall'ECLS. Non so se sono riuscito e riscrivo. Esprimevo anche il mio rammarico per non averti letto prima del mio articolo su Borgo Caracciolo pubblicato su Bronteinsieme.
RispondiEliminaMario Carastro
Mario Carastro