mercoledì 8 giugno 2011

DERUBATI? Sì, ma legalmente


Uno dei motivi per cui ritengo possa esserne valsa la pena è il progressivo deterioramento cui sono sottoposte le strutture della linea. Questo non è dovuto soltanto all’azione impietosa del tempo e degli agenti atmosferici ed all’assenza di manutenzione; il livello costruttivo appare infatti notevolissimo, di gran lunga migliore di quello della Palermo-Burgio, e le strutture, specialmente quelle realizzate nei primi anni, sarebbero in grado di resistere ancora per molto tempo. Inoltre, sembra che particolare cura sia stata posta nella realizzazione di opere volte ad evitare possibili danni da scolo di acque reflue, con una gran quantità di muri di contenimento, sottovia, canali, etc.

E’ invece soprattutto l’azione umana che tende a cancellare le tracce della linea, e con una velocità spaventosa. Le strutture fruibili dalla collettività (essenzialmente, segmenti della strada ferrata utilizzati per la viabilità), vengono progressivamente “ammodernati” (a titolo di esempio, ecco un paragone tra come si presentava il segmento della linea, subito prima dello sbocco a Pianetto, alla fine degli anni Ottanta, e come è adesso



e questo processo, così come le conseguenti operazioni di manutenzione, cancella dapprima le strutture della linea (come nelle foto precedenti), e poi, a volte, anche le tracce residue relative a percorsi ed allineamenti (come è accaduto, ad esempio nei tratti cittadini, nei pressi di Altofonte dove un intero muro è stato cancellato, a Piana degli Albanesi, a San Cipirello o a Camporeale).

Gli effetti dell’azione umana sono ancora più evidenti sulle opere d’arte, specialmente quando essi sono condotti da privati. Basti vedere come sono state ripetutamente modificate le cantoniere a Pianetto o a San Cipirello




oppure la stazione di Santa Cristina Gela



Come si è più volte sottolineato, una buona parte degli immobili (sia edifici, sia terreno sul quale insistevano le strutture della strada ferrata) sono attualmente in mano a privati, e questa condizione era stata equiparata ad un furto subito dalla collettività. Questa interpretazione dei fatti era condivisa anche in altri ambiti; ad esempio Legambiente nel 2006 aveva inoltrato una richiesta al Sindaco di Palermo per variazioni urbanistiche, nel contesto della quale veniva tra l’altro chiesto di adibire a parco pubblico le pertinenze della ferrovia site all’interno di Villa Turrisi (per intenderci, la stazione di Uditore con i terreni annessi, da dove sono stato maleducatamente sbattuto fuori). Ed ancora il DA del 6 giugno 2005 relativo alle “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica”, menziona la Palermo Salaparuta come possibile “8° itineriario” della provincia di Palermo, citando la possibilità del ripristino dei tratti compresi tra viale della Regione Siciliana e Boccadifalco, ma sottolineando le difficoltà che sorgerebbero, in pratica, per recuperare il tratto compreso tra lo sbocco della seconda galleria e l’imbocco della quarta. In quest’ultimo caso le difficoltà sarebbero relate al fatto che il tracciato passa su Poggio Ridente, e che prima della Fontana del Drago è interrotto da costruzioni private; non viene nemmeno considerato, invece, che analoghe difficoltà sarebbero presenti lungo l’intero tratto compreso tra la Circonvallazione e Boccadifalco, fatto che denota con quale approssimazione abbia lavorato il “tavolo tecnico” che si pretende abbia redatto gran parte dei contenuti del decreto (a proposito, Lettore, sapevi che la parola “tavolo” non esiste nella lingua italiana? L’unico vocabolo ammesso sarebbe “tavola”…). Approssimazione che è chiaramente desumibile anche da altri segnali (ad esempio la descrizione del tracciato della Palermo-Burgio è maldestramente scopiazzata da Wikipedia), ma che appare essere una connotazione indispensabile per entrare a far parte del mondo politico, di quello siciliano almeno (forse, in futuro racconterò qualcosa di più significativo in questo senso).

C’è però un fondamento nel ritenere difficoltoso il recupero del tracciato tra Boccadifalco e la Fontana del Drago; il fatto è che tale fondamento è tale anche per gli altri segmenti che il DA vorrebbe recuperare. Vediamo di analizzare la cosa un po’ più in dettaglio.

Una citata legge del 1971 cederebbe ai Comuni tutti gli immobili (terreni, edifici ed altre opere d’arte) di pertinenza della ferrovia per essere adibiti al pubblico utilizzo; come si è visto, alcuni comuni sembra abbiano in un certo modo abusato della normativa rivendendo il terreno a privati. Sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo, in quanto ho solo evidenze indirette di ciò) che però la cessione dal demanio dello Stato ai comuni non sia automatica ma vada formalizzata, cosa che, almeno in alcuni casi, pare sia avvenuta in tempi ben più recenti del 1971; ad esempio, il verbale di consegna al Comune di Monreale sarebbe datato 22 giugno 1992, e quindi sarebbe successivo di ben 21 anni alla promulgazione della legge.

Ciò che sembrerebbe dire Legambiente è: “sia che il terreno venga considerato demanio, sia che venga considerato proprietà comunale, chi ne usufruisce è abusivo. Sbattiamolo fuori!”, mentre il DA sembrerebbe dire: “si sono abusivi, ma non avere riguardi per Poggio Ridente non è una buona idea” (testuale: “Più complesso risulta invece ripristinare il tracciato subito dopo Boccadifalco, trovandoci in presenza di una lottizzazione di ville residenziali, e nella zona sottostante Monreale per alcune interruzioni.”).

Ora, io non comprendo bene questo riguardo particolare. Non so se e quando la cessione sia avvenuta per Poggio Ridente; ciò che so con certezza è che alcuni residenti, ancorché completamente all’oscuro del fatto che la collinetta fosse stata attraversata da una linea ferroviaria (così come dell’esistenza degli sbocchi delle gallerie) sono ben consapevoli dell’esistenza di una zona demaniale all’interno di Poggio Ridente. O meglio, di una zona che sarebbe demaniale, ma di fatto non lo è; o almeno, non più.

Sebbene non abbia assolutamente le competenze per farlo, cercherò di rendere esplicito questo concetto.

Ciò che sta alla base delle implicite richieste di Legambiente, o anche del DA, è il concetto che il demanio non è alienabile, e quindi non è usucapibile; poiché la consegna delle pertinenze dal demanio dello stato ai comuni è avvenuto in tempi relativamente recenti, chi occupa immobili di pertinenza della linea è abusivo e deve sloggiare.

Ma la dottrina attualmente distingue un demanio “naturale” ed un demanio “artificiale”. Il primo comprende tutti quei luoghi che costituiscono il c.d. “demanio necessario”; essi, per situazione e condizione (coste, foreste…) si prestano “naturalmente” all’utilizzo collettivo (tra di essi rientrano, sebbene non comprese nel demanio naturale, le installazioni militari). Nel demanio artificiale invece rientrano i luoghi che, per caratteristiche naturali, non presenterebbero nulla di peculiare rispetto agli altri, ma che sono stati individuati come tali per la destinazione d’uso.

Il terreno su cui passa la strada ferrata non differisce in nulla rispetto ai terreni adiacenti, se non nel fatto che vi passa la strada ferrata. E’ questa l’unica cosa che lo rende demanio. Ne consegue che se la strada ferrata non vi risiede, o anche se vi risiede, ma il treno non la ha mai effettivamente percorsa, la natura demaniale dell’area cessa di essere. Poiché la Palermo-Camporeale non è mai stata percorsa dal treno, essa non è mai stata demanio, e quindi è usucapibile. Lo è sempre stata. E poiché chi ha occupato abusivamente terreni e fabbricati di pertinenza della linea lo ha fatto, nella grande maggioranza dei casi, da più di venti anni, gli occupanti non sono abusivi, ma legittimi proprietari. Chi mi ha sbattuto fuori dalla stazione di Uditore, è solo stato maleducato, ma non ha derubato la collettività. Non secondo la normativa vigente, almeno.

Tutto questo, Lettore, non è farina del mio sacco; è contenuto nella sentenza del 13-03-2007, n. 5867 della Corte di Cassazione, con la quale viene definitivamente sancita la proprietà per usucapione di terreni di pertinenza della Palermo-Salaparuta, e ricadenti nel comune di Monreale (il quale comune di Monreale ha perso in primo grado, in appello ed in fine nel ricorso in Cassazione); la sentenza si trova sul Web, e sono stati tolti i riferimenti sia ai nominativi, sia alle particelle catastali, ma è probabile che essa si riferisca al terreno compreso tra l’Ospedale di San Ciro e la Fontana del Drago.

Ma allo stesso modo, il medesimo principio varrà per il resto del tracciato.
Pertanto, è probabile che il comune di Santa Cristina Gela abbia venduto le aree di Pianetto pertinenti al tracciato a coloro che in realtà ne erano i legittimi proprietari già da un pezzo.

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