domenica 21 agosto 2022

Il Mostro di Firenze 4: il paradosso della "pista sarda"



Soudain une lueur se fit dans mon esprit ; ces seuls indices me firent entrevoir la vérité ; j’avais découvert la loi du chiffre

Axel Lidenbrock




L'ultimo post, quello sul delitto di Rabatta, si chiudeva con un riferimento al 1981, e conseguentemente agli accadimenti relativi alla vicenda "Mostro di Firenze" di quell'anno, completo di link al presente post.

Probabilmente, Lettore, starai pensando che ci sia un errore nel link, perché l'apertura della cosiddetta pista sarda avviene nel 1982, e segue tre delitti fondamentali nella storia del "Mostro di Firenze"; quindi non sarebbe rispettata la sequenza degli avvenimenti, la loro cronologia.

Se stai pensando ciò, hai perfettamente ragione, cronologicamente parlando; ma logicamente parlando non é esattamente così.

Come abbiamo introdotto qui , e ribadito nei precedenti post di questa serie, stiamo cercando di vedere la vicenda del "Mostro di Firenze" come fosse un indovinello regressivo, e ne cerchiamo la soluzione logica attraverso il c.d. "pensiero laterale".

Uno dei "punti d'attacco", dei migliori appigli per poter applicare il "pensiero laterale" sarebbero le incongruenze ed i paradossi, che costituiscono degli accessi privilegiati, vere e proprie porte di ingresso al ragionamento che dovrebbe consentire di risolvere l'indovinello.

Ora, gli eventi che condussero all'apertura della cosiddetta "pista sarda", antecedenti ad essa, costituitscono insieme forse la maggior incongruenza, il paradosso più grande dell'intera vicenda. Pertanto, per procedere nel nostro tentativo di risoluzione dell'indovinello regressivo, dobbiamo cercare di sfruttare questo accesso.

Il paradosso della pista sarda ha inoltre un'importanza fondamentale nella nostra storia anche per un altro motivo: la sua validazione.

Infatti, la soluzione del paradosso é uno dei pochi aspetti rimasti, in questa storia, ad essere falsificabile. Pertanto, se la risoluzione del paradosso che troveremo qui verrà dimostrata falsa, l'intero paradigma crollerà come un castello di carte esposto ad una corrente d'aria; se invece essa dovesse risultare verificata... ma procediamo con ordine.

Per potere valutare e tentare di spiegare il paradosso della pista sarda, occorre innanzitutto vederlo come tale, rilevarne la presenza, cioè, rendersi conto di come alcuni eventi sembrino in effetti contraddittori e paradossalmente incongruenti.

L'interpretazione di tali eventi non é però univoca; così come non univoca é l'interpretazione dei fatti desumibili dalla documentazione e dalle testimonianze.



Ancora complottisti vs. creduloni

Per entrare nel merito della questione dobbiamo riprendere i concetti esposti in questo post, rivolgendo nuovamente la nostra attenzione alla differenza tra "complottisti" e "creduloni".

Il primo capitolo del saggio "Poteri Occulti" di Stefania Limiti é intitolato "Complotti". In esso, tra l'altro, l'autrice cita come nelle intenzioni di Giuseppe De Lutiis, valente (anche se un po' di parte) giornalista e storico , che aveva fatto della storia sui Servizi Segreti la sua specializzazione, vi fosse la scrittura di ciò che lei chiama "libretto polemico", che si sarebbe intitolato "Elogio alla dietrologia". Bisogna ammettere come non risulti inequivocabile, dal capitolo summenzionato, quali precise differenze intercorrano tra "complottismo" e "dietrologia", se non che "complottismo" avrebbe una connotazione senz'altro più negativa di "dietrologia"

E proprio perché di solito, il termine "complottista" viene usato con connotazione negativa, con velato sarcasmo per alludere a chi crede che dietro vicende tutto sommato chiare, si celino chissà quali meccanismi occulti, ho voluto usare un termine dichiaratamente spregiativo, "credulone" appunto, per indicare colui che esibisce un comportamento esattamente opposto; non riesce ad immaginare alcun meccanismo come possibile causa a monte, di vicende per le quali sia palese come le spiegazioni fornite siano poco plausibili o incongruenti.

Il buonsenso vorrebbe che nella vita di tutti giorni si assumesse un comportamento giusto ed equilibrato tra le due posizioni, fidandosi senza fare troppe storie quando non ci sarebbe motivo di essere sospettosi, ed essendo invece molto cauti nel caso in cui la situazione non sembri limpida; che é poi ciò che sostenevo in quel post.

Ma in questa sede Lettore, abbiamo la necessità di abolire ogni connotazione negativa dai due aggettivi, e compiere una scelta dicotomica: o stiamo con i creduloni, oppure con i complottisti.

E ciò qui accade perché in realtà la storia del "Mostro di Firenze" avrebbe una spiegazione ufficiale; ma tale spiegazione non soddisfa chi é ancora alla ricerca di una spiegazione diversa, più soddisfacente.

Pertanto, chi non é soddisfatto ritiene "credulone" chi si ferma alla spiegazione ufficiale; mentre chi si é fermato alla spiegazione ufficiale, non può che ritenere "complottista" chi sia ancora alla ricerca di spiegazioni alternative.

Per il gruppo dei "creduloni", il paradosso della pista sarda, semplicemente, non esiste. Non c'é nessun paradosso.
La pista sarda si é aperta perché il Maresciallo Fiori si é ricordato di come il delitto di Signa avesse caratteristiche "Mostruose".
L'arma usata é effettivamente la stessa.
I colpevoli sono Stefano Mele ed i "compagni di merende".
Una volta che sono state, in un modo o nell'altro, esperite delle indagini, e ci sono dei colpevoli passati in giudicato ed in via definitiva (tra l'altro, anche morti, ormai), il problema del passaggio dell'arma diviene un fatto di folklore, una curiosità alla quale si giunge attraverso la memoria prodigiosa del Maresciallo Fiori, ma che non configura alcun paradosso perché si rivela irrilevante sul piano pratico.

Ci sono degli omicidi, ci sono dei colpevoli, e c'é anche un'arma. Che materialmente nessuno mai é riuscito a trovare; ma ciò non cambia la sostanza dei fatti. Perché nella sostanza quell'arma spara e lascia bossoli e proiettili. E' una semiautomatica marca Beretta, serie 70, a canna lunga




Era impugnata da qualcuno dei compagni di merende, così come prima fu impugnata da Stefano Mele.

Chi l'ha impugnata, chiunque fosse, ha sparato e con quella ha ucciso, qualunque motivo avesse.

Perché darsi tanta pena?

Se quindi, Lettore, tu ti annoveri nel gruppo dei "creduloni" anche il solo fatto di aver letto fin qui le stupidaggini che scrivo io, é stato un'imperdonabile perdita di tempo.

Ma se Tu, Lettore, sei come me tra i "complottisti", il problema della pistola devi portelo; ed al termine di esso, vedrai comparire il paradosso



La pistola del “Mostro di Firenze”

Ammettiamo che Tu insieme ad altri tre amici vi rechiate a cena in un noto ristorantino chic della città, in cui il proprietario, dotato di una vasta cantina, si intrattenga spesso con gli ospiti; tra i Tuoi amici c'é un "Degustatore Ufficiale di Vino", uno di quei sommelier in grado di individuare, degustandolo, il tipo di vino e stabilirne caratteristiche e produzione.

All'atto delle ordinazioni, prendete tutti e quattro un calice dello stesso vino rosso, alla spina, di cui il cameriere vi ha decantato le qualità, ma senza dirvi nulla sull'esatta produzione.




All'arrivo dei quattro i calici, il vostro amico sommelier certificato li saggia tutti e quattro; riguardo al contenuto di due di essi é in grado di dirvi che si tratta di un Brunello Ritalevo di tre anni, mentre per gli altri due vi dice che si tratta di un rosso locale, un prodotto di qualità appena discreta ma nulla di più, ma per il quale non é possibile risalire né ad una denominazione enologica precisa, né ad un periodo di invecchiamento.




Alla fine della cena, il proprietario si avvicina al tavolo, e voi gli fate le vostre rimostranze per avervi dato due tipi diversi di vino, spacciandoli per il medesimo; e come ciò sia poco corretto.

"Ma quando mai!" vi dice il proprietario. "Tutti e quattro i calici sono stati spillati dalla stessa botte! Una botte di Brunello Ritalevo del 2019...". Bene Lettore; Tu cosa crederesti? Che il tuo amico, come Degustatore Certificato non valga nulla, o che il proprietario ti stia prendendo per i fondelli?

Perché la situazione della pistola é esattamente questa: lo stesso esperto (Degustatore Ufficiale di Armi) valuta i bossoli del 1968 e quelli del 1974; dei secondi dice "sono stati esplosi da una Beretta serie 70", dei primi "sono stati esplosi da una vecchia calibro 22 non identificabile"; mentre il "proprietario", tramite una serie di comunicazioni indirette ed anonime, dice "ma provengono dalla stessa pistola!" Cosa vorrebbe il normale buonsenso?

Che sia l'esperto a sbagliare, oppure chi invia le comunicazioni anonime a tentare di imbrogliare?

Ma vi é di più. Molto di più.

I test condotti in diversi ambiti e che coinvolgono giudizi, pareri, consulenze, perizie o qualsiasi altra forma di analisi condotta da esseri umani, e nei quali le valutazioni di chi analizza siano almeno in parte soggettive, sono tutti "biased", cioè affetti da una mancanza di obiettività, un possibile vizio che il "parere" dell'essere umano inevitabilmente introduce.




Questa alterazione da cui é affetto ogni giudizio soggettivo può avere diverse cause; può essere dato un giudizio non obiettivo per malafede, perché inconsciamente si é portati a valorizzare un aspetto a scapito di un altro, perché si é semplicemente ingannati dal modo stesso in cui funziona il Sistema Nervoso Centrale degli umani... celebre é l'esperimento della dimostrazione della fallacia delle valutazioni soggettive, che consiste nell'immergere le due mani una in una bacinella con acqua molto calda, l'altra molto fredda; se le due mani vengono successivamente ambedue immerse nella stessa bacinella contenente acqua tiepida, la mano precedentemente immersa in acqua calda percepirà l'acqua tiepida come "fredda", mentre l'altra mano la percepirà come "calda".

Questo esperimento rivela solo uno dei molteplici aspetti responsabili della fallacia delle valutazioni soggettive; altri aspetti, oltre alla senzazione fisica, coinvolgono gli aspetti psicologici della percezione, portando il giudizio dell'umano, anche in buona fede, verso ciò che egli si aspetta di rilevare.

La necessità di minimizzare gli aspetti soggettivi ha condotto ad usare, in diversi ambiti (medico, merceologico, etc) le valutazioni "in cieco", nelle quali gli esseri umani coinvolti non siano consapevoli di ciò che stanno giudicando.

Nella sperimentazione farmacologica, in cui i gruppi di umani coinvolti sono diversi, ed in diverse fasi (medici, infermieri, pazienti, analisti di dati), si possono avere sperimentazioni in singolo, in doppio, in triplo cieco, dipendentemente da quali gruppi siano ignari di ciò con cui stanno trattando. Le sperimentazioni ritenute valide, al riguardo, sono almeno "in doppio cieco", controllate con placebo, nelle quali né gli sperimentatori, né i pazienti sanno chi assume cosa durante la sperimentazione; solo a sperimentazione ultimata si viene a conoscenza di cosa sia stato somministrato ad ogli singola persona.




In ambito merceologico, più spesso i test sono a "singolo cieco"; é il consumatore a non sapere cosa stia valutando.
Ad esempio, una stessa persona assaggia due prodotti alimentari analoghi di marche diverse, ma senza sapere quale sia dell'una e quale dell'altra; cosicché il suo giudizio non possa essere influenzato dall'inconscia opinione che una marca sia intrinsecamente migliore dell'altra. L'importante qui é che il valutatore sia il medesimo, annullando la differenza che può essere introdotta dalla soggettività inter-valutatore, ma che non sappia cosa stia valutando, annullando la soggettività intra-valutatore.




Alla fine, la validità, dal punto di vista scientifico, di ogni test "in cieco" é pertanto considerata superiore a quella in cui si sa bene cosa si stia tentando di giudicare; il problema sta nel fatto che a volte condurre i test in cieco é praticamente difficoltoso

Per quel che riguarda l'arma del "Mostro di Firenze" si realizzò spontaneamente un test in singolo cieco tra i reperti del delitto di Signa e quello di Rabatta. Infatti, chi eseguì le valutazioni era la stessa persona (per cui viene annullata la soggettività inter-valutatore), e cioè Innocenzo Zuntini; ma Zuntini non aveva idea di stare intrinsecamente valutando se i reperti fossero stati esplosi dalla stessa arma o meno (annullando la soggettività intra-valutatore), in quanto nel 1974 non era (ancora) nota alcuna relazione tra i due delitti.

Si é fortuitamente verificata una condizione assolutamente particolare in questo genere di valutazioni; il caso aveva voluto dare una possbilità in più a chi investigava per poter formulare delle ipotesi alternative.

Ed invece cosa hanno fatto gli investigatori e gli esponenti della "Moderma Mostrologia"? Invece di cogliere l'opportunità che era stata loro fornita per giudicare meglio i fatti, sono partiti da un'ipotesi precostituita, un dogma, per giudicare il perito!

UNA GENIALATA!!!




Detto ciò, Lettore, non mi ripeterò al riguardo; in questo post puoi trovare l'analisi comparativa delle due perizie, condotte di fatto da Zuntini in singolo cieco (che così eliminano la soggettività inter-valutatore) nonché le differenze oggettive nella descrizione di quello che dovrebbe essere lo stesso reperto. Se Tu dovessi essere troppo pigro per leggere tutto nei dettagli, c'é un link all'interno del post che Ti consente di saltare direttamente alle conclusioni.
Se Tu, Lettore, dovessi essere tanto pigro da non voler leggere neanche la versione "accorciata" del post, l'unico consiglio che mi sento di darTi é di non continuare a leggere neanche il presente post, o i successivi; sarebbe solo una perdita di tempo, tempo sottratto alla proficua visione di qualche canale YouTube di Mostrologia Moderna.

Stabilito quindi che i reperti balistici del 1968 siano diversi da quegli degli altri delitti del "Mostro di Firenze", e che quindi debbano essere stati sostituiti o inseriti artatamente nel fascicolo, entriamo un po' più nel merito riguardo al significato intrinseco di tali reperti. Mi riferisco in particolare al calibro delle cartucce ed al tipo di arma usati.

Come é mia abitudine, giusto per annoiarTi un po', Lettore, parto da molto lontano, parlando innazitutto del c.d. "potere di arresto" di un'arma.

Cosa sarebbe il "potere di arresto"? Se parli con qualunque perito balistico, Ti sentirai dire che il "potere di arresto" é un parametro inesistente, non quantificabile, e quindi un'invenzione senza alcuna rigorosa base scientifica.

E' indubbiamente così, ma cerchiamo di vedere di che si tratti, almeno concettualmente.

Ammettiamo Lettore che tu abbia un'arma in mano, ed a una certa distanza, abbastanza lontano perché non sia possibile interagire direttamente, il tuo antagonista si stia muovendo. Può muoversi verso di te, perché la sua intenzione sarebbe quella di attaccarti, o può muoversi nella direzione opposta perché vuole fuggire, o ancora in qualunque altra direzione perché, ad esempio, la sua intenzione sarebbe quella di aggredire una terza persona. Il tuo obiettivo é quello di fermare la sua azione. In questa fase non ti interessa ucciderlo, e probabilmente avresti anche dei motivi per non ucciderlo; ma l'obiettivo prioritario é, comunque, fermarlo.

Poiché é ad una certa distanza e si muove, non puoi pensare di mirare con precisione a parti vitali; devi solo, rapidamente, dirigere la canna dell'arma verso il "bersaglio grosso", e premere il grilletto.
Si fermerà, il tuo antagonista?

Se fortuitamente, viene colpito (dovrei dire "attinto", che, come dice Romano Schiavi, fa molto "in", ma mi sentirei perito o Mostrologo, quindi parlerò normale) in una parte vitale, certamente sì. Ma se viene colpito, ad esempio, ad un'estremità?

Questo dipende dal danno che il proiettile é in grado di provocare che, in ultima analisi, dipende dalla quantità di energia cinetica che viene ceduta al bersaglio. Quest'ultima a sua volta dipende dalla differenza tra l'energia cinetica iniziale e finale del proiettile, e l'energia cinetica iniziale dipende dalla massa e dalla velocità del proiettile. Armi di calibro maggiore esplodono proiettili con maggiore energia cinetica; se poi il proiettile ha degli accorgimenti che ne favoriscono l'arresto all'interno del bersaglio (anche i famosi "tagli a croce" sulle ogive), in pratica tutta l'energia cinetica verrà ceduta.




Una maggior cessione di energia cinetica si traduce in danno tessutale maggiore, un danno tessutale maggiore in una maggiore possibilità di shock, e lo shock ferma comunque l'antagonista, anche se nessun "organo vitale" sarebbe stato direttamente danneggiato.

In pratica, se colpisci ad un polso il tuo antagonista con una calibro .500 Smith and Wesson Magnum




(posto che ciò possa essere fatto - è un calibro che non potrebbe essere utilizzato), egli cadrà comunque a terra; se invece lo colpisci con un'arma di piccolo calibro, continuerà a muoversi. Ciò é esattamente ciò che successe a Scopeti con Michel Kravreichvili.

Pertanto, per un "Mostro" che da solo dovesse fronteggiare due persone, per quanto si avvalga del fattore sorpresa (dovrei dire anche "ed una di esse sia una donna", ma Giogoli mi contraddirebbe), la scelta di una Calibro 22 sarebbe poco oculata; tanto poco oculata che in effetti, in più di un'occasione ha fallito (Rabatta, Baccaiano, Scopeti).

Eppure, Lettore, vi sono dei casi in cui dei professionisti hanno adottato, come equipaggiamento standard, una semiautomatica calibro 22.

Gli agenti dell' Office of Strategic Services, ad esempio, avevano in dotazione una High Standard HDM/S




e gli agenti del Mossad che eseguivano il servizio di sorveglianza antiterrorismo sugli aerei di linea, usavano una Beretta 71




Per inciso, la High Standard "Citation" che usa il medesimo percussore della HDM/S, é quella testata da Romano Schiavi, e la cui impronta é straordinariamente simile a quella delle Beretta




ma procediamo

Se parli con qualcuno di tali professionisti (cioè gli "agenti segreti") del concetto di "potere d'arresto" ti sentirai dire che il potere d'arresto non risiede nell'arma bensì in chi la adopera; una calibro 22 in mano ad un professionista, ed in ben determinate condizioni, ha lo stesso potere di arresto di qualunuqe altra pistola. Perché ben difficilmente, comunque, l'antagonista rimane vivo.

Ma, escludendo i casi in cui sia un professionista preparato ad adoperarla, perché equipaggiarsi con una semiautomatica 22 anziché con un'altra arma?

Quali sono i vantaggi?

Innanzitutto, la portabilità, intesa sia come dimensioni, sia come peso. Una semiautomatica 22, corredata di accessori (intesi come secondo serbatoio e silenziatore) pesa meno ed occupa meno spazio di un'arma di calibro maggiore. Anche quando silenziata, come abbiamo visto qui, il rumore di una 22 LR resta notevole, ma ad esempio l'High Standard HDM/S, in dotazione agli agenti OSS era dotata di un silenziatore a doppia camera, di cui la seconda camera veniva riempita di liquido o schiuma da barba; tale accorgimento era in grado di ridurre drasticamente il livello di pressione sonora, fino a soli 20 dB.




La Beretta 71 aveva il pulsante di sgancio del serbatoio posto a sinistra in prossimità del pollice, cosicchè il rilascio del serbatoio vuoto e la sostituzione con uno pieno era un'operazione rapidissima.

Quindi, nel caso di una semiautomatica 22 LR, la ridotta efficacia del minor calibro fornirebbe comunque una contropartita in altri aspetti, e cioè portabilità, possibilità di occultamento (dell'arma e del rumore), e rapidità nella ricarica.

L'uso di silenziatore lascia dei residui sui proiettili; tuttavia mai nulla di ciò é stato rilevato nei delitti del "Mostro di Firenze".

Il "Mostro" non ha mai ricaricato l'arma, nemmeno quando sarebbe stato necessario, come a Baccaiano o a Scopeti.

Il "Mostro" si portava dietro un'arma bianca che di certo non era un temperino e che quindi, in aggiunta all'arma, avrebbe costituito un peso ed un ingombro non indifferenti, durante l'azione.

In pratica, il "Mostro" non ha mai sfruttato alcuna delle caratteristiche che renderebbero convenienti l'uso di una calibro 22, rinunciando ai vantaggi di un maggior "potere d'arresto".

Ma allora, perché la calibro 22?

Nel suo articolo "Which Handgun Should You Use for a Murder?", Matthew Bayan asserisce che, in via precauzionale, per commettere un crimine un revolver sarebbe da preferire ad una semiautomatica, per il semplice fatto che il revolver non rilascia bossoli in giro. Per un crimine che richieda azioni da condurre su un'area relativamente ampia ove il potenziale bersaglio possa trovarsi anche ad una certa distanza, la scelta dovrebbe ricadere almeno su una 357 o una 44 Magnum.
Ma nel caso specifico di un omicidio da eseguire sparando a distanza ravvicinata, questa scelta non sarebbe la migliore. Se la maggior potenza non serve, un revolver di calibro maggiore avrebbe un rinculo maggiore ed un inferiore numero di colpi nel tamburo; una semiautomatica inoltre, una 9mm o una 45, avrebbe anche lo svantaggio di lasciare i bossoli (o di dover fare qualcosa per evitare di lasciarli), fornendo così degli indizi perché i segni lasciati sui bossoli rendono l'arma identificabile in maniera univoca, etc, etc... insomma, tutte le cose che sappiamo.

Che poi sono esattamente le stesse che rendono non cedibile, in nessun caso, l'arma usata per un omicidio; figuriamoci per quattordici.



Il "Mostro" usa una "ghost gun"?

Ed infatti, il "Mostro" non cede la sua arma. La tiene ben nascosta. Tanto bene che tutti i tentativi di rintracciarla, condotti lungo mezzo secolo, non hanno portato a nulla.

Negli Stati Uniti, dove le armi vengono vendute a chiunque, appassionati, Mostri, Mostrologi e tutti gli altri, vi é una polemica riguardo alle "ghost guns".

Infatti, esistono comunque dei registri di vendita, con la matricola dell'arma, che consentirebbero di risalire all'identità dell'acquirente; persino ai Mostri vengono chiesti i documenti. E vi sono delle persone a cui l'acquisto di armi non è (più) consentito. Ma sul Web si possono acquistare alcuni kit, composti da parti staccate, che consentono di assemblare delle armi senza matricola




alcune parti possono essere realizzate con stampanti 3D. Inoltre, vi sarebbe un vuoto normativo che consente anche a colui il quale l'acquisto di armi é stato precluso, di comprare comunque il kit, anche se successivamente al 24 agosto 2022 dovrebbero divenire operanti delle restrizioni legali che colmino tale vuoto restringendo le possibilità di libera vendita.

Ecco che molti si possono trovare a possedere un'arma che non é rintracciabile attraverso i registri; esattamente come la Beretta del "Mostro di Firenze".

Ovviamente, ciò non elimina tutti i problemi, compreso quello della cessione dell'arma, perché l'arma può essere sempre rilevata nel corso di una perquisizione, di un controllo casuale, o in maniera del tutto fortuita; e dalle prove di poligono si può sempre verificare come sia stata proprio quell'arma a sparare. In questo caso, il possessore dell'arma si troverebbe ancor di più nei guai; in assenza di riferimenti di produzione (matricola, registro, etc.) chi ha l'arma in mano é automaticamente l'autore del crimine; a che servirebbe dire "l'ho acquistata/rubata/trovata" se non é possibile in alcun modo provare che sia esistito un precedente proprietario? E' solo la prova di poligono che fa fede.

Ma in cosa consiste, esattamente 'sta prova di poligono? Se si vuole verificare se un'arma sia quella usata per commettere un crimine, vengono esplosi dei colpi di prova, con cartucce degli stessi marca e tipo dei bossoli repertati sul luogo, e si paragonano i segni lasciati sui bossoli, prima dal percussore, e poi, se si tratta di arma semiautomaica, da estrattore ed espulsore,ed infine i segni accessori.




Se i segni sono almeno paragonabili, si effettuano le verifiche sulle microstriature dei proiettili (sparando, ad es. contro gelatina balistica)




ma se i segni sui bossoli non sono compatibili, l'arma viene subito scartata.

Detto ciò, riprendiamo l'articolo di Matthew Bayan. In conclusione, l'Autore asserisce che per un omicidio da eseguire a distanza ravvicinata, che non richiede elevato "potere d'arresto", é opportuno l'uso di un revolver calibro 22.

Perché é più facile da portare, ha meno rinculo, non si inceppa e non lascia bossoli sul luogo.

Questo consentirebbe di "costruire" un altro genere di "ghost gun", che risolve anche i problemi precedenti, e cioè quelli relativi all'identificabilità tramite le prove di poligono.

Ci si procura, anche per vie assolutamente legali, una Beretta serie 70, magari a canna corta




si esplodono diverse scatole di colpi (al poligono, in campagna, in terreno privato), si raccattano i bossoli e si conservano. La Beretta può poi venire distrutta, o se ne può alterare (ad esempio limandoli un po') il percussore e l'estrattore (come, ad esempio, per la Beretta ritrovata nell'agosto del 2016 lungo il corso dell'Ensa), cosicché non esista più alcuna arma che lasci quegli stessi identici segni sui bossoli.

Si prende quindi un revolver calibro 22 LR, che può anch'esso venire acquisito legalmente, avendo cura che abbia la rigatura della canna consista in sei righe destrorse, come ad esempio questo




Per i delitti viene usato il revolver, poi i bossoli dei proiettili esplosi con la Beretta vengono lasciati sul posto.

La conservazione della Beretta leggermente alterata, posto che non sia stata distrutta, non pone problemi insormontabili; alle prove di poligono, l'arma lascerà ormai dei segni diversi da quelli rilevabili sui bossoli.

La conservazione dei bossoli non pone alcun problema; il fatto di conservare i bossoli per ricaricarli ed usarli nuovamente é prassi comune. Non può destare alcun sospetto

La conservazione del revolver non pone alcun problema, in quanto quella che si cerca é una semiautomatica; anche se nel corso di un controllo casuale dovesse venire rilevata l'arma, a nessuno mai verrebbe in mentre di eseguire prove di poligono su di essa.

La conservazione dei bossoli e dell'arma insieme non richiede pone alcun problema; a nessuno mai verrebbe in mente di verificare se i bossoli detenuti insieme all'arma siano in effetti stati precedentemente usati con il revolver o meno; e quand'anche fossero diversi, nulla vieta di raccattare dei bossoli al poligono per riempirli se chi ha sparato li cede.

La cessione dell'arma non é un problema; non vi é traccia del fatto che sia stata usata per delitti, in quanto essi sono stati commessi con una semiautomatica.

Il numero dei colpi che possono essere ospitati in un tamburo di alcune calibro 22 é uguale a quello con il quale può essere riempito il caricatore della Beretta.




Volendo compiere la stessa operazione con un calibro più grande, il numero dei colpi sarebbe inferiore




L'unico problema dato dall'uso del revolver sarebbe la difficoltà estrema nel ricaricare se dovesse servire; ed il "Mostro" non ricarica mai, neppure quando servirebbe. Ma, all'infuori di ciò, e della necessità di dover usare una calibro 22, si ottenuta una "ghost gun" ben più perfetta di quelle americane.

Quindi, chi arriva sul luogo delitto può benissimo sparare con il revolver, spargere i bossoli della Beretta ad operazioni avvenute, ed andare via.

Nessuna Beretta con quelle caratteristiche si troverà mai (che é ciò che si verifica)

Spargere dei bossoli successivamente può determinare degli errori sia nella posizione, con difficoltà a ricostruire le dinamiche, sia nel numero (che é ciò che si verifica)

Non é possibile ricaricare velocemente l'arma una volta esauriti i colpi (che é ciò che si verifica).

Poiché i bossoli vennero esplosi tutti in un'unica soluzione, in una singola sequenza, non é possibile rilevare su di essi segni di maggior usura anche in eventi che distano anni nel tempo (che é ciò che si verifica)

Inoltre, l'arma, oltre a poter essere tranquillamente portata in giro, può rimanere a disposizione di un'organizzazione nel corso di anni, essere adoperata da diverse persone, ed essere usata per differenti operazioni, cambiando semplicemente i bossoli da lasciare sul posto, così da apparire come un'arma diversa. Una "ghost gun" per operazioni speciali estremamente versatile e di lunga durata, nel tempo e nello spazio. Il cui utilizzo mostra esattamente tutte le caratteristiche (arma non identificabile, non ricaricaribile e per la quale la posizione in cui vengono repertati i bossoli non può corrispondere a quella di chi spara, assenza di usura tra i reperti anche per delitti avvenuti a distanza di anni) che si ritrovano nell'arma del "Mostro di Firenze".



La scoperta dell'identità dell'arma

Ovviamente, Lettore, non ho la benchè minima prova che le cose siano davvero andate così. Sebbene tale ipotesi spieghi tutto ciò che é stato osservato, non c'è alcuna Legge di Natura che vieti che il "Mostro" abbia usato realmente una Beretta per gli omicidi, che sia riuscito a sottrarla a qualunque tentativo di individuazione, che l'abbia usata esclusivamente per gli omicidi, che stupidamente non abbia mai portato con sé alcun serbatoio suppletivo, e che abbia raccolto da terra qualche bossolo ogni tanto, prendendo a calci gli altri, solo per confondere le idee.

Ciò che però é inequivocabile é che l'arma di Signa non può essere la medesima dei successivi omicidi. E questo rende inevitabile l'insorgenza del paradosso; verso il quale proseguiamo ulteriorimente.

Poniamoci innanzitutto una domanda estremamente banale: da cosa nasce il "problema" dell'identità dell'arma?

Nasce dal fatto che ad un tratto, magicamente, si é stabilito che si dovessero ricercare delle analogie nell'arma usata per il delitto di Castelletti di Signa (che fino a quel momento non aveva nulla a che fare con il "Mostro di Firenze"), ed i delitti del cosiddetto "Mostro di Firenze".

Sì, ma questa magìa come sarebbe avvenuta?

Ed é proprio qui che interviene prepotentemente la necessità della scelta dicotomica: stare con i "creduloni" o stare con i "complottisti".

Infatti, nei delitto dall'81 in poi si pongono le basi per avviare le indagini verso una direzione che costituirà la cosiddetta "pista sarda".

La versione ufficiale dei fatti, come quella riportata da Rotella, ti dirà invece che non ci sono basi da porre, o eventi scatenanti; il maresciallo Fiori, folgorato sulla via di Damasco, stabilirà che, tra tutti i delitti a danno di coppie commessi da quando egli si é arruolato nei carabinieri fino al 1982, proprio quello di Castelletti di Signa venne commesso con un'arma identica a quella che verrà usata dal Mostro di Firenze. Come abbiamo visto prima, é impossibile ricavare qualunque identità nei reperti paragonando la perizia Zuntini del 1968, con le successive riguardanti i reperti raccolti sulla scena dei delitti del "Mostro di Firenze"; ma il Maresciallo Fiori, pur non avendo mai visto i reperti, é comunque dotato di un cervello al confronto del quale tutte le data farm di Google messe insieme impallidiscono, cosicché vi sia miracolosamente contenuta anche questa informazione. Ma credere a questo sarebbe "creduloneria".

D'altra, parte, in questo post sono elencate le informazioni in ordine logicamente cronologico, appunto, che mostrano come l'operazione per fare entrare nelle indagini anche il delitto di Castelletti di Signa abbia avuto inizio nel 1981. Ma credere a questo sarebbe"complottismo".

Perché vedi, Lettore, tutta la Mostrologia Moderna ti dice che non é così, che anche se il Maresciallo Fiori non c'entra niente, nemmeno il 1981 c'entra niente; che fu il delitto di Baccaiano a scatenare la pista sarda e quindi si sta parlando del 1982... ecco, Lettore, é proprio qui che dobbiamo decidere da che parte stare.

Non possiamo tenere un piede in due staffe. Anche perché, rigirare i fatti e le testimonianze in maniera funzionale alla nostra idea non può portare a nulla; e mezzo secolo di discutere su tale nulla l'hanno ampiamente comprovato.

Un famoso "gioco di illusionismo" con le carte, che però impressiona soltanto i bambini, si esegue sbirciando la carta che sta in cima al mazzo, e poi dando l'illusione a chi si presta al gioco, che egli "scelga" la carta sulla base di domande mirate.
Le "scelte" che il giocatore compie sono interpretate in positivo o in negativo dipendentemente da cosa convenga a chi conduce il gioco. Se la carta che si trova in cima al mazzo, e che il giocatore "sceglierà" dovesse essere, poniamo, l'otto di quadri, gli si chiederà inizialmente di operare una scelta tra semi rossi o semi neri. Se il giocatore sceglie i semi rossi gli si dirà "Bene, hai scelto i semi rossi. Adesso scegli: cuori o quadri?"
Se invece sceglie i semi neri gli si dirà: "Bene, togliamo i neri, e restano...? I rossi! Tra i rossi cosa scegli? Cuori o quadri?"
E continuando su questa linea si porta il giocatore a "scegliere" la carta che sta in cima al mazzo.

L'interpertazione dei dati disponibili sul "Mostro di Firenze" funziona esattamente allo stesso modo. Se un dato coincide con la propria ipotesi, é valido.

Se non coincide, é falso, e quindi l'opposto deve necessariamente essere valido. Siamo giunti all'assurdo per cui i dati non servono a provare la validità delle ipotesi, ma sono le ipotesi a provare la validità dei dati.

Se Zuntini rileva i segni dei bossoli espulsi dalla "pistola del Mostro di Firenze" nel 1974, é un genio. Se lo stesso Zuntini non rileva i segni su bossoli che dovrebbero essere stati espulsi dalla stessa pistola nel 1968. non é la pistola ad essere diversa, ma Zuntini ad essere un inetto. Solo nel 1968, però.
Perché i bossoli appaiono diversi da ciò che é funzionale alla nostra idea. Zuntini riesce a darsi una preparazione da perito solo tra il 1968 ed il 1974, ma gli anni trascorsi dalla sua nascita al 1968 li avrebbe trascorsi a pettinare le bambole.

Per gli eventi che condussero alla pista sarda, é uguale. Gli eventi sono riassunti, ed ordinati in ordine cronologico in questo post. Ed anche qui dobbiamo decidere da che parte stare.

In sintesi, Lettore,
O tu accetti incondizionatamente come verità assoluta le versioni ufficiale; allora, i reperti del fascicolo Mele vebbero ritrovati solo ed esclusivamente in conseguenza della memoria sovrumana del Maresciallo Fiori, e l'arma usata a Signa é quella del "Mostro di Firenze"

OPPURE ti avvali delle testimonianze, e queste dicono che arrivarono delle comunicazioni anonime ad indirizzare gli inquirenti, ed esse giunsero già nel 1981.

Se fai "un po' ed un po'" a secondo di come ti conviene, non sei intellettualmente onesto; e questo non può portare a nessun risultato positivo. Il Maestro Nariyoshi Miyagi (che nella finzione cinematografica, vorrebbe alludere alla discendenza da Chojun Miyagi, l'inventore dello stile Goju Ryu) nel film "Karate Kid", dice; "Quando cammini su strada, se cammini su destra va bene. Se cammini su sinistra, va bene. Se cammini nel mezzo, prima o poi rimani schiacciato come grappolo d'uva"




Vogliamo "camminare su destra"? Attenerci scrupolosamente alle testimonianze? Allora la segnalazione relativa al fascicolo Mele giunse nel 1981, perché questo dice Tricomi in più di un'occasione ed é questo ciò a cui dobbiamo fare riferimento, anche se siamo "complottisti".

Vogliamo "camminare su sinistra"? Non far parte dei "complottisti" e rientrare nel gruppo dei "creduloni"? Allora la versione che dobbiamo adottare é che nel 1982 fu la memoria prodigiosa del Maresciallo Fiori ad aprire la pista sarda, e nessun altra cosa.

Ma considerare Zuntini, Tricomi e tutti gli altri dei geni o dei malati di demenza senile a secondo di ciò che ci conviene é intellettualmente disonesto. Anzi, é una porcheria immonda. E' il tipico atteggiamento di chi vuole imbrogliare il prossimo, non certo di chi ricerca una possibile verità

Quindi, se vogliamo far parte dei "creduloni" possiamo già chiudere tutto qui, perché esiste la soluzione bell'e pronta: il "Mostro di Firenze" é costituito da tre o quattro persone. Le tre persone "certe" sono Stefano Mele per il delitto del 1968, e Giancarlo Lotti e Mario Vanni per i delitti dall'82 in poi. Il quarto, in forse, é Pietro Pacciani. Gli altri delitti sono avvenuti così, spontaneamente. E' inutile scrivere libri, girare video, discutere... inutile.

Se invece saltiamo il fosso e passiamo dalla parte dei "complottisti" dobbiamo usare i dati per ciò che sono, e non chiamare in aiuto i "creduloni" quando la faccenda non ci conviene. Ed i dati dicono che il processo che portò alla "pista sarda" iniziò nel 1981, dopo Calenzano. Punto.

Ma ritorniamo all'incongruenza

Da premettere, Lettore, che é solo la versione della memoria prodigiosa del Maresciallo Fiori che eliminerebbe l'incongruenza; per qualunque altra versione l'incongruenza rimane operante, e deve venire spiegata.

L'incongruenza resta inevitabilmente operante sia che si pensi al Cittadino Amico, sia alle lettere anonime alla Della Monica, sia al ritaglio di giornale, sia a tutte queste cose insieme. E resta operante sia che la segnalazione sia stata un "depistaggio" sia che sia stata un "impistaggio", sia che i bossoli siano stati sostituiti, sia che restino gli originali, sia che l'arma possa essere uguale o diversa... non cambia nulla. E' irrilevante.

Adesso, Lettore, la vedi l'incongruenza? Ti é apparso il paradosso? Non ancora? Forse perché, come Edgar Allan Poe faceva dire ad Auguste Dupin, é così macroscopica che nessuno si accorge della sua esistenza; analogamente a quanto egli nota ne "La lettera rubata", é come se Tu, Lettore, ti trovassi davanti ad una gigantesca scritta in 3D, con singole lettere tanto grandi da riuscire benissimo a vederle, ma senza renderti conto di quale sia la parola che esse compongono.




Quindi, nel caso Tu non riesca ancora a vederla, cerco di mostrartela io.



L'assurdità più grande

E' evidente per tutti (complottisti ed anche creduloni) che la faccenda del 1968, comunque siano andate le cose, non fu limpida. Il duplice omicidio seguì una serie di dinamiche contorte, prima delle quali il "rilascio" di Natalino Mele a casa del De Felice

Stefano Mele, prima di essere imputato dell'omicidio, venne interrogato una decina di volte. Vennero interrogati i suoi familiari. Vennero interrogati i Vinci. Stefano Mele fu sottoposto a perizia psichiatrica. Vi fu una sentenza di Corte d'Assise d'Appello che confermò la condanna di Stefano Mele. Nel gruppo dei sardi, qualcuno doveva necessriamente sapere come andarono le cose quella notte, ma per qualche misterioso motivo, non parlò mai.




In questo post ti avrei fornito una spiegazione di quei "misteri", ma Tu, Lettore, tralascia, al momento la mia spiegazione, e guarda solo ai fatti inequivocabili: la colpevolezza di Stefano Mele fu un risultato difficile, cui si giunse attraverso un percorso tribolato, ma che, alla fine, riuscì. Stefano Mele venne condannato in via definitiva e nessuno più cercò un'alternativa. Ciò che accadde quella notte era ormai definitivamente protetto, suggellato da una sentenza giudiziaria; l'omicidio, le sue cause erano nascoste per sempre e di conseguenza l'esecutore salvo per sempre.

Assodato che, comunque stiano le cose, il fatto che debba esistere una relazione, una qualunque relazione, tra il 1968 ed i delitti successivi é un'evidenza, sono solo due gli aspetti rilevanti (per i "complottisti", almeno) al riguardo:

1) nel 1968 si cercò in maniera più o meno lineare di incolpare del delitto Stefano Mele, e, bene o male, vi si riuscì nascondendo di conseguenza il legame tra il 1968 ed i delitti successivi

2) dal 1981 in poi, questo legame venne enfatizzato, e tutta l'indagine si basò su questo.

Il che vuol dire che gli sforzi che vennero fatti per incolpare Stefano Mele (nascondendo il vero assassino) nel 1968 e negli anni successivi, vennero vanificati in un sol colpo.



Perché chi era colpevole diventa improvvisamente innocente?

Quindi, proprio quando Stefano Mele aveva finito di scontare la pena (oppure Lettore, dovrei più propriamente dire "doppo SCONTATA LA PENA"? Ma di ciò parleremo più avanti) chi aveva tanto penato per ottenere il risultato... getta tutto alle ortiche?!?

E perché poi?!? E' questa la domanda da porsi, che costituisce l'essenza stessa del paradosso

I Mostrologi che si tengono miracolosamente in equilibrio tra complottismo e creduloneria, ti diranno: "Be', per ciò che successe a Baccaiano; dopo Baccaiano é emersa la necessità di un depistaggio..." bene Lettore, ma da cosa esattamente sarebbe emersa tale necessità?

Ma soprattutto, in che cosa esattamente, il far entrare Signa nell'indagine avrebbe rimediato a quanto successe a Baccaiano? In quale modo scoprire Signa avrebbe potuto porre riparo all'errore di Baccaiano?

Perché, Lettore, ammettiamo pure che logiche mostruose prevedano che se qualcuno spara ai fari di un automobile, il proprietario dell'automobile muoia. Poi, il "Mostro", dopo aver sparato ai fari, e constatato come Paolo Mainardi fosse rimasto vivo. si renda conto di come per ammazzare qualcuno sia necessario sparare alla sua testa e non ai fari della sua automobile, e quindi sparare ai fari sia stato un errore; come può, un tale errore, essere rimediato segnalando che Signa é stato un errore giudiziario?

I creduloni, o i complottisti a metà (quelli del gioco di prestigio puerile, che seguendo Miyagi camminano al centro della strada) dicono: é stato un depistaggio. E tutti gli altri plaudono a tale acuta intuizione.




Ma cosa vorrebbe dire, esattamente, "depistaggio"? Come funzionerebbe?

Ammettiamo, Lettore, che io stia vagando in automobile tra le strade cdi una regione che non conosco, e senza navigatore. La mia intenzione é quella di giungere ad una cittadina che si chiama "Verità". Domando qualche informazione in giro, e vengo indirizzato verso una provinciale, assolutamente deserta. Dopo un certo numero di chilometri giungo ad un bivio, che ha un'indicazione: "Verità".
Il problema é che mezz'ora prima é passato di lì un tale che non vuole che io giunga alla Verità, un autentico Mostro, ed ha posto l'indicazione in corrispondenza della branca sbagliata del bivio. Mi ha indirizzato su una pista sbagliata. Una vera e propria pista, un tratturo, che dopo qualche chilometro si perde nei campi.
"Che Mostro!" penso tra me e me; ma cosa posso fare? Tornare indietro ed imboccare l'altro ramo del bivio, la branca corretta. Ho perso del tempo, ma alla fine sarò comunque giunto alla Verità.

Se la "pista sarda" é un depistaggio, tornati indietro ed imboccando la branca corretta del bivio si sarebbe giunti alla verità. Un depistaggio serve per mascherare la pista corretta; se il depistaggio giunge dopo Baccaiano, Baccaiano avrebbe quindi dovuto indicare la pista corretta. Per capire questo non é nemmeno necessario scomodare la logica; basta il normale buonsenso.
Posto che la "pista sarda" é un depistaggio, quale sarebbe allora la "pista corretta" che Baccaiano indicherebbe? Eh, Lettore, questo non l'ha mai detto nessun mostrologo. Cosa si stava per scoprire a Baccaiano, che venne bloccato dalla "pista sarda"? Boh... e chi lo sa?

Tutti i più grandi mostrologi di fama mondiale si limitano a dire: "E' un depistaggio per Baccaiano"; senza andare avanti nel ragionamento, frase che da sola é soltanto un'affermazione di una superficialità impressionante, da far rabbrividire.




E la supeficialità é una delle cause principali dei mali del mondo; ma questo é un altro discorso, quindi andiamo avanti.

Se non si individua esattamente quale sia la logica che, dopo Baccaiano, renderebbe necessario gettare Signa alle ortiche, quale sia il vantaggio che logicamente avrebbe il Mostro nel distruggere in un attimo ciò che era stato costruito in quattordici anni, il "depistaggio" non ha alcun senso logico.

Per i creduloni ciò non costituisce un problema.
Se per essi, il "Mostro" é qualcuno alto, bello ed intelligente, che però, ogni tanto, anziché uscire la sera per farsi una birra con gli amici, esce da solo ed una volta uccide una coppia di amanti, un'altra volta due uomini, altre volte dei fidanzati ma una volta scuoia il pube, un'altra asporta, interamente la vulva, un'altra ancora infila un tralcio di vite in vagina dopo una serie di coltellate, un'altra volta ancora non asporta proprio niente, un paio di volte pratica una mastectomia superficiale... tutta roba diversa, con l'unica costante dei bossoli; che però una volta sono dove dovrebbero essere, ma in numero minore, un'altra si trovano tutti raggruppati in corrispondenza di una ruota, un'altra ancora sono in un fascicolo processuale... be' accettando come "normale" un ragionamento caotico che non ha nulla di sensato, una tale assenza totale di logica, si può anche accettare la "pista sarda" come depistaggio di Baccaiano.

Ma i complottisti a metà? Coloro per i quali i Mostro alto bello ed intelligente sa sempre quello che fa? Da cosa, esattamente, avrebbe stornato l'attenzione con il depistaggio? Cosa esattamente avrebbe evitato rendendo noto che Signa era un falso?!? Come spiegano tutto ciò?

Qualunque cosa abbia potuto sussurrare il Mainardi all'Allegranti prima di entrare in coma, come avrebbe potuto essere rimediato dal fare notare, per vero o falso che fosse, che l'arma di Signa e quella del "Mostro di Firenze" sarebbe stata la medesima?

Perché, vedi Lettore, affermare che "la scoperta dell'identità dell'arma fu un passo necessario dopo Baccaiano" ma non dare alcuna spiegazione logica di ciò, rimane un'affermazione che non significa niente; in quale modo tale segnalazione avrebbe risolto il problema? Se gli investigatori fossero stati "sulla pista giusta" e l'apertura della "pista sarda" fosse stato un depistaggio per stornarli da ciò che stava per portarli alla verità, sarebbe bastato tornare "sulla pista giusta" per risolvere il caso, no? E' banale!

E difatti, Davide Rossi, che é persona intelligente, non sostiene affatto che sia stato un "depistaggio", ma sostiene che il "Mostro" abbia voluto "intestarsi il delitto". Ciò, però, sebbene aggiri l'assurdità del voler considerare "depistaggio" l'apertura della pista sarda, non risolve il problema. Se il "Mostro" aveva tanta voglia di "intestarsi il delitto", perché darsi tanta pena per far incolpare Stefano Mele, e gettare tutto alle ortiche quattordici anni dopo?

E' ovvio Lettore che da qualunque parte venga riguardata la cosa, appare come un nonsenso. Occorre dare un senso a queste azioni. E per trovarvi un senso, é innanzitutto necessario riguardare, ancora una volta, la cronologia riportata in questo post.

Ma ciò serve solo a prendere atto del fatto che il processo che esitò nella "pista sarda" dovette iniziare nel 1981; preso atto di ciò, l'incongruenza rimane.

Che sia un impistaggio o un depistaggio sarebbe irrilevante; l'unico dato certo é la sussitenza della relazione.

L'altro dato certo é il sovvertimento di quanto ottenuto a Signa, da colpevole passato in giudicato, quindi con una verità giudiziaria, a ricerca di un nuovo colpevole; ed anche di quanto ottenuto a Rabatta, dove, terminata la missione, le indagini si sono arenate. Senza un colpevole, senza neanche un sospetto. Tutto muore lì

Ma ciò che nei fatti accade, é che ad un tratto si ha un sovvertimento della situazione. Per tredici anni, i due delitti commessi dal "Mostro di Firenze" sono stati coperti, il primo facendo dichiarare colpevole Stefano Mele, ed il secondo eseguendo un crimine così difforme dal primo da cancellare, in apparenza, qualunque relazione con il primo. Per tredici anni é andata bene così. Improvvisamente, le stesse persone che hanno commesso i primi due delitti decidono deliberatamente di riaccendere i riflettori su questioni morte e sepolte, di sottolineare la relazione: insomma di sollevare il problema. E senza che, apparentemente, ve ne fosse alcuna necessità

Guardiamo ai fatti: cosa si ottiene, in realtà? La riapertura del caso. E' questa la realtà fattuale, Lettore; noi possiamo immaginare qualunque cosa e fare le ipotesi più strane; ma ciò che si ottiene é la riapertura di un caso chiuso definitivamente e con un colpevole; un caso che non avrebbe avuto motivo di essere riaperto. Pertanto, la cosa importante é stabilire quale possa essere tale motivo, e ciò può venire dalle implicazioni della riapertura. Poiché il colpevole era fittizio, e di conseguenza il vero colpevole era "protetto", l'implicazione più immediata della riapertura é la riduzione di protezione sul vero colpevole.

Ed é questo l'unico effetto sostanziale sul quale possiamo ragionevolmente focalizzare la nostra attenzione. Non ne esistono altri.



SINTESI FINALE

Forse sono stato troppo prolisso. Cerco di sintetizzare al massimo il concetto. 


a) Il Signor X, a Signa, uccide una coppia il Signor X può venire indagato il Signor X inizialmente é in pericolo
 
b) del delitto viene definitivamente incolpato Stefano Mele il Signor X non verrà indagato il Signor X non é più in pericolo
 
c) a Rabatta viene uccisa un altra coppia nessuno sa che il Signor X potrebbe essere implicato il Signor X resta al sicuro

d) nessuno mette in relazione Signa e Rabatta il Signor X continua a non essere in pericolo

e) sette anni dopo vengono uccise tre coppie qualcuno mette in relazione questi omicidi con Signa Stefano Mele é innocente il Signor X adesso si trova nuovamente in pericolo
 

Quindi, la domanda diviene: perché mai un colpevole che é stato protetto per quattordici anni vede improvvisamente ridursi tale protezione?

Bene, Lettore, se i Mostrologi di fama mondiale non danno una risposta a tale interrogativo, non ci resta che uscire dal gregge ed andare a cercarcela da soli