L’Ipotetico Ciclista
L’Ipotetico Ciclista, disorientato davanti ai cartelli direzionali, ed in assenza di qualunque indicazione che faccia riferimento ad una pista ciclabile, è fortemente indeciso. E’ passato mezzogiorno, è lontano un centinaio di chilometri da casa e non ha idea riguardo a dove andare. Comincia a farsi sentire la tentazione di telefonare a chi lo possa venire a recuperare; è chiaro che altrimenti, comunque vadano ormai le cose, sarà costretto a pernottare fuori se vuole arrivare a Burgio e ritornare. Decide però di darsi un limite di tempo: se entro mezz’ora non avrà ritrovato la pista ciclabile, prenderà in considerazione la possibilità di chiamare, o di ritornare subito percorrendo le strade ordinarie.
Adesso deve però decidere la direzione da prendere. Si trova al limite dell’abitato di Bisacquino, e non ha ancora raggiunto il nucleo del paese; cento anni fa, quando la ferrovia venne realizzata, il centro abitato doveva essere ancora relativamente distante da qui. In pratica, il treno da qui avrebbe dovuto percorrere ancora un po’ di strada per arrivare alla stazione, e questo lo orienterebbe per seguire l’indicazione “Bisacquino”; andare verso Chiusa Sclafani forse implicherebbe “saltare” in qualche modo la stazione di Bisacquino.
D’altra parte, spesso le stazioni venivano realizzate a distanza di diversi chilometri dall’abitato; ed appare più probabile che il ramo della biforcazione che conduce verso Chiusa Sclafani sia, per direzione e pendenza, quello realizzato sul tracciato ferroviario. Decide allora di seguire le indicazioni per Chiusa Sclafani, ma poco più avanti si trova nella necessità di prendere un’altra decisione analoga. Torna indietro, e segue le indicazioni per Bisacquino.
Inizia una leggera salita verso il paese, che chiaramente nulla può avere a che vedere con la linea ferrata. Si ferma allora, e si guarda intorno. Poco più in basso, gli sembra di scorgere i pilastrini di cemento che segnalano i limiti della proprietà demaniale.
Torna indietro, e si ritrova all’imbocco di una strada sterrata fiancheggiata dai pilastrini, ma senza alcun segnale che indichi che si tratti di una pista ciclabile; sembra comunque essere proprio il tracciato quello che imbocca alle 13:01. Il fondo non è cattivo, è evidentemente percorso da automobili.
Dopo 800m circa si imbatte in un ponte che gli conferma inequivocabilmente di stare percorrendo la strada giusta.
Altri 700 metri, ed ecco l’imbocco di una galleria; il tracciato si perde nel buio. L’illuminatore a LED svolge il suo compito mentre l’Ipotetico Ciclista pedala all’interno, e riflette. Riflette sui vaneggiamenti che aveva letto sulla “Relazione Progetto” riguardo a fantomatici impianti di illuminazione temporizzati ed alimentati ad energia solare, installati nelle gallerie ed attivati dal passaggio dei ciclisti; e si congratula con se stesso per essere stato avveduto almeno nella selezione dell’attrezzatura.
Dopo qualche centinaio di metri si avvicina maggiormente all’abitato; vi è una breve galleria, ma la strada che sta percorrendo non la imbocca. Le passa a lato, a destra, mentre a sinistra si trova l’ingresso ad alcune palazzine; e si ricongiunge al tracciato più avanti.
Ancora più avanti sembrano scomparire anche i pilastrini, prima che l’Ipotetico Ciclista passi accanto ad un complesso di edifici relativamente moderno; all’interno della recinzione si vedono automobili che sembrerebbero appartenere al comune di Bisacquino.
Il fondo è accuratamente spianato adesso, e ricoperto di fine pietrisco; pensa di essere uscito inavvertitamente al di fuori del tracciato, allora. Ma uno degli edifici al limite esterno del complesso è inequivocabilmente uno dei fabbricati di servizio di una stazione; e quindi prosegue, ed i pilastrini tornano a farsi presenti lungo la strada fiancheggiata da abitazioni private.
La strada è in discesa adesso, ed il fondo consente velocità maggiori. E’ rinfrancato l’Ipotetico Ciclista, mentre passa accanto a quello che riconosce come il palo di sostegno di un segnale di passaggio a livello. E l’orologio segna le 13,11 quando poche decine di metri più avanti è costretto ad arrestarsi davanti all’ennesimo crollo; è frustrato, ma è stata comunque una fortuna riuscire a fermarsi prima di volare giù dal terrapieno.
A una cinquantina di metri di distanza, all’estremità opposta della zona crollata, un pastore, con il suo gregge, sta scendendo giù per la scarpata che si è formata. Lo guarda, l’Ipotetico Ciclista, il pastore comprende, e gli fa segno con la mano per indicargli come possa scendere e risalire dal lato opposto per riprendere il tracciato. Lo guarda, il pastore, e quando è vicino dice, scuotendo la testa, “centanni avìa durato; poi arrivaru iddi, ci misiru manu…”.
Adesso sono le 13:17 quando l’Ipotetico Ciclista passa al di sotto di un cavalcavia mentre continua in leggera discesa. Dopo un’ampia curva il paesaggio sembra cambiare; c’è la vallata, a destra, ed il bosco sulla sinistra.
E’ ancora a meno di due chilometri dalla zona del crollo, ma l’atmosfera è completamente diversa adesso. Dopo un’altra curva, stagliate contro il cielo turchese, vede le case di Chiusa Sclafani; sono le 13,25 e l’Ipotetico Ciclista sa che deve riconsiderare i sui piani. Dopo un’ultima larga curva a sinistra, in basso sulla destra riconosce una stazione della linea; è la stazione di Chiusa Sclafani, a vista mentre l’orologio segna le 13,27.
Adesso deve però decidere la direzione da prendere. Si trova al limite dell’abitato di Bisacquino, e non ha ancora raggiunto il nucleo del paese; cento anni fa, quando la ferrovia venne realizzata, il centro abitato doveva essere ancora relativamente distante da qui. In pratica, il treno da qui avrebbe dovuto percorrere ancora un po’ di strada per arrivare alla stazione, e questo lo orienterebbe per seguire l’indicazione “Bisacquino”; andare verso Chiusa Sclafani forse implicherebbe “saltare” in qualche modo la stazione di Bisacquino.
D’altra parte, spesso le stazioni venivano realizzate a distanza di diversi chilometri dall’abitato; ed appare più probabile che il ramo della biforcazione che conduce verso Chiusa Sclafani sia, per direzione e pendenza, quello realizzato sul tracciato ferroviario. Decide allora di seguire le indicazioni per Chiusa Sclafani, ma poco più avanti si trova nella necessità di prendere un’altra decisione analoga. Torna indietro, e segue le indicazioni per Bisacquino.
Inizia una leggera salita verso il paese, che chiaramente nulla può avere a che vedere con la linea ferrata. Si ferma allora, e si guarda intorno. Poco più in basso, gli sembra di scorgere i pilastrini di cemento che segnalano i limiti della proprietà demaniale.
Torna indietro, e si ritrova all’imbocco di una strada sterrata fiancheggiata dai pilastrini, ma senza alcun segnale che indichi che si tratti di una pista ciclabile; sembra comunque essere proprio il tracciato quello che imbocca alle 13:01. Il fondo non è cattivo, è evidentemente percorso da automobili.
Dopo 800m circa si imbatte in un ponte che gli conferma inequivocabilmente di stare percorrendo la strada giusta.
Altri 700 metri, ed ecco l’imbocco di una galleria; il tracciato si perde nel buio. L’illuminatore a LED svolge il suo compito mentre l’Ipotetico Ciclista pedala all’interno, e riflette. Riflette sui vaneggiamenti che aveva letto sulla “Relazione Progetto” riguardo a fantomatici impianti di illuminazione temporizzati ed alimentati ad energia solare, installati nelle gallerie ed attivati dal passaggio dei ciclisti; e si congratula con se stesso per essere stato avveduto almeno nella selezione dell’attrezzatura.
Dopo qualche centinaio di metri si avvicina maggiormente all’abitato; vi è una breve galleria, ma la strada che sta percorrendo non la imbocca. Le passa a lato, a destra, mentre a sinistra si trova l’ingresso ad alcune palazzine; e si ricongiunge al tracciato più avanti.
Ancora più avanti sembrano scomparire anche i pilastrini, prima che l’Ipotetico Ciclista passi accanto ad un complesso di edifici relativamente moderno; all’interno della recinzione si vedono automobili che sembrerebbero appartenere al comune di Bisacquino.
Il fondo è accuratamente spianato adesso, e ricoperto di fine pietrisco; pensa di essere uscito inavvertitamente al di fuori del tracciato, allora. Ma uno degli edifici al limite esterno del complesso è inequivocabilmente uno dei fabbricati di servizio di una stazione; e quindi prosegue, ed i pilastrini tornano a farsi presenti lungo la strada fiancheggiata da abitazioni private.
La strada è in discesa adesso, ed il fondo consente velocità maggiori. E’ rinfrancato l’Ipotetico Ciclista, mentre passa accanto a quello che riconosce come il palo di sostegno di un segnale di passaggio a livello. E l’orologio segna le 13,11 quando poche decine di metri più avanti è costretto ad arrestarsi davanti all’ennesimo crollo; è frustrato, ma è stata comunque una fortuna riuscire a fermarsi prima di volare giù dal terrapieno.
A una cinquantina di metri di distanza, all’estremità opposta della zona crollata, un pastore, con il suo gregge, sta scendendo giù per la scarpata che si è formata. Lo guarda, l’Ipotetico Ciclista, il pastore comprende, e gli fa segno con la mano per indicargli come possa scendere e risalire dal lato opposto per riprendere il tracciato. Lo guarda, il pastore, e quando è vicino dice, scuotendo la testa, “centanni avìa durato; poi arrivaru iddi, ci misiru manu…”.
Adesso sono le 13:17 quando l’Ipotetico Ciclista passa al di sotto di un cavalcavia mentre continua in leggera discesa. Dopo un’ampia curva il paesaggio sembra cambiare; c’è la vallata, a destra, ed il bosco sulla sinistra.
E’ ancora a meno di due chilometri dalla zona del crollo, ma l’atmosfera è completamente diversa adesso. Dopo un’altra curva, stagliate contro il cielo turchese, vede le case di Chiusa Sclafani; sono le 13,25 e l’Ipotetico Ciclista sa che deve riconsiderare i sui piani. Dopo un’ultima larga curva a sinistra, in basso sulla destra riconosce una stazione della linea; è la stazione di Chiusa Sclafani, a vista mentre l’orologio segna le 13,27.
Non so, Lettore, se tu seguendo la descrizione del tracciato abbia anche letto la stupida storiella dell’Ipotetico Ciclista. La storiella è banale e mal scritta, ma l’argomento è serio; riguarda ovviamente la maniera frequentemente inutile, a volte anche dannosa, ma comunque sempre approssimata, con cui vengono spesi i fondi pubblici. Ma non è per discutere questo aspetto che sto citando l’Ipotetico Ciclista. Quando l’Ipotetico Ciclista si trova davanti al bivio, in realtà nessuna delle due diramazioni di esso corrisponde al tracciato; questo continuava tra le due diramazioni, sul terrapieno ivi presente, ed è proprio in corrispondenza di esso che si trova il km 90 della linea.
Subito dopo, il tracciato eseguiva una curva a sinistra (verso Nord-Nordest) in corrispondenza della quale si trovavano un sottopassaggio ed una casa cantoniera. Questo è l'aspetto originale della linea:
Subito dopo, il tracciato eseguiva una curva a sinistra (verso Nord-Nordest) in corrispondenza della quale si trovavano un sottopassaggio ed una casa cantoniera. Questo è l'aspetto originale della linea:
Di tutto ciò nulla è rimasto, essendo stato tutto cancellato dalle strutture di un esercizio commerciale; vestigia del tracciato si ritrovano dopo di esse, ma è oltre la strada che risale verso il centro abitato che esso torna ad essere chiaramente visibile.
All’intersezione del tracciato con la strada vi era un passaggio a livello, al km 90+269. Nessun segnale relativo a pista ciclabile è comunque qui presente, così come accadrà per tutti i segmenti da qui in avanti. Il tracciato è adesso, a tutti gli effetti, una strada di campagna, fiancheggiata dai pilastrini in cemento, ed in alcuni tratti stabilizzata da gabbionate.
Ciò non vuol dire che nessun intervento sul tracciato sia stato eseguito; vuol dire solo che non è stata portata a termine la pista ciclabile. L’aspetto da strada rurale che ha assunto il tracciato è qui analogo a quello di tutti quei tratti sui quali sono stati eseguiti interventi, privando spesso il tracciato delle connotazioni tipiche della ferrovia dismessa (“..si ritiene opportuna la realizzazione di opere che, pur permettendo di recuperare la percorribilità ciclabile, si caratterizzino per la differenza formale da una comune stradella di campagna e si richiamino all’originaria struttura ferroviaria…” punto 7.1.1. della “Relazione descrittiva”. Ma che diavolo sarebbe la “percorribilità ciclabile”? Gli interventi sul tracciato sembrano condotti con lo stesso grado di competenza con il quale è stata usata la lingua italiana). Potresti essere portato a pensare, Lettore, che il merito di chi ha condotto i lavori resta quello di aver ripristinato comunque il tracciato, che altrimenti l’azione del tempo avrebbe fatto sparire; e questo è vero, ma solo in parte, come Ti mostrerò più avanti. Se avrai la compiacenza di continuare a leggere.
Le strutture del tracciato sono quindi state cancellate per trecento metri, tra i due passaggi a livello, ed adesso esso torna ad essere in parte riconoscibile; ma la prima struttura visibile è il ponticello Mattia,
in realtà un sottopassaggio, a circa 700m dall’intersezione con la strada
Dopo di esso vi erano due passaggi a livello, ma non vi è traccia dei segnali. Dopo ulteriori 700m dal ponte Mattia vi è l’imboccatura della Galleria Della Serra;
è lunga 100m, percorribile ed in buone condizioni
sulla chiave di volta della cornice si legge “1900”, e la sua realizzazione sarebbe così precedente a quella della galleria Patellaro; ciò potrebbe indicare che la realizzazione di vari tronchi fu contemporanea.
Il fatto che la costruzione dell’intera ferrovia abbia proceduto da San Carlo verso Corleone è invece improbabile; sembrano esservi delle evidenze che indicherebbero comunque il contrario.
Trecento metri dopo vi è la breve (35 metri) galleria artificiale Quaranta
in prossimità della quale sorgono alcune abitazioni. In questo tratto, il percorso della strada è stato deviato a Sud cosicchè esso non coincide con il tracciato, e la galleria non viene percorsa. Sebbene in cattive condizioni questa sarebbe comunque percorribile
al di la di essa, la strada confluisce nuovamente nel tracciato. Continuando, dopo poco più di duecento metri si giunge in prossimità di un complesso di edifici, sede del comune di Bisacquino, che sorgono nell’area che una volta era il piazzale della stazione
Ho visto diverse foto sul Web che ritraggono questi edifici, e le didascalie le definiscono “stazione di Bisacquino”; tra di essi però non si vede alcun edificio simile alle altre stazioni di questo tronco della linea, e nessuno di essi ha comunque l’aspetto di edifici risalenti ad un secolo fa. L’unica costruzione dell’epoca ancora esistente parrebbe essere un piccolo edificio di servizio all’estremità Sud del piazzale, che ospitava i servizi igienici
Eppure, L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente della Regione siciliana ha concesso al comune di Bisacquino, con il decreto n. 930 del 7 agosto 2006, il contributo di 412.847 euro per la realizzazione di un "Progetto dei lavori di ristrutturazione dell'ex edificio viaggiatori delle FF.SS. di proprietà comunale a servizio dell'impianto sportivo-ricreativo costituito dalla pista ciclabile". Ed il comune di Bisacquino ha indetto una gara d’appalto, con asta al ribasso a partire da € 245.443,94, apertasi l’otto febbraio dell’anno duemilasette.
Quindi, almeno l’edificio viaggiatori esisterebbe ancora, “nascosto” tra quelli aggiunti successivamente. Sulla base della configurazione del piazzale e delle misure (rilevate sull’immarcescibile GoogleEarth) dei fabbricati attualmente presente, è possibile identificare la stazione originaria con l’edificio indicato dalla freccia:
L'integrazione dell'edificio originale è però avvenuto, almeno in parte, prima della dismissione della linea. Analogamente a quanto avvenuto per Ficuzza, vi fu un ampliamento della stazione durante l'ultimo periodo di attività:
Quando effettuai le riprese, per un errore di regolazione della fotocamera (che stupidamente non mi premurai di controllare), tutte le foto di questo tratto della linea risultarono irrimediabilmente sovraesposte, e l’entità della sovraesposizione era tale da non consentire di distinguere alcun particolare sui fotogrammi. Me ne accorsi dopo aver percorso diversi chilometri, e decisi di ripercorrere a ritroso il tracciato rifotografando quanto avevo già visto; ma, forse perchè i piani della giornata erano stati alterati da questo evento, non impiegai in ciò l’accuratezza usuale.
Nel riordinare le foto mi accorsi che mancavano immagini dell’edificio viaggiatori, e così mi ripromisi di tornare ancora a Bisacquino per fotografare la stazione.
Ma non lo feci mai, e tranne eventi eccezionali ed imprevisti, non tornerò mai più a Bisacquino. E non eseguirò mai ulteriori riprese della stazione.
Ma anche senza fotografia, posso trovare soccorso nelle immagini delle StreetView di GoogleEarth; per quanto deformato dal metodo di ripresa l’edificio è individuabile. Questo:
dovrebbe essere ciò che resta di un fabbricato viaggiatori privato del tetto spiovente e notevolmente modificato ed alterato. Quando passai da quelle parti, tutto era chiuso. Non so esattamente quale sia il “servizio” che ne verrebbe “all’impianto sportivo-ricreativo costituito dalla pista ciclabile”... questa:
è comunque l'immagine dell'aspetto originario della stazione di Bisaquino, analogo a quello degli altri, analoghi, edifici della linea.
E’ possibile che subito dopo la stazione vi sia una lieve discrepanza tra il percorso della “pista ciclabile” e quello della strada ferrata, che si sarebbe trovata qualche metro più a Nord; qui, i georiferimenti sulle mappe messe a disposizione dal Geoportale Nazionale sembrano leggermente meno precisi del solito, ma la differenza sarebbe irrisoria. Dopo poco inizia un tratto in discesa, a metà del quale si trovava un passaggio a livello con garitta, la numero 13; l’unica struttura residua è un palo di sostegno del segnale
Più avanti, il rilevato ha ceduto per diverse decine di metri, ed il tracciato è interrotto.
Gli agricoltori ed i pastori della zona che utilizzavano l’ex ferrovia come strada campestre sono evidentemente tutt’altro che entusiasti; oltretutto, lungo il tracciato erano state interrate le tubazioni dell’acqua e del gas. Gli abitanti della zona hanno avanzato diverse istanze, nessuna delle quali ha avuto esito positivo; così, non possono fare altro che maledire dal profondo del cuore chi ha eseguito i lavori della pseudo pista ciclabile (“nuatri ‘nnà taliavamu, e centanni avìa durato; poi arrivaru iddi, ci misiru manu…”).
Al di là del crollo si trova il cavalcavia San Ciro
Poco dopo di esso il tracciato esegue una curva, ampia, ma di 120° circa; così mentre prima scendeva verso Sud-SudEst, da qui punta decisamente ad Ovest per ottocento metri circa.
questo è, a mio parere, uno dei tratti più suggestivi, insieme a quello tra Godrano e Ficuzza, ed un altro che incontrerai più avanti. A Sud, quindi sulla sinistra del tracciato procedendo verso Chiusa Sclafani, vi è il bosco, mentre a Nord vi è la vallata. Il tracciato percorre una lunga trincea
e poi il limitare del bosco
indi descrive una curva a sinistra e torna a puntare a Sud.
All’uscita dal bosco vi era un passaggio a livello, del quale nulla è rimasto. Dopo un’ulteriore curva a sinistra, la stazione di Chiusa Sclafani è a vista, più in basso.
La strada si allarga fino ad intersecare una provinciale, e qui vi era un passaggio a livello; ma anche di questo, nulla è rimasto.
(in quest'ultimo tratto gli accessi al tracciato da strada asfaltata sono tutti coastituiti da traverse della via Quaranta, che da Bisacquino va verso Chiusa Sclafani)
All’intersezione del tracciato con la strada vi era un passaggio a livello, al km 90+269. Nessun segnale relativo a pista ciclabile è comunque qui presente, così come accadrà per tutti i segmenti da qui in avanti. Il tracciato è adesso, a tutti gli effetti, una strada di campagna, fiancheggiata dai pilastrini in cemento, ed in alcuni tratti stabilizzata da gabbionate.
Ciò non vuol dire che nessun intervento sul tracciato sia stato eseguito; vuol dire solo che non è stata portata a termine la pista ciclabile. L’aspetto da strada rurale che ha assunto il tracciato è qui analogo a quello di tutti quei tratti sui quali sono stati eseguiti interventi, privando spesso il tracciato delle connotazioni tipiche della ferrovia dismessa (“..si ritiene opportuna la realizzazione di opere che, pur permettendo di recuperare la percorribilità ciclabile, si caratterizzino per la differenza formale da una comune stradella di campagna e si richiamino all’originaria struttura ferroviaria…” punto 7.1.1. della “Relazione descrittiva”. Ma che diavolo sarebbe la “percorribilità ciclabile”? Gli interventi sul tracciato sembrano condotti con lo stesso grado di competenza con il quale è stata usata la lingua italiana). Potresti essere portato a pensare, Lettore, che il merito di chi ha condotto i lavori resta quello di aver ripristinato comunque il tracciato, che altrimenti l’azione del tempo avrebbe fatto sparire; e questo è vero, ma solo in parte, come Ti mostrerò più avanti. Se avrai la compiacenza di continuare a leggere.
Le strutture del tracciato sono quindi state cancellate per trecento metri, tra i due passaggi a livello, ed adesso esso torna ad essere in parte riconoscibile; ma la prima struttura visibile è il ponticello Mattia,
in realtà un sottopassaggio, a circa 700m dall’intersezione con la strada
Dopo di esso vi erano due passaggi a livello, ma non vi è traccia dei segnali. Dopo ulteriori 700m dal ponte Mattia vi è l’imboccatura della Galleria Della Serra;
è lunga 100m, percorribile ed in buone condizioni
sulla chiave di volta della cornice si legge “1900”, e la sua realizzazione sarebbe così precedente a quella della galleria Patellaro; ciò potrebbe indicare che la realizzazione di vari tronchi fu contemporanea.
Il fatto che la costruzione dell’intera ferrovia abbia proceduto da San Carlo verso Corleone è invece improbabile; sembrano esservi delle evidenze che indicherebbero comunque il contrario.
Trecento metri dopo vi è la breve (35 metri) galleria artificiale Quaranta
in prossimità della quale sorgono alcune abitazioni. In questo tratto, il percorso della strada è stato deviato a Sud cosicchè esso non coincide con il tracciato, e la galleria non viene percorsa. Sebbene in cattive condizioni questa sarebbe comunque percorribile
al di la di essa, la strada confluisce nuovamente nel tracciato. Continuando, dopo poco più di duecento metri si giunge in prossimità di un complesso di edifici, sede del comune di Bisacquino, che sorgono nell’area che una volta era il piazzale della stazione
Ho visto diverse foto sul Web che ritraggono questi edifici, e le didascalie le definiscono “stazione di Bisacquino”; tra di essi però non si vede alcun edificio simile alle altre stazioni di questo tronco della linea, e nessuno di essi ha comunque l’aspetto di edifici risalenti ad un secolo fa. L’unica costruzione dell’epoca ancora esistente parrebbe essere un piccolo edificio di servizio all’estremità Sud del piazzale, che ospitava i servizi igienici
Eppure, L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente della Regione siciliana ha concesso al comune di Bisacquino, con il decreto n. 930 del 7 agosto 2006, il contributo di 412.847 euro per la realizzazione di un "Progetto dei lavori di ristrutturazione dell'ex edificio viaggiatori delle FF.SS. di proprietà comunale a servizio dell'impianto sportivo-ricreativo costituito dalla pista ciclabile". Ed il comune di Bisacquino ha indetto una gara d’appalto, con asta al ribasso a partire da € 245.443,94, apertasi l’otto febbraio dell’anno duemilasette.
Quindi, almeno l’edificio viaggiatori esisterebbe ancora, “nascosto” tra quelli aggiunti successivamente. Sulla base della configurazione del piazzale e delle misure (rilevate sull’immarcescibile GoogleEarth) dei fabbricati attualmente presente, è possibile identificare la stazione originaria con l’edificio indicato dalla freccia:
L'integrazione dell'edificio originale è però avvenuto, almeno in parte, prima della dismissione della linea. Analogamente a quanto avvenuto per Ficuzza, vi fu un ampliamento della stazione durante l'ultimo periodo di attività:
Quando effettuai le riprese, per un errore di regolazione della fotocamera (che stupidamente non mi premurai di controllare), tutte le foto di questo tratto della linea risultarono irrimediabilmente sovraesposte, e l’entità della sovraesposizione era tale da non consentire di distinguere alcun particolare sui fotogrammi. Me ne accorsi dopo aver percorso diversi chilometri, e decisi di ripercorrere a ritroso il tracciato rifotografando quanto avevo già visto; ma, forse perchè i piani della giornata erano stati alterati da questo evento, non impiegai in ciò l’accuratezza usuale.
Nel riordinare le foto mi accorsi che mancavano immagini dell’edificio viaggiatori, e così mi ripromisi di tornare ancora a Bisacquino per fotografare la stazione.
Ma non lo feci mai, e tranne eventi eccezionali ed imprevisti, non tornerò mai più a Bisacquino. E non eseguirò mai ulteriori riprese della stazione.
Ma anche senza fotografia, posso trovare soccorso nelle immagini delle StreetView di GoogleEarth; per quanto deformato dal metodo di ripresa l’edificio è individuabile. Questo:
dovrebbe essere ciò che resta di un fabbricato viaggiatori privato del tetto spiovente e notevolmente modificato ed alterato. Quando passai da quelle parti, tutto era chiuso. Non so esattamente quale sia il “servizio” che ne verrebbe “all’impianto sportivo-ricreativo costituito dalla pista ciclabile”... questa:
è comunque l'immagine dell'aspetto originario della stazione di Bisaquino, analogo a quello degli altri, analoghi, edifici della linea.
E’ possibile che subito dopo la stazione vi sia una lieve discrepanza tra il percorso della “pista ciclabile” e quello della strada ferrata, che si sarebbe trovata qualche metro più a Nord; qui, i georiferimenti sulle mappe messe a disposizione dal Geoportale Nazionale sembrano leggermente meno precisi del solito, ma la differenza sarebbe irrisoria. Dopo poco inizia un tratto in discesa, a metà del quale si trovava un passaggio a livello con garitta, la numero 13; l’unica struttura residua è un palo di sostegno del segnale
Più avanti, il rilevato ha ceduto per diverse decine di metri, ed il tracciato è interrotto.
Gli agricoltori ed i pastori della zona che utilizzavano l’ex ferrovia come strada campestre sono evidentemente tutt’altro che entusiasti; oltretutto, lungo il tracciato erano state interrate le tubazioni dell’acqua e del gas. Gli abitanti della zona hanno avanzato diverse istanze, nessuna delle quali ha avuto esito positivo; così, non possono fare altro che maledire dal profondo del cuore chi ha eseguito i lavori della pseudo pista ciclabile (“nuatri ‘nnà taliavamu, e centanni avìa durato; poi arrivaru iddi, ci misiru manu…”).
Al di là del crollo si trova il cavalcavia San Ciro
Poco dopo di esso il tracciato esegue una curva, ampia, ma di 120° circa; così mentre prima scendeva verso Sud-SudEst, da qui punta decisamente ad Ovest per ottocento metri circa.
questo è, a mio parere, uno dei tratti più suggestivi, insieme a quello tra Godrano e Ficuzza, ed un altro che incontrerai più avanti. A Sud, quindi sulla sinistra del tracciato procedendo verso Chiusa Sclafani, vi è il bosco, mentre a Nord vi è la vallata. Il tracciato percorre una lunga trincea
e poi il limitare del bosco
indi descrive una curva a sinistra e torna a puntare a Sud.
All’uscita dal bosco vi era un passaggio a livello, del quale nulla è rimasto. Dopo un’ulteriore curva a sinistra, la stazione di Chiusa Sclafani è a vista, più in basso.
La strada si allarga fino ad intersecare una provinciale, e qui vi era un passaggio a livello; ma anche di questo, nulla è rimasto.
(in quest'ultimo tratto gli accessi al tracciato da strada asfaltata sono tutti coastituiti da traverse della via Quaranta, che da Bisacquino va verso Chiusa Sclafani)
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