Ho sempre pensato alla memoria, Lettore, come uno degli strumenti più potenti di cui l’essere umano sia dotato. E’ la memoria che consente un apprendimento consapevole, una trasmissione intergenerazionale delle informazioni; è la memoria che rende l’Uomo ciò che è.
E così la memoria rivela tutta la sua potenza anche nei suoi aspetti più negativi; ho sempre pensato anche che essa sia una delle maggiori cause dell’infelicità umana. E’ la memoria che consente il paragone tra ciò che di bello è stato, e che adesso non lo è più. E’ la memoria che ricorda il vigore della gioventù all’anziano, la tranquillità economica a chi ha perso il lavoro, la felicità a chi ha perso l’amore della propria vita.
Ma la memoria umana è tanto potente che non si limita semplicemente ad archiviare i dati, a svolgere il mero ruolo di magazzino delle informazioni; no, essa elabora e rielabora il vissuto, spesso sfrondandolo, con il tempo, degli aspetti più negativi, e rivestendolo di un’aura che rende il ricordo magico e l’evento irripetibile. Ogni tentativo di ricreare, in un nuovo ed analogo episodio, l’atmosfera di ciò che viene evocato dalla memoria, inevitabilmente si infrange contro la struggente sensazione provata nel ricordo dell’evento passato, divenendone un maldestro tentativo di riproduzione, miserevole parodia di ciò che è stato e non tornerà mai più.
Alla mia età, ho appreso questa regola da un pezzo e fino in fondo, e pertanto non mi attendevo affatto il coinvolgimento emotivo provato nel percorrere la 102bis il pomeriggio del 15 luglio del 2009. Sapevo che nessun altra iniziativa avrebbe mai potuto avere lo stesso sapore. Non è con lo stesso stato d’animo della ricostruzione della Palermo-Camporeale che ho iniziato questo lavoro. Lo spirito era diverso. Inoltre, come ho già avuto modo di sottolineare, il fatto che la Palermo-Camporeale non sia mai stata percorsa da alcun treno la rende surreale, con stazioni, ponti, cantoniere e viadotti che per più di ottanta anni hanno atteso invano un treno che non passò mai, silenti testimoni del passare delle stagioni, e con esso della distruzione da parte di alcuni esseri umani delle strutture che altri esseri umani prima di loro avevano edificato.
Il suggestivo tracciato della Palermo-Burgio è invece stato percorso da centinaia di migliaia di persone, che hanno ripetutamente visto scorrere davanti i loro occhi i boschi della Rocca Busambra, le campagne di Corleone, la valle del Malotempo. Qui, sono stati i passeggeri a guardare un territorio talvolta innevato, talaltra verdeggiante, a vedere imbiondire il grano, a notare come le giornate si accorciassero progressivamente per ritornare ad allungarsi dopo lo scioglimento delle nevi; e questo anche se è verosimile che la maggioranza dei viaggiatori, costituita da agricoltori della prima metà del secolo scorso, abbia spesso avuto la mente occupata da pensieri ben più gravi e prosaici di quanto non lo siano le considerazioni sui paesaggi.
Ho però ritenuto che la ricostruzione sarebbe nondimeno stata interessante, magari per motivi diversi; spirito diverso, ma metodica uguale quindi, fatta di carte topografiche, preparazione su foto aeree e satellitari, ispezioni sui luoghi ed informazioni tratte dal Web.
Proprio con riferimento a queste ultime, mi imbattei nuovamente nel sito http://www.cartapaesaggio.sicilia.it/. “nuovamente” vuol dire semplicemente che avevo già avuto modo di venire a conoscenza dell’esistenza di esso, ed estrarne qualche informazione, nel corso della ricostruzione della Palermo-Camporeale (c’è un link di riferimento su Wikipedia). Le visite al sito erano però state alquanto fugaci, e l’impressione che ne avevo tratto era quella di uno degli innumerevoli ed in gran parte inutili lavori eseguiti con finanziamenti regionali, la cui caratteristica principale è quella di non venire mai portati a termine, assolvendo all’unica funzione di giustificare ipocritamente l’elargizione dei fondi di un progetto, e che verrebbero invece completati comunque se la loro realizzazione soddisfacesse una reale richiesta o esigenza. Dai tempi della sua parziale realizzazione si legge infatti, nella pagina di benvenuto, che il sito si comporrebbe di due sezioni principali:
- quella cartografica ,sezione già progettata ma non ancora consultabile perché si è in attesa di ottenere le necessarie autorizzazioni degli Enti proprietari dei diritti;
- quella relativa ai progetti curati dall’Azienda Turismo e dalla Direzione Edilizia turistica sportiva della Provincia Regionale di Palermo, relativi al recupero ai fini della mobilità dolce del sistema ferroviario dismesso.
Attualmente è attiva una prima consultazione degli studi e degli elaborati propedeutici alla redazio-ne dei progetti esecutivi, e successivamente il sito sarà implementato nelle varie fasi di sviluppo dei lavori, in modo da favorire il confronto con l’utenza, i ricercatori e le Amministrazioni dei territori interessati.
Nessun aggiornamento è mai stato eseguito da tre anni a questa parte, attendendo delle fantomatiche autorizzazione che evidentemente non verranno mai.
Il sito, sebbene sarebbe stato “progettato per essere uno strumento di documentazione promozione del paesaggio”, in realtà riporta quasi esclusivamente la documentazione relativa alla trasformazione in pista ciclabile del tracciato ferroviario, da Godrano a San Carlo. E poiché il preliminare alla conversione del tracciato sarebbe stato uno studio approfondito del percorso e di quanto rimaneva della linea, eseguito confrontando mappe catastali e foto aeree risalenti ad un periodo in cui la linea era ancora attiva con rilievi effettuati sul posto, il sito avrebbe rappresentato un’inestimabile fonte di informazioni. In effetti è così, ed il lavoro di ricostruzione eseguito sui documenti è stato sintetizzato in alcune carte, liberamente consultabili sul sito ma non scaricabili (non attraverso le usuali procedure, almeno); accanto ad esse, sono riportate riproduzioni dei documenti catastali relativi all’esproprio dei terreni finalizzato alla costruzione della ferrovia, i profili longitudinali del tracciato con le quote chilometriche con l’approssimazione del metro, ed altri documenti dell’epoca (occorre precisare però che, a partire dal mese di giugno 2012, tale documentazione non sarebbe più disponibile per la libera consultazione).
Ma se ciò rappresentava un impagabile aiuto nella ricostruzione fotografica, almeno per ciò che riguardava il tratto da Mezzojuso a San Carlo, occorreva guardare anche il rovescio della medaglia. Il progetto di conversione prevedeva il recupero delle aree che in seguito all’esproprio erano divenute demanio, e la loro delimitazione tramite un sistema di pilastrini in cemento, posti ad intervalli regolari (nel progetto originale, ad una distanza reciproca di tre metri!). I pilastrini sono alti 60 cm, e di sezione (quadrata) non indifferente; risultano pertanto ben visibili anche da una certa distanza, ed in fotografia. Sono così perfettamente individuabili nelle immagini delle StreetView di GoogleEarth in tutti qui tratti in cui il tracciato decorre a distanza relativamente breve dalla strada; e la loro presenza è verificabile fino a San Carlo.
Ciò vuol dire in pratica che il tracciato risulta completamente ed inequivocabilmente identificato, e chiunque è in grado di ritrovarlo e percorrerlo: che senso avrebbe avuto una ricostruzione fotografica di qualcosa che è precisamente individuabile senza alcuna difficoltà? Fui così sul punto di abbandonare i miei proposti di ricostruzione; ma qualcosa mi spinse a completare comunque il mio progetto.Nella descrizione della ricostruzione del tracciato della Palermo-Camporeale ad un certo punto asserivo che, avendo verificato di cosa fossero capaci i miei conterranei, sarebbe forse stato preferibile la conversione del tracciato in pista ciclabile; il “forse” era d’obbligo, non avendo potuto verificare di cosa essi sarebbero stati capaci nell’eseguire una conversione finanziata con fondi pubblici. Intendo dire che chi vive in Sicilia ha ormai un’idea ben precisa di cosa possano significare situazioni come queste, e cioè finanziamenti assegnati sulla basi di progetti che difficilmente vengono portati a termine, e comunque mai manutenuti, ed il sito è un esempio emblematico di situazioni di tal tipo in generale, nonché il biglietto da visita di questa in particolare ; ma non avevo idea su cosa effettivamente potesse succedere nello specifico caso della conversione in pista ciclabile.
I lavori sono stati finanziati con fondi della Provincia e dell'Assessorato Regionale al Turismo per il tratto Mezzojuso-Bifarera (1 milione e 400 mila euro ) e con fondi comunitari del Por Sicilia per la parte rimanente (5 milioni e 900 mila euro), e così la ricostruzione poteva rivelarsi un’ottima occasione per eseguire una verifica sul campo su come vengano impiegati settemilionitrecentomila euro frutto del lavoro di persone che hanno pagato le tasse.
Vi era però una seconda, e più forte motivazione: non avevo mai ben capito cosa esattamente comportasse, in generale, il processo di conversione, ed in cosa consistesse. Non sapevo se l’aspetto storico-monumentale correlato alla linea venisse tralasciato, e la sede ferroviaria, sconvolta nelle sue strutture, divenisse semplicemente la base da riutilizzare per realizzare un’entità completamente diversa, oppure se esso venisse privilegiato, consentendo di evitare la scomparsa della linea mantenendone tutti gli elementi e le caratteristiche. Così pensai che questa potesse essere un’ottima occasione per scoprirlo, per rispondere alla domanda: cos’è che alla fine viene effettivamente e prioritariamente tenuto in considerazione: l’esigenza del ciclista, o il tracciato ferroviario?
Nessuno dei due, Lettore; e se continuerai a leggere, ne scoprirai il perché.Prima di continuare, però, sarebbe forse opportuno che leggessi anche qualche nota a proposito di come sia regolamentata la pubblicazioni delle immagini, qui http://wwwvoxhumana.blogspot.it/2012/06/pubblicazioni-di-immagini-fotografiche.html
ho scritto anche qualche appunto a proposito della terminologia usata nelle descrizioni, che si trova qui http://wwwvoxhumana.blogspot.it/2012/06/la-terminologia-usata-nelle-descrizioni.htmle ciò perchè mi sono accorto che nel contesto dei documenti disponibili sul sito http://www.cartapaesaggio.sicilia.it/, a volte si fa uso di una terminologia non comune per indicare alcuni elementi del corpo stradale; più specificamente, spesso viene usato il termine “massicciata” per indicare il rilevato stradale.
Troverai il tracciato segnato in colore fucsia sulle foto satellitari di GoogleEarth; eventuali altri elementi possono essere segnalati, in modo assolutamente intuitivo. In tutte le stazioni era presente un posto telefonico di linea; i posti telefonici di linea situati al di fuori di esse sono indicati in giallo con la sigla "PTL".
Nonostante le indubbie e notevolissime agevolazioni costituite dalla documentazione del sito cartapaesaggio.sicilia.it questa ricostruzione si è rivelata più difficoltosa della precedente; e ciò principalmente a motivo del pessimo stato di conservazione degli elementi costitutivi della linea, e della totale cancellazione di moltissime strutture.Sebbene la Palermo-Camporeale non abbia mai (abbastanza ovviamente) conosciuto interventi di manutenzione, in quanto alla sua realizzazione fece seguito l’abbandono, lo stato di conservazione delle strutture esistenti è di gran lunga migliore di quelle relative alla Palermo-Corleone-Burgio-San Carlo, e le tracce indirette sul territorio lasciate dalle strutture cancellate sono sicuramente molto più evidenti ed incisive. E questo nonostante il fatto che nei venticinque anni circa trascorsi tra la realizzazione della Palermo-Camporeale e la chiusura della Palermo-Burgio la prima si disfaceva inesorabilmente, mentre sulla seconda continuavano gli interventi tecnici necessari a mantenerla operativa.
Ho ritenuto di poter individuare alcune situazioni potenzialmente responsabili tale apparentemente paradossale diversità; ovviamente non vi è modo di provare che le ragioni della suddetta diversità siano proprio queste, ma poiché l’ipotesi è plausibile la descriverò comunque.Credo che le motivazioni per le quali la Palermo-Camporeale si sia rivelata più resistente agli insulti del tempo e degli uomini siano essenzialmente tre:
- la Palermo-San Carlo è stata costruita più di trenta anni prima. E questi trenta anni appartengono ad un periodo storico caratterizzato da grandi progressi tecnologici, e soprattutto dal fatto che “progresso tecnologico” allora significava “tecniche costruttive volte a migliorare le caratteristiche di affidabilità e durata”; e non, come adesso, a ridurre la durata di vita di un oggetto, per ricondurla all’interno dell’intervallo trascorso il quale il consumismo richiede che un altro oggetto sia realizzato e venduto. Quindi, la Palermo-Camporeale sarebbe stata costruita con tecniche migliori
- la realizzazione della Palermo-San Carlo è avvenuta in tempi molto più brevi; ciò può aver comportato una maggiore approssimazione , peggiorando ulteriormente la qualità costruttiva.
- la chiusura della Palermo-San Carlo è avvenuta in corrispondenza di date precise. Questo può aver comportato una maggiore determinazione nell’appropriarsi di o nel demolire le strutture pertinenti al tracciato. Nel caso della Palermo-Camporeale, non è mai stata ufficialmente decretata la dismissione della linea; pertanto, esisteva la possibilità teorica che un qualunque giorno una squadra di operai si presentasse a chi si fosse impadronito di par-te del tracciato, per posare il binario. Questa eventualità era impossibile per la Palermo-Burgio; si era assolutamente certi che dal giorno successivo a quello della dismissione, mai più alcun treno sarebbe transitato sulle aree del percorso della linea.
Sebbene l’ultima delle possibili motivazioni non possa in alcun modo trovare conferma, per ciò che riguarda le prime due la storia della realizzazione della linea sembrerebbe quanto meno consistente con esse. Infatti, la ditta di Robert Trewella, cui era stata subappaltata l’esecuzione dei lavori da parte del Consorzio per la ferrovia Palermo-Corleone, iniziò i lavori in ritardo rispetto alla data concordata, e questi furono eseguiti con approssimazione, senza tener conto della tipologia di terreno sul quale la strada ferrata veniva costruita, ed apportando arbitrariamente delle varianti al percorso del tracciato senza preventiva autorizzazione del Ministero dei Lavori Pubblici. Nel 1885, e cioè prima che i lavori fossero stati ultimati, si erano già verificati allagamenti e crolli in corrispondenza di alcune parti dei tratti già realizzati, e soprattutto una grossa frana presso Godrano; nelle relazioni tecniche ciò veniva almeno in parte attribuito anche alla scarsa qualità del materiale impiegato nella costruzione.
Probabilmente per evitare i danni economici derivanti dal ripristino delle strutture secondo progetto, Trewella condusse una serie di interventi di consolidamento di quanto già realizzato ed accelerò l’esecuzione dei lavori relativi al completamento della ferrovia, riuscendo a consegnare il tratto Palermo-Villafrati il 16 agosto del 1886, e quello Villafrati-Corleone il 20 dicembre dello stesso anno. In realtà la linea venne aperta il 20 febbraio 1887, e venne chiusa poco dopo per i danni che il maltempo causava alle strutture; furono necessari ulteriori lavori di riparazione e ripristino per poterla riaprire, un anno dopo.
Quindi, la cattiva e frettolosa realizzazione della linea è ben conosciuta e documentata; e d’altra parte, anche chi non ha alcuna cognizione tecnica in fatto di costruzioni si può rendere conto della differenza nella qualità costruttiva paragonando strutture analoge (ad esempio i sottovia per il deflusso delle acque) realizzate per la Palermo-Camporeale e per la Palermo-San Carlo, specialmente per ciò che riguarda il tratto fino a Corleone. Il rilevato della strada ferrata della Palermo-Camporeale realizzato in località Pianetto nella seconda metà degli anni Venti risulta ancora ben individuabile, e nelle foto dall’alto lo è persino quello nei pressi di Camporeale, che pure decorre in aree coltivate; il rilevato della Palermo-Burgio nel vallone Coda di Volpe, anche in assenza di qualunque intervento distruttivo umano, è stato totalmente cancellato dagli agenti atmosferici.Riguardando foto aeree o satellitari riprese in tempi diversi, si può verificare come la scomparsa delle strutture abbia progredito a ritmo abbastanza sostenuto; la medesima ricostruzione eseguita dieci anni fa avrebbe potuto documentare molto di più riguardo alla linea di quanto non sia riuscita a fare adesso. E questo soprattutto grazie all’azione distruttiva dell’essere umano; il tempo, qui, sia quello cronologico sia quello atmosferico, ha colpe grandemente inferiori.
Un’altra delle caratteristiche che contraddistingue le opere d’arte di questa linea rispetto alla Palermo-Camporeale è la totale assenza di uniformità. Case cantoniere, stazioni, viadotti, ponti, gallerie, sono spesso dissimili gli uni dagli altri, come se i progetti relativi ad ognuno di tali elementi fossero stati redatti al momento, senza che si facesse riferimento ad uno stile ed progetto comuni. Probabilmente, questa è un’altra manifestazione dell’approssimazione con la quale furono condotti i lavori. Ed anche questa caratteristica si è rivelata un ostacolo alla ricostruzione; ma alla fine, Lettore, sono comunque arrivato a Burgio. Ed adesso Ti racconterò come.
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